In questo capitolo:
Aaron Renfree, The Saturdays , Giovanna , Vicky Jones , Carrie Fletcher , Izzy , McFly and....Dougie
Tutti gli altri personaggi sono di mia creazione. :D
«Cosa???» chiesi, quasi isterica. La presentatrice del mio unico evento di Children In Need mi aveva dato buca. E me l’aveva detto solo tre giorni prima. Fantastico! La mia carriera era rovinata. Nemmeno iniziata, in realtà. Per di più, quella donna aveva avvertito direttamente l’agenzia per la quale lavoravo, nemmeno un messaggio a me. Battei i piedi per terra.
Aaron Renfree, The Saturdays , Giovanna , Vicky Jones , Carrie Fletcher , Izzy , McFly and....Dougie
Tutti gli altri personaggi sono di mia creazione. :D
«Cosa???» chiesi, quasi isterica. La presentatrice del mio unico evento di Children In Need mi aveva dato buca. E me l’aveva detto solo tre giorni prima. Fantastico! La mia carriera era rovinata. Nemmeno iniziata, in realtà. Per di più, quella donna aveva avvertito direttamente l’agenzia per la quale lavoravo, nemmeno un messaggio a me. Battei i piedi per terra.
«Se vuoi ho trovato chi
potrebbe sostituirla.» mi informò Trevor, uno dei miei neo colleghi.
«Chi?» forse la giornata non
andava poi così male.
«Aaron Renfree.» rispose,
spostando alcune carte e porgendomi un numero di telefono «Il suo
agente ci
aveva contattato per vedere se c’era posto per lui»
«Aaron Renfree?» non ci potevo
credere: tutte a me? «Ma non è il tipo di S Club che balla?»
Trevor mi lanciò un’occhiata
torva. «Mi pare che tu non abbia altra scelta, no?»
«Presentarla io?» proposi
sarcastica «Di sicuro sarei meglio di Renfree.»
Trevor sbuffò e alzò le
spalle. La risposta la sapevo bene: o accettavo così o mi saltava
tutto.
Completamente.
Fortunatamente l’agente di Renfree era disponibile a
trattare e non ebbe alcun problema per il poco preavviso che gli avevo
dato. Mi
diede quasi l’impressione di aspettarla con ansia un’occasione del
genere.
Sospirai, scoraggiata. Speravo che comunque quello fosse l’unico
problema di
quell’evento.
Quel sabato mi recai a Butlins a mezzogiorno
mangiando al volo un panino. Non avevo mai molta fame a metà giornata,
in
compenso durante il pomeriggio ero solita tirare avanti con caffè di
Starbucks.
In ogni caso, dovevo essere lì
presto per sistemare tutto. Dopotutto ero colei che doveva dirigere
tutta
l’azione. Sul luogo c’erano già gli addetti all’audio, gli addetti al
palco, i
truccatori e i buttafuori. In più ci trovai altre mie due assistenti
che erano
sotto di me solo perché stavano ancora facendo il loro tirocinio e non
avevano
ancora conseguito una laurea. Era utile, perché in questo modo avrei
potuto
controllare vari aspetti. Erano i miei occhi e le mie orecchie.
Grazie al cielo tutte le mie
preghiere sul tempo si erano avverate e dopo un grande acquazzone, il
cielo si
stava rasserenando. Alcune persone già prendevano posto sotto il palco
mentre
io sbirciavo di tanto in tanto. Dipendeva tutto da me. Tutto sarebbe
dovuto
andare per il meglio o questo lavoro potevo anche scordarmelo per
sempre. Forse
ero anche un po’ troppo pretenziosa verso i poveri lavoratori intorno a
me, me
ne rendevo conto, ma doveva essere tutto perfetto.
Il tutto sarebbe iniziato per
le 5 del pomeriggio e la TV sarebbe stata presente. Per questo le
Saturdays e
Renfree dovevano arrivare per lo meno alle 4. Potrete capire quindi
come mi
sentivo quando alle 4 e mezza Aaron Renfree ancora non si vedeva.
«Dov’è?» Chiesi, quasi
isterica sorseggiando un altro po’ di caffè e battendo il piede destro.
«Chiamo il suo agente» si
propose Maggie allontanandosi con il telefonino.
