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Autore: Elos    04/04/2010    4 recensioni
Itachi Uchiha era un ninja.
Itachi Uchiha era un ANBU.
Come tutti i ninja sapeva che per portare a termine il proprio dovere bisognava prima di ogni altra cosa pensare al dovere.
Come tutti gli ANBU sapeva che per portare a termine il proprio dovere bisognava pensare al dovere e continuare a pensarlo, e a pensarlo, e a pensarlo, un mantra e una preghiera, una cantilena nella testa, sino a quando il dovere non diveniva tutto, semplicemente, annullando qualunque altro pensiero.

Tra i confini del Vento e del Fuoco, la storia dell'ANBU e della farfalla.
Genere: Guerra, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Kisame Hoshigaki, Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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28. fratello



- Facciamola finita, Sasuke. -
Non pioveva più, dopo quella mostruosa tecnica tirata fuori inaspettatamente da Sasuke, come un coniglio dal cappello, che aveva squarciato la terra e il rifugio segreto, devastando ogni cosa sul suo percorso e costringendo Itachi ad adoperare Susanoo ed a perdere anche il suo secondo occhio, quello che Amaterasu aveva risparmiato, per evitare di finire in cenere; non pioveva più, ma l'aria era ancora densa, satura d'elettricità e di umidità che si preparava, erano i tuoni in lontananza ad annunciarlo come colpi di tamburo, a riversarsi di nuovo sul mondo.
Il mondo di Itachi, ora, era una nebbia confusa di figure che non avevamo forma precisa, ma solo vaghi colori, luci, ombre. Aveva visto a malapena Orochimaru, quand'era disgustosamente saltato fuori dalle fauci di uno di quei serpenti che se n'erano stati buoni buoni, fino a quel momento, nascosti nel corpo di Sasuke. Era riuscito a stento a vederlo, ma aveva ferocemente, lucidamente gioito al pensiero che quella era l'ultima volta che si trovava la sua faccia davanti, perché Orochimaru non poteva fare niente, era inutile, non avrebbe mai più potuto fare niente a Sasuke, e quei tre anni appena trascorsi a tremare per suo fratello erano finiti e vendicati, così.
L'aveva visto sciogliersi e liquefarsi sotto il suo colpo, gemere per l'orrore incredulo, e si era augurato in silenzio che qualunque fosse il posto che all'inferno avevano destinato per lui, Itachi, non fosse lo stesso in cui stava andando Orochimaru. Non credeva di aver fatto niente di così terribile da meritare quello.
Sasuke era finito in ginocchio, svuotato, esausto e, malgrado fosse evidente lo sforzo che faceva per controllarsi, spaventato. Una parte di Itachi ebbe l'impulso di farla finire lì. Finirla così, perché era da un po' che tossiva, ad ogni modo, e sentiva nei polmoni grumi di sangue premere contro i suoi bronchi, impedendogli di respirare bene. Un'altra parte di lui desiderava andare vicino a Sasuke, chinarsi ed abbracciarlo, confortarlo, passargli le mani sulla fronte e fiutarlo per sentire se ancora sapeva di casa, Sasuke, se ancora aveva l'odore buono che aveva avuto da bambino.
Stava morendo. Moriva. Voleva morire con quell'odore in testa.
Una terza parte in Itachi aveva ancora ben chiaro avanti a sé il proprio dovere. Si disse per un attimo che tutta la sua vita era ruotata attorno a quella parola, dovere, ma poi realizzò che non era quello a muoverlo, non più, da anni, e che adesso era Sasuke il perno di ogni cosa. Lo era non dalla prima volta che l'aveva visto, quando era nato, una specie di implume pulcino tra le braccia di sua madre, né dalla prima volta che l'aveva imboccato e la zuppa farinosa era finita a ridipingere uniformemente le pareti della cucina perché Sasuke, anche da bambino, era stato capriccioso e suscettibile, ma dalla prima volta che aveva sorriso, Sasuke, e il mondo di Itachi era parso rischiararsi.
Sasuke non sorrideva, adesso, perché Itachi aveva contribuito a rovinargli la vita: ma lui sperava che Sasuke avrebbe sorriso di nuovo, prima o poi, quando lui fosse morto e quando le cose si fossero sistemate in un modo o nell'altro. Per quel sorriso ne valeva la pena di morire. Valeva la pena di morire due volte.
Così si fece avanti, lento, trascinando stancamente gambe esauste e polmoni malandati, attraverso la nebbia bianca che gli annebbiava lo sguardo:
- Ora i tuoi occhi sono miei. -
E poi, con voce crudele, ad alimentare odio e terrore perché non avesse rimpianti, poi, Sasuke, perché pensasse che la sua morte era stata la migliore delle cose e che lui non aveva avuto colpa, dopotutto, che non aveva agito nemmeno per vendetta, ma solo per autodifesa, per puro e semplice desiderio di vivere:
- Voglio godermi al massimo questo momento. -

