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Autore: Elos    07/04/2010    2 recensioni
Itachi Uchiha era un ninja.
Itachi Uchiha era un ANBU.
Come tutti i ninja sapeva che per portare a termine il proprio dovere bisognava prima di ogni altra cosa pensare al dovere.
Come tutti gli ANBU sapeva che per portare a termine il proprio dovere bisognava pensare al dovere e continuare a pensarlo, e a pensarlo, e a pensarlo, un mantra e una preghiera, una cantilena nella testa, sino a quando il dovere non diveniva tutto, semplicemente, annullando qualunque altro pensiero.

Tra i confini del Vento e del Fuoco, la storia dell'ANBU e della farfalla.
Genere: Guerra, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Kisame Hoshigaki, Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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29. nebbia



Hanako rimase sorpresa, ma poi neanche troppo, quando si vide ricomparire sul sentiero l'uomo dalla maschera e dai capelli d'argento, Kakashi. Lei risaliva il viottolo del pozzo con un secchio d'acqua tra le braccia, e Kakashi le venne incontro e glielo tolse dalle braccia:
- Date, lo porto io. -
Lei chinò il capo:
- Grazie. -
Camminarono in silenzio fino alla porta di casa, e fu solo lì, mentre attraversavano la soglia, che l'uomo mormorò quietamente:
- Non dovreste portare pesi. -
Hanako gli rivolse un'occhiata interrogativa, ma Kakashi era già passato oltre, muovendo verso la cucina. Le lasciò il secchio sul pianale del tavolo, badando a non spandere l'acqua tutt'attorno. Le campane del vento tintinnavano delicatamente, con un suono dolce come cristallo. Hanako mise il bollitore sul fuoco e portò nel soggiorno le tazze:
- Ho della torta al miele, se vi piace. - Propose in tono mite, svitando il barattolo delle foglie di tè. Era blu, così com'era blu il vassoio, la teiera, com'erano blu i cuscini e le ciotole: Hanako adorava il blu dalla sera in cui l'aveva visto indosso ad Itachi. - Ho capito solo l'altro giorno quante dosi di zucchero ci vanno per non trasformare l'impasto in una specie di collante al caramello. - Kakashi sorrise, al di sotto della maschera, e lei proseguì allegramente: - Ottimo per attaccare i vasi che si rompono in giardino, ma sfortunatamente anche eccellente per saldare i denti insieme ad ogni morso. Adesso però è venuta bene. Davvero. -
Kakashi scosse la testa:
- Vi credo. - E poi, senza più sorridere, la maschera che si distendeva senza formare pieghe sopra le labbra: - Non volevo disturbare. Ma passavo di qui, ed ho preferito fermarmi. -
Hanako si chinò per versare una spolverata di foglie di tè in ogni ciotola.
- Non è un disturbo. E' stato molto cortese da parte vostra. - Affermò, mitemente.
- Itachi Uchiha è morto. -
La mano che adoperava il cucchiaio si bloccò a mezz'aria, sospesa sopra ad una tazza, mentre gli occhi che avevano seguito sino a quel momento la caduta delle foglie si facevano tutto ad un tratto fissi e vacui, sfocati.
Hanako rimase perfettamente immobile per un lungo istante, mentre Kakashi, dall'altra parte del tavolo, pareva essersi trasformato in una statua di pietra. Il cucchiaio si abbassò, lentamente, posandosi piano sul bordo della tazza. Hanako intrecciò le mani in grembo, sulle ginocchia piegate, e affermò senza alzare il capo:
- Lo so. - Aveva una voce molto quieta, ma limpida, pulita, senza incrinature. - Lo sapevo già. -
- Lo sapevate anche l'altra volta. -
Non era una domanda, quella di Kakashi, ma Hanako annuì lo stesso. L'uomo le domandò:
- Come facevate a saperlo? -
Lei alzò gli occhi, adesso, guardandolo con una strana, bizzarra espressione di bisogno: aprì bocca e la richiuse, poi di nuovo e ancora, a vuoto, le labbra che si muovevano senza emettere voce. Infine scosse il capo, chinandolo nuovamente contro il petto, e rispose con un tono vecchio, esausto, svuotato:
- Era malato. Molto.... molto malato. Stava morendo. - Le mani deposte in grembo si serrarono, contraendosi, ma il viso rimase placido e disteso. - Avete trovato Sasuke? -
- No. -
- E' stato lui? -
Kakashi assentì brevemente. Hanako rimase immobile ancora per un attimo, prima di alzarsi in piedi. Rivolse all'uomo un sorriso di scuse e un mezzo inchino:
- Vi prego di scusarmi. Ho lasciato il bollitore sul fuoco. -