Proprio in quel momento si
avvicinarono le Saturdays. Quattro bamboline con shorts bianchi e
giubbotto
pesante in pelle, completate da stivali neri alti fino al ginocchio con
tacchi
a spillo. Mi trattenni dal fare una smorfia con la bocca e le guardai
chiedendomi sinceramente cosa ci facessero lì quando avevo ben altri
problemi.
«Allora? Quando si inizia?»
chiese Rochelle, quasi insistente.
Alzai le spalle ed indicai
Maggie alle mie spalle: «Stiamo cercando di contattare Aaron Renfree
che doveva
presentare.»
«Lo chiamo io.» si propose
Frankie, impeccabile con i suoi capelli scuri e corti. Mi imposi di non
tastare
i miei per controllarli.
La lasciai fare, se poteva
aiutare ben venga.
Ed ecco che dall’entrata
apparve un ragazzo alto con pelle abbronzata e capelli neri.
«Scusate il ritardo, ragazze.»
urlò per il corridoio mentre apriva le braccia in aria benevola.
Io sbuffai con la sola voglia
di prenderlo a schiaffi. Feci tre respiri profondi, mandai le Saturdays
da
un’altra parte e mi avvicinai con fare minaccioso a Renfree.
«L’appuntamento era mezzora
fa!» gli feci notare. Lui di risposta si tolse gli occhiali, mi osservò
con i
suoi occhi azzurri come il ghiaccio e rispose: «Non sapevo avessimo un
appuntamento, bocconcino.»
Chiusi gli occhi, perché
allora sì che l’avrei strozzato.
«Sono Elisabeth Knight.»
allungai una mano «Sono colei che ti permette di presentare stasera.»
A parte questo primo problema con Renfree, l’evento
andò a gonfie vele ed in seguito seppi anche che avevamo raccolto
parecchio per
il fondo di Children In Need. Giovanna mi chiamò per farmi le
congratulazioni,
dato che aveva seguito l’evento da casa: Mi ricordò anche il concerto
dei McFly
il giorno dopo.
Una volta riattaccato il
telefono, salutai tutti e mi diressi verso l’uscita: se la potevano
cavare
senza di me, ora. Mentre camminavo a passo spedito per il campo,
guardando il
mio iPhone andai a sbattere contro qualcuno e fui costretta ad alzare
la testa.
Mi prese un colpo.
«Scusa» dissi ad Aaron
Renfree. E feci per andarmene.
«Non ti scusare, bocconcino.»
rispose lui trattenendomi per un polso. Lo fissai dritto negli occhi:
«Per l’amor del cielo, ho un
nome. E senza di me, diciamocelo, questa opportunità potevi sognartela.»
«Appunto.» sorrise lui «Volevo
invitarti fuori a cena come ringraziamento.»
«No grazie.» e riuscii a
divincolarmi dalla sua presa.
«A mai più rivederci, Mr
Renfree.» bofonchiai andandomene senza voltarmi.
***
Giovanna rise di gusto mentre guidava. «Renfree ti ha
chiesto di uscire?»
«Sì! A me, hai capito?!?» ero
anch’io ancora incredula e quasi offesa.
«Beh, potevi anche
accettare..» mi punzecchiò lei.
«Renfree è tutto quello che
odio. Non potrei mai stare con uno come lui, e lo sai.»
«Sì sì.» annuii e dopo un
attimo di silenzio scoppiamo entrambe in una risata fragorosa.
«In ogni caso sono stata
soddisfatta del lavoro che ho fatto» commentai osservando fuori dal
finestrino.
«Anche Tom è stato molto
entusiasta. Ha detto di andare dietro al backstage appena arriviamo.»
Sospirai, guardandomi le mani
«Anche Danny me l’ha chiesto.»
Giovanna non disse niente,
sapeva che alla fine l’avrei seguita nel backstage. E fu così, anche
perché le
ragazzine si accalcavano perché avevano riconosciuto la ragazza di Tom
e
urlavano come matte probabilmente chiedendosi che diritto avessi io a
stare lì
con un PASS. Eppure ne avevo visti così tanti in quegli anni, ero stata
a molti
backstage dei McFly quando incontravano alcune fans sfegatate. Sempre
in
disparte.
Incontrammo Tom per lo stretto
corridoio. Giovanna lo abbracciò e gli stampò un bacio casto sulle
labbra.
«Ehy, Liz!» Tom mi fu addosso
con uno dei suoi soliti abbracci affettuosi.