C'è Sasuke che cerca d'arrampicarsi su un albero: una grossa, alta, ruvida e nodosa quercia dalla corteccia screpolata, che alza rami verdi e bruni verso un cielo limpido d'autunno. Itachi gira attorno al tronco per poterlo tener d'occhio mentre s'arrampica, allo sgorbietto, che non metta il piede in fallo.Non riesce a trattenersi, vedendogli poggiare la punta del piede su una chiazza di muschio, dal raccomandargli:
- Fa' attenzione! -
Shisui, sdraiato accanto a loro in mezzo all'erba, sghignazza senza troppo ritegno:
- Ma ti sei sentito, Itachi? Neanche mia madre ha mai usato quel tono con me! -
Itachi cerca d'incenerirlo con lo sguardo, ma con Shisui è fatica persa: le occhiatacce sembrano cadere nel vuoto, e il sorriso dell'altro si mantiene immutabile e invincibile.
- Itachi! - La voce di Sasuke, sulla cima dell'albero, è entusiasta: - Vieni a vedere, Itachi! C'è un nido! -
Itachi scatta su per il tronco, tra i rami, approfittando del richiamo di Sasuke per potergli correre dietro: con una mossa da maestro riesce a incastrare sé stesso tra il bambino e il vuoto, con noncuranza, come se la sua posizione fosse assolutamente casuale e non voluta.
- Sono uova di passero. E' strano, in questa stagione. -
Sasuke si sporge, eccitato, cercando d'avvicinarsi un altro po' al nido: punta un piede nel nulla ed Itachi lo acchiappa per la collottola un attimo prima che precipiti dal ramo. Sasuke neanche ci bada, fiduciosamente, lasciandosi reggere dal fratello e deporre al sicuro di fronte al nido.
- Sasuke! - Grida Shisui dal basso, allegramente. - Se ci sono uova buttane giù un paio! -
Sasuke rivolge gli occhioni sgranati su Itachi:
- Non si fanno male, le uova, se le facciamo cadere? -
Itachi maledice silenziosamente Shisui, sporgendosi dal ramo quel tanto che serve per promettere all'amico con lo sguardo una morte lenta e dolorosa. Il sorriso di Shisui si fa un soffio più ampio, trasformandosi in un aperto sogghigno:
- Avanti, Sasuke! Loro si fanno male, ma noi ci facciamo una frittata! -
- Itachi? -
- Shisui... - Più che un nome, è un ringhio.
- E dai, Itachi... non essere così rigido... rilassati! -
- Sasuke, lo facciamo un gioco? -
- Sicuro, Itachi! -
- Adesso scendiamo di qui e giochiamo a saltare sulla pancia di Shisui. Vince chi fa più salti. Ti piace l'idea? -
E' la volta di Shisui di rivolgergli un'occhiataccia, dal basso verso l'alto: e Itachi, serafico, sorride.


