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Autore: Saya chan    15/08/2005    2 recensioni
Beh,il titolo significa "Giustizia sarà fatta",è la continuazione di "Train",la seconda serie di tutto,in cui inizia il vero combattimento...
Genere: Avventura, Dark, Malinconico, Mistero, Suspence, Thriller, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU), Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Gerechtigkeit wird gebildet

Gerechtigkeit wird gebildet

 

Capitolo 4

 

 

Si sentirono in lontananza echeggiare alcune voci. Discutevano. Su una possibile fuga, su una possibile liberazione, insomma, su qualcosa di clandestinamente attuabile. Si sentivano voci di protesta, e voci di consenso. Un composto di voci contraddittorie. Dopo qualche minuto Sharden e Kyoko raggiunsero la cella di Sven e Kagome, succeduti da una Rinslet abbastanza contrariata, dall’espressione cupa.

 

-Eccoci qui, e come promesso ora vi leveremo da questo posto…- annunciò abbastanza orgogliosa la voce dell’uomo dal lungo cappello.

 

I due prigionieri rimasero ancora sulla difensiva, osservando ciò che stava accadendo loro con occhio diffidente. Non riuscivano ancora a credere che i loro più grandi nemici ora li stavano offrendo aiuto per quella fuga, sembrava quasi un sogno, eppure era la realtà più vera… La ragazzina in divisa prese dalla giacchetta blu che indossava un mazzo di chiavi abbastanza pesante, estrasse una chiave, e la infilò lenta ma precisa nella serratura di ferro. In pochi secondi la porta si aprì, lasciando così libero spazio a Sven e Kagome. Spalancarono gli occhi. Ora non vedevano più quelle dannate sbarre grigie, quell’impedimento materiale, quella lugubre sensazione claustrofobica, ora potevano quasi definirsi esenti, ma dovevano muoversi, altrimenti così non sarebbe stato mai più…

 

-Allora ci muoviamo?- esclamò Sharden un po’ spazientito.

 

-Sì!- esclamarono gli altri due.

 

Si alzarono in piedi e proseguirono verso il corridoio. Inizialmente camminarono abbastanza lentamente, per evitare di produrre qualche rumore molesto, poi cominciarono a correre, angosciati, come se da un momento all’altro fosse accaduto qualcosa, un presagio… Salirono in fretta le scale, silenziosi, impauriti, sospettosi, illuminati solo per un quarto dalla luce fioca dei candelabri appesi ai muri di pietra. L’atmosfera non era certo delle migliori, anzi, sembrava di vivere un incubo, ma allo stesso tempo era così eccitante… Il buio li aveva avvolti ormai da tempo con la sua aura fosca, riempiendo i loro animi di uno strano piacere. Tutto quel silenzio, l’odore umido e il sapore d’umanità che proveniva dai loro corpi, creava una miscela tenera e cinica allo stesso tempo, un equilibrio precario destinato a dissolversi… Uscirono adagio da quel labrinto in salita, e cercarono di orientarsi verso l’uscita. Continuarono a camminare, senza mai spiccicare parola, convinti che quel silenzio avrebbe solo giovato alle loro sottili vite. Sharden guidava il gruppo, e sembava abbastanza sicuro di sé, nonostante anche lui sentisse dentro il suo spirito qualcosa di amaro. Chissà cos’era… Di certo una sensazione abbastanza scomoda, viscida, sgradevole… Kagome strinse le spalle. Sentiva freddo. Ad un tratto dal nulla era sbucato uno strano vento, quasi calunniante, come se volesse convincerla di qualcosa, che quella non era la cosa giusta, che avrebbe fatto meglio a marcire in quella prigione. Ma lei non ci credeva, era convinta più che mai che la soluzione migliore era scappare da lì per sempre, dato che avevano avuto un grosso vantaggio grazie a Sharden e Kyoko. Eppure, quella voce si faceva sempre più insistente, tentando invano di convincerla a tornare indietro. Ma lei era cocciuta e andava avanti. In fondo era lì, non aveva senso ritornare indietro…

 

-Siamo arrivati…- dichiarò profonda la voce di Sharden.

 

Si erano fermati nel bel mezzo di una sala. Le pareti erano dorate, il soffitto alto e decorato da lunghe aste di legno intarsiato di motivi strani, quasi satanici. Non vi erano mobili. Un grande lampadario fatto di gocce di vetro la illuminava, le finestre erano alte e divise in quattro parti da sbarre di ottone, il pavimento ricoperto da pregiati tappeti persiani e davanti a loro un enorme arazzo rosso. Non avevano mai visto tanto lusso in un solo colpo. Ne rimasero meravigliati. Ma perché ora si trovavavno lì? Che senso aveva tutto ciò? Sharden avanzò senza preavviso, e bloccò Kyoko con una mano, che si era già portata in avanti verso lui.

 

-Ma perché?- domandò sconcertata.