«Tom, è bellissimo rivederti»
ricambiai l’abbraccio e incrociai il suo sguardo attento e dolce quanto
quello
di Giovanna. Erano una coppia perfetta anche se non glielo avevo mai
detto perché
non sono tipa che fa tante smancerie. Ma li adoravo e non potevo non
essere
felice per loro.
«Complimenti per l’evento di
ieri!» mi disse sorridendo. «Magari la prossima volta organizzerai
qualcosa per
i McFly!» e mi fece l’occhiolino.
Io evitai di rispondere.
«Vado a cercare Danny.» dissi,
volendoli lasciare appositamente soli, come prima di un qualsiasi
concerto. Era
un rito, non so cosa si dicessero o cosa facessero, ma in quei pochi
minuti era
il loro momento e io non volevo di certo guastarglielo.
Fra i lunghi corridoi finii
per incontrare anche Harry che mi oltrepassò dopo pochi convenevoli.
Harry era
da sempre il più legato a Dougie e il meno incline ad affezionarsi
tanto alla
gente facilmente. Per questo la cosa era alquanto imbarazzante. Era
come se io
e lui ci conoscessimo solo di vista ora. Come se non fossi mai stata a
casa sua
a mangiare, come se non avessi passato alcune vacanze estive anche con
lui e
Izzy. La cosa mi lasciava sempre un po’ stupita. Ma proprio per quanto
bene l’avevo
conosciuto, potevo anche capire la sua sensazione nel vedermi lì in
giro.
E
infine finii contro Dougie. Mi imbattei in
lui più che altro. Non ci toccammo, ma indietreggiammo proprio come se
ci
fossimo appena scontrati. Indossava dei jeans skinny e una camicia a
T-shirt
nera con dei disegni. I capelli corti con il ciuffo biondo davanti. Gli
occhi
suoi fissi nei miei.
«Liz.» disse solo, sottovoce,
come una cosa che esce per caso.
«Ciao.» bofonchiai. Nessuno
dei due distoglieva gli occhi dall’altro, come... incatenati? E nessuno
riusciva a muoversi di lì. Io personalmente non sentivo più le gambe. I
secondi
scorrevano veloci come se fossero stati giorni, intorno a noi sembrava
ci fosse
il nulla ed io sentivo solo il battito del mio cuore amplificato dentro
la mia
testa. Quando lui poi mi oltrepassò e io lo guardai allontanarsi nel
corridoio,
mi accorsi della morsa allo stomaco che provavo.
Non che tutto di lui non mi fosse mancato, solo non
avevo mai realizzato quanto ancora la sua sola presenza mi rendesse
agitata,
impaziente e mi facesse venire i brividi lungo la schiena. Sicuramente
non me
n’ero mai accorta perché non c’era più stata un’occasione per
incontrarci così
da vicino.
Mi lasciai cadere con la
schiena appoggiata al muro del corridoio, mettendomi una mano sugli
occhi,
imponendo alle lacrime prepotenti di non uscire. Non so nemmeno io
perché mi
sentivo così. Distrutta come quella sera in cui tutto era finito.
Entrammo in casa ed io andai in cucina a versarmi un
bicchiere d’acqua,
pretendendo di non vedere il suo viso corrucciato. Non volevo
affrontare la
discussione ancora. Fu lui a far
precipitare le mie forze.
«Non hai detto una
parola tornando.» un affermazione che sembrava più
un’accusa.
Alzai le spalle e
sbattei il bicchiere sul tavolo. «Nemmeno tu se è per
questo.»
«Che c’è adesso?
Perché sei arrabbiata?» con il suo solito tono
permaloso, quando crede che sia suo diritto essere arrabbiato e di
nessun
altro.
«No, dimmelo tu.»
sbraitai perdendo la pazienza. «Dimmi cosa c’è. Non
sarà ancora per Michael vero?»
Dougie spalancò gli
occhi quasi ferito. «Vedi che ce l’hai sempre in
mente?»
Scossi la testa
«Guarda che sei tu quello che lo tira fuori in ogni
discussione che abbiamo. Questa volta ti ho solo aiutato.»
«Ah, mi hai aiutato?»
«Sì, stupido!»
«Stupido? Senti, lo
stupido qui non sono io. Hai visto come ti sei
comportata stasera?»
Rimasi perplessa.
«Come mi sono comportata, in che senso?» e socchiusi
gli occhi indagatori.
«Preferisci la
compagnia di Danny e Tom alla mia?»
«Non fare il geloso
su cavolate adesso, Doug.» mi passai una mano sulla
fronte, scostando i capelli.
