Crossover
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Autore: Feel Good Inc    03/05/2010    3 recensioni
Raccolta multifandom di one-shot (non necessariamente romantiche) basate sui prompt dei 15 hugs.
Capitolo 1: Harry Potter | Harry ~ Hermione | « Hermione, ti sto implorando. »
Capitolo 2: Death Note | L ~ Misa | « Misa-Misa si annoia, Ryuuzaki-san. »
Capitolo 3: Kingdom Hearts | Sora ~ Naminè | « Cosa posso fare per essere sicuro che riuscirò a ricordarti, un giorno? »
Capitolo 4: Alice in Wonderland | Hatter ~ Alice | « Non vado matta per i cappelli. »
Capitolo 5: Un ponte per Terabithia | Jess ~ Leslie | « Quella corda è vecchia, non c’è da fidarsi. »
Capitolo 6: Harry Potter | Sirius ~ Remus | « Non è divertente, Sirius. È una cosa mostruosa. Io sono una cosa mostruosa. »
Capitolo 7: Card Captor Sakura | Shaoran ~ Sakura | « Ma Sakura, immagino che tu sappia come preparare un po’ di cioccolato… »
Capitolo 8: Death Note | L ~ Near | « È una reazione naturale, non c’è motivo di vergognarsene. »
Capitolo 9: Kingdom Hearts | Riku ~ Sora | « Non so perché ma non prevedo nulla di buono. »
Capitolo 10: Pokémon | Drew ~ Vera | « Non posso trovarmi davvero in questo pasticcio con te. »
Capitolo 11: Kuroshitsuji | Sebastian ~ Ciel | « Zia Anne, tu sai chi è quel ragazzo? »
Capitolo 12: Cronache del Mondo Emerso | Sennar ~ Nihal | « Ora ci sono qui io. È tutto finito. »
Capitolo 13: Kingdom Hearts | Axel ~ Roxas | « Come sarebbe a dire, ‘perché’?! Perché siamo amici, no? »
Capitolo 14: Pokémon | Ash ~ Misty | « Spera solo di arrivare vivo a domani mattina, Ketchum. »
Capitolo 15: Death Note | Watari ~ L | « Io non ho niente dentro. Eppure fa male. Perché? »
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Anime/Manga, Film, Libri, Videogiochi
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Yay, aggiornamento in anticipo! :D

Ho scritto questo capitolo un bel po’ di tempo fa; il prompt è stato uno dei primi a ispirarmi, e i due personaggi coinvolti non potevano essere che quelli… Ad ogni modo, se ci ho messo tanto a pubblicarlo è per via della scarsa stima che ho nei confronti di gran parte dei miei lavori. In qualche modo, mi sembrava e mi sembra tuttora che in questo breve episodio ci sia dell’incompleto, del non detto. Ma ragionandoci ho capito che è giusto così, perché quando si parla di Death Note c’è quasi sempre qualcosa di non detto. ^^ Ulteriore nota: il pairing non va assolutamente inteso come romantico – cioè, non voglio dire che non sia possibile trovare delle affinità romantiche tra i due (soprattutto per le amanti dello yaoi xD), ma non c’è alcun romanticismo in questo determinato contesto. u.u

Ringrazio tutti i lettori; e per le recensioni:

Elos: Sono felice che la shot ti sia piaciuta anche se non conoscevi CCS *-* In effetti sì, anch’io ho trovato un po’ scioccante l’inizio dell’anime, quando sembrava che Shaoran e Sakura condividessero una cotta per la stessa persona… E posso solo immaginare quanto possa esserlo stato per te! ^__^’’ Per quanto riguarda Shaoran, beh: lui è incantevole. Sempre. E sentirmi dire che è incantevole anche come l’ho reso io, lo considero un serio motivo di orgoglio. *///* Ti ringrazio ancora!

Dany92: Waaa, sono lieta di sapere della tua gita nell’assolata Spagna *-* Spero tu ti sia divertita tantissimo!! Ma quale perdono?! Anzi, grazie mille per le tue dolcissime parole ^///^ Per me è un onore ritrovare intatti i tuoi complimenti, dopo aver tralasciato CCS per una vita; temevo seriamente di averci perso la mano x’DD Ti abbraccio forte, Dany-chan!

Vi lascio – buona lettura a tutti!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Una cosa da bambini

 

 

 

 

 

Fandom: Death Note

Personaggi: Near / Nate River, L Lawliet

Genere: Introspettivo, Malinconico

Rating: Verde

Ambientazione: Durante l’infanzia di Near alla Wammy’s House

Prompt: #1. Teddy bear (Orsacchiotto)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mucchi di stoffa lisa sul pavimento scuro. Il ragazzino biondo aveva fatto davvero un ottimo lavoro; la sua caratteristica rabbia distruttiva aveva ancora una volta lasciato il segno. L’imbottitura bianca e soffice come ovatta era fuoriuscita quasi del tutto dall’ampio strappo, i fili restavano sciolti sotto le cuciture saltate, e le membra del pupazzo sembravano appassite, abbandonate.

