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Autore: amimy    08/05/2010    2 recensioni
“No. Non è vero.” rispose immediatamente Rex, scuotendo la testa. “ Non è vero. Stai mentendo!”
“L’ho vista, Rex. Mi dispiace.” disse Jonathan, guardandolo negli occhi.
“No!”
Dess afferrò Rex per le spalle, tenendolo stretto. “Rex. Rex, calmati.”
Gli occhi di Rex lampeggiarono di disgusto e rabbia verso Jonathan. L’acrobata si sporse in avanti, ma Dess lo fermò con un’occhiataccia.
“Guardami. Rex,guardami. Devi stare calmo, d’accordo? Non vale la pena di fare sciocchezze. Prima ascolta il resto, ok?”
Il Vedente strinse i pugni, fremendo, ma annuì.
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eh già, una cosa che ho recentemente scoperto è che se sono brava a fare una cosa, quella cosa è incasinare ulteriormente situazioni già incasinate. E, vi fidate di me? Le cose si faranno ancora più complicate o.O Provare per credere.

Ehm…volete la verità? All’inizio Jess e Jonathan mi stavano indifferenti come coppia, ma adesso per qualche strana ragione voglio a tutti i costi che si lascino. Perché (e questo non significa che ci sarà questa coppia in questa storia, tenetelo presente. Potrebbe esserci come potrebbe non esserci…), ehm, io vorrei a tutti i costi che si mettesse con Dess >.<

Alchimista…tu…tu…tu conosci i Breaking Benjamin *-* *-* *-* Ok, chiusa parentesi adorazione. Però ti stimo *-*

Comunque…no, mi sbagliavo. Cioè, se non ho toppato i calcoli (e probabilmente ho toppato, perché io e la matematica…mmm, diciamo che io e Dess sul fronte calcoli non andremmo troppo d’accordo… sono negata O.o), in realtà Maddy dovrebbe avere 78 anni…perché a un certo punto del libro Dess dice che Madeleine aveva 17 anni quando c’è stato tutto il casino Grayfoot- Anathea e via dicendo, e se non mi ricordo male da allora sono passati 49 anni, e la mia ff è ambientata dieci anni dopo… (se ho sbagliato tutto ditemelo xD Non faccio fatica a immaginare che sia così…)

Solo un’ultima cosa: il fatto che io sia già arrivata al quarto capitolo è un ottimo segno, perché di solito quando riesco ad andare oltre il terzo,specialmente in così poco tempo, significa che non mi sono stufata della storia e molto probabilmente riuscirò a finirla e non la abbandonerò come mi capita spesso di fare (non per scelta, ma l’ispirazione fugge xD). Just to let you know.

 

P.s.: so che può sembrare che questo capitolo sia del tutto inutile per la trama, ma vi assicuro che invece è indispensabile tenerlo a mente per seguire i capitoli successivi. E soprattutto, introduce un certo colpo di scena che fra uno o due capitoli vi beccherete… non vi dico di cosa si tratta, ma conoscendomi sapete che non è nulla di buono ^^  E se li cercate molto attentamente, strizzate gli occhi e piegate la testa da un lato, potete trovare alcuni indizi etti per iniziare a comporre vagamente il quadro generale.

 In ogni caso...godetevi il chappy!

 

 

Capitolo Quarto – Never Give Up Fighting

 

Oh I'm so tired there has got to be an end
to the pain I feel when I'm
awake and alive alive alive
alive and I'm dreamin'

 

“Madeleine, dobbiamo parlare.” annunciò Rex, stufo di aspettare.

“Parlare, ragazzo?” sbottò la vecchia Telepate, con voce ruvida. “Va bene, parliamo. Parliamo di come hai ridotto la mia povera mente.”

“Io? Tu volevi eliminarmi!” esclamò Rex, facendo un respiro profondo per calmarsi. Aveva ventisei anni, maledizione. Non poteva farle una scenata adolescenziale, dopo neanche due frasi, anche se aveva iniziato lei. E per giunta tirando in ballo qualcosa che era successo un decennio prima… scosse la testa, mentre qualcosa dentro di lui zittiva i suoi pensieri frenetici. Doveva tenere a mente che lì non erano neanche vicini ad una contorsione crepuscolare, e Madeleine poteva leggere ogni singola parola che scorrazzava nella sua mente con la facilità con cui si leggono le ricette di cucina.

“Grazie, Rex.” Disse stancamente la donna, mentre Rex riusciva finalmente a tranquillizzare la tempesta che infuriava nella sua mente. “Era fastidioso sentirti ronzare tutto quel rancore in testa. Non fa bene alla salute prendersela con la gente, lo sapevi?”