Andò di là e smosse le braci per attizzarle. Le fiamme lambirono il recipiente di metallo, e Hanako usò una presina di panno per aprirlo e guardare l'acqua.
Itachi è morto.
Rimise al suo posto il coperchio, staccò il bollitore dal treppiede.
Niente più Itachi.
Doveva poggiare il bollitore sul piano di legno, adesso, al sicuro. Era un gesto di una semplicità sconvolgente, ma si rese conto che c'era qualcosa che non andava. Non ci riusciva. Le mani le tremavano troppo forte per riuscire a centrare il bordo del tavolo. L'acqua scivolava dal beccuccio ad ogni brivido, spandendosi per terra fumante.
Mai più Itachi, mai più. Mai più svegliarsi la mattina con Itachi, mai più. Mai più tenergli le mani tra i capelli, mai più. Mai più dormire insieme, dormire, mescolare odore e calore, sentire l'arancia nella pelle, mai più.
Le scappò un singhiozzo, e poi un altro, e tirò su una mano per soffocarli, schiacciandosene il dorso contro le labbra. Il bollitore risultò tutto ad un tratto troppo pesante per poter essere sorretto da una sola delle sue braccia tremanti, e sarebbe finito per terra se qualcuno non l'avesse afferrato per il manico prima che cadesse, deponendolo al sicuro.
Lei si vergognò di farsi trovare così, di farsi vedere così, proprio dal ninja che, compassato e seminascosto dietro la sua maschera, adesso la guardava senza parlare.
- Mi dispiace. - Bisbigliò.
Si rese conto di avere il viso bagnato, umido. Sentiva le lacrime scorrere, ma aveva paura di alzare le dita e asciugarsi la faccia: perché una mano doveva tenerla sulla bocca per chiuderla e non farsi sfuggire i singhiozzi, e l'altra se la premeva sulla pancia, con forza, ché faceva male. La gola chiusa, serrata, non riusciva a respirare.
Mai più Itachi. Mai più labbra di Itachi, voce di Itachi, mani di Itachi, pelle di Itachi. Mai più Itachi, mai più.
Kakashi se ne stette per un po' con le mani lente lungo i fianchi, immobile e silenzioso, prima d'affermare:
- Dovreste sedervi. -
Lei pensò che se si fosse mossa sarebbe finita in pezzi come un vetro incrinato. La sola ipotesi di sollevare un piede era dolore, fuso e liquido, allo stato puro, e dolore aveva pure nella testa che pulsava, nella gola, nel petto, quello al petto era atroce, intollerabile, come fuoco, perché ogni passo l'avrebbe fatto in un mondo dove Itachi non c'era, ora, e mai più ci sarebbe stato.
- Mi dispiace. - Disse ancora, staccando la mano dalla bocca quel tanto che serviva per far filtrare la voce. - Sapevo... io lo sapevo già, ma non riesco... - ... a capirlo, io, questo, non riesco a capire che Itachi adesso non c'è più. - Mi dispiace. -
Kakashi scosse la testa, come se con quel diniego volesse respingere il suo tentativo di scusarsi:
- E' suo? -
La mano sulla pancia si serrò con un po' di forza in più, ed Hanako riuscì ad alzare gli occhi verso di lui, finalmente, sentendo le palpebre gonfie e pesanti come il piombo per tutte le lacrime che ancora premevano per venir fuori:
- Si vede già così tanto? -
Kakashi alzò le spalle e ripeté, semplicemente:
- Fate meglio a sedervi. -
E gli obbedì, Hanako: si fece accompagnare nell'altra stanza e mettere su una sedia, e poi pianse un altro po', perché il pianto sembrava svuotarla e lenire un poco la sensazione di dolore fisico e di oppressione. Non poteva tirar su le ginocchia, adesso, perché la pancia era piena e aveva paura di fargli male, a lui, a lei, nella pancia, aveva paura di danneggiarlo in qualche modo, lui o lei, che era la sola cosa che rendeva ancora sopportabile il pensiero che Itachi non ci sarebbe stato, mai più, ma lei aveva la pancia piena di Itachi, che era un po' come pensare di poterlo far vivere ancora. Faceva un po' meno male, così.
Fuori pioveva, piano e leggero. Le campane del vento, nella casa, tintinnavano senza sosta.