Lui si avvicinò a me
e mi guardò dritta negli occhi. «Mi stai
evitando.»
«Non è vero!»
esplosi.
Cominciò ad urlare
anche lui. «E’ per Michael, eh?» scosse la testa
«Non ci posso credere che ti piaccia uno come lui.»
«Ma che dici? Non mi
piace affatto.» ormai erano cose dette e ridette.
«Te ne freghi di
tutto. Di tutto quello che riguarda me.»
«Scusami se per una
volta ogni tanto vorrei pensare un po’ alla mia
vita, invece di starti sempre appresso!»
Dougie boccheggiò
«Sempre... appresso?»
«Esatto!» urlai
«Guarda, questa ne è la prova. Non ti guardo un po’ una
sera e già fai le sfuriate di gelosia!»
«Non è questa sera,
è Michael che..»
Gli puntai un dito
contro. «Dillo, dillo e basta.»
Dougie abbassò lo
sguardo un attimo, riprendendo fiato, poi mi guardò
con occhi stanchi, distrutti e sofferenti «Io.. non mi fido di te,
Liz.» scosse
ancora una volta la testa «E’ finita.»
Con le poche forze
che mi rimanevano, presi il cappotto ed uscii dalla
porta. Arrivata poi in un taxi piansi.
Diedi il primo
indirizzo che mi venne in mente e mi ritrovai davanti
alla piccola villetta di Tom e Giovanna.
Suonai il campanello
più volte con il mascara che mi colava sulle
guancie pregando che fossero già tornati a casa dalla festa.
Venne ad aprire un
Tom con una T-Shirt di Star Wars e rimase alquanto
sorpreso di trovarmi lì e in quello stato.
«Liz, che è
successo?» chiese solo. Io singhiozzai un po’ più forte
cercando di prendere fiato, inutilmente. Mi fece entrare e Gi mi fu
subito
accanto mentre Tom ci lasciava da sole.
«E’.. è finita.»
riuscii a dire fra i singhiozzi che mi scuotevano
tutta. Giovanna mi passò un fazzoletto e poi mi abbracciò forte.
«L’ha detto...ha..
ha detto che non si fida più.» cercai di spiegare.
Mi sentivo come crollare il mondo addosso. Non era questa litigata e
basta,
erano tutte le litigate dell’ultimo periodo ad averci portato fino a
lì, e le
cattiverie l’uno alle spalle dell’altro. Perché di cattiverie si
trattava. E
non ricordavo nemmeno per cosa e come era iniziata tutta quella
situazione. Era
tutto totalmente assurdo e mi sembrava persino di non riuscire a
respirare.
Cinque anni in cui lui era stato il centro di tutto, e sapevo che
quello che
era successo era veramente ciò che metteva la parola fine. Non era una
cosa
affrettata, non era una cosa istintiva. L’idea era fra di noi da troppo
tempo
ormai. Aleggiava facendoci scontrare anche nelle più piccole cose. Ed
ora ero
rimasta senza di lui, o meglio, sola.
«Che ci fai lì per terra?»
Alzai di scatto la testa,
presa alla sprovvista. Una ragazza con i lunghi capelli biondi e ricci
mi stava
fissando con sguardo superiore.
Carrie Fletcher.
Non
eravamo mai veramente andate d’accordo.
Era lei quella ostile nei miei confronti dall’inizio. Tom sosteneva che
le stessi
antipatica a pelle, ma questo non aveva aiutato a costruire nessun tipo
di
rapporto. Certo, non mi era poi capitato di vederla spesso, se non a
qualche
rara festa.
Mi alzai in fretta e le
sorrisi. «Ciao Carrie, come va?»
«Ciao.» rispose piatta, alzando
un sopracciglio. «Tutto bene.» mi osservò ancora. «Dove sono finiti i
tuoi
capelli fucsia?»
Risi, sorpresa di quella
domanda proprio da lei.
Avevo avuto un periodo in cui
mi ero colorata i capelli di un rosa shock, per provare ma anche per
far
arrabbiare Dougie che come risposta si era lasciato crescere i capelli
in
maniera oscena.
«Sai dove posso trovare
Danny?» chiesi poi.
Carrie annuì. «Sì, vieni, ti
accompagno.»
Camminammo in silenzio per i
corridoi finché lei chiese ancora:
«Dico sul serio, eri forte con
quel caschetto sbarazzino e i capelli fucsia.»