 

L’uomo non le rispose, ma si limitò soltanto a fissarla un attimo e a simulare l’atto del silenzio, portando l’indice della sua mano sulla sua bocca. La ragazzina capricciosa capì e rimase indietro col resto della compagnia.

 

-Ma dove sta andando?- chiese Sven preoccupato ed incuriosito allo stesso tempo.

 

Kyoko si girò di scatto e lo squadrò da capo a piedi con aria schifata. Gli rispose bruscamente dicendo:

 

-Tzk, sta solo aprendo la porta d’uscita…-

 

-E dove si trova?- domandò questa volta Rinslet.

 

-Adesso lo vedrete…-

 

Sharden si diresse adagio verso il grande arazzo vermiglio, e lo raggiunse dopo pochi secondi. Era davanti a lui. Lo ammirò compiaciuto ed un sensuale sorriso pitturò il suo giovane volto. Abbassò la testa e rimase per un po’ di tempo in silenzio, immobile, quasi non esistesse. Non si udiva nemmeno il suo resipro… La rialzò, e con sguardo sadico fissò di nuovo l’arazzo. Sollevò lentamente il braccio sinistro, e lo portò esattamente sopra il suo capo. La mano era spalancata, le dita affusolate, separate tra loro da circa un centimetro e più, erano tese e tremanti, traboccanti di energia maligna. Con gesto improvviso e invisibile esse si precipitarono verso il quadro. Tutto era durato un attimo, un attimo di quiete, un attimo di tensione. Spostarono di circa un metro il quadro, scoprendo così un nuovo segreto, mai toccato e profanato fino ad ora. Dietro a quel meraviglioso arazzo orientale, ingentilito di motivi artificiosi, vi era un enorme buco, un’uscita che portava direttamente nel giardino anteriore del castello, davanti ad un bosco di aceri e pioppi rigogliosi. Tutti guardarono quello spettacolo col fiato mozzato. Non potevano crederci che la libertà era lì a un passo da loro, che l’aria li avrebbe toccati ancora, che finalmente si sarebbero allontanati da lì…

 

-Questa è una piccola cosa che ho scavato qualche tempo fa, una specie di premonizione che ora si è avverata…- dichiarò Sharden con un accento di ironia.

 

-Allora muoviamoci!- concluse esuberante la voce di Kyoko.

 

Rinslet, Sven e Kagome la seguirono senza fiatare. Attraversarono tutta la sala molto velocemente, poi entrarono, anzi uscirono da quell’ apertura. Si trovarono fuori. In mezzo a quella natura, a quella meravigliosa radura, a quel vento così puro, a quel sole così splendente, i loro spiriti furono inebriati da una fresca luce di indipendenza. Erano lì, ad un passo dalla loro nuova vita, esenti da quella prigionia grigia… Sharden li guidò ancora, verso la foresta, indicando loro la loro unica via di fuga. Essi gli andarono dietro. Ma mentre camminavano attentamente non facendosi vedere dalle guardie, assaporando già il profumo della libertà, il cuore di Sven era impensierito da qualcosa, qualcosa di molto importante…

 

“Eve… dove sei finita?” pensò.

 

Quella bambina, a cui tanto aveva voluto bene, e a cui tanto teneva, cos’era successo? L’ansia perseverava ininterrotta ad infastidirlo, a stritolargli lo stomaco, a renderlo pazzo. Doveva assolutamente sapere qualcosa su di lei, doveva farlo o sarebbe morto all’istante. Già, ma come? Non se ne riparlava proprio di rientrare di nuovo, sarebbe stato troppo rischioso seondo i suoi compagni. Ma da parte sua, sentiva che per Eve avrebbe fatto pure questo, andando incontro a qualsiasi imprudenza… Rinslet cercò di svegliarlo da quel momentaneo smarrimento emotivo.

 

-Sven, che succede? Hai l’aria preoccupata…- mormorò incuriosita.

 

L’uomo non potè più trattenersi. Troppi pensieri lo stavano tormentando. Prese le spalle della ladra, e gliele strattonò violentemente, facendole del male. La guardava spaventato, angosciato, tutto tremate.

 

-Eve, voglio sapere dov’è Eve! Non me ne vado senza di lei!- urlò isterico.

 

-S- stai calmo…- tentò di calmarlo lei.

 

-No, NO! VOGLIO SAPERE DOV’è EVE, ORA!!!- ribadì lui ancora più forte.

 

-Lei non esiste più…- gli rispose Sharden.

 

Sven si fermò di scatto. Aveva sentito bene? La sua adorata Eve non esisteva più? Com’era possibile? No, non ci credeva…

 

-Non è vero… come puoi dire una cosa del genere?- domandò incredulo.

 

-Te lo spiegherò bene, se però lasci la signorina Walker…- intimò distaccato.