A venire, qualche mese più tardi, fu anche Kisame Hoshigaki. Apparve una mattina poco prima dell'alba, risalendo il sentiero con il suo passo lento fatto un poco ondeggiante, come sempre, dal peso della Samehada che si portava in spalla, e la parte di Hanako che ancora era una guerriera e che si era svegliata nel sentirlo arrivare le diede modo di osservarlo mentre percorreva gli ultimi metri che lo separavano dalla casa.
Era così triste vederlo arrivare da solo che le venne da rannicchiarsi con la testa tra le ginocchia e piangere, ancora e ancora, come aveva pianto di fronte a Kakashi, piangere fino a sentirsi male, fino a sentirsi vuota; invece si vestì con cura, si annodò i capelli dietro la nuca e scese ad aprire la porta.
Kisame le rivolse il suo miglior sorriso da squalo, vedendola:
- Tagliavento. -
- Bentornato, Kisame. -
Il sorriso da squalo si affievolì, per un attimo, prima di spostarsi tutto da una parte e farsi sghembo.
- Bentornato. - Le fece eco, divertito. - Già. -
Lei abbassò il capo, davanti a quegli occhi scuri e indecifrabili, omogenei come pasta di vetro, prima di offrire:
- Vuoi del tè? - E poi, con un abbozzo di quello che poteva essere un sorriso, quasi, ma non era per nulla felice come avrebbe dovuto essere: - Ho del sakè, se preferisci. -
Kisame ghignò.
- Sakè, Tagliavento. Sakè. -

Aveva un altro carico con sé, notò lei versandogli il liquore nella ciotolina, oltre alla Samehada: era un sacco, non molto grande, di panno scuro e cerato. Kisame si accorse della sua curiosità e, con l'ennesimo mezzo sogghigno, batté contro la sacca due colpi lievi con il palmo della mano:
- Più tardi, Tagliavento. Qui dentro c'è un regalo per te, ma intanto voglio sapere... - Gli occhi dell'uomo si posarono sul ventre della ragazza che, teso e arrotondato, premeva contro le vesti di seta viola. - ... come vanno le cose lì dentro. -
Lei si inginocchiò con cautela di fronte al tavolino e sorrise: un sorriso quasi del tutto completo, stavolta, illuminato nel fondo.
- Mancano un paio di mesi, ancora, ma va tutto bene. Credo sia maschio. -
- Maschio. - Kisame parve assaporare la parola con gusto e lentezza; fece schioccare le labbra una volta, come faceva dopo aver mandato giù un sorso di sakè, e si informò: - Come lo chiami? -
Hanako si passò una mano sulla pancia, delicatamente.
- Shisui. - Rispose poi, con un altro sorriso.
Non sapeva cosa e quanto Kisame sapesse di Konoha e della vita che Itachi vi aveva vissuto, ma non credeva che gli fosse mai stato raccontato nulla di veramente personale, nulla di familiare. Kisame, ad ogni modo, non fece domande né disse nulla in proposito.
- Shisui Uchiha? - Chiese invece.
- Shisui e basta. -
L'uomo rise forte:
- Be', Tagliavento. Lo vuoi, adesso, il tuo regalo? -
Lei adocchiò il sacco con un miscuglio di perplessità e curiosità, dubbiosa:
- Mi hai davvero portato un regalo, Kisame? -
L'uomo prese la sacca per i lembi. Sciolse il nodo che chiudeva la stoffa, scostandola e andando ad afferrare qualcosa che era dentro, sul fondo: qualcosa che emise un suono viscido e molle, e prima apparvero fili che non erano fili, riconobbe Hanako inorridita, ma capelli, e poi una fronte, un naso, labbra ed un collo.
Il tatuaggio dell'ideogramma felice copriva ora un occhio sbarrato e vitreo, pietrificato dalla morte: non sorrideva più, l'uomo che l'aveva torturata nell'Heya, ma aveva un'espressione di orrore violento impressa in viso. Sotto al collo non aveva più nulla, troncato via da una lama che, per niente affilata, aveva lasciato appesi alla testa brandelli di carne filamentosa.
Hanako si aggrappò al bordo del tavolo, il fiato mozzo:
- Kisame... - Mugolò, stupefatta.
- Itachi non avrebbe voluto. - Il ghigno sul volto dell'uomo c'era ancora, ma lui non sembrava ridere: non era divertito, non era felice, era tremendamente serio dietro a quel ghigno, e tremendamente feroce. - Ma l'ho trovato sul confine qualche tempo fa, Hanako. Era veramente un piccolo vigliacco. - Commentò con noncuranza, girando la testa per poter guardare il viso deformato dal terrore. - Mi è più simpatico così. -
Lei bisbigliò con un fil di voce:
- Nemmeno io avrei voluto che tu lo facessi, Kisame. -
- No, Tagliavento. -
Kisame aprì la sacca e ci cacciò di nuovo dentro la testa, malamente, con incuria. Alzò gli occhi per guardarla, lei, e adesso non c'era più nemmeno l'ombra, nemmeno la maschera, del ghigno. Concluse con calma, lentamente:
- Ma lo volevo io. -

