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Autore: Deriama    23/08/2005    8 recensioni
“Così come? La colpa è solamente tua Ron!! Sei tu un incapace, punto!! Anch’io sono stufa di dover sempre litigare con te!! Nonostante io ti aiuti continuamente tu hai il coraggio di dirmi che ti faccio sentire un idiota… forse perché lo sei? Te lo sei mai chiesto? Eh?” concluse Hermione ansimante per lo sfogo violento. Forse aveva esagerato, Hermione non lo reputava un idiota ma quando parlava così era molto vicino ad esserlo. Ron dal canto suo, dopo la risposta secca di Hermione non aveva proferito parola. Il suo rossore era sparito lasciandolo pallido e all'improvviso stanco. Ron sentiva che quelle parole erano vere e in quel momento qualcosa di sottile, sotto le fasce, gli stava ferendo le braccia. Il dolore era forte, ma mai così intenso come la tristezza che si stava imprigionando di lui. ASPETTO I VOSTRI COMMENTI!!! ^__^ grazie!!!
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Prima di lasciarvi al 3

Prima di lasciarvi al 3° capitolo ho da ringraziare una persona.

 Sono grata a Laura alias Lilith the First per la sua Fanfic “Aftermath” (pubblicata su AccioFanfiction) che mi ha ispirato questa storia. Ritenevo doveroso farlo.

 Ti ringrazio dal profondo del cuore!! ^__^

 Buona lettura 

 

3° capitolo: When I see your smile

 Last night before you fell asleep
You whispered something to me
Was it just a dream
I'm gonna listen to you close
Coz your goodnight kiss
Felt like a ghost

 What are you trying to say to me
What are you trying to say

 The Corrs “Intimacy”

 

Il ciclo lunare stava per compiersi e Natale era alle porte. Per tutta la scuola, tra festoni incantati, canzoncine smielate e regali in anticipo, si respirava finalmente un aria allegra e serena che solo a Dicembre si poteva avere. Molti studenti avrebbero passato le vacanze natalizie con la propria famiglia, nella propria casa a gustare ogni momento con i propri affetti. Non tutti però erano felici dell’avvento del Natale, non tanto per il freddo, la neve e la carica di compiti ma perché si prevedeva scompiglio ininterrotto per due intere settimane. 

Hermione era la più felice di tutti sia perché era Natale, ma soprattutto perché era sicura di avere Ron in pugno. Aveva faticato a trovare tutti gli ingredienti per prepararla, ma mancavano pochi giorni al concludersi del ciclo lunare e la pozione Veritaserum sarebbe stata pronta. Solo una goccia e finalmente avrebbe scoperto il segreto di Ron. Si era data tanto da fare a prepararla di nascosto che nemmeno Harry e Ginny ne erano venuti a conoscenza. Si precipitava ogni volta che poteva nel bagno delle ragazze di Mirtilla Malcontenta come al secondo anno. Ma questa volta era sola, non c’era Harry e nemmeno Ron. Sapeva che molto presto tutta la verità sarebbe venuta a galla e quel maledetto puzzle che era diventata la sua vita avrebbe avuto una spiegazione e una conclusione. Nel bene e nel male sarebbe presto tutto finito.

Guardando il volto di Ginny in quei giorni si poteva credere che qualcuno la maltrattasse,  dato che aveva molto spesso – soprattutto la mattina – gli occhi gonfi e rossi. Per dimenticare ed impegnare la mente, dopo il rifiuto di Harry, Ginny si era buttata sui libri di scuola. Sarebbe stato tipico di una Hermione farlo, ma lei non aveva più nessuno. Ron l’evitava, non riusciva a parlargli ed era ormai un impresa anche solo vederlo. Hermione scappava ogni momento libero e intuiva che stesse escogitando qualcosa mentre Harry, le aveva ferito il cuore. Capiva che forse non era ancora pronto, ma lei gli aveva dato se stessa, gli aveva promesso che non lo avrebbe mai abbandonato. Harry doveva iniziare a capire che non era più solo a combattere contro Voldemort e che doveva fidarsi di loro. Immaginava che volesse tenerli lontano da lui per proteggerli, ma non poteva farlo in eterno e lei aveva preso la sua decisione.

Erano passati molti giorni da quando era scappato come un codardo da Ginny. Harry da allora abbassava sempre lo sguardo davanti a Ginny, aveva paura di vedere i suoi occhi ancora rossi dal pianto e umiliati, non lo avrebbe sopportato.

Ciò non impediva però, ad Harry, di sognarla tutte le notti, fantasticando su che sapore avessero le sue labbra rosse, desiderando di tornare indietro e d’infrangere quella distanza tra di loro, voleva baciarla, sfiorarla e toccarla giorno e notte, sentirla viva vicina a lui, con tutto se stesso, perché sapeva di amarla.

Sospirava ai sogni proibiti di abbracciarla teneramente e farle dimenticare ogni cosa. Detestava se stesso perché non sarebbe mai stato capace di scappare da tutti e da tutto, distante dalle sue responsabilità, indifferente ai suoi dolori, lontano da un destino che Harry non voleva ma che lo aveva scelto.

Poi una sera, Harry la vide lì addormentata sul divano davanti al fuoco. Era splendida.

 Ma l’immagine di Ginny che lo perseguitava la notte le si soprapponeva: vedeva Ginny morta, distesa senza vita in una pozza di sangue massacrata. Come un limbo riviveva la morte dei suoi genitori, quella di Sirius, l’assassinio di Cedric Diggory e poi la sua. Ogni volta si svegliava con le lacrime che gli rigavano i volto, ma non era un pianto liberatorio, era un pianto silenzioso e amaro.

Harry era oppresso dalla paura, era angosciato perché Voldemort avrebbe potuto attaccare in ogni momento e lui non sapeva come difendere le persone a cui voleva bene.

Molte, troppe persone a lui care si erano sacrificate per salvare la sua vita. Per questo se quel giorno Harry e Ginny si fossero baciati, se si fossero amati come due semplici ragazzi lei avrebbe finito per soffrire enormemente. Harry questo non poteva permetterlo, non conosceva il suo futuro e cosa gli riservasse, ma aveva compreso che la profezia esigeva un sacrificio, e ciò che chiedeva era la vita.

“Ti amo, Ginny” le sussurrò una volta all’orecchio mentre era assopita in sala comune. Poteva solo fare questo, comportarsi da debole e sussurrarle il suo amore all’orecchio sapendo che non potrà mai sentirlo.

Ron si era arreso, non aveva scoperto nulla in grado di aiutarlo. Aveva passato l’ultimo mese in biblioteca a cercare qualcosa che nemmeno lui sapeva cosa fosse. In fine tutto si era rivelato inutile.