 

Eseguì il suo ordine meccanicamente e lo stette ad ascoltare con occhi e bocca aperti. Sharden cominciò:

 

-La dolce e innocente bambina che conosci tu ormai non esiste più… la vecchia Eve è morta, lasciando posto ad una nuova creatura. Questa creatura si chiama Dark Eve, e a differenza della Eve normale è un essere mostruoso, cattivo, privo di sentimenti umani. È completamente dipendente da Creed, esegue qualsiasi suo ordine, senza mai ribellarsi, proprio come Black Cat… anche se tu andassi a salvarla ora, lei non ti seguirebbe, non ti degnerebbe di uno sguardo, anzi, ti respingerebbe e forse ti ucciderebbe… lei non ti riconoscerebbe, e ti scambierebbe di sicuro per un nemico. La sua vecchia memoria è stata cancellata quasi del tutto, grazie anche all’aiuto della dottoressa Torju…-

 

-La dottoressa Torju hai detto?- chiese Rinslet sbalordita.

 

-Sì, certo, come mai?-

 

La ladra si mise una mano sul mento e cominciò a pensare. La dottoressa Torju, la stessa che aveva creato Eve, sotto l’ordine di Torneo Ludman, la donna a capo dell’ equipe medica per la sua realizzazione… Allora anche lei era un nemico? Lei era una collaboratrice degli apostoli? Ed ora stava per distruggere completamente la mente e i ricordi di Eve?

 

-Purtroppo la conosco… lei ha creato Eve, e lei sta per annientarla…- annunciò con tono greve.

 

-CHE COSA? MA NON è POSSIBILE!- esclamò Sven, sconvolto.

 

-E invece è così purtroppo…- rispose fievole lei.

 

-Ma allora dobbiamo subito andare da lei!- si affrettò a dire l’altro.

 

-Aspetta, non è così semplice…- lo ammonì Sharden.

 

-?!-

 

Si mise ad osservarlo dubbioso.

 

-Non vedi le tue precarie condizioni? Se entri lì hai morte certa, e tanto ormai Eve non è più lei, è controllata da qualcosa di più grande e di più pericoloso… la tua sorte sarebbe segnata…-

 

Sven lo fissò un attimo, poi abbassò la testa e si mise a sogghignare. Nessuno capiva il motivo di tale gesto.

 

-Voi, non avete capito nulla… a me non importa niente se muoio, io voglio solo salvare Eve, questo è il mio scopo, anche l’ultimo della mia vita…- disse molto convinto.

 

-Sven, è una pazzia!- gli gridò dietro Kagome, preoccupatissima.

 

-L’unica cosa da fare è fuggire via, ormai Eve è sotto l’influenza di Creed, non è un compito adatto a te, Train Heartnet è l’unico che forse può cambiare le cose…-

 

-Train?-

 

-Certo, lui ha un conto in sospeso con Diskens, giusto? Dato che tu, la signorina Walker e la signorina Higurashi siete stati rapiti da noi, non tarderà di certo a venire qui… e certamente cercherà di fare qualcosa anche per Eve… lui ha le potenzialità per farlo, può sconfiggerlo in qualche modo…- chiarì Sharden.

 

-E dato che a Cat ho tatuato il segno degli apostoli, e gli ho detto che se entro due giorni non verrà qui, morirà carbonizzato, allora di sicuro sarà sulle vostre tracce adesso, e magari sarà quasi arrivato da noi…-

 

-Che cosa??? L’hai maledetto???- strillò Rinslet contro la ragazzina.

 

-Ehm, sì, cioè, non proprio…-

 

-AAAH!!! MA SEI IMPAZZITA??? VUOI PROPRIO AMMAZZARLO EH?- replicò ancora più acida.

 

-Ascolta, l’ho fatto quand’ero ancora un apostolo delle stelle…- provò a giustificarsi l’altra.

 

-perché ORA COSA SEI??!!- continuò la ladra senza pietà. Aveva gli occhi infuocati d’ira.

 

-Signorine, smettetela per favore, non è ora il caso di litigare… lo potremmo incontrare sul nostro cammino, quindi diamoci una mossa, abbiamo già perso fin troppo tempo…- tagliò Sharden abbastanza severo.

 

“Stupidi…”

 

Quest’ultimo poi avanzò col passo, e proseguì penetrando nel bosco. Gli altri lo seguirono poco dopo. Ma appena il tempo di percorrere qualche metro e un botto attirò la loro attenzione. Vicinissimi a loro, un gigantesco lampo di fuoco li investì, inghiottendoli nel suo cerchio di calore. Li scaraventò tutti quanti a terra, con la sua smisurata energia, procurandoli delle ferite. Kyoko che questa forza la conosceva bene, dato che la possedeva nel suo corpo, tentò in tutti i modi di placarla. Si alzò immediatamente da terra, appena ne ebbe l’occasione, e allungando le braccia in avanti, con le mani ben aperte, creò una palla di fuoco di pari forza a quella avversaria. La voce di Sharden la incitò a resistere.

 

-KYOKO!!! CERCA DI RESTARE IN PIEDI IL P POSSIBILE, VENGO AD AIUTARTI!!!-

 

-Gnnn… muoviti, non s- so per quanto riuscirò a resistere ancora…- mormorò affaticata la voce della ragazza.

