Si sentiva strano, agitato.
Non gli era mai capitato con nessun'altra donna una cosa simile, e ciò gli fece ritornare alla mente quella frase di Maes: "Questa è quella giusta".
Dio, quanto lo odiava quando sotto sotto aveva ragione!
Anche se non si sarebbe mai sognato neanche lontanamente di dargli la soddisfazione di sentirlo ammettere che aveva ragione su qualcosa: certe abitudini erano dure a morire e tali dovevano rimanere.
Camminando, osservava il pavimento sotto i suoi piedi, e ragionava: e se il tenente non avesse voluto accettare?
Se aveva già altri impegni?
"Non è poi così grave... sarà per una prossima volta..." continuava a ripetersi tra sé e sé, ma in fondo quell'affermazione gli faceva male.
Scosse la testa: perché doveva preoccuparsi tanto di un possibile rifiuto?
Non era poi la cosa peggiore che potesse succedergli...
No, non lo accettava comunque: lui esigeva un sì, qualsiasi cosa avesse potuto costargli.
Probabilmente era il suo orgoglio da dongiovanni professionista che glielo imponeva: un fallimento in campo amoroso sarebbe stato un trauma di difficile rimozione per lui.
- Tenente Hawkeye, anche quest'anno va in vacanza? -.
La voce del sergente Fury raggiunse Mustang, interrompendo il filo dei suoi pensieri, fermando istantaneamente i suoi passi.
Il moro si avvicinò alla porta socchiusa lì vicino, oltre la quale era Fury.
- Esatto - replicò la donna, pacata.
- Immagino che l'idea la renda felice: ho sentito che le piace sciare -
- Pratico sport invernali in generale... -
- Ha già preparato tutto? -.
Mustang si allontanò, avvilito: non voleva più ascoltare.
Era chiaro come il sole che avesse già preparato tutto: il giorno seguente sarebbe partita, era naturale che avesse già finito di preparare i bagagli! Che razza di pretese aveva?
Se ne andò lungo il corridoio, cercando di vincere quel senso di impotenza che lo stava sopraffacendo.
Se solo avesse pazientato ancora pochi istanti...
Appena Roy ebbe girato l'angolo, diretto verso il proprio ufficio, dall'angolo opposto sbucò fuori Hughes, con un mezzo sorrisetto stampato in faccia.
"E così caro il mio Roy hai desistito, eh? Menomale che c'è gente come me che ti protegge le spalle..." pensò, avviandosi con fare totalmente innocente verso la stanza dove stava il tenente Hawkeye.
Bussò ed entrò senza neppure attendere risposta.
- Ah, tenente colonnello Hughes! - esclamò Fury, chinando il capo in un cenno di saluto.
- Signore, il colonnello Mustang non è qui - aggiunse Riza, perplessa.
- No, non cerco Roy. Tenente Hawkeye, avrei bisogno di parlare con lei... -.
Intanto, Mustang era arrivato nel suo ufficio e, seduto dietro la scrivania, continuava a deprimersi istante dopo istante per quel fallimento per lui clamoroso.
Era una novità alquanto inusuale e affatto piacevole che lui, il grande Alchimista di Fuoco, Roy Mustang, non riuscisse a combinare una dannata vacanza con il tenente Hawkeye.
Era frustrante oltremodo.
Osservava stancamente la penna sulla scrivania, mandando frequenti sospiri addolorati.
Non riusciva ancora a credere di avere fallito: aveva eliminato quel verbo dal suo vocabolario da anni.
“Meglio tornare a casa: non voglio stare ancora qui...” pensò tra sé e sé, alzandosi e andando alla porta.
Quel giorno, l'ultimo di lavoro prima dell'inizio delle vacanze natalizie, erano stati autorizzati a lasciare prima l'ufficio dal Comandante Supremo.
Il colonnello neppure attese di rivedere gli altri per gli ultimi auguri: sarebbe stato troppo per il suo orgoglio in frantumi.
Prese la strada più breve per raggiungere l'uscita, in viso stampata un'espressione palesemente abbattuta.
- Ehi, Roy! Indov...? - esclamò Hughes, entrando nell'ufficio di Mustang con il suo solito fare allegro, ma si fermò al vedere la stanza vuota - Roy...? Mica sarà tornato già a casa...?! -.
E uscì, richiudendosi alle spalle la porta, visibilmente irritato, ma in modo quasi ilare.
Poco più di mezz’ora dopo, il colonnello raggiunse casa.
Non appena entrato, andò in soggiorno e qui si lasciò cadere sul divano, osservando con sguardo vuoto il soffitto: che progetti aveva per le vacanze?
Non occorreva molta fantasia per immaginarsi che tipo di programmi alternativi avesse: casa e appuntamenti, niente di così eclatante, in fin dei conti.
Senza neppure rendersene conto, lentamente sopraggiunse il sonno e cadde addormentato sul divano, con ancora l'uniforme indosso.
Driiiiiin. Driiiiiiin.
Lo squillo del telefono lo destò all’improvviso, facendolo sobbalzare per lo spavento.
Si allungò a prendere il ricevitore, che sollevò e portò all’orecchio con un gesto vagamente stizzoso.
- Pronto...? - biascicò, ancora mezzo addormentato, lanciando un'occhiata all'orologio: erano già le sei e mezza del pomeriggio!?
- Ehi, Roy! Che fine hai fatto oggi dopo pranzo, eh?! -.
L'allegra voce di Hughes lo raggiunse dall'altra parte dell’apparecchio, rendendogli molto più odioso il risveglio.
- Hughes, che cavolo vuoi?! - ribatté, aspro.
- Ehi, ma ti sembra il modo di rivolgerti al genio che ha risolto il tuo più grande e attuale problema?! -
- Di che diamine parli? -
- Eh-eh... ti ho organizzato una vacanza in montagna...! -.