Il tempo passava, la sua follia peggiorava e stava per prendere il controllo di tutto: dei suoi sentimenti, dei tormenti e delle sue debolezze. Lui lo stava schiacciando. In quei momenti Ron sentiva il suo cuore stritolarsi come se qualcuno glielo stringesse in una morsa, il suo respiro rallentava quasi da non respirare più e i sensi si intorpidivano. 

Lui, loro desideravano la sua morte. Bramavano la sua sconfitta. Ron doveva soffrire come loro.

Le volte che si trovò proiettato in quel caos di mondo Ron aveva udito una debole melodia. Era triste e lenta, sapeva di antico, parlava di un uomo solo, del suo potere e della sua pazzia. Spesso la melodia veniva coperta dalle voci che gridavano parole senza senso. Ma quando tornava la sentiva recitare ancora una volta della vita, della morte e poi, esaltava il potere del solo. Ron non riuscì mai a catturare quel nome, chi fosse il solo, un nome che non poteva essere menzionato.

Comunque ora non gli interessava più cercare di comprendere il suo martirio, l’unica cosa che capì era che non gli rimaneva molto prima che lui lo soggiogasse del tutto e tornasse ad uccidere.

Doveva sistemare le cose e farla finita.

“Sig. Weasley?”  fece una voce lieve ma chiara

“Professor Silente” esclamò Ron sorpreso di vederlo

“Vuole seguirmi nel mio ufficio?” domandò Silente, pacato “avrei da parlarle”

“Si, certo” rispose incerto fissando tutto tranne Silente “ma…ecco…non ha paura?”

“Non deve preoccuparsi sig.Weasley” ribatté sorridendo lievemente “non per me”

Ron lo seguì poco convinto, non aveva più avuto contatti con il professor Silente dal giorno della lettera. In quella lettera c’era scritto il suo futuro e la sua decisione. Poteva ricordare quel giorno come se fosse stato ieri, quando disse tutta la verità dal ritorno dal S. Mungo.

C’erano sua madre, suo padre, Bill e Charlie appena tornati da un lavoro per l’Ordine. Si stava facendo sera, Ginny e i gemelli che era fuori ad Hogsmeade, non erano ancora tornati. Parlò loro di tutto quello che gli era accaduto in quei mesi, rivelò a loro delle allucinazioni, delle ferite e della presenza delle voci.

“Con questo è tutto, mamma” fece Ron alzandosi dalla sedia, non poteva sopportare la vista delle lacrime di sua madre e lo sguardo vuoto di suo padre.

Da quando era nato non aveva mai fatto nulla per rendere i suoi genitori orgogliosi di lui, nulla. Era lo smidollato sesto figlio di sette fratelli. Non aveva doti né speciali attitudini, non era molto sveglio e aveva un carattere codardo e timido. Ed ora questo…aveva finito per far soffrire le persone che amava.

“È colpa mia, vero?” domandò trattenendo i sussulti dei singhiozzi

“Ma cosa dici, Molly” ribatté suo marito “non ti deve nemmeno sfiorare il pensiero!”

“No, no è colpa  mia!!” continuò piangendo la signora Weasley “non avrei dovuto”

“Dovuto cosa?” domandò accigliato Ron, cosa stava cercando di dire sua madre.

La signora Weasley lo guardò con le guance rigate dalle lacrime e il mento tremante “n-non lo so… ” disse infine riprendendo nuovamente a singhiozzare.

“Non è colpa tua, mamma e nemmeno di papà” disse dispiaciuto Ron guardandoli lì seduti uno vicino all’altro, con papà che sussurrava qualcosa all’orecchio di sua madre “la colpa è mia”

“Si è vero…la colpa è tua, Ron” disse severo Bill

“Bill…” parlò a bassa voce Charlie che gli era vicino “non esagerare”

“No! Che non esagero” esplose Bill guardandolo furibondo “hai una vaga idea del futuro che ti aspetta, Ron?”

“Bill!!” disse gemendo la signora Weasley “non lo aggredire”

“Io conosco l’aneddoto di cui parla Ron… il caso Hamilton e l’unica cura è una pozione contro quelle cose che si può usare temporaneamente perché porta ad una forte dipendenza, tanto forte da portare alla pazzia”

“Oh! Cielo!” esclamò la signora Weasley

“È pericoloso…” fece muovendosi verso Ron “lo sai che non potrai più tornare qui…” lo avvertì Bill sfiduciato. 

Ron lo guardò vacuo, vedeva lo sguardo avvilito dei suoi fratelli maggiori, sentiva suo padre abbracciare forte sua madre ancora scossa dai singhiozzi. Lui sapeva che non avrebbe più avuto l’occasione di poter tornare a vivere con loro, ritornare felice da loro a ridere come quando era un semplice ragazzino. Quel tempo era morto con il Ron di allora.

“Ma… non c’è una cura…alternativa?” chiese il quel momento il signor Weasley

“No” rispose Bill per Ron

“Quindi non c’è rimedio?” riprese la signora Weasley “e che fine farà Ron?”

Bill guardò Ron. Suo fratello minore era condannato a morire in una cella del S. Mungo da solo e aveva solo 17 anni. Non lo poteva accettare, come si poteva…avere la forza di subire una situazione del genere con la consapevolezza che alla fine Ron sarebbe comunque morto. Bill si sentiva così frustrato, lui era il fratello maggiore e stava obbligando Ron ad una fine ignobile.

“Verrà internato al S. Mungo” disse cupo Bill distogliendo lo sguardo

 “Dovremo informare Silente di questa storia” fece notare Charlie

Non poteva credere che Ron sarebbe morto, che non esistessero cure, pozioni o incantesimi capaci di salvare un ragazzino di soli 17 anni. Ma soprattutto non poteva credere che al Ministero non si fossero ancora sbarazzati di quei maledetti condannati al noxa immortālis.

E ora per colpa di quei maledetti fanatici, suo fratello sarebbe morto senza sapere nulla della vita.

 “Per questo me ne andrò, frequenterò la scuola se Silente accetterà e poi…” confermò solamente

“Poi…? Cosa ti succederà?” lo interruppe il signor Weasley rivolgendo a loro lo sguardo

“La faremo finita” ribatté Ron lentamente guardandolo fisso negli occhi, di una sola cosa era certo: non si sarebbe fatto rinchiudere, piuttosto la morte

La signora Weasley si alzò dalla sedia su cui era stata seduta, alzò lo sguardo fino a catturare gli occhi di suo figlio Ron “Vorrei non averti mai avuto, Ron ” disse “perché questo dolore è troppo grande anche per una madre” e pianse disperatamente, tanto da costringere suo marito a calmarla con un incantesimo.

“Lo so” rispose piangendo “ anch’io lo vorrei, mamma

Arrivati davanti al gargoyle di pietra, quest’ultimo si aprì davanti alla nuova parola d’ordine, che però Ron non colse per colpa dei suoi pensieri.

