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Autore: Hi Fis    09/05/2010    1 recensioni
“L’odore delle spezie e del caffè pervadeva la stanza, mentre il comandante si affaccendava attorno ad un pentolino di ottone. Misurò acqua a sufficienza per tre tazze: la stazza del krogan le suggeriva che una dosaggio umano si sarebbe rivelato insufficiente.” Piccola raccolta di scene inedite nel gioco.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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La dottoressa Chakwas era eccitata come fosse il suo primo giorno di impiego. Erano momenti come quello a confermare la sua scelta di rimanere nell’Alleanza, anziché passare a strutture sanitarie pubbliche.
Lo stipendio era inferiore,  ma di certo non le sarebbe capitato di visitare degli alieni: qualcosa di molto più interessante che curare casi di influenza su qualche colonia sperduta.
 
La sua giornata era cominciata presto: aveva letto con molto interesse la cartella medica di Garrus Vakarian, che l’SSC le aveva gentilmente fornito. Ancor più interessanti erano state le informazioni mediche che la dottoressa Micheal le aveva inviato dall’ambulatorio pubblico della Cittadella.
Se il rapporto era accurato, i Quarian erano più robusti di quanto la loro esile struttura fisica facesse pensare, seppure rimanessero fragili per via dei difetti del loro sistema immunitario: diciassette milioni di persone che vivevano nello spazio erano una situazione che presentava non pochi problemi.
 
Il vero piatto forte però, stava per arrivare.
Non sapeva dire se era più eccitata o impaurita.
Voleva dimostrare di essere all’altezza della situazione: dopotutto, era un membro dell’equipaggio come tutti gli altri, solo un po’ più grosso.
Se si fosse affidata alla sua esperienza, sarebbe andato tutto bene.
 
C’era voluto del bello e del buono per convincere Wrex a sottoporsi ad una visita medica. Inizialmente aveva riso in faccia al Comandante, ma Shepard se l’aspettava: avevano discusso per venti minuti, prima che riuscisse a convincerlo. Non era stato facile, ma alla fine l’aveva spuntata:
“Ti sottoporrai a quella visita, Wrex.”
“Perché dovrei?”
“Perché ora sei un componente del mio equipaggio e come tale hai gli stessi diritti. Compreso quello di ricevere assistenza medica gratuita per tutto il periodo in cui sarai a bordo.”
La frase successiva la disse guardandolo dritto negli occhi:
“Non vorrai farmi credere che hai paura degli aghi?”
 
Shepard capì di aver vinto quando Wrex non aveva replicato.
Fargli apparire la visita medica come un privilegio era stata la mossa vincente e sfidarlo a dimostrare il suo coraggio aveva fissato il risultato.
Se c’era qualcosa che un Krogan odiava, era essere sottovalutato. Esserlo da una femmina, era il massimo affronto che potesse sopportare, ed era deciso a dimostrare una volta per tutte di non temere niente e nessuno.
 
I krogan non avevano medici: ogni guerriero doveva cavarsela da solo in battaglia e chi non era forte a sufficienza, semplicemente moriva.
“La sopravvivenza del più forte” era il motto a cui ogni Krogan si atteneva  scrupolosamente.
Certo, le cose erano cambiate da quando la genofagia li aveva infettati, ma comunque Wrex non sapeva bene cosa aspettarsi.
Gli era capitato di incontrare un medico una volta, ma i termini del loro incontro erano stati diversi da quelli fra paziente e dottore: lui era il bersaglio e Wrex l’esecutore materiale di un omicidio su commissione. Prima di torcergli il collo, aveva prestato poca attenzione ai compiti che la sua