Fu sulla porta di casa che lei glielo disse, appoggiandosi ad uno stipite e tenendo la testa bassa perché si vergognava di dirglielo guardandolo:
- Io ti sono molto grata, Kisame, per tutto quello che hai fatto per me. -
Si aspettava che l'uomo sogghignasse o ridesse, si aspettava una battuta: e invece lui allungò una mano, enorme, le strinse il mento tra due dita e glielo sollevò, senza malgarbo, senza violenza, quasi gentilmente.
- Sai, Tagliavento... - Commentò distrattamente, osservandole il viso. - ... se c'è una cosa che mi manca, da quando ho lasciato Kiriga, è la sensazione d'essere trattato come un uomo. Tu sei stupida, fondamentalmente. Non hai istinto d'autoconservazione, e l'hai dimostrato, perchè tu sei una donna incinta che viene ad aprirmi la porta di casa per offrirmi del tè. - Dopo un attimo di pausa soggiunse, con una lieve scrollata di spalle: - Ed è stato piacevole, Tagliavento, finché è durato. -
Lei arrossì, avvampando. Avrebbe voluto che lui le lasciasse la testa, per poterla chinare e nascondere, e invece si costrinse a fissarlo per chiedergli:
- Non torni più? -
Kisame Hoshigaki ghignò:
- Non in questa vita, Tagliavento: non ho voglia di metterti nei guai, ora che Itachi non c'è più per tirartene fuori. E nella prossima vita io e te finiremo in due posti diversi: perché oltre ad essere una ninja stupida tu sei anche una ninja sbagliata, e mi domando come diavolo abbia fatto, tu, a conquistarti la tua fama. La mia, invece... - Terminò in tono divertito: - ... è meritatissima. -
La lasciò andare, finalmente, girandosi e incamminandosi lungo il sentiero senz'altro saluto. Hanako rimase sulla soglia come incerta, immobile e silenziosa per un lungo istante. Poi aprì bocca e lo richiamò:
- Kisame! -
Senza girarsi, l'uomo voltò la testa quel tanto che serviva per guardarla. Le mani di Hanako torturavano il bordo della veste di seta, sotto la pancia tonda, mentre lei parlava, decisa e quieta, sicura, guardandolo con fermezza improvvisa:
- Se quando muori, poi, tu finisci all'inferno, è lì che voglio venire anche io: perché tu e Itachi mi avete salvata, avete salvato me, e se io sono qui adesso è solo grazie a voi. E per questo io voglio ringraziarti anche dopo, anche all'inferno. Anche da morta. -
Non poteva giurarlo, perché di Kisame vedeva solo un profilo e non tutto il volto, ed era difficile dire con certezza che espressione ci fosse sopra: ma, per un attimo, ebbe la sensazione fosse rimasto sbalordito. Fu davvero solo un istante, tuttavia, prima che l'uomo le desse le spalle e per l'ennesima volta ghignasse.
- Quando quel cosino che ti porti nella pancia diventa grosso, Tagliavento... - Esclamò con noncuranza. - ... mandalo a cercarmi. Se è bravo abbastanza gli insegno la spada. -
Stavolta fu Hanako a ridere, portandosi una mano davanti alla bocca per nascondere il viso ed il piacere che aveva provato a quelle parole, lieve e sereno, candido e pulito, più forte del dolore, della nostalgia e di quella specie di stanchezza che si sentiva dentro al pensiero d'essere sola, adesso, di nuovo. Però c'era il bimbo, Shisui, nella sua pancia. Shisui che era suo e di Itachi.
Con lo sguardo seguì Kisame, senza perderlo di vista fino a quando la figura massiccia non fu che un'ombra lontana che la nebbia d'alba inghiottì, fagocitandolo, come uno spettro.

Hanako Hoshikaze e Kisame Hoshigaki non si sarebbero mai più incontrati in quella vita: esattamente come lui le aveva promesso.