“Madama Chips mi ha informato che ha avuto una ricaduta” disse Silente scrutandolo da dietro i suoi occhialini a mezzaluna “nonostante le bende incantate”

Ron confermò con un lieve movimento del capo

“Inoltre mi ha riferito che lei conosce tutta la storia in merito al caso Hamilton” continuò sempre guardandolo penetrante

Ron fece un cenno affermativo

“Ma forse non conosce la storia di Jeff McFandes” insinuò Silente curvandosi leggermente verso di lui che gli era di fronte, oltre la scrivania “o sbaglio?”

“No, non conosco nessun Jeff M-Mcqualcosa, signore” rispose Ron sincero e non pensava che cambiasse molto saperlo.

“Jeff McFandes, sig.Weasley” lo corresse Silente

“No, signore” ripeté

Silente si alzò dalla sua poltrona ed si mosse verso la sua Fanny al massimo del suo splendore, era di un rosso lucente, emanava forza e armonia. Passarono dei minuti immersi nel silenzio eccetto per il rumore leggero delle mani di Silente sulle piume della fenice.

“È importante che lei, sig.Weasley” incominciò calmo “conosca la storia del sig. McFandes”

“Perché, signore? Servirebbe a qualcosa?” si azzardò a domandare, irrequieto

Silente lo guardò impassibile, ma poi sorrise impercettibilmente “Si” rispose

Ron gli lanciò uno sguardo un po’ torvo, si fidava del suo preside, ma aveva perso la speranza e finita quella non gli rimaneva altro che la consapevolezza che non c’era futuro per lui.

“Servirebbe, sig.Weasley, perché 14/J.M. ” riprese pacatamente “non sono altro che le iniziali del nome Jeff McFandes”

Natale era ormai alle porte e tutti i professori si davano da fare per riempire a dovere i propri alunni di compiti per le imminenti vacanze. Pochi giorni e Hogwarts sarebbe stata svuotata di parecchi dei suoi studenti. Quella mattina la neve non dava segno di smettere di cadere, la si poteva osservare scendere con lentezza, ma ininterrottamente, da oltre una settimana. Ad Hermione era sempre piaciuta la neve fin dall’infanzia, perché le ricordava i bei momenti passati con i suoi genitori. Un caro ricordo custodiva nel cuore e lo doveva alla neve.

Doveva aver avuto più o meno sette anni quando una forte bufera di neve mandò in completo blackout tutto il suo quartiere. Le strade erano impraticabili per i centimetri di neve che continuava a cadere. La scuola era stata chiusa per precauzione e per la felicità di tutti i bambini. Solo una bambina ne era seccata, anzi notevolmente innervosita perché a causa di quella stupida neve, lei non avrebbe potuto ricevere il compito che da tempo aspettava. Si era impegnata tanto per quel compitino ed ora avrebbe dovuto aspettare chissà quanto tempo prima di riceverlo, ed inoltre avrebbe perso giorni preziosi di lezioni.

Quella graziosa bambina imbronciata, dai lunghi capelli mossi, si chiamava Hermione Jane Granger.

Hermione, inoltre, era arrabbiata perché così non sarebbe riuscita a comprare il regalo di Natale da dare ai suoi genitori. Per colpa di quella stupida neve, lei non sarebbe riuscita a raggiungere il negozietto alla fine della strada.

Hermione si svegliò molto presto quella mattina e girovagò un po’ per la casa con il suo amico Lu che era una lontra di peluche. Glielo avevano regalato per il suo compleanno due anni prima i suoi genitori. Era stata veramente sorpresa del regalo perché, non lo aveva mai confessato a nessuno, ma era sempre stata interessata a quel piccolo animaletto e teneva dei libri sulle lontre nascosti dentro un scatola per scarpe.

Attraversò piano il corridoio che divideva la sua stanza da quella dei suoi genitori e li vide dormire beatamente. Suo padre abbracciava sua madre che riposava con la testa appoggiata sul petto del marito.

Hermione amava i suoi genitori e sapeva che loro l’amavano altrettanto, ma sentiva come se mancasse qualcosa, qualcosa di fondamentale. Per questo sin dalla più tenera età, Hermione si era impegnata in tutto, sentiva di essere diversa dalle altre bambine che giocavano con le bambole desiderando di andare al Luna Park mentre lei leggeva C.S. Lewis e fantasticava su un mondo magico popolato di streghe, giganti, elfi e spiriti, pieno di incantesimi e pozioni, sognava creature mitologiche e fantastiche come sirene, unicorni, Kraken*, centauri ed i leggendari draghi.

Si sentiva a suo agio in quel mondo, sentiva di essere a casa.

Ma, questo non poteva certo dirlo ai suoi genitori, loro non avrebbero potuto capire il senso d’incompletezza che accompagnava la loro bambina. In fin dei conti aveva appena sette anni, ma erano abbastanza per sentirsi fuori posto.

“Hermione?” parlò una voce assonnata, era quella del suo papà “stai male?”

Lei non parlò, non era abituata a vedere i suoi genitori a casa alla mattina. Di solito a quell’ora erano già nel loro studio – erano dentisti – per gli appuntamenti, ma a causa di quella neve avevano dovuto disdire tutti gli appuntamenti e rimanere a casa. Li aveva visti contenti di quelle ferie forzate perché così avrebbero potuto dedicarsi ai loro piccoli piaceri. Suo padre poteva leggere i suoi libri preferiti oppure aggiustare qualcosa che in casa non andava. Sua madre invece amava ricamare, le aveva fatto a mano metà del suo vestiario fino ai quatto anni, ora invece le stava ricamando le sue iniziali su tutti i fazzoletti di tessuto che trovava carini per la sua bambina.

“Jane…piccola, cosa c’è?” riprovò sua madre svegliata dal marito “hai freddo?”

Hermione arrossì vistosamente, era venuta nella loro camera per abitudine infatti quando si sentiva triste e sola si rintanava un po’ sul loro lettone. Solo che loro non sapeva che Hermione si sentiva sola e triste un giorno si e anche l’altro, per colpa delle cattiverie dei suoi compagni che la evitavano.

“Viene nel lettone, Jane” disse sua madre dolcemente spostandosi per farla salire “è da tanto che non dormiamo insieme, vero tesoro?” fece voltandosi verso il marito

“È vero, dai Hermione” la incitò il padre “vuoi raccontare alla mamma il libro che stai leggendo…La storia di Joe?”

Ad Hermione si illuminarono gli occhi, la passione per la lettura gliela aveva trasmessa suo padre e lui la incitava dicendo sempre che “leggere un buon libro aiuta sia lo spirito che il cuore, oltre che la mente” amava leggere, perché in quei mondi si sentiva viva.