Era la prima volta che mi
faceva una sorta di complimento.
«Grazie. In ogni caso ho
deciso che era ora di tornare al mio colore e di farli crescere.»
Osservai i
leggeri boccoli sulla mia spalla.
«E’ perché ti sei mollata con
Dougie?»
Mi si gelò il sangue nelle
vene, come sempre non aveva perso l’abitudine di essere senza tatto
alcuno.
«Anche per quel motivo, avevo
bisogno di cambiamenti.» spiegai.
Grazie al cielo eravamo
arrivate davanti alla porta dei camerini con su scritto McFly. Carrie
mi salutò
ed io entrai.
Immediatamente mi fu addosso
un cespuglio di capelli neri e fucsia che urlava di gioia e mi
stringeva
stretta il collo.
«Ma quanto tempo è passato?!?»
Vicky Jones era isterica praticamente. «E dove sono finiti i capelli
fucsia??»
chiese questa volta come ferita. In effetti, dopo che li avevo fatti
io, anche
lei c’aveva provato e a quanto pareva le erano talmente piaciuti da
continuare
per due anni a rifarseli.
Scossi la testa ridendo.
«Come stai, mattacchiona?» mi
chiese ancora mentre mi portava verso gli specchi dove si ripassò la
pesante
matita nera intorno agli occhi.
«Stupendamente.» sorrisi,
dimenticando completamente il mio precedente incontro con Dougie.
«L’hai vista alla TV ieri sera?»
Danny uscì dal bagno lì di fianco e mi stampò un bacio sulla fronte
passando un
braccio attorno al mio collo.
Vicky spalancò gli occhi «Eri
in TV? E che ci facevi lì? Non dirmi che hanno finalmente scoperto
quella
sciocchezza del centro commerciale!»
Risi mentre anche Danny
ricordava un po’ di anni prima quando ero maldestramente andata addosso
ad un
paio di profumi e poi nell’intento di scappare via dal negozio ero
piombata
addosso al Babbo Natale pieno di caramelle. Tutto questo con i due
Jones al seguito.
«Aveva il suo primo evento con
Children In Need.» spiegò Danny dopo una sana risata.
«Oh, quello con quel tipo,
Renfree?» domandò sua sorella «Non mi sembra il tuo tipo, L.»
Roteai gli occhi. «Non me ne
parlare. Non l’ho scelto di mia iniziativa.»
Una suoneria di cellulare ci
fece zittire e Danny rispose andandosene dalla stanza.
«Si sta vedendo con Georgia
Horsley.» commentò Vicky seguendo il mio sguardo.
«E’ un nome che ho già
sentito...» cercai di scavare nella mia mente, ma non riuscivo a
ricordare.
Vicky con una mossa veloce
sfilò un giornale da una pila di magliette e me lo aprì ad una pagina
dove una
bionda molto carina stava in piedi in bikini.
«Miss England 2007??» ero
ufficialmente incredula. «E come ha fatto a conoscerla?»
Lei alzò le spalle. «Questo
non me l’ha ancora detto, ma non ti sorprendere tanto eh! Mio fratello
è una
star quanto lei.»
E’ vero. Delle volte proprio
scordavo che loro fossero così famosi. Rimanevo tutte le volte basita
quando
entrando in casa di Danny mi capitava di vedere biglietti di auguri di
natale
scritti a mano personalmente da Elton John. Era.. straordinario.
Poco dopo il loro agente ci buttò praticamente fuori
dal camerino perché i ragazzi dovevano prepararsi. Io, Giovanna, Izzy,
Carrie e
Vicky andammo nella zona riservata a noi, nell’angolo destro del palco,
luogo
dove non vedevamo molto, ma potevamo ascoltare bene.
Mi accorsi che delle ragazze
ci avevano puntate. Prima indicarono nella nostra direzione, poi si
avvicinarono, facendosi forza una sull’altra a quanto sembrava. Si
piombarono
tutte su Giovanna e Carrie a chiedere autografi e foto. Gi non sembrava
nemmeno
troppo sorpresa, mentre Carrie era abituata avendo a che fare con sue
fans
personali durante le giornate. Quello che mi sorprese più di tutto fu
che
vennero anche da me, più titubanti di prima. Una ragazza di 17 anni più
o meno
mi si avvicinò con un taccuino e una penna e mi chiese di firmare.
La guardai completamente
disorientata.
«Sei Elisabeth Knight, giusto?