Al bambino era piaciuto tanto, quel pupazzo. Ma, come molte cose che gli erano piaciute, anche quello apparteneva già al passato.

Eppure non riusciva a scacciare quella brutta sensazione dolorosa agli angoli degli occhi.

Rimase sorpreso quando una mano pallida – quasi quanto le sue – entrò nel suo campo visivo, sfiorando con un dito l’orsetto di peluche squarciato. Non aveva sentito entrare nessuno. Poi alzò gli occhi, e comprese.

Quel ragazzo strano – ma in fondo erano tutti strani in quel posto, no? – che aveva già avuto modo di conoscere se ne stava lì curvo, gli occhi neri fissi sull’orsacchiotto. La sua espressione era vagamente impressionata, come se non avesse mai immaginato che qualcuno potesse ridurre in quello stato un semplice giocattolo.

Era naturale che non l’avesse sentito. Girava sempre a piedi scalzi. Proprio come lui.

Si rese improvvisamente conto di quanto dovesse sembrare infantile al famoso, al grande, all’unico L trovarsi a tu per tu con uno degli orfani destinati a seguire le sue orme e vederlo piangere per un pupazzo scucito. Si passò la manica troppo lunga del pigiama bianco sugli occhi, sperando che il ragazzo non avesse notato nulla.

« Non ce n’è bisogno. »

Alzò di nuovo lo sguardo, sorpreso.

L si era accovacciato di fronte a lui. Aveva preso l’orso in grembo, e sembrava che lo studiasse, ma le sue parole chiarirono che, sì, aveva notato le sue lacrime.

« È una reazione naturale, non c’è motivo di vergognarsene. » Per la prima volta lo guardò, inespressivo. « Piangere non è una cosa da bambini. È una cosa da persone. Persone che sanno cosa significhi essere bambini e sanno cosa significhi crescere. »

Riprese a soppesare il peluche, rigirandolo lentamente da tutti i lati. Nate fissò il suo viso neutro – quasi quanto il suo – e forse fu grato di non poterne incrociare di nuovo lo sguardo.

« Succede anche a te? »

L’aveva chiesto senza pensare, senza volere. Il ragazzo, inspiegabilmente, sorrise.

« A volte. »

Nate non ebbe il tempo di essergli grato di non averlo guardato, mentre pronunciava quelle parole.

Lui portò una mano dietro di sé, cercò qualcosa nella tasca posteriore dei pantaloni. Quando tornò a toccare l’orso, il bambino vide un oggetto lucente e puntuto tra le sue dita. Il ragazzo aveva gli occhi bassi, ma parve notare comunque la sua curiosità.

« Qualcuno mi ha insegnato che non fa mai male portare con sé un ago e del filo. »

Nate si era avvicinato impercettibilmente. Aveva paura di porre la domanda successiva; ma questa volta la risposta arrivò da sola, senza soste e senza remore – come se anche lui avesse bisogno di tornare bambino, ogni tanto.

« Una donna a cui volevo molto bene. »

 

 

« Sei L? »

« Sì. E tu chi sei? »

« … »

« … »

« Non posso dirti il mio nome. »

« Ma davvero? »

« Bisogna tenersi stretta la propria identità. È più sicuro così. »

« … Cominci già ad assomigliarmi, piccolo. »

Si scambiano un’occhiata, e Nate River non è sicuro di vedere approvazione in quegli occhi neri.

 

 

Il ragazzo si chinò, tagliò il filo con i denti e rimise l’ago in tasca. Poi lo guardò e gli tese l’orso, in silenzio.

Il bambino rivide il pupazzo com’era prima che il ragazzino biondo lo distruggesse. La stessa stupida stoffa sorridente che gli aveva fatto compagnia senza chiedere nulla in cambio, lo stesso inutile involucro morbido che quel giorno – per la prima volta da quando era arrivato lì – lo aveva reso triste e ora lo stava facendo sorridere.

Pensò che l’orsetto era come L.

Pensò che L era come lui.

Forse fu per questo, forse no. Seppe soltanto riconoscere le lacrime che ricominciavano a premere agli angoli degli occhi, e che stavolta non si fermarono lì.

Non si curò di asciugarle, non più. Non si vergognava di piangere di fronte a L. Anche L piangeva. L sapeva cosa significasse crescere. Crescere soli.

Passò sotto le sue mani tese, strisciò verso le sue ginocchia sollevate e piano piano le costrinse verso il pavimento. Quando trovò i suoi vestiti troppo larghi – quasi quanto i suoi – vi premette contro il viso e vi si aggrappò con le mani, soffocando i singhiozzi.

L sussultò appena, ma non lo respinse. Abbassò soltanto le braccia e lo ascoltò piangere.

In fondo, L era come lui.

   
 
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