“P-posso veramente?” chiese timidamente

“Certo che puoi, Jane!” rispose la sig.Granger “dai che sono curiosa di sapere di Joe”

E così quella bambina seccata dalla neve, passo tutta la mattina nel lettone dei suoi genitori a raccontare di Joe un bambino che scoprì di essere un maghetto e di non essere il solo. Parlò ai suoi genitori degli incontri magici di Joe con animali parlanti, fantasmi, saggi unicorni e tanti amici come lui.

Quella stupida neve aveva portato un po’ di calore nel cuore solo di quella bambina imbronciata, dai lunghi capelli mossi, che si chiama Hermione Jane Granger.

Un forte rumore distolse Hermione dai ricordi nostalgici dell’infanzia, qualcuno aveva rovesciato un bicchiere a terra e quella persona non era altro che Harry, seduto di fianco a lei.

“Harry!” esclamò Hermione estranea a tutta la situazione

Harry era semplicemente scioccato, Ginny si era seduta davanti a lui. Nulla di strano se non per il particolare che era dal famoso giorno in cui lui l’aveva respinta che non si parlavano e si evitavano educatamente.

Ginny lo guardò ed incurvò un sopracciglio, gli aveva fatto quell’effetto solo sedendosi davanti a lui, chissà che reazione avrebbe avuto dopo lo scherzetto che stava preparando per lui.

“Oh! Ginny!” disse con enfasi Hermione altrettanto scioccata nel vederla lì seduta con loro. Da quando Ginny li evitava lei e Harry non avevano molto di cui parlare. Entrambi erano soli col cuore infranto… che accoppiata. Hermione poteva ritenersi più fortunata perché Ron si faceva vedere più spesso a colazione e a Cena rispetto a prima, mentre Ginny si accontentava di non parlare con Harry e di stargli lontano quel poco che poteva.

“Che cosa avete voi due?” rispose indispettita da tutta quella sorpresa.

“Nulla! È solo…” cercò di spiegare Hermione

“Era da tanto che non stavi qui con noi” provò Harry aspettando la sua reazione

“Già…ma ora sono qui” disse guardandoli e regalando un sorriso a Harry

Harry era al settimo cielo, Ginny si era seduta davanti a lui e gli aveva addirittura regalato un sorriso. Non poteva chiedere di più. Tutto…o quasi era tornato come prima. Harry si sentiva il cuore molto più leggero, era felice che Ginny fosse tornata da lui. Anche se non poteva dirglielo, lui l’amava e aveva bisogno di lei, anche se c’era poco tempo. Harry desiderava godere di ogni momento passato con Ginny ora che poteva. Sperava che lei rimanesse con lui fino al quel giorno.

Poi l’avrebbe lasciata libera.

“Ehi Ginny!” la richiamò Hermione “quello non è Errol?”

In un frazione di secondo un vecchio Gufo si schiantò sul tavolo dei Grifondoro, capitombolando addosso ad Harry, che sbilanciato, cadde all’indietro tenendo in braccio il gufo. 

“Harry? Stai bene?” domandò Ginny imbarazzata, dovevano sbarazzarsi di quel gufo, era diventato un pericolo pubblico

“Si, sono sopravvissuto”

“È per te, Harry?” chiese Hermione trattenendo un sorriso

“…no… credo che sia per te, Ginny” disse Harry rialzandosi e porgendo Errol a Ginny.

Ron aveva osservato in disparte tutta la scena, dall’arrivo di Errol – e si vergognò – fino alla parata di Harry. Spontaneamente sul suo viso nacque un sorriso, forse qualche anno fa un incidente del genere lo avrebbe fatto sbellicare dalle risate e avrebbe preso in giro Harry per un mese, invece ora Ron si limitò ad un sorriso malinconico. Non poté, però, fare a meno di osservare Hermione. Vedeva in lei un cambiamento, sembrava cresciuta. No…lei era cresciuta, si era fatta più bella e più matura.

“Ah! Siete invitati per Natale” disse subito “venite, vero?”

“Certo!” risposero simultaneamente, l’ambiente familiare natalizio avrebbe fatto bene a tutti e soprattutto a Ron.

“Quello stronzo!” pronunciò Ginny furiosa

“Chi? Cosa dice la lettera?” chiese preoccupata Hermione

“Ron, lui non verrà a casa a Natale” spiegò Ginny stropicciando la lettera “ma ora mi sente” e si diresse velocemente verso Ron che stava finendo di fare colazione al limite del tavolo.

“Harry, dobbiamo fermarla?!” affermò poco convinta Hermione

“…No… questa è una questione tra fratelli” rispose Harry guardando la sua rossa preferita “noi non centriamo”

Ginny spiattellò la lettera sciupata sul piatto di Ron

“Cos’è sta storia?” urlò sbalordita, non poteva credere che i suoi genitori lasciassero fare a Ron l’asociale senza dire nulla.

“…”

“RON!!! Parla!” strillò infuriata

“Non so cosa vuoi sapere” rispose Ron vacuo, sapeva cosa diceva quella lettera ma non doveva rendere conto a nessuno delle sue decisioni.

“Non fare finta di non sapere” continuò Ginny fregandosene degli sguardi curiosi “perché non vuoi tornare a casa”

Ron non rispose, bevve l’ultimo sorso di succo e si alzò superando Ginny, ma lei non aveva intenzione di far cadere la questione tanto facilmente. 

“Basta, Ron!!” disse con più calma “ti stai comportando da vero idiota”

Ron si girò “Vorrà dire che tu sei la sorella di un idiota, consolati non sei messa meglio di me” e continuò a camminare, ma Ginny gli bloccò il passaggio mettendosi davanti a lui “non voglio più essere tua sorella, se non la smetti con questo comportamento infantile” lo minacciò

Doveva ammettere che ne aveva di fegato sua sorella, si vedeva che era cresciuta in mezzo a sei fratelli. Aveva il coraggio di un Grifondoro e il temperamento dei Weasley. Ron era orgoglioso di Ginny e del suo carattere forte e dolce, gli ricordava una persona…

“Fa un po’ come ti pare, io non ti trattengo” disse aspramente, sapeva di farle del male ma lei era forte e avrebbe tenuto duro, anche per questo le voleva un bene dell’anima. Sarebbe stato difficile e doloroso i primi tempi per la sua famiglia, senza di lui, ma un giorno sarebbero tornati sicuramente a ridere e scherzare come una volta.

“Ron…davvero non te ne frega?” chiese sbalordita dalla risposta insensibile di suo fratello, con il quale aveva passato tutta la sua vita.

“Esatto…” disse cercando di superarla, erano a pochi metri da Harry e Hermione, che lo guardavano: uno con uno sguardo omicida e l’altra sbigottita.