 

L’uomo, senza farselo ripetere, si drizzò in piedi e corse verso la sua compagna per darle una mano. Con rapidità estrasse il suo coltello dalla veste nera e si tagliò con forza il palmo della mano sinistra. Sgorgò qualche leggera goccia di sangue, poi venne fuori qualcosa di più consistente. Man mano che i secondi passavano sulla mano si accumulava qualcosa di denso, che si muoveva sinuosamente, vivido e intenso. Si dilatava, a poco a poco, diventando più grande della mano. Intanto Kyoko lo osservava sconcertata ed interessata, ma contemporaneamente innervosita e frettolosa. Scambiava delle svelte occhiate, e poi ritornava subito attenta a quello che aveva davanti.

 

-Sharden, che cavolo stai facendo?- domandò velocissima.

 

Egli sorrise lievemente, poi rispose alla sua domanda.

 

-Mi prosciugherò, così grazie al mio sangue riuscirò a spegnere quest’incendio e a portarvi in salvo…-

 

La ragazzina lo fissò un istante, turbata. Davvero voleva uccidersi per salvare lei e tutti gli altri? Davvero voleva farsi del male? Davvero voleva privarsi della vita per tale scopo? Lui, un uomo che sempre aveva ammirato, che da subito aveva preso in simpatia, che la aveva aiutata molte volte… Sharden Flaberg, un ragazzo gentile, buono, che sempre l’aveva protetta, che le aveva insegnato il buon senso e la giustizia, e a cui mai si sarebbe separata, nemmeno in un caso come questo… Si scambiarono alcuni sguardi, poi l’uomo tornò a contemplare il fuoco e cominciò a fare un discorso coscienzioso alla ragazza.

 

-Ti prego Kyoko, resisti ancora un po’, dopo quando ti darò il via, scappa con i prigionieri e lascia fare tutto a me… ormai non ho più motivo di vivere, tu invece sei ancora così giovane e bella, hai una vita davanti a te…-

 

Kyoko lo guardava con occhi preoccupati e privi del solito luccichio allegro che li illuminava. Con voce rotta e testa bassa gli rispose:

 

-Non posso lasciarti così Sharden, non voglio lasciarti così…-

 

L’altro da parte sua le accarezzò dolcemente la testa, e le disse molto pacatamente:

 

-Sciocchina, vai tu, qui ci penso io…-

 

Ma la ragazzina non voleva arrendersi, e mentre il tempo passava e il sangue di Sharden fuoriusciva quasi del tutto dalla sua mano, si girò verso gli altri che si tiravano su e li guardavano impauriti. Sorrise amara, e ordinò loro:

 

-Stupidi, non vedete che qui crepate? Andatevene…-

 

-M- ma noi…- cercò di ribattere Kagome.

 

-NIENTE MA! ANDATEVENE IMMEDIATAMENTE!!!- sbraitò l’altra.

 

Riuscì a finire questa frase che una colpo molto potente la allontanò dalla sua posizione. Era la mano destra di Sharden, che l’aveva spinta via apposta. Kyoko cadde a terra, ma cercò di sollevarsi con le braccia, e seduta chiamò il suo compagno a gran voce:

 

-SHARDEN!!!!-

 

L’uomo si girò verso di lei, analizzandola un istante. Rise leggermente, mostrando i suoi candidi denti, mentre una grossa lacrima scavava il suo pallido viso, prossimo ormai alla morte. Kyoko cercò di corrergli incontro per toglierlo di lì, ma la presa ferma di Sven glielo impedì. Le strinse le spalle e la sollevò dall’erba. La ragazzina si dimenava in tutti i modi, agitando braccia e gambe, ma non c’era modo di opporsi.

 

-Stupido, lasciami! Devo andare ad aiutarlo!- protestò isterica.

 

-Sciocca! Non gli serviresti a un bel niente, gli saresti solo d’intralcio!- ribadì l’altro.

 

-Non me ne importa niente, voglio andare da lui, ti prego, TI PREGO!!! Ti prego…-

 

Kyoko ormai era quasi priva di forze, stanca dopo tutta la resistenza che aveva usato per controbattere quel fuoco. Sven lo capì e la prese in braccio, per evitare di farle fare sforzi inutili. Fuggì via raggiungendo le altre due donne, mentre le fiamme imperversavano contro di loro. Tutto quello che riuscì a vedere Kyoko prima di svenire, fu la figura di Sharden puntare una mano contro il fuoco, e sparire divorata dalle fiamme.

 

-S- Sharden…- bisbigliò.

 

Poi chiuse gli occhi e dormì profondamente, con un dolore al petto.

 

E fuori uno…”

 

 

-Tutta quella era opera di Creed…- dichiarò Sven, mentre correva.

 

-Che? Creed ha escogitato questo piano?- chiese Rinslet incredula.