Il Vedente si agitò sulla poltrona scomoda, domandandosi se non avrebbe fatto meglio ad andarsene insieme agli altri quando la Mezzanotte era finita. Ma Dess aveva finito di corsa il suo panino ed era fuggita, farneticando qualcosa su una chiamata di lavoro. Jonathan aveva chiuso gli occhi, sfinito, e Rex aveva pensato che forse sarebbe rimasto. La compagnia dell’Acrobata continuava a non entusiasmarlo, e di certo non se lo sarebbe scelto come amico del cuore, ma era meglio di niente. Ma poi il cellulare di Jonathan era squillato, ed era stato il suo turno di balbettare qualcosa su degli affari da risolvere. E Jess, ovviamente, se n’era andata prima di tutti: era sparita, puntuale come il miglior orologio svizzero, appena il tempo normale aveva iniziato a contaminare la Mezzanotte allo scadere dell’ora blu.

Quindi il Vedente si era ritrovato da solo, per giunta con il conto da pagare e Madeleine da interrogare. Quindi, quando la vecchia Telepate gli aveva proposto di andare nel suo appartamento per parlare dopo aver probabilmente letto nella sua mente che quelle erano le sue intenzioni, si era ritrovato costretto ad accettare. Cos’altro poteva fare, rifiutare e tornare a casa, sdraiarsi sul divano con una birra e fare finta che non fosse successo niente? Che il passato non fosse sbucato dal terreno mordendogli il sedere per farsi sentire e non lasciandolo più andare? Perché alla fine era così che si sentiva, come se qualcosa l’avesse agguantato con i denti e ora non avesse la minima intenzione di sparire prima di averlo portato giù con sé.

L’Oscuro dentro di lui ribolliva, ma non potè reggere il confronto con la reazione che il suo stomaco ebbe quando ingurgitò tutto d’un colpo la tazza di tè bollente che Madeleine aveva appoggiato sul tavolo. In un attimo di lucidità, Rex si rese conto che la Telepate lì poteva benissimo rendersi conto che non sopportava il tè, eppure glielo aveva comunque servito. Forse provava gusto nel vedere la gente che cercava di buttare giù i suoi intrugli senza  poter protestare per paura di ferirla.

“Allora, hai intenzione di farmi aspettare tutta la notte o vuoi arrivare al punto?” brontolò Madeleine. Rex si aspettava quasi che da un momento all’altro tirasse fuori una frase che iniziava con “ai miei tempi”, ma non lo fece. Per il momento.

“Cosa sai di Melissa?” domandò il giovane senza preamboli, andando dritto al punto. Era stufo di giocare. La bestia dentro di lui grugnì di soddisfazione.

La verità era, anche se era il momento peggiore in assoluto per pensarci, che sebbene Madeleine fosse guarita, Rex non lo era del tutto. Era molto più facile convivere con gli umani, dopo tutto questo tempo, e non provava l’impulso di aggredire qualcuno da anni. Be’, non più di quanto lo provasse chiunque altro. Riusciva persino a pensare all’Avversione e addirittura a pronunciarla senza che gli si rivoltasse lo stomaco. E riusciva a litigare con le persona in modo molto umano, o quantomeno senza sibilare loro addosso.

Ma c’era qualcos’altro, qualcosa che restava sempre sotto il suo controllo, ma c’era. Una specie di nuova coscienza, solo più famelica e cruda. Era una cosa che però riusciva a tenere a bada senza sforzo e, doveva sua malgrado riconoscerlo, a volte lo aiutava persino a non sgarrare. Si era stretta una sorta di simbiosi fra lui e ciò che era dentro di lui, ma in positivo. Forse. In ogni caso, non aveva mai sbranato nessuno, e non poteva dire che fosse una cosa negativa.

L’anziana si schiarì la gola, come a ricordargli che sentiva perfettamente tutto ciò che pensava e che quallo che sentiva la stava irritando. Ancora non le andava giù di vedere il suo prezioso Vedente, il centro di tutto quello che aveva creato, che si abituava a quello che, dopotutto, indirettamente per colpa sua era stato impiantato dentro di lui?

“Ne so quanto te, Rex. Forse anche meno.” Rispose la voce roca della vecchia.

Il Vedente posò immediatamente la tazza, e fece per alzarsi. “D’accordo. Non ho tempo da sprecare.” Disse, con una freddezza spietata e implacabile che gli ghiacciava lo sguardo.

“Aspetta.” Implorò Madeleine, tendendo un braccio verso di lui. “Va bene, hai ragione. Hai ragione, so qualcosa. Ma non su Melissa, qualcosa di più importante.” In un angolino del suo cervello, Rex si domandò per un attimo come potesse esserci qualcosa di più importante. “Dammi la mano.” Continuò la Telepate. “Te lo mostrerò.”

“No.”

“No?”

“Non posso fidarmi di te, Madeleine. Te sei una di loro. L’ultima volta, hai provato ad annientare la mia mente. Perchè dovrei ascoltarti?”

“Io una di loro, Rex? E tu cosa sei?”

“Io non sono uno di voi. Forse non sarò pienamente umano, te lo concedo. Ma tu sei una di quei codardi, vecchi Midnighter corrotti dalla sete di potere che hanno alterato e contraffatto la Tradizione e forse millenni di memorie. E se c’è qualcuno da biasimare per quello che sono diventato, quelle persone siete voi. Tu e tutti gli altri.” Decretò. Poi, senza un’altra parola, si alzò.