“Ti odio” fece Ginny allargando le braccia per non farlo passare, aveva abbassato la testa per non far vedere che piangeva, non poteva credere che quello fosse Ron.

Lui si fermò a guadarla, cercava di capire se piangeva, forse aveva sperato che lei fosse abbastanza forte da sopportare quella situazione ma dal movimento delle sue spalle, Ron capì che in fondo Ginny era una semplice ragazza di sedici anni.

“Bene…felice di saperlo” disse superandola “era ora che me lo dicessi” con la coda dell’occhio Ron vide Harry abbracciare sua sorella, scossa dal pianto, con il viso nascosto sul suo petto. Hermione invece lo stava scrutando. Ron non capii il suo sguardo, non era arrabbiato ne deluso…era solo intenso. Forse un giorno avrebbe finalmente scoperto cosa passasse per quella folta testa riccia che aveva Hermione. Forse.

Hermione vedendo Ginny in buone mani con Harry, decise di mettere in atto il suo piano, la pozione era pronta. Avrebbe preferito usarla durante le vacanze natalizie, in un ambiente un po’ più comodo ma pazienza. Si sarebbe accontentata anche di un uragano pur di scoprire il segreto di Ron.

Ginny rimase abbracciata a Harry abbastanza da poter respirare il suo profumo. Harry le accarezzava teneramente i capelli e le sussurrava parole di conforto. Ginny non odiava Ron, ma stava succedendo qualcosa di terribile nella sua vita e credeva che i suoi genitori ne fossero a conoscenza. Non poteva essere altrimenti. Sua madre non era certo una persona che si arrendeva facilmente ma poteva ricordare bene gli occhi rossi dal pianto alla mattina.

 “Ginevra, ti senti meglio?” chiese Harry timidamente, non l’aveva mai chiamata con il suo nome per intero e non capiva nemmeno perché proprio in quel momento lo avesse fatto. Con quale scopo? 

 Ginny soffocò una risata nel petto di Harry, era tremendamente intimo quel contatto che doveva essere fucsia il colore della sua faccia. Ma rideva per un’altra cosa.

 “G-Ginny?” borbottò imbarazzato

 “Scusa…” disse Ginny sorridendo “è solo che non sono abituata a sentimi chiamare con il mio nome per intero, sai nessuno lo fa mai”

 “S-se ti da fastidio” incominciò imbarazzato, si era ripromesso di accontentarsi anche solo di vederla, ma evidentemente il suo corpo non era d’accordo. L’aveva solo abbracciata ed ora desiderava  prenderle il viso tra le mani e baciarla fino a farle scomparire tutte le lacrime.

 “No, no!! Ero solo sorpresa” esclamò subito per rimediare, quella era la sua occasione. L’altra volta aveva fallito perché era insicura, ma da quella notte ne era certa. Ginny era sveglia perché doveva finire i compiti di pozioni, ma si era lasciata cullare dal calduccio ed aveva chiuso gli occhi momentaneamente e lui aveva confessato. Harry le aveva sussurrato all’orecchio Ti amo.

 Non c’era più nessuno nella Grande Sala, perché stavano per incominciare le lezioni. Erano soli.

 “Harry?” disse infine Ginny ancora abbracciata a Harry

 “Si…” rispose accarezzandole distrattamente i capelli, non riusciva a sciogliere quell’abbraccio. Si sentiva completo solo quando stava abbracciato alla sua Ginevra.

 “Quella sera…tu…” iniziò non sapendo come fargli capire che aveva sentito tutto

 Harry si irrigidì subito a quelle parole, che si stesse riferendo a quella sera che gli aveva sussurrato Ti amo? Nervoso, sperò in cuor suo di no.

 “Quale sera?” fece in risposta, nervoso.

 “La sera, Harry” disse Ginny sorridendo, non poteva vedere la sua espressione, ma il suo corpo rispondeva altrettanto bene ai suoi sentimenti. Si era subito irrigidito e stava ancora trattenendo il fiato “quando mi sussurrasti…Ti amo 

 Harry era inorridito davanti le parole di Ginny. Sapeva tutto. Harry si era fregato con le sue stesse mani, si era ripromesso di non farlo, ma non era riuscito a trattenersi dal dirle almeno una volta quelle parole.

 Ora lei lo stava guardando con un fastidiosissimo risolino. La vedeva lì compiaciuta nel vederlo terrorizzato. Aveva vinto lei.

 “È finita, Harry” disse soddisfatta “Ah! Non t’azzardare a dire che era una frottola”

 “Io…” Harry cercò di far funzionare il cervello per produrre una spiegazione convincente, ma era completamente concentrato sul movimento delle labbra di Ginny. Le fissava le labbra con bramosia.

 Harry alzò lo sguardo imbarazzato – stava diventando un porco – ma incrociò quello di lei. Vedeva nei suoi occhi la speranza. Era una speranza ignara che non sempre c’era un lieto fine.

 “Harry!” parlò duramente Ginny, lo vedeva combattuto però lei non avrebbe mollato “quel giorno ti dissi che ti sarei stata vicina…per sempre…e tu devi capire che lo farò! Non ho intenzione di perderti! Io ti amo, con tutta me stessa” disse tutto d’un fiato

 “Non posso, Ginevra” le rispose frustrato

 “No!! Non lo accetto un non-posso-Ginevra!! Spiegati, me lo devi questo Harry! ”urlò piena di delusione.

 Era deciso a spiegarle tutto, così finalmente lei avrebbe rinunciato. Avrebbe trovato qualcuno in grado di amarla totalmente.

 “Va bene, è vero te lo devo”

 “Ti ascolto”

 “La profezia” proferì come se potesse spiegarle tutto

 “N-non capisco…” replicò dubbiosa

 “Ginevra, io non vi ho detto una cosa quel giorno su di essa” incominciò guardandola negli occhi “la profezia dice che l’uno dovrà morire per mano dell’altro, perché nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive

 Ginny era scioccata, non sapeva cosa dire. Cosa significavano quelle parole? Che Harry…

 “Io morirò, questo è il mio destino” rivelò Harry allontanandosi leggermente da Ginny “ed è per questo che…io non volevo legarti a me”

 Piangeva, non riusciva a trattenere le lacrime. Non credeva di essere una ragazza dalla lacrima così facile, ma stava perdendo tutte le persone a cui voleva più bene. Come doveva comportarsi? Ginny non lo sapeva e lei che non riusciva a capire il perché del rifiuto di Harry ed ora scopriva che aveva rinunciato a lei per il suo bene.

 E al bene di Harry chi ci pensava? No, non poteva abbandonarlo proprio ora. Lo amava e questo era l’importante…tutto il resto non le importava, nemmeno di soffrire.