 

-Sì, qualche istante prima che scoppiasse l’incendio ho notato all’entrata del castello una figura maschile, dai capelli argentati… sono certo che era lui…-

 

-Ma allora…-

 

-Si era accorto di tutto… ha voluto farci credere di riuscire a scappare, invece all’ultimo minuto ha fatto tutto questo…-

 

-M- ma Sharden?- disse Kagome.

 

Sven la fissò, poi abbassò la testa e la mosse da destra a sinistra, sospirando.

 

-Non ce l’ha fatta…-

 

-Kamisama… poverino…- sentenziò la ragazza con le lacrime agli occhi.

 

Ci furono dei minuti di silenzio, in cui tutti erano concentrati a pregare per quell’uomo. Volevano ringraziarlo per quello che aveva fatto loro, per la fuga, per essersi sacrificato, anche se non avrebbero mai più potuto farlo personalmente… Quella quiete fu però interrotta ad un certo punto da una voce squillante che stava interpellando la ladra.

 

-RINSLET!!! AMOREEEE!!!- esclamò.

 

La donna si voltò e capì all’istante di chi era quella voce. Di chi, se non di Jenos Hazard? Quel balordo… Il numero VII la raggiunse in pochi attimi e le venne incontro abbracciandola. Rinslet fu travolta e non potè fare a meno di essere stretta da lui. Continuò ad urlare il suo nome per tre quarti d’ora, ininterrottamente, piangendo dalla gioia di averla rivista.

 

-OH, RINS!!! QUANTO MI SEI MANCATA!!! COM’è BELLO POTERTI RIVEDERE!!!-

 

Si strusciava fortemente contro la sua testa, senza sosta. Era tremendamente fastidioso. Rinslet, stanca di tutto ciò, decise di dare un taglio netto a tutte quelle smancerie. Senza avvertire Jenos, gli diede un pugno in pancia e lo scaraventò via, senza pietà. L’uomo volò in cielo, finchè non divenne un puntino luminoso in mezzo a tutto quell’azzuro.

 

-Oh, e finalmente si è tolto dalle scatole…- consluse seccata la ladra, strofinandosi le mani.

 

-KAGOME! SVEN! RINLSET!- urlò un’altra voce.

 

Questa volta era un ragazzo dai capelli corti neri, seguito da un altro ragazzo dai capelli lunghi e argentati. Li raggiunsero a velocità impressionante, dopo solo qualche momento. Inuyasha si precipitò su Kagome, e l’abbracciò stretta, non lasciandola respirare. La ragazza era imbarazzatissima, e soffocata da tutto quell’affetto.

 

-Kagome, meno male che sei viva! Credevamo che Creed ti avesse fatto qualcosa!- esclamò eccitato il mezzodemone.

 

-C- calma Inuyasha, sto bene ora…- rispose lei, rossa in volto.

 

Train invece osservò attentamente i suoi due compagni, e Kyoko in braccio a Sven. Con voce seria e insistente disse:

 

-Come state? Vi ha fatto qualcosa? Cosa ci fa quella ragazzina con te? È una nosta nemica… e il cappello a cilindro?-

 

-Noi stiamo tutti bene, siamo riusciti a scappare grazie a Kyoko e Sharden… si sono convertiti e ora non sono più parte degli apostoli delle stelle…- iniziò Sven.

 

-Purtroppo mentre fuggivamo Creed Diskens ha fatto esplodere un incendio vicinissimo a noi e Sharden si è sacrificato per non farci morire, prosciugandosi del suo sangue per spegnere il fuoco… è morto…- completò Rinslet.

 

Il ragazzo rimase momentaneamente scosso da quella rivelazione, provava un fondo di amarezza per quello che era succeso all’apostolo e una certa compassione per Kyoko, anche se lo aveva maledetto con quel tatuaggio, e fatto tutto quel male.

 

-Ah!- gridò dolorante ad un tratto.

 

-Che succede?- chiese allarmata la ladra.

 

Lo sweeper si tastò il braccio sinistro. Bruciava. Proprio come pensava, appena aveva nominato quella ragazzina, il disegno aveva cominciato a scottare. Era tutta la notte che ci pensava, a Kyoko, alla maledizione, alla sua sorte… Ed ogni volta che questo capitava sentiva quel tremendo bruciore che si espandeva in tutto l’arto. Era come un collegamento diretto tra lei e il tatuaggio… Un male da morire, uno spasimo mostruoso, e così lento e rovente…

 

-N-niente, il marchio che mi ha impresso Kyoko… rispose balbettando.

 

-Maledizione, ma allora devi sbrigarti Train! Altrimenti…- esclamò Rinslet.

 

-Lo so Rins, non serve che me lo dici… muoviamoci, dove si trova il castello?-

 

-A cento metri da qui…-

 

-ANDIAMO!-

 

-Un momento, ma Cerbero? E di loro che ne facciamo?- domandò Sven indicando Kagome e Kyoko.