Note

Il titolo scelto inizialmente (e mantenuto sino a domenica sera) era Figlio: ma mi è sembrato che rovinasse qualunque tipo di sorpresa il capitolo potesse mantenere sino ad un certo punto.
Una precisazione sulle scelte di linguaggio, che ho dimenticato di segnalare in coda al capitolo 27: ho scelto di far usare a Kakashi il voi invece che il tu nel rivolgersi ad Hanako in quanto desideravo che lo stesso attribuisse alla ragazza una connotazione da donna adulta, un'estranea... a maggior ragione in quanto e quando donna incinta. Al contrario, ho lasciato il tu in Naruto, che usa sempre un linguaggio più colloquiale, all'interno del manga, e ha un modo di rivolgersi alla gente molto più informale. Sia messo agli atti che Salice avrebbe preferito che anche Kakashi non adoperasse il voi, ed io non le ho dato retta.

Entro la fine della settimana Tagliavento vedrà conclusa la propria pubblicazione: il capitolo 30 sarà infatti l'ultimo, e svolge al contempo funzione di epilogo. Per gli amanti della melassa, buone notizie: lì ho abbondato. Giuro. Cola miele e buoni sentimenti.
Rimando a domenica sera, quindi, i saluti e gli ultimi ringraziamenti.

Nel frattempo continuo a segnalare a tutti coloro ai quali piacciono e sono piaciute le ambientazioni e i personaggi di Tagliavento che nella raccolta Florilegio, sull'account che io e Salice abbiamo in comune, saranno pubblicate presto anche storie su Hanako, Itachi, Kisame, Shisui (quello piccolo, ma anche quello grande), oltre che su Hanayuki e, ovviamente, Sasuke... e la mia Sal ha in progetto (ma questo è un segreto, msì? U.u) di scrivere un pezzo su un possibile incontro futuro tra Kisame e Shisui. Andate lì e spronatela a farlo, vi prego, perchè io lo voglio leggere.
Kisame merita sempre.
Ancora grazie a tutti coloro che passano, leggono, lasciano una recensione.


Gweiddi at Ecate: I tuoi commenti fanno sempre malissimo al mio ego e benissimo alla mia salute. Male al mio ego perchè poi ingrassa e ingrassa e ingrassa e mette su ciccia, e prima o poi imploderà in un piccolo buco nero. Benissimo alla mia salute perchè la contentezza fa sempre bene al cuore, ed allo stomaco, alla milza, ai reni, al cervello... La storia di Itachi com'è raccontata in Naruto è terribile, una botta al cuore; e di sensi di colpa, tra l'altro, per chi per 42 numeri e mezzo non ha fatto altro che odiarlo per il povero Sasuke. 42 numeri e mezzo a disprezzarlo, ad augurargli peste e corna, che Naruto lo ammazzi, che Sakura lo ammazzi, che Kakashi lo ammazzi, che Sasuke - soprattutto Sasuke - lo ammazzi, che Orochimaru si riprenda e lo ammazzi... E poi, bum, tutto capovolto, era lui la vittima, il capro espiatorio, una specie di martire per amor di pace (e di fratello). Come ho già detto io mi commuovo a fontana sopra a libri, film, fumetti, quadri, immagini, per cui capisco benissimo... Sono contenta che ti siano piaciuti i ricordi, i pezzi in corsivo; mi faceva sentire tristissima scriverli, consapevole di quel che sarebbe stata la fine del capitolo.
Sì, la digitale è un rimedio bretone e anglosassone contro le fate! xD E' anche un veleno mortale, che causa scompensi cardiaci in dosi anche relativamente ridotte; ma, in questo caso, Hanako la coltiva per gli effetti positivi che ha sul cuore se assunta in piccole quantità. E' una pianta presente anche in Asia, ma necessita di un clima non troppo umido per poter crescere bene.

Salice: Mia Sal, ma me ti ama...! ç.ç

wari: Cuore peloso rinforzato in titanio? Sono in vendita? Ne voglio uno! Io sono per lo squartaviscere in abbondanza, uno si compra i fumetti d'azione soprattutto per quelle, per cui sono felice davvero che ti piacciano. *_* Come ho già detto a qualcuno, io per Hanako ho non troppo vaghe antipatie: è passiva per tutta la storia, è inerte, se non fosse per Itachi e Kisame non troverebbe la forza di prendere e salvarsi. Cribbio, almeno di provarci! Però sono contenta come non mai che tu la trovi un bel personaggio... Avremo un club, per Kisame, e avremo le tessere. *_* Un cattivo senza menate mentali. Cioè, un cattivo come dev'essere un cattivo, allegro e feroce e privo di scrupoli. Kisame!
(Cribbio, ventitrè capitoli in una botta sola... O_o Io non mi assumo responsabilità penali in proposito, eh!)

fonte immagine: google immagini
  
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