 Ora, pensò Harry, lei gli avrebbe detto addio e…

 “Sei uno sciocco” disse invece “perché pensi sempre agli altri? Dovresti smetterla di fare l’eroe tragico” fece sorridendogli e tornando ad abbracciarlo

 “Ginny? Tu…” fece cercando di guardarla negli occhi per capire cosa stesse pensando, ma affogò in un mare di amore e dolcezza.

 “Sshh! Tu una volta mi salvasti la vita… ora tocca a me!” fece accarezzandogli la guancia “starò sempre con te, Harry…fino alla fine! Non sarai più solo perché sono felice solo insieme a te”

 E Ginny tocco le sue lacrime, lui stava piangendo si stava finalmente aprendo con lei. Ginny prese a baciargli le guance bagnate dalle lacrime.

Harry non era più solo, ora condivideva il suo dolore con lei. Capiva che non era giusto farle questo, ma non poteva più reprimere i suoi sentimenti e la sua voglia di lei.

 “Ho paura, Ginevra” disse singhiozzando abbracciandola “ho paura di perderti come ho perso i miei genitori e Sirius… non potrei vivere sapendo di aver perso un’altra persona che amo”

 “Lo so…anch’io ho paura” rispose dolcemente “possiamo solo amarci, Harry”

 “Ti amo, Ginevra” le disse sfiorandole dolcemente le labbra umide delle sue lacrime.

“Ti amo anch’io, Harry” gli rispose rendendo più profondo il bacio tra di loro. Si baciavano con disperazione di chi sa che ogni momento è prezioso, perché forse non ci sarà un domani. Si davano baci dal sapore zuccherino,si accarezzavano bramosi di sensazioni e nuovi ricordi. Ognuno desiderava intensamente l’altro.

 Si stava amando.

 “Ron!! Fermati” gridò Hermione seguendo Ron fuori dalla Sala dopo la quella scenata.

 “Hermione forse ti ho sempre sopravvalutata” 

“Cosa intendi dire?” domandò inacidita

 “Nulla! Solo che quando qualcuno dice: non voglio più vederti” rispose irritato “intende proprio:  non-voglio-più-vederti

 “Ah ah…ma che simpaticone” fece Hermione avvicinandosi

 “Dico sul serio, Hermione” replicò duramente “non scherzo”

 Hermione si arrestò, non si mosse più. Sentiva la boccetta scivolarle dalla mano sudata. Stava per fare una cosa meschina, ma era l’unico modo, Ron non ricordò mai quello che fece Hermione dopo aver tirato fuori la sua bacchetta.

 Si risvegliò scombussolato in una stanza arredata sobriamente. Lui era disteso su un letto a baldacchino rosso. Ma non era solo nella stanza, poco più lontana stava seduta compostamente e rossa in volto Hermione. Subito ricordò che lei aveva tirato fuori la bacchetta e che… 

“Ron…come ti senti?” chiese imbarazzatissima

 “Mi sento come a voler strozzare qualcuno” rispose acido alzandosi dal letto ma subito sbatté contro qualcosa di invisibile

 “No! Ron c’è un campo invisibile che copre tutto il letto” spiegò Hermione tra le imprecazioni di Ron “scusa!” 

 “Scusa un corno! Cosa diavolo sta succedendo, Hermione?” domandò furioso toccando la barriera che lo teneva rinchiuso

 Hermione tirò fuori dalla tasca la boccetta di Veritaserum. E la indicò a Ron “Questa, Ron, è una pozione…”

 “Quale pozione?” chiese nervoso. Hermione non poteva averlo fatto, non avrebbe osato…

 “Veritaserum” rispose pacatamente

 “Cosa? Non riuscirai a farm-mi b-ere que-” finì di balbettare, lei era arrossita. Questo significava che lei, mentre era svenuto, gli aveva versato delle gocce e ora lui era obbligato a dirle la verità.

 “Oh merlino! Come hai potuto Hermione?” disse deluso prendendosi la testa fra le mani 

“Ho-potuto eccome!” urlò alzandosi “mi hai costretto tu! Con il tuo comportamento…lo so che è una cosa meschina ma era l’unico modo!”

 Non doveva andare così. Ron aveva programmato tutto ed ora lei stava stravolgendo ogni cosa, perché poi? Curiosità e nien’altro…non poteva esserci altro.

 Sentiva il formicolio alle braccia, ciò significava che stava per avere una nuova ondata di shadows. Pregò di non avere una crisi lì davanti a lei, sarebbe stato troppo umiliante.

 “Hermione, per favore fami uscire” provò a chiedere con falsa calma, aveva la testa che rimbombava a ogni sua parola e un martellante dolore alle tempie. Si sentiva male.

 “No”

 “CA**O!! Fammi uscire” urlò Ron furioso, non poteva creder che lei gli stesse facendo quello solo…per sapere il suo segreto…

 “Lo farei se potessi…” rispose Hermione per nulla intimidita dalle urla di Ron “ma la barriera si dissolverà solo se mi avrai detto tutta la verità”

 “…” non sapeva che dire. Stava vivendo un incubo.

 “Perché mi fai questo?” domandò Ron con voce rassegnata “per curiosità, vero? Non puoi fare a meno di sapere tutto, tu?” chiese con crescente rabbia.

 “Non è così” rispose amareggiata dalle sue parole “Ron, io t…”

 “Ah, no?” scoppiò lui “allora, spiegami il motivo…perché non l’ho ancora capito”

 Scese il silenzio dopo la domanda di Ron, non sapeva che fare, Hermione era combattuta, non sapeva se rivelargli i suoi veri sentimenti o mentirgli dicendogli che lei era la sua migliore amica e che quindi… ma Hermione capì che lo avrebbe perso comunque. Doveva prendersi le sue responsabilità e rischiare, Ginny lo aveva fatto ed era ora di affrontare Ron onestamente.

 “L’ho fatto perché…” cercò di dire, ma era più difficile del previsto, aveva paura del rifiuto “perché sono preoccupata per te”

 Lo sapeva, lei era solo preoccupata per lui, ma come una leale amica, nulla di più. Ron sarebbe sempre rimasto solo un amico. Provò molta delusione, aveva sperato ardentemente che lei avesse agito in quel modo perché spinta dal ben altro sentimento. Invece tutto gli era crollato addosso. Si sarebbe portato il suo amore per Hermione nella tomba.

 “Allora smettila di esserlo…” disse duramente Ron guardandola “devi dimenticarti di me”

 “Cosa?”

 Chiuse gli occhi per trovare il coraggio “Mi hai rotto, Hermione ” fece distogliendo subito lo sguardo da lei “i-o t-i d-det-testo…ah!! ma che mi succede” chiese massaggiandosi la gola improvvisamente secca.