 

Lo sweeper si fece pensieroso in volto, e diede un veloce sguardo alle due ragazze. Molto autorevole disse a Kagome:

 

-Te la senti di portarla con te via? Salite nella macchina di Cerbero e aspettate il nostro ritorno rintanate lì…-

 

Kagome ci pensò un attimo, poi la sua espressione divenne abbastanza triste. Con occhi languidi osservò Train. Forse quella sarebbe stata l’ultima occasione di vederlo vivo, non voleva perderlo così vilmente, scappando da una realtà così visibile… Anche se era lui ad ordinarle di salvarsi, non voleva saperne, non era giusto lasciar fare il lavoro sporco agli altri, in fondo c’entrava anche lei in quella storia e poi, voleva vendicarsi per quello che gli aveva fatto Creed due giorni prima…

 

-Non ci sto!- affermò.

 

Tutti la guardarono sconcertati. Fu Inuyasha poi ad intervenire, tentando di convincerla.

 

-Che? Ma Kagome, è una follia venire con noi! Pensaci un attimo: vuoi davvero rischiare la vita? E poi, ci sono io a vendicarti…-

 

Ma la ragazza non mollava.

 

-Non se ne parla! Io vengo con voi e basta! Ho deciso, non posso lasciarvi in preda a quel pazzo scatenato fuggendo via, non me la sento proprio…-

 

-Ma Kagome, SEI APPENA STATA LIBERATA! Vuoi rendere vano lo sforzo di Sharden?- strillò Train innervosito.

 

Kagome lo fissò incollerita ed allo stesso tempo molto decisa. Voleva trovare una motivazione a tutti i costi. E dopo poco la trovò. Strinse molto vigorosamente i pugni, che tremavano quasi, e a gran voce spiegò il suo obiettivo.

 

-So perfettamente che Sharden ci ha salvato la vita, gliene sono grata, ma non pensate che non è riuscito a realizzare il suo scopo? Non è riuscito ad essere libero… ebbene, io voglio rendergli il favore, uccidendo Creed e vendicando così la sua morte… e lo stesso vale per Kyoko. Di sicuro non se ne starà con le mani in mano ad aspettare voi, ma anch’essa di sicuro vorrà darvi una mano, come lo voglio io… quindi noi due non ce ne andiamo, anzi, vi seguiremo fino all’ultimo, resistendo fino alla fine, come ho sempre fatto quand’ero nella Sengoku Jidaii… voglio esservi d’aiuto, non d’impiccio, chiaro? E ora se volete scusarmi io vorrei proseguire verso il castello…-

 

Train e gli altri rimasero impressionati da tanta determinazione, era un lato di Kagome che ammiravano tutti, e che avevano avuto la fortuna di sperimentare sulle loro pelli. Quelle parole infusero loro una nuova energia, inducendoli ad andarle dietro. E così fecero. La ragazza questa volta guidava la comitiva, e con passo deciso si dirigeva fuori dal bosco, per incontrare una seconda volta quella splendida radura prima dell’imponente castello del capo degli apostoli. Era eccitata, concentrata, decisa più che mai a porre fine una volta per tutte a quella terribile battaglia. E gli altri provavano gli analoghi sentimenti.

 

 

-Benvenuta dottoressa Torju…- mormorò una voce maschile molto sensualmente.

 

Una donna, dai lunghi capelli biondi e dagli occhi di un celeste meraviglioso, vestita di un camice bianco, si dirigeva verso un uomo vestito allo stesso modo, dai capelli cortissimi e neri e dagli occhi di un bruno intenso e maligno. Era finalmente arrivato il momento della svolta. Qualcosa di definitivo, di terminale. Si avvicinò a Doctor a passo nervoso, a testa alta e sguardo impassibile. Il collega la osservò compiaciuto, e un lieve sorriso gli cambiò l’espressione del volto.

 

-Dunque, a che scopo questo invito?- domandò acida.

 

-Carissima dottoressa, l’ho chiamata qui perché solo lei è a conoscenza di tutte le funzioni e segreti di una cosa che ha creato lei stessa…- alluse Doctor.

 

-E di cosa si tratta?- interrogò la donna indifferente.

 

Il dottore con un gesto la incitò a seguirlo. E lei obbedì. Camminarono per qualche metro in quella stanza buia, rischiarata leggermente da piccole finestre circolari poste quasi in cima ai muri. I raggi del sole filtravano da esse, creando così un’amosfera funebre e ferma, simile a quella di una chiesa medievale. Il pavimento era liscio e grigio, vi si specchiava il corpo, le mura fatte di pietra e spoglie, e davanti solo buio. Poi, ad un tratto, una strana luce, fioca e rossa, qualcosa di magico. Essa diventava sempre più grande e lampeggiava, come un semaforo. E poi, una sagoma che si delineava, qualcosa che man mano assumeva la somiglianza di una enorme vasca. Ed è quello che fu dopo qualche secondo ancora, quando finalmente la raggiunsero. La dottoressa Torju allungò lo sguardo verso di essa, per riconoscere ciò che vi era dentro. Le si raggelò il sangue. Quella era…

 

-Eve…- sibilò Doctor togliendole le parole di bocca.

