Astrea sedeva sul primo dei due carretti che
procedevano lentamente verso la città di Forum Lepidi, era proprio accanto al
cocchiere, voleva vedere a modo il paesaggio: un’immensa e sconfinata bionda campagna
tagliata da qualche rigagnolo stagnante, di tanto in tanto qualche albero si stagliava
carico di frutti verso l’azzurro cielo limpido, non v’era neppure una nuvola. C’erano
decine di mezzadri che mietevano con le loro falci, altrove si vedevano
ragazzini che tenevano dietro al bestiame; talvolta si scorgevano i poderi e i casali
dove le donne davano il becchime al pollame che ruspava nell’aia, oppure
filavano la lana, tessevano od erano dedite a molte altre attività. La ragazza
osservava tutto pensando tra sé e sé a quanto quel mondo le fosse
estraneo, era così diversa la vita di campagna da quella di città…
Ella aveva avuto la fortuna di
essere nata in una famiglia benestante che risiedeva dentro le mura, i beni di
prima necessità come gli abiti e il cibo li aveva sempre potuti comprare nei
negozi e non aveva mai avuto bisogno di coltivare o allevare. Non apparteneva
certo all’alta-borghesia, certo la sua famiglia viveva più che dignitosamente;
la giovane non faceva parte della gente bene, benché avesse molte volte
sfiorato quel mondo di apparenze, illusioni, vanità ed
ipocrisia. Sì, lei aveva avuto a che fare con diverse persone di quell’ambiente, che aveva più volte sfiorato, più volte vi
aveva dato una sbirciata, ma mai vi era davvero entrata.
Tutto era iniziato nove anni
prima, quando aveva iniziato a frequentare le scuole superiori, si era
iscritta al liceo più prestigioso, quello umanistico, in cui si dedicavano allo
studio o gli amanti della cultura, o i rampolli delle famiglie più prestigiose
della città. Il primo anno Astrea non conosceva praticamente
nessuno in quell’istituto, eccetto Eduardo, un suo
compagno del corso di teatro, più grande di lei di un anno. Egli era l’assai
eccentrico figlio di un avvocato, si professava discendente dei Marchesi di un
paese non molto lontano, ma da quando la monarchia era decaduta, i titoli
nobiliari interessavano solamente a chi li aveva persi e a pochi altri. Eduardo
aveva una ristretta cerchia di amici, da molti
definita la Corte, infatti ad ognuno di essi aveva dato un tipico ruolo delle
corti regali, ovviamente lui era l’imperatore, poi vi erano il cancelliere, il
ciambellano, il capo delle guardie, l’aedo, lo storico etc…etc… Tutti quei ragazzi facevano parte dell’alta società, tutti
tranne Astrea che si chiedeva come avesse fatto ad entrare i quel circolo tanto
esclusivo. In particolare la giovane si era legata ai tre fratelli Aristidei: Agakrathos, Halkemidos e Timao; essi forse erano
gli unici veri amici di Eduardo, infatti ci litigavano
un giorno sì e uno no, ma alla fine erano sempre uniti. Il maggiore era
coetaneo di Astrea, alto, corporatura robusta, aveva
capelli ricci e neri, occhi intensi, sguardo altero, labbra carnose, il suo
volto, il suo portamento, il suo comportamento, tutto in lui era assai
aristocratico, era il più chiuso ed altero del gruppo; il secondo, invece,
aveva i capelli lisci color del miele, gli occhi nocciola brillavano di una
strana luce, anche lui era robusto, ma più alto e snello del fratello, pure lui
era circondato da una forte aura di nobiltà, inoltre era molto desiderato da
quasi tutte le ragazze; il più piccolo, che aveva solo due anni in meno
rispetto al primo, aveva i capelli di un biondo misto rossiccio, riccioli,
aveva il viso molto simile a quello di Halkemidos, ma
meno affilato, non era affatto alto, anzi molti alle sue spalle ridevano della
sua scarsa statura, egli era il più vivace ed estroverso, non si faceva
problemi ed era amico anche di quella che dai suoi fratelli veniva definita “plebaglia”,
l’unica cosa che nell’aspetto lo legava all’ambiente aristocratico erano gli
eleganti vestiti.
Astrea, dunque, era entrata in contatto con questa
gente, per tre anni aveva mantenuto dei buoni rapporti, ma poi le cose erano
cambiate: da una parte aveva litigato con Eduardo, dall’altra tramite il
proprio migliore amico, Duccio, aveva conosciuto un gruppo di ragazzi davvero
meravigliosi a cui si era molto legata. Gli ultimi anni nella sua città natale
li aveva dunque trascorsi in compagnia di mezzi pazzi, mezzi artisti e a scuola con l’amicizia
di Duccio e Timao. Già, l’ultimo degli Aristidei, quello che in principio aveva più ignorato, era
l’unico di quella cerchia che continuava ancora a frequentare, anzi, era
diventato un suo carissimo amico. Quando s’era accorta
di avere perso i contatti con Agakrathos e Halkemidos, aveva provato a rinsaldare i legami con loro,
ma erano diversi. I due in pubblico la ignoravano, le concedevano unicamente il
saluto, quando invece si incontravano casualmente per
strada, senza che vi fossero altri compagni di scuola, le parlavano a lungo e
la trattavano con affabilità e cordialità…. Una cortesia che Astrea percepiva
carica di ipocrisia, avvertiva come se tra di loro vi
fosse una lastra di vetro e, quindi, che per quanto potessero essere vicini,
non si sarebbero mai toccati.
Dopo il diploma, la giovane aveva lasciato la
propria città per andare a studiare altrove teatro, era stata via qualche anno
perdendo totalmente i contatti con tutti se non con Duccio che l’aveva
raggiunta poco tempo dopo. Adesso, ventitreenne, faceva finalmente ritorno alla sua Forum Lepidi. Sapeva che molte cose erano
cambiate: infatti poco meno di un lustro prima era
scoppiata una guerra civile in tutta la nazione, il conflitto s’era concluso
con la restaurazione della monarchia. Forum Lepidi era
diventata un ducato, ma Astrea era talmente furiosa e in collera che non volle
mai sapere chi avesse assunto il titolo di duca, ma presto lo avrebbe scoperto.
Ora che stava tornando assieme alla sua compagnia di teatro per portare i
propri spettacoli per le piazza, ora lo avrebbe
scoperto.