 “Stai dicendo una bugia” rispose Hermione come se fosse ovvio “la pozione ha iniziato ad avere effetto…sei obbligato a dire la verità”

 Ron la guardò con orrore. Hermione aveva il viso disteso, non sorrideva e non aveva il suo solito cipiglio. Era seria come mai la aveva vista. Per una frazione di secondo aveva pensato che fosse tutta una messa in scena per costringerlo e invece lei lo aveva fatto per davvero.

 “Ron…” lo chiamò dolcemente vedendolo impallidire, era terrorizzato.

 “Ti prego non chiedermi nulla…” la pregò non sapendo cosa fare. Lo aveva incastrato alla grande. Non aveva la bacchetta, non poteva né fuggire né minacciarla, e neppure stare zitto. Era che bello fregato.

 “Ascoltami… devo dirti una cosa” disse appoggiando una mano sulla barriera, era proprio davanti a Ron che era seduto sul margine del letto e la guardava dal basso.

 “Ti ascolto…” rispose rivolgendole lo sguardo, si l’aveva notato il suo cambiamento, ma ora che era a meno di due passi da lui, la vedeva come brillare di un luce più attraente. I lineamenti del viso erano più  marcati, mantenendo però la freschezza della giovinezza. Le mani affusolate e le curve del suo corpo erano più accentuate. Non riusciva a vederle sotto quella maledetta divisa ma lo poteva immaginare. Era proprio bellissima.

 “Io…” disse, ma improvvisamente gli occhi le si riempirono di lacrime, delle gocce di sangue stavano sporcando il pavimento della Stanza delle Necessità “Ron? Stai sanguinando!”

 “Eh? Che? Oh, è vero” rispose sorpreso, non aveva sentito dolore, tanto era concentrato a pensare a Hermione che non se ne era accorto. Strano.

 Ron si alzò e girandosi, si levò la divisa rimanendo con la canottiera. Hermione arrossì vistosamente e si voltò velocemente dandogli le spalle. Ron sorrise a quel comportamento e la stuzzicò “Non è la prima volta che vedi un ragazzo in canottiera, vero?”

 “C-certo che no” rispose colpita nel segno, non era propriamente vero. Aveva visto centinaia di volte Ron e Harry in pigiama, sia a scuola che durante le vacanze alla Tana, ma forse Ron non si rendeva conto che era cresciuto anche fisicamente oltre che in altezza. Gli allenamenti di Quidditch lo aveva scolpito molto. Non era più il rosso magrolino e alto.

 “Mmh” mugolò in risposta, accidenti aveva bisogno di un’altra maglietta. Il suo sangue aveva sporcato anche la canottiera. Non poteva certo rimane a torso nudo, era pur sempre Dicembre e di spifferi in quel castello ce ne erano anche troppi. E poi c’era Hermione.

 “…’mione?” la chiamò dolcemente “ho bisogno di un cambio e delle bende”

 “Oh…si…eccole” rispose Hermione vedendo apparire sul tavolino al centro della stanza delle bende e un cambio di magliette.

 “Tieni… ops” Hermione guardò acutamente Ron, avrebbe potuto togliere quella barriera in qualsiasi momento, ma voleva che lui le desse una spiegazioni per quelle strane ferite. Poteva fidarsi?

 “La barriera…” disse Hermione in risposta al suo sguardo perplesso.

 “Ah! Già è vero” fece di rimando con voce triste “la barriera”

 Doveva fidarsi. Non poteva più mentire.

 “Io…posso toglierla” disse Hermione senza fretta “ma…”

 Lui la guardò confuso.

 “Devi promettermi che non scapperai” precisò avvicinandosi. 

“Te lo prometto, ‘mione” rispose serenamente, non poteva dirle il falso, tanto valeva arrendersi. 

Convinta dalla risposta, Hermione mormorò delle parole e la barriera si infranse. Appoggiò accanto a Ron i ricambi e prese a bendarli il primo braccio, inginocchiandosi davanti a lui. Vedeva che le ferite sulle braccia erano avevano una forma strana, come delle frasi.

 “Sono delle parole, mi feriscono il braccio e poi sanguinano” spiegò Ron come meglio poteva, vedendo il suo sguardo triste nel guardare la mappa di cicatrici che erano diventate le sue braccia.

 “T-ti f-fanno molto male, vero?” domandò imponendosi di non piangere

 “Si” rispose Ron “ma stranamente oggi, non l’ho nemmeno sentito, il dolore”

 “Come mai?” chiese distrattamente, essendo impegnata a bendargli il braccio.

 “Forse… perché stavo pensando a te” disse con un sussurro e diventando tutto rosso, fino alla punta delle orecchie. Ne avrà anche passate tante in quei ultimi mesi, ma non aveva ancora imparato ad non arrossire. Era una persecuzione.

 “A-a me?” domandò, anch’essa arrossita, evitando accuratamente il suo sguardo.

 “Hermione” fece alzandole il mento con la mano “guardami”

 Hermione finì per perdersi in quegli occhi color Indaco, vedeva il suo cielo in quelle iridi. Avrebbe potuto passare tutta la sua vita a cercare di conoscere quegli occhi. A cercare lui.

 “Io provo un sentimento diverso per te” disse dolcemente. Forse era per colpa della pozione, ma sentiva di dover essere sincero per se stesso, doveva cogliere quell’unica opportunità. Solo confessando avrebbe potuto accettare più serenamente ciò che lo aspettava. Sarebbe morto con il ricordo del viso del sua amata. Non poteva chiedere altro.

 “Sono innamorato di te” disse tutto d’un fiato arrossendo. Non era stato poi tanto difficile, detta le prime parole il resto era semplice, ora doveva solo aspettare la sua risposta. Era nervoso come non gli capitava da molto, moltissimo tempo.

 “…Mi ami?” chiese invece Hermione, credendo di non aver compreso a fondo le parole: Sono innamorato di te.

 Ron la guardò stupito, aveva fantasticato molto su come Hermione avrebbe potuto rispondere. Alle volte saltandogli addosso, piangendo e urlandogli: Anch’io ti amo. Molte altre immaginava la sua faccia rossa per le risate, pronta a dirgli: Stai scherzando, vero? Siamo solo amici. Mentre la peggiore dell’ipotesi – quella più plausibile - era vederla insieme a qualcun altro.

 Invece lei ora gli chiedeva un’altra conferma.

 Ron si inginocchiò, arrivando a sfiorarle la fronte con le labbra. Le prese il viso tra le mani, poi avvicinandosi all’orecchio sussurrò la risposta.

 La reazione di Hermione non tardò molto ad arrivare. Non gli si gettò al collo urlando Ti amo, ne rise di lui.

 Invece lei fece un sorriso imbarazzato, ma dolce. Lo guardava in silenzio, non aveva risposto perché sapeva che appena avrebbe aperto bocca sarebbe esplosa piangendo. Fu così che impacciata si avvicinò al suo viso tanto da appoggiare le sua labbra su quelle di Ron. Era un contatto morbido ed elettrizzante. Hermione sentì la sorpresa di Ron, quando lei intraprendente, lo abbracciò ed approfondì il bacio.