 

-M- ma che c’entra lei? E Toreo Ludman?- chiese confusa.

 

L’uomo si sistemò gli occhiali, e dopo un bel respiro cominciò la sua spiegazione.

 

-Vede, Eve, o meglio, Dark Eve, è ora sotto il nostro controllo. È assolutamente necessaria al nostro scopo, e per esserci utile, deve assumere tutte le caratteristiche che servono a realizzarlo. Ma dato che la sua mente è ancora vacillante, e i suoi precedenti ricordi persistono, lei è l’unica che può cancellarli, dato che la conosce molto bene… o no?-

 

La donna deglutì. Cominciarono a tremarle le gambe e le mani. Eve, rappresentava un brutto ricordo per lei, che avrebbe voluto rimuovere molto presto. Una vecchia ferita riaperta, un dolore improvviso… Quei giorni di prigionia, quei giorni rinchiusa in quel laboratorio, senza quasi mai mangiare o bere, quei giorni in cui fu trattata come una schiava ed impazzì, giorno e notte, senza mai un momento di pace, era lì, davanti a quella creatura artificiale, che cresceva e le assomigliava sempre di più… Un incubo, il panico, l’angoscia di quei momenti così duri e tetri…

 

-Lei ci aiuterà a renderla una persona completamente nuova. Ha portato quello che le ho detto, vero?- la interruppe il collega, con voce algida.

 

-S-sì…- rispose la dottoressa balbettando.

 

Da una tasca del suo camice, tirò fuori una boccetta di plastica a forma di cilindro, dove vi era contenuto un liquido nero. La consegnò automaticamente a Doctor, senza nemmeno degnargli di uno sguardo. L’uomo sorrise soddisfatto e le scambiò uno sguardo molto provocante.

 

-Perfetto, con il veleno che ha costruito lei con tanta fatica in questi ultimi tre mesi, ora potremo dare il definitivo via al nostro progetto! Vuole avere lei l’onore di iniettarglielo?- annunciò Doctor a gran voce.

 

La dottoressa Torju alzò finalmente gli occhi e lo guardò quasi impaurita, mantenendo comunque una certa freddezza. Non poteva farsi condizionare da quello stato d’animo, in fondo quello che era stato era stato, non poteva tornare indietro. Quindi, con energia, prese la fiala e se la portò al petto.

 

“Non posso tirarmi indietro ora… ne va della mia reputazione di donna di ghiaccio… però, il suo sguardo non mi ispira, chi mi da la sicurezza che ora sto per farle del male? Eppure, io non sono mai stata dalla parte di nessuno, e nessuno mi impedisce di distruggere una cosa che ho creato io stessa…”

 

-Allora? Si decide?- la esortò il collega.

 

Senza rispondere, gli diede le spalle, e si voltò verso la vasca. Eve, era distesa, gli occhi chiusi, lo sguardo freddo, e il corpo immobile e impietrito. Era nuda, lì, davanti a lei. Anche se era una macchina assassina, costruita basandosi sulle nanomacchine, rimaneva pur sempre una ragazza, qualcosa di delicato e dolce, come un petalo di rosa… Un qualcosa di fragile e debole, puro come l’acqua, e sporcato da una corruzione, da una prostituzione morale, da una mente degradata… Era una vittima, ritornata alle origini. Alla fin fine, non stava compiendo gli stessi atti di molto tempo prima? Quando era controllata da qualcun altro… Era come se fosse stata un trestimone, passato da una staffetta ad un’altra, senza avere il tempo di opporsi. In fin dei conti, non era cambiato molto, aveva solo cambiato padrone… Eppure, in questo caso, alla donna pareva che Eve fosse una schiava, più martire di quello che era già stato… Ma perché sentiva questa sensazione, perché? Non ebbe risposta. Quella situazione orrenda doveva finire prima o poi, senza porsi tante domande. Quindi, ora, si doveva agire e anche in fretta. Sotto il suo naso vi era un tubicino abbastanza sottile e lungo di plastica, collegato direttamente alla vasca. Sembrava una cannuccia. Molto probabilmente era lì che bisognava immettere il liquido. E così fu. Avendo la conferma da Doctor che quello che stava facendo era giusto, la dottoressa Torjou osservò un’ultima volta con occhi di ghiaccio quella macchina incubatrice, ma più precisamente, ciò che vi era dentro, cioè Eve, meglio conosciuta con un nuovo nome, Dark Eve. Strizzò poi gli occhi, per scacciare quel grande senso di colpa che le opprimeva il cuore.

 

Addio piccolina…” pensò con animo materno.

 

E con gesto immediato della mano, cancellò per sempre la sua aura da dolce bambina. Un sorriso, e nient’altro, proveniva da quella bocca… La bocca di Eve… La sua figlia adorata… E nella sua mente vivida come non mai…

 

 

-Ehi, Kyoko, ti sei svegliata…- mormorò Sven meravigliato.