Non è che ho fatto una figura assurda, no?» chiese lei preoccupata.
«No..» cercai di sorridere «E’
solo che non pensavo volessi proprio me.»
La ragazza sorrise raggiante.
«In qualche modo sono una tua fan. Mi potresti fare un autografo?»
Presi la penna e firmai, ma la
cosa mi faceva sentire troppo strana.
«Grazie» disse
riprendendosele. «Ti seguo anche su Twitter.»
«Ah.» io non sapevo cosa dire,
mentre altre due mi porgevano altri fogli con penne. Firmai perché non
c’era
altro che potessi fare e poi le salutai, trovandole molto gentili.
Avrebbero
meritato di incontrare i McFly...
«Ehy, come vi chiamate?» Vicky
aveva avuto la mia stessa idea. Le ragazze tornarono indietro e diedero
i loro
nomi. Io non avevo più molta voce in capitolo, ma la sorella del
chitarrista
poteva fare ancora ciò che voleva.
«A fine concerto, tornate qua
da noi che vi facciamo passare.»
Il concerto
andò alla grande, ma prima della canzone finale, Dougie interruppe Tom
e disse
alla folla che ci sarebbe stata una sua canzone. La canzone che non
avevano mai
suonato ai concerti: Ignorance.
Vicky mi guardò in quell’istante cercando una
mia reazione, ma io ero come pietrificata e quasi mi mancava l’aria. La
canzone
era splendida, ma le parole erano crudeli e sofferenti. Ed erano per
me. O
comunque erano state scritte a causa mia. Lui la cantava perché sapeva
che io
ero lì e che avrei ascoltato, ne ero certa.
I'm too far gone it's all
over now
and you can't bring me
down...
Love is won over by
ignorance
Do not get won over by
ignorance
These pills weren't meant
to hurt you
But today and ever more if
fools were meant to fuck you,
Then why do fools fall in
love??
Stetti ad
ascoltare attenta,
come se quella canzone non l’avessi già ascoltata cinquanta volte. Come
mi
sentivo? Triste, offesa, ma allo stesso tempo incuriosita da questo suo
comportamento. Dopo due anni senza vederci poteva darmi un’accoglienza
migliore
direi.
Has blown up your
walls again again
Your lies are all
part of your intellect,
These pills weren't
meant to hurt you
But today and ever
more if fools were meant to fuck you.
Then why do fools
fall in love
In the story I was
told well this was never mentioned,
Must have missed the
chapter,
When I was 17 years
old,
And there's nothing
left but love
«Stai bene?»
mi chiese
Giovanna e io sorrisi in risposta annuendo. Non stavo male. E quasi mi
dava
fastidio vederle lì pronte ad un mio pianto disperato. Non sarebbe
arrivato, lo
assicuro. Non avevo intenzione di piangere. Forse solo di andare da lui
e
dirgliene quattro. Questo sì, ma nient’altro.
An unfortunate
consequence,
And you'll burn in
hell when you fall against,
These pills weren't
meant to hurt you
But today and ever
more if fools were meant to fuck you.
then why do fools
fall in love
In the story I was
told well this was never mentioned,
Must have missed the
chapter,
when I was 17 years
old,
And there's nothing
left but
They won’t let go
when you see her
coming
please let me know
I'm too far gone
it's all over
and you can't bring
me down...
Subito dopo
il concerto,
salutai tutti e me ne andai fuori. Vicky si propose di accompagnarmi a
casa e
alla fine finimmo in un ristorante cinese a raccontarci le nostre
ultime
avventure. Al contrario delle altre non si assicurò per la millesima
volta se
stavo bene oppure no. Ne era convinta e basta.
Ritornai a casa esausta e
trovai un mazzo di margherite davanti alla porta del mio appartamento.
Li
raccolsi e li portai dentro. Sfilai le scarpe con un paio di calci ed
andai in
cucina a prendermi un bicchiere d’acqua.
Riguardai i fiori e cercai
attorno.
L’unico biglietto presente era
firmato Aaron Renfree.
Come va??? Sono finalmente tornata qui, eh? Ok solo un commentino è poco, eh! :/ io intanto posto anche questo capitolo. Ah, mi sono dimenticata di Georgia Horsley :D
Come va??? Sono finalmente tornata qui, eh? Ok solo un commentino è poco, eh! :/ io intanto posto anche questo capitolo. Ah, mi sono dimenticata di Georgia Horsley :D