Eccovi il nuovo capitolo, spero gradiate!
In fondo le risposte alle recensioni. :)
Inoltre ringrazio tutti quelli che hanno inserito la storia tra i preferiti (11!) e chi l'ha inserita tra le seguite (51!).
La
musica
altissima, l’odore pungente dell’alcool, milioni di
corpi che si muovevano al
ritmo di una nuova hit…
Io
e Angy
eravamo inevitabilmente finite in un angolo, sole, a sorseggiare
Martini con
sguardo stralunato.
Per
quella che
contai essere la venticinquesima volta un tipo dalla stazza possente, e
anche
abbastanza ubriaco si sedette accanto a noi.
“Ehi
belle!
Chi vuole ballare?” Angy fece cenno di no con la testa e si
voltò dalla parte
opposta, io stavo per fare la stessa cosa quando un pensiero improvviso
mi
colpì: quella sera mi ero preposta di divertirmi, di
abbandonare ogni
preoccupazione e di comportarmi, per una volta nella vita, da
irresponsabile…
ed era quello che avrei fatto.
“Io!”Esclamai alzandomi dal divanetto dove fino a
quel momento sedevo con
Angela, lei mi guardò confusa e io le mimai un
“torno presto” prima di
dirigermi al centro della pista con quell’enorme ragazzo.
“Come
ti
chiami?” Gli chiesi, cominciando a muovermi al ritmo della
musica, lui nel
frattempo sembrava essere ancora più ubriaco di prima.
“Jacob!”Rispose
entusiasta, per poi scoppiare a ridere senza alcun motivo apparente e,
inaspettatamente, una risata uscì anche dalle mie labbra, mi
lasciai percorrere
da quella sensazione di euforia che sentivo scorrermi dentro;
evidentemente i
tre bicchieri di Martini bevuti con Angela cominciavano a fare effetto.
Ballammo
per
un’ora intera, barcollando da un lato all’altro
della pista; non mi opposi
quando Jacob scese ad accarezzarmi un fianco, attirandomi a
sé.
“Vuoi
qualcosa da bere?” Soffiò suadente al mio
orecchio, io annuii, mentre dalle mie
labbra fuoriusciva una risatina isterica.
Lo
vidi
dirigersi verso il bar e farsi servire due bicchieri di Vodka; notai le
sue
mani mettere qualcosa all’interno di uno di
quest’ultimi, ma non ci feci caso,
troppo presa dall’euforia del momento.
“Eccomi!”Mi
raggiunse porgendomi la bevanda, senza esitazioni la portai alle labbra
e
avvertii l’alcolico scendere a bruciarmi la gola; una
sensazione di beatitudine
prese possesso del mio corpo e ricominciai a ballare, agitandomi
come
un’ossessa e urlando ogni qualvolta sentivo il contatto con
il pavimento.
Mi
divertivo
e finalmente mi sentivo bene, bene come non mi sentivo da
tempo…
Poi
qualcosa
cambiò.
La
stanza
prese a girare vorticosamente e le persone che mi stavano intorno si
tramutarono in milioni di mani che pericolosamente si avvicinavano a me.
Mi
toccavano, mi stringevano… ero paralizzata
dall’orrore; mi sentivo
trascinare via e mi voltai di scatto, ritrovandomi davanti una figura
sfocata
di cui riuscivo a vedere chiaramente solo gli occhi, due smeraldi
incastonati in un volto senza lineamenti.
“Nessuno
ti
vorrà più. Ora sei qui e nessuno ti
salverà.”
Figure
a me
ignote mi circondarono, parole confuse si persero nell’aria e
poi, fu il buio.
“Attacco
cardiaco… Uso di allucinogeni… Non sappiamo se e
quando si risveglierà… Torna
da me!”
Voci
a me
conosciute mi sfioravano le orecchie, mi entravano dentro, mi
confondevano;
straziando il mio animo terrorizzato.
Il
luogo in
cui mi trovavo contribuiva ad aumentare la paura che, consistente, si
faceva
spazio nella mia coscienza.
Ero
sdraiata
su un lettino in ferro, non una coperta a separare la mia pelle dal
gelo del
metallo, mi trovavo all’interno di una stanza di ospedale,
illuminata da un
bagliore argenteo proveniente dalla porta in fondo alla sala.