 

La ragazzina era ancora in braccio a lui, e con occhi spenti osservava gli alberi. Sembrava che corressero, invece era lei, o meglio lui a muoversi… Si fece un po’ di forza e con le braccia andò a stringere il collo dello sweeper. Con voce velata poi domandò al suo orecchio:

 

-é morto?-

 

Sven abbassò gli occhi e la fissò un attimo. Nel suo sguardo da bambina si poteva notare tutta la tristezza e tutta la rassegnazione di una risposta che insconciamente sapeva già.

 

-Sì…- disse profondo e dispiaciuto.

 

Dalle gemme nere della ragazza sgorgarono due lacrime pesanti, che solcarono le sue guance molto lentamente. Si sentiva male, come se non volesse sapere, eppure conosceva benissimo quello che era successo al suo amico… Ma perché non l’aveva lasciata combattere al suo fianco? Perché l’aveva respinta in quel modo? Non voleva anche lui alla fin fine esere libero? E allora, perché quell’ostinazione? Non riusciva a spiegarselo… Sapeva solo che ora stava soffrendo come un cane, per la perdita di Sharden, di suo fratello maggiore…

 

-Siamo quasi arrivati…- annunciò fredda la voce di Rinslet.

 

-Benissimo… Cerbero dovrebbe essere già lì, e in teoria dovrebbe già essere entrato nel castello…- disse Train tra sé e sé.

 

-Ma, Cerbero non disturberà le nostre azioni, vero?- chiese la ladra sentendolo.

 

Lo sweeper la guardò, e ghignò maligno e soddisfatto.

 

-Certo che no… Jenos ha detto che si occuperanno dei subordinati di Creed, ed avranno un bel po’ da fare… ci lasceranno campo libero…- rispose col sorriso sulle labbra.

 

-Meglio…- mormorò Rinslet.

 

Erano praticamente giunti alla grande radura. Kagome guidava ancora il cammino, ora un po’ più incerta e vacillante. Tutta l’energia iniziale l’aveva quasi del tutto abbandonata, lasciando spazio ad un senso di lieve angoscia. Voleva tornare indietro, ma non poteva. Altrimenti, tutto si sarebbe sfasciato, così, in un colpo. Tutto il coraggio che aveva infuso ai suoi amici si sarebbe dissolto in un attimo. Non doveva arrendersi, questo gliel’aveva insegnato suo padre, molto tempo prima, e ci credeva ancora. Se non fosse stato così, che ne sarebbe stato di lei? La rassegnazione, l’abbattimento, e tutto quello che ci girava attorno, l’avrebbero annullata, completamente…

 

-Eccoci, ci siamo…- annunciò macchinalmente.

 

Si ritrovarono davanti alla radura, un posto meraviglioso, verdeggiante, rigoglioso, un paradiso naturale. E in lontananza videro una figura maschile ridere sguaiatamente, un ragazzo dal lungo manto e dai capelli argentati, un ragazzo dallo sguardo malvagio, Creed Diskens…

 

-Salve miei cari amici!- esclamò contento aprendo le braccia.

 

Gli altri non ricambiarono il suo saluto allo stesso modo, ma si limitarono a guardarlo schifati ed adirati. Kyoko, che intanto si era ripresa del tutto, fece cenno a Sven di lasciarla. E lo sweeper acconsentì, facendo così rimanere in piedi la ragazza.

 

-Maledetto…- sussurrò dirignando i denti.

 

-Ebbene, vi vedo in forma! Che ne dite allora di cominciare il nostro gioco? Sarei lieto se voi partecipaste…- disse sarcastico.

 

-Ma certo, noi non vediamo l’ora…- rispose a bassa voce Train.

 

Creed allora, indicò con un braccio l’entrata del castello, un enorme portone di ferro già aperto. Con fare elegante invitò loro dicendo:

 

-Dunque avviatevi verso l’interno… io vi aspetterò alla sala principale… sempre se ci arriverete…- concluse ghignando maligno.

 

Quindi agitado il manto molto sensualmente, sparì dalla loro visuale. Tutti i presenti rimasero a guardarlo, poi Train proferì parola. Rivolgenosi a Kyoko le ordinò:

 

-Tu non sei ancora del tutto a posto… salimi in groppa, così ci indicherai la strada, dato che la conosci…-

 

-Ma io…- protestò la ragazzina.

 

Rinslet però, molto fermamente, la bloccò sul nascere, e concordò con Train.

 

-Ti conviene farlo senza storie, non abbiamo tempo da perdere…- bisbigliò severa.

 

Kyoko, di malavoglia, salì sulla schiena dello sweeper, che la teneva ben stretta. Dunque si avviarono verso l’entrata, infervorati da un fuoco di vendetta dentro.

 

“Non preoccuparti, staimo arrivando Creed…”

 

 

Mamma mia quanto è durato questo capitolo!!! Non ce la facevo più!!! Spero solo di finire presto questa ff, intanto voi commenate, CIAO!!!

 

Saya chan.

  
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