 Ron non si sottrasse a tutto quello. Per la prima volta la sua testa era sgombra di tutto. Poteva finalmente dedicarsi solo ed unicamente a Hermione e al suo bacio. Entrambi baciavano traspostati dall’istinto. Poteva accarezzarle la schiena, giocare con i suoi capelli ricci e sentirsi amato.

 Hermione interruppe il bacio per guardare Ron negli occhi “Ti amo” disse infine. Avevano entrambi il viso rosso. Ron allora fece un sorriso malizioso e prendendo Hermione in braccio la adagiò sul letto. Lei non ebbe obiezioni e continuò a baciarlo.

 Naturalmente Ron sapeva che lei non era ancora pronta per andare oltre, e non intendeva rovinare tutto per colpa dei suoi ormoni d’adolescente. Una cosa non riusciva a comprendere. Le voci che sempre lo tormentava quando era vicino ad Hermione, si erano affievolite ed ora non le sentiva più.

 “Ron…” lo chiamò accarezzandogli i capelli. Erano lì distesi a farsi le coccole. Hermione si sentiva felice, finalmente aveva entrambi fatto chiarezza dei loro sentimenti e dopo molto tempo si erano incontrati.

 Ma sapeva che il problema non si era risolto, anzi forse era addirittura peggiorato. Doveva assolutamente sapere la verità su quello che affliggeva Ron. 

 “Vuoi sapere cosa mi è successo in questi mesi, vero?” l’anticipò Ron continuando a giocare con i suoi capelli

 “Si”

 Lui rimase in silenzio “D’accordo, ma è complicato…devi avere pazienza” disse sistemandosi meglio il cuscino dietro le spalle. Hermione in risposta si era seduta sul letto proprio di fronte a lui.

 “Tutto incomincia dalla condanna al noxa immortālis di un uomo di nome Jeff McFandes

 “Noxa immortālis?” domandò Hermione, l’aveva già letta da qualche parte.

 “Si, ho avuto un conversazione con Silente pochi giorni fa” riprese guardandosi le mani e cercando di spiegarle tutto in modo esauriente “vedi, questa punizione veniva un tempo emessa a coloro che commettevano crimini innominabili. Jeff McFandes era stato condannato per il massacro chiamato Red Eden, più di 40 fa. Il cervello che ho richiamato la notte al Ministero della Magia era il n°14/J.M.”

 “J.M sono le iniziali di Jeff McFandes” affermò Hermione pensierosa “ma cosa…”

 “Aspetta…” parlò allungando le braccia in segno di fermo “non è così semplice…Jeff McFandes… beh lui è stato il primo Mangiamorte. Voldemort si era servito di lui per attuare il suo piano di Sterminio dei Babbani e dei Mezzosangue”

 “Questo tizio era nato con uno strano potere: sentiva delle voci nella testa, poteva avvertire i sentimenti maligni delle persone attorno a lui. Riviveva i traumi della gente.”

 “Silente…mi spiegò che la Maledizione Senza Perdono Cruciatus era stata creata dal primo Mangiamorte proprio per vendicarsi sugli altri. Voleva far provare anche agli altri tutto il dolore che per colpa del suo potere, lui sentiva dalla nascita”

 “Ma è terribile” mormorò Hermione sbarrando gli occhi “tu..?”

 “…’mione…attraverso quel contatto all’Uffico Misteri, mi ha trasmesso lo stesso potere…ecco perché le ferire, le voci e tutto il resto…” disse Ron guardandola, ora avrebbe dovuto dirgli del caso Hamilton e che non esistevano cure “Ma c’è stato un altro caso come il mio 30 anni fa”

 “Oh! Quindi c’è una cura?” reagì speranzosa, dalla voce rassegnata di Ron aveva pensato che non ci fossero pozioni o incantesimi in grado di aiutarlo.

 “No” diede risposta Ron, avvicinandosi a lei per abbracciarla, non voleva farla piangere, ma era inevitabile “Hamilton è morto per overdose. La pozione che diminuisce gli effetti delle voci porta ad una forte dipendenza e quindi a forti crisi d’astinenza come hai potuto vedere quel giorno nell’aula di pozioni”

 Hermione si era irrigidita sotto la stretta delle braccia di Ron. Ascoltava il cuore Ron battere forte, irregolare, sentiva che non le aveva ancora detto tutto “Non hai ancora finito, vero?”

 “No, infatti” rispose abbracciandola istintivamente di più, credeva forse di poterla proteggere da quello che stava per dirle. Si, lo sperava.

“Era stato internato al S. Mungo perché folle, tutte quelle voci lo aveva soggiogato del tutto, era come impazzito, dalla cartella clinica trapela che Bruce Hamilton era diventato violento anche contro se stesso”

 Hermione aveva finito per cedere alle lacrime, non sapeva come fare per smettere. Si erano appena ritrovati innamorati ed ora scopriva che Ron… era condannato…a morire?

 “Cosa ti succederà?” domandò allontanandolo leggermente permettedole di guardarlo negli occhi. 

“Dovrei essere internato anch’io” rispose con distacco “ma non succederà”

 “Eh?”

 “Non gli permetterò di usarmi come cavia…” disse con rabbia

 “Ron” lo chiamò singhiozzando

 “No, ‘mione…piuttosto la morte” le sussurrò abbracciandola e cullandola. Poteva anche solo immaginare il suo dolore. Ma lui aveva deciso. Non si sarebbe fatto internare per sottostare ai loro esperimenti.

 Si sarebbe ucciso prima della fine.

  

Fine 3° capitolo 

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 Ringrazio :

Bebba

Blacky

Phoebe80

Pepero

Miky Black

 Magica

 E ovviamente Lilith the First  ^__^

 Grazie per i commenti, ho un sacco di nuove idee per la ff!!

 Aspettatevi molti colpi di scena!! Sarà molto lunga avanti di questo passo!! Bene, bene ^__^ ho faticato un po’ per questo capitolo.

Con tutti i sogni, gli ormoni impazziti e le “voglie” di Harry e i pianti di Ginny mi stavo per suicidare! Almeno per un po’ di tempo non la vedremo più piangere. Hermione d’altronde…beh ne ha di cose su cui piangere ma…non si sa mai…chissà!

  

Commentate mi raccomando!! Sono più spronata a scrivere se mi lasciate anche solo un saluto!! 

 A presto!!

 P.S. Scusate gli errori!! Ma scrivo principalmente di sera – ho le idee all’una di notte – per cui perdonate i vaneggiamenti!! (^ /// ^)

 * Kraken = è una gigantesca creatura marina

   
 
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