Su Susanoo si infransero i kunai che Sasuke lanciava in un ennesimo, rabbioso tentativo di distruggere il fratello, di tenerlo lontano da sé, di salvarsi. Le esplosioni della cartabombe parvero assordare Itachi, mentre fiammate brevi e fumose esplodevano oltre la barriera e davanti ai suoi occhi.
Erano gli ultimi scoppi di Sasuke, quelli, le ultime armi che aveva: e faceva compassione lo spavento evidente negli occhi del ragazzo, che però si mordeva le labbra e, senza volersi dichiarare vinto, ancora pensava a battersi. Itachi dovette fare violenza a sé stesso per fare un passo avanti, e poi uno ancora, tendere una mano verso Sasuke e mormorare:
- Quelli sono i miei occhi. -
Il ragazzo serrò i denti, sfoderò la spada e, con un balzo, gli fu addosso. Il suo tentativo si spezzò sulla barriera: il contraccolpo gli strappò l'elsa liscia dalle mani e lo lanciò indietro, lontano, scaraventandolo contro un muro.

- Dev'essere stata la seconda fetta di torta. - Azzarda Mikoto, compassionevole, sedendo accanto al suo pulcino e abbracciandolo forte nella speranza di fargli dimenticare almeno un po' il mal di pancia.
- O i dodici pasticcini. - Propone Fugaku, con uno sprazzo di insolita ed improvvisa ironia.
O il mezzo sformato di verdure che Sasuke si è spazzolato prima del dolce, pensa Itachi: però non lo dice, non è il caso di rincarare la dose. In genere Sasuke mangia come un uccellino: un boccone, un cinguettio, un tentativo di scappar via. Quando però ci sono in tavola i suoi piatti preferiti si scopre improvvisamente goloso: è tanto piacevole veder mangiare quella specie di esserino minuscolo, delicatissimo, che Fugaku si dimentica d'essere un orso brontolone, Itachi si scorda di essere ragionevole e moderato e, se non fosse per Mikoto e il suo sempiterno buonsenso, a Sasuke sarebbe permesso di ingozzarsi fino a scoppiare.
- Lo vuoi un po' di tè, Sasuke? Un po' di tè caldo, fa passare il mal di pancia... -
- Bicarbonato. - Bofonchia Fugaku, senza guardare né lei né il figlio minore, quasi si vergognasse di trovarsi lì, in cucina, intento a trattare di un simile argomento.
- Un po' di tè con il bicarbonato. - Acconsente serenamente Mikoto.
Fugaku alza finalmente la testa, inorridito:
- Il bicarbonato non va nel tè! -
Ride, Mikoto, probabilmente divertita per essere riuscita a far sollevare il capo al suo orgoglioso marito, e poi si china a tirare piano una guancia del più piccolo tra i suoi preziosi bambini:
- Allora facciamo che il tè te lo metto in una tazza e il bicarbonato in un bel bicchiere, eh, Sasuke? -
Si alza in piedi e Fugaku la imita bruscamente, bofonchiando di una qualche questione fondamentale della quale deve occuparsi immediatamente.
All'una di notte, pensa Itachi, esasperato, molto credibile, papà. E' proprio da Fugaku: in grado d'affrontare i peggiori nemici con la fronte alta e un sorriso orgoglioso e di darsi alla fuga di fronte alla prospettiva del mal di pancia di suo figlio.
Restano soli, così, lui e Sasuke: e Itachi non ci pensa su neanche per un attimo prima di prendere il bambino e metterselo sulle ginocchia. Gli tiene la schiena con un braccio e con la mano libera gli massaggia la pancia. Si ricorda che Mikoto faceva così con lui: piano e gentile, senza forza.
- Fa ancora male, Sasuke? -
Il bambino pare molto più placido, molto meno pallido e decisamente meno dolorante: ma si rannicchia un altro po' tra le braccia del fratello, cacciandogli la fronte contro il collo.
- Un po'... - E poi, subito dopo, con signorile indifferenza, quasi la buttasse lì come per caso: - Posso dormire con te, stanotte, se mi fa ancora male la pancia? -
Itachi ha un mezzo ghigno:
- Dormire con me non ti fa passare il mal di pancia. -
Il bambino esita solo per un attimo, prima d'affermare con buffa, intensa serietà:
- Fa meno male, adesso. -
Itachi non sa se essere divertito da tutto ciò o puramente intenerito, ma sa che tenere in braccio Sasuke è piacevole, e che dopotutto non c'è problema, e che se lo sgorbietto vuole dormire con lui può farlo, sicuro, tutte le volte che vuole.
- Come vuoi tu, Sasuke. -