Intimorita
mi alzai avviandomi verso quest’ultima, provai ad aprirla ma
con scarsi
risultati; era chiusa a chiave.
Mi
voltai con l’intenzione di cercare una via di fuga ma
ciò che vidi mi paralizzò
dallo stupore.
La
stanza
d’ospedale di poco prima non c’era più,
al suo posto la sala degli infermieri
del “Seattle hospital”, il luogo in cui lavoravo da
ormai un anno come
infermiera.
Davanti
a me
vedevo Edward e… me, intenti a scambiarci un bacio
passionale…
Le
sue
mani percorrevano con frenesia il mio corpo, mi strappò i
vestiti di dosso e
io, totalmente sottomessa al suo volere, assecondavo ogni suo movimento.
Cosa
ero
diventata? Mi facevo usare come una puttana da lui, a cui di me non
importava
nulla.
Le
lacrime
mi rigarono le guance e un’ondata di ricordi mi
investì…
“Benvenuta
al Seattle hospital, io sono il dottor
Edward Cullen. D’ora in poi lavorerai nel mio reparto, hai
qualche
domanda?”Scossi la testa, incapace di proferire parola,
completamente in potere
di quello sguardo intenso.
“Bene,
seguimi allora, ti mostro la sala operatoria.”E
sorrise, il suo volto si aprì in un sorriso stupendo, capace
di incantare
chiunque.
Mi
condusse fino ad una stanza fiocamente illuminata,
ricolma di macchinari ospedalieri posti intorno ad una barella
dall’aria
decisamente scomoda.
Edward
si avvicinò ad alcuni di essi e me ne mostrò
l’uso.
“Questo
serve per misurare la pressione del paziente…
con quest’altro invece monitoriamo il battito
cardiaco… e poi
c’è…”Non ascoltai
neanche una parola di ciò che disse, stregata dai suoi
movimenti e dalla sua
voce melodiosa.
Con
decisione mi spinse contro il muro del bagno, le
sue mani intrappolarono i miei fianchi nudi e il suo sguardo, reso
scuro
dall’eccitazione, incontrò il mio.
“Ti
voglio. Ora.”
A
quelle parole persi completamente la ragione ed
aprii maggiormente le gambe, in modo che lui potesse sistemarsi meglio
fra di
esse.
Entrò
in me e ogni cosa perse significato, importavano
solo i nostri respiri affannati, il suo corpo avvinto al mio e quel
qualcosa di
indefinito che avvertivo crescere fra di noi.
“Edward,
posso parlarti?”Si voltò verso di me,
interrompendo la discussione che da qualche minuto portava avanti con
il suo
collega.
“Certo.
James aspettami qui, ci metto un attimo.” La sua espressione era indecifrabile, nessuna emozione traspariva dai
suoi occhi.
“Che
c’è?”La sua voce fredda e lo sguardo che
mi
rivolse furono peggio di mille pugnali conficcati nel petto.
E
capii, finalmente capii…
Per
lui non era altro che sesso, e niente di ciò che
avrei potuto dire sarebbe servito a cambiare qualcosa.
Gli
voltai le spalle nascondendogli i miei occhi, già
pieni di lacrime.
Era
questo
quello a cui ero destinata?
Valeva
la
pensa di continuare a vivere quell’inferno?
Sì
ne valeva
la pena.
Ogni
battito
del suo cuore, ogni suo respiro, ogni suo gesto valeva la pena di
essere
vissuto, non avrei mai perso la possibilità di essergli
accanto anche se questo
avesse significato andare incontro ad una continua sofferenza.
Fu
in quel
momento che riaprii gli occhi.
“Amor
c’ha nulla amato, amar perdona…”
Sì è una Ed/Bella, per ora posso rispondere solo
a questa tua domanda :)
Spero che continuerai a seguirmi e che commenterai anche questo
capitolo! Un bacio :)
Spero di non averti deluso con questo capitolo, un bacio!
Un abbraccio!
Sì ineffetti mi sono ispirata proprio a Grey's Anatomy,
continua a seguirmi! Un bacio!
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