“Rex…” lo supplicò la donna, mentre il Vedente si dirigeva inarrestabile verso l’uscita dell’appartamento.

“Non puoi andartene. Non sai quello che stai facendo. Arriverà, Rex. Piccolo Vedente dilettante e insolente, non capisci? Sta arrivando, Rex. E vi schiaccerà tutti. Vi distruggerà, e allora verrete ad implorare il mio aiuto.”

“Che cos’è in arrivo?” domandò lui senza voltarsi, con un piede fuori dalla porta.

“Sta arrivando… sta tornando…ancora una volta, e più forte che mai… Non hai visto i segni, Rex? Sta arrivando, e quando sarà qui vi schiaccerà come mosche, Rex. E vedremo chi sarà il codardo, quando succederà.”

Il Vedente le lanciò un’occhiata carica di disgusto. “Sì, proprio così. Vedremo.” Confermò, uscendo definitivamente e chiudendosi la porta alle spalle. Madeleine rantolò, ma prima di andarsene Rex riuscì a sentire una parola uscire dalle sue labbra secche.

E il sangue gli si gelò nelle vene.

 

***

Rex capì all’istante che si trattava di un sogno. Per prima cosa, non sentiva più il sapore del liquore che gli bagnava le labbra, e l’odore acre del suo minuscolo appartamento di città era scomparso. Inoltre, l'infinita pianura grigia e marrone che si estendeva davanti ai suoi occhi, senza nemmeno un alberello a rallegrarla, decisamente non apparteneva al panorama abituale che ci si aspetta di incontrare a Los Angeles.

Eppure, sapere che stava sognando non lo aiutò a prepararsi per quello che successe dopo.

Il cielo sopra la sua testa era quasi nero, sepolto sotto chilometri di nuvole nere che minacciavano pioggia da un istante all'altro. All’improvviso, le nubi cominciarono a piangere. Lenta, densa, una pioggia rossa come il sangue strisciò giù dal cielo, bagnando Rex e striandogli il viso come calde lacrime di plasma. Era inodore e in qualche modo viscida, e presto Rex si ritrovò con gli abiti inzuppati.

Il ragazzo strizzò gli occhi, cercando di concentrarsi sul paesaggio che per qualche motivo rimaneva comunque fuori fuoco, oltre la coltre di gocce rosse che lo circondavano.

“Ascoltami bene, Rex.” Tuonarono le nuvole, tutte all’unisono, in un coro che gli penetrò nelle ossa e gli gelò la carne.

“Dovete stare alla larga dai guai, chiaro? Io ho fatto tutto il possibile, ma voi certo non mi aiutate.”  Le nuvole sospirarono. Con un fremito d’eccitazione, il Vedente si rese conto che il cielo aveva una voce familiare, e un tono di spazientito sarcastico che gli ricordava incredibilmente qualcuno. “Santo Cielo, sapete essere dei tali idioti a volte. L’avevo quasi dimenticato.” Risuonò un tuono roco, come se il cielo si stesse schiarendo la gola, e la voce delle nuvole riacquistò una parvenza di misticità. Rex si rese contoche all'improvviaso i suoi vestiti erano asciutti, e la pioggia di sangue era scomaparsa. “Quindi, Rex, ascoltami. Non cacciatevi nei guai, ok? Non posso sempre sistemare tutto io. Cercate degli indizi o quello che volete, se proprio non potete farne a meno, ma non venite a cercarmi. E soprattutto, cercate di essere lontano da Los Angeles quando quel giorno arriverà. Hai già capito di che cosa si tratta, vero, quello con cui avete a che fare? Sai che…”

E in quel momento, la realtà che aveva il sapore dell’alcool e l’odore di muffa degli appartamenti della periferia gli ripiombò addosso, togliendogli il fiato. Furibondo, fisso con sguardo accusatorio la sveglia che lampeggiava sul suo comodino, maledicendo il momento in cui, un paio d’anni prima, quel genere di aggeggi umani avevano smesso di impedirgli di dormire.

Per fortuna, l’allarme non aveva fatto nulla di irreparabile: Rex si rese conto, con un moto di soddisfazione, che aveva unì’idea di quello che si trovavano davanti. Un piccolo tassello di un immenso puzzle andò al proprio posto nella sua mente: ora sapeva perché gli Oscuri, dopo tutto questo tempo, stavano tornando.

 

 

La canzone è Morning After, dei Likin Park.

E tre, due, uno…via con le speculazioni! Sulla voce nel sogno, su Maddy e su quello che sapeva, e sulla misteriosa “cosa” in arrivo. Sarò crudele, ma mi piace vedere la gente che cerca di capire quello che ho in mente per le mie storie (anche perché la maggior parte delle volte io stessa non so ancora bene cosa farò succedere xD)

   
 
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