E lo guardava, adesso, Itachi, perché era abbastanza vicino da poterlo vedere, finalmente, da poter vedere il viso di Sasuke attraverso la nebbia. Si era fatto grande, e forte, e bello. Aveva un po' di Fugaku e un po' di Mikoto, equamente distribuiti su quella faccia candida e affascinante, un po' da nuvola e un po' da pietra: era sparito il sorriso, ma ad Itachi pareva di poterlo vedere ancora, lì, come sospeso, luminoso e candido e perfetto. Gli ricordò Hanako. Il pensiero era dolore, bruciante, ma anche piacere, perché Hanako era stata una costellazione di giorni felici, Sasuke solo un ricordo dolce della miglior cosa che Itachi avesse fatto in tutta la sua vita, risparmiarlo, e Hanako e Sasuke sembravano mescolarsi nella sua testa, adesso, come polvere splendente oltre la cecità, oltre il buio.
Sasuke era spaventato. Si vedeva dagli occhi, si capiva dalle labbra dischiuse e dal respiro affannato. Itachi si sentiva morire. Sentiva i polmoni dolergli, straziati, il cuore battere con foga per cercare di rianimargli le braccia deboli, le gamba stanche, ma il sangue colava dalle ferite e si addensava nella sua gola, soffocandolo. Non pioveva, ma percepiva ancora la pioggia intridergli la tunica, acqua, e l'aria fredda al contatto era come un bacio, vento.

- Sasuke, andiamo a casa. -
Lo sgorbietto fa una faccia infelice ed irritata:
- Avevi detto che mi avresti insegnato una nuova tecnica di shuriken. -
- Domani ho una missione importante e dovrei prepararmi. -
Sasuke dondola la testa, bofonchiando:
- Bugiardo. -
Sospira, Itachi, prima di tirar fuori un mezzo sorriso e fargli segno di avvicinarsi. L'irritazione e l'infelicità scompaiono come per magia dalla faccia di Sasuke, che gli si accosta entusiasta... solo per venir fermato, a un passo di distanza dal fratello, da due dita tese che gli urtano la fronte neanche troppo delicatamente:
- Ahia! -
- Perdonami, Sasuke. - Picchietta su quella fronte liscia, Itachi, divertito: - Ti insegnerò la prossima volta. -
Il bambino fa una faccia non troppo contenta che, lungi dal risultare minacciosa o preoccupante, è solo buffa, e tanto. Itachi ne resta sorpreso, per un attimo, ma poi Sasuke si piega in quella sua guardia gli dei solo sanno dove imparata, e...
- Itachi, guardami! -


E lo guardava, Itachi, anche adesso, anche morendo.
Sasuke gli era di fronte e non si muoveva, come pietrificato. Susanoo si stava dissolvendo, perché lui non aveva più la forza necessaria a trattenere la barriera. Si fermò davanti al fratello e respirò forte: oltre il sapore di sangue, aspro e ruvido, che gli riempiva la bocca, la testa, il naso, c'era il profumo dolce di Sasuke, l'odore di casa e fratello, buono e caldo.
Era l'odore di Shisui e della radura verde, quello, l'odore degli abbracci di Mikoto e della voce di Fugaku, delle notti passate dormendo con Sasuke. Il vento gli carezzava la schiena, ed aveva il tocco delicato delle mani di Hanako. Le due dita che aveva allungato come artigli contratti verso uno degli occhi scuri di Sasuke si distesero, lentamente, sollevandosi piano. Sorrise al ragazzo che aveva di fronte e sorrise al bambino che aveva nella testa, Sasuke, ed erano la stessa persona, ora:
- Perdonami, Sasuke. - Ti voglio bene, Sasuke. - Questa è l'ultima volta. -
Gli vide sgranare gli occhi come ad un colpo ricevuto, sussultare, e gli poggiò la punta delle dita sulla fronte: picchiettò piano, e la pelle di Sasuke era liscia come quella del bimbo che Itachi si era caricato in spalla in uno degli ultimi pomeriggi che aveva avuto per essere solo sé stesso, fratello maggiore, Itachi.
Si sentì cadere e lasciò che le sue ginocchia lo trascinassero per terra. Percepì il freddo duro della pietra contro la fronte, e poi sulla schiena, e capì d'essere finito sdraiato. Aveva il cielo negli occhi, grigioazzurro, gli sembrava di poterlo vedere oltre la patina lattiginosa che gli faceva il mondo buio, e il freddo sembrò scomparire quando sentì il vento passargli addosso. Un tocco sul naso, gentile, e poi le labbra, mentre Hanako si chinava e lo baciava.
Buon viaggio.
La sentiva nella testa.
Buon viaggio.
Farfalla, stava inginocchiata con le sue ali di vesti viola e lo abbracciava, baciandolo, e bisbigliava:
Buon viaggio.

- Se le cose fossero diverse, resteresti, tu, qui? -
- Avrei voluto essere nato in un posto diverso. E questo posto diverso, Hanako, avrei voluto averlo con te. -


La pioggia faceva bene alla genziana e al cardamomo, ma non alla digitale: che, perciò, alle prime avvisaglie di temporale andava coperta. E se ne stava lì, Hanako, in mezzo alle sue piante odorose e con i teli tra le mani, quando tra i profumi caldi di spezie e quelli sottili dei fiori gliene arrivò uno che non s'aspettava di sentire, insieme dolce e lievemente aspro, forte, più forte degli altri.
Si volse verso il sentiero, stupita, le labbra e il naso che riconoscevano l'odore, arancia, gli occhi che frugavano la strada senza vedere nessuno, ma quell'odore, quell'odore, così forte, così presente, sembrava disegnare la figura nel vento.
- Itachi? -





Note

I dialoghi e le scene del capitolo sono tratti dal numero 43 di Naruto, edizione italiana, vari capitoli. Unica eccezione è fatta per i primi due pezzi in corsivo e per l'ultimo, quello con Hanako.

Scrivere questo capitolo è stato tutto un dolore. Masashi Kishimoto, ma perchè...? Lei aveva cominciato un manga tanto allegro, tanto felice, orfani a parte, perchè andare avanti così?

Vorrei intanto ringraziare, non sapendo precisamente dove farlo, tutti coloro che hanno commentato Questione di tempo. Grazie davvero. ^^
Ne approfitto per segnalare ancora il primo capitolo di Florilegio, Cacciatori di Stelle.


Salice: L'immagine di me a quattro zampe che inseguo scodizolante la depressione, naso a terra, mia Sal, non è bella per niente. xD

abcdefghilm: Non sono per niente brava a trovare canzoni che si colleghino a quel che leggo o che scrivo (e chi mi sta sopportando mentre cerco di tirare fuori associazioni sensate per una storia lunga che sto buttando giù per un concorso lo sa anche troppo bene xD), però a novembre, scrivendo, ascoltavo questi tre pezzi:
Eramaan Viimeinen - Nightwish feat.Jonsu
Umlahi - Mediaeval Baebes
Breakout - Feet of Flames

Ma, se dovessi suggerire un pezzo solo, ho sempre pensato che il tema principale di Pride & Prejudice (la versione più recente, quella del 2005 di Joe Wright) rendesse benissimo l'atmosfera:
Liz on Top of the World - Jean-Yves Thibaudet
Per quanto riguarda msn, purtroppo dopo una bruttissima esperienza con lo stesso ho smesso di adoperarlo: soprattutto perchè, al momento di reinstallarlo dopo aver cambiato l'hard disk, ho avuto problemi con il programma. Mi spiace!
Ti ringrazio davvero tanto per i complimenti, mi fanno sciogliere di piacere... ^^


fonte immagine: google immagini
  
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