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Autore: Ombra    01/08/2005    0 recensioni
è la mia prima fic... vi prego di recensira anche se fa schifo così potrò migliorare...! ^.^ Ah, forse ho un po' sbagliato nei generi...
Genere: Fantasy, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Riekkime raga

Riekkime raga!!! *O* sn tornata!!! ^O^ …x sfiga vostra!!! XDDD (gyà…. -.-“” ndtutti) ih ih ih!!! Vi sta bene!!! XDDD va beh, incominciamo subito con la storia ** BUONA LETTURA!!!

Questo è uno dei dormitori del castello ** Questa è Veesa **

 

§Un laboratorio poco rassicurante§

 

Corsi a lungo in cerca di quel maledettissimo laboratorio, scesi rampe e ne salii altre, attraversai corridoi, varcai porte, cercai passaggi segreti, tutto senza fermarmi un attimo, finchè non capii di aver esplorato ormai tutto il castello, allora mi sedetti a terra ansimando con la lingua a penzoloni per la corsa mentre le ali da pipistrello scendevano ferme lungo la schiena. Non sapevo dove cercare, ormai il castello era totalmente esplorato, avevo perfino annusato l’aria in cerca di passaggi segreti, ma qualcosa doveva essermi sfuggito: il laboratorio doveva pur essere da qualche parte, e io dovevo trovarlo, il prima possibile.

Rifeci con la mente il giro del castello: uscita dalla stanza di Gordon ero subito passata ai piani più alti, quelli dei dormitori, lì non avevo avuto tanti problemi, mi ero mossa silenziosa in ogni dormitorio in ogni stanza, forse tralasciando un poco la mia ma di certo non era importante; poi ero passata alle cucine, lì gli odori erano molti ed era dove avevo passato più tempo, come nelle mense d’altronde; subito dopo ero passata alle varie sale di lezione… in queste ero rimasta abbastanza poco, non c’era niente di speciale; dopo avevo cercato in tutti i corridoi ma ancora niente di niente….

Poi ad un tratto mi venne in mente una cosa: c’era una cosa che non avevo ancora esplorato… l’arena… perchè non ci avevo pensato prima? Perché??? Avrei risparmiato tempo prezioso…

Incominciai a correre verso il portone, uscii fuori attraversando il giardino di corsa: l’arena si trovava dietro al castello, dovevo correre il più veloce possibile o, lo sapevo, sarebbe stato troppo tardi… A volte dovevo correre a zig-zag per evitare vari ostacoli tra cui alberi o grossi massi. Il vento mi ululava nelle orecchie aderenti alla testa per diminuire l’attrito, così come le grosse ali che rimanevano piegate lungo la schiena. Il vento continuava ad aumentare e con la coda dell’occhio scorsi il cielo: grossi nuvolosi color carbone si stavano accumulando sopra il castello mentre rimbombi lontani mi segnalavano l’arrivo di un temporale.

Arrivai all’arena dopo qualche minuto: avevo fatto bene a correre invece che volare perché da quel che vedevo l’ingresso superiore era chiuso e ora dovevo entrare dal passaggio sotterraneo. Mi allontanai di circa dieci metri dall’ingresso dell’erena e prosegiuii verso destra fino a raggiungere l’albero più vicino, davanti a questo mi fermai e, posando una zampa su un punto preciso della corteccia, mi scostai lasciando che una grossa botola si aprisse sotto di me.

-Beh, è rimasto quasi tutto come prima… o almeno così si direbbe dall’esterno… vediamo all’interno com’è…

Abassai il capo entrando nella passaggio e lasciando che la botola si richiudesse subito dopo, dopo qualche secondo i miei occhi scintillarono nell’ombra rendendo il buio che fino a poco prima mi aveva avvolto soltanto una fievole ombra.

Raggiunsi la parte “vera” dell’arena, ovvero là dove gli allievi e i giovani vampiri combattevano, dopo queche minuto. Appena arrivata mi ricordai l’immensità di quel luogo e volgendo lo sguardo al soffitto ne ebbi la certezza: dal pavimento al soffitto c’erano almeno dieci metri e questo era sorretto da enormi colonne che si trovavano ai lati della sala.

Lanciai un ruggito che rimbombo molte volte prima di sparire del tutto, poi spalancai le grandi ali e mi alzai in volo per raggiungere in soffitto e osservarne da vicino i disegni che lo decoravano.

Dopo poco mi ricordai del mio scopo e tornai a terra scrutando intorno in cerca di qualsiasi possibilità di passaggi segreti. Scrutai tutta la stanza senza trovare nulla finchè non mi accorsi che avevano cambiato i disegni nel pavimento: all’interno del cerchio che conteneva una grossa stella a cinque punta era scritta una parola: Jeinatongram. Sembrava una lingua antica, forse la nostra lingua: l’arcaico. La rilessi, non aveva molto senso, allora provai ad anagrammarla e l’unica cosa con un senso era: ragonam neij, ovvero Faccia Centrale. Ancora non capivo cosa centrasse una faccia in tutto questo, poi riguardando il pavimento in cerca di spiegazioni vidi che proprio al centro della stella era disegnata una grossa faccia. Vi camminai sopra pestando forte le zampe a terra in cerca di pulsanti o botole, ma non ottenni nulla allora incominciai a girare di nuovo attorno alla stella, pensierosa, prima in un senso poi in un altro, quando lessi, sempre camminando in senso opposto a quello in cui era scritta la parola, mi accorsi che aveva senso letta al contrario: Marg notaniej, Stella imperfetta.

Certo, anche questa non aveva molto senso, ma dovevo comunque provare: cercai qualcosa di imperfetto nella stella o qualcosa che assomigliasse a una stella, poi trovai che una delle stelle che circondavano la più grande era incompleta così mi misi al centro di essa, attesi qualche secondo poi il disegno della stella si separò dal pavimento scendendo sempre più in basso verso il sottosuolo finchè non arrivai in una stanza totalmente buia.

Aspettai qualche secondo che i miei occhi si abituassero all’oscurità e quando ciò accadde mi pentii di essere scesa fin là sotto: alle pareti, su molte mensole, c’erano molti barattoli di varie dimensioni e grandezze  con dentro organi, pezzi di organismi immerse in una strana gelatina, ad un lato della stanza erano presenti grossi tubi di vetro contenenti uno strano liquido verde, la maggiorparte di questi tubi erano vuoti, a parte in uno in cui nel liquido verde galleggiava un piccolo lupo rosso. Senza pensarci due volte mi gettai contro la parete di vetro con tutto il mio peso rompendola e liberando così il cucciolo insieme al liquido, il èpiù in fretta possibile presi il lupetto frale fauci e corsi fuori dal laboratorio, verso l’esterno dell’arenae e l’aria fresca, in seguito in creca di Kevin e di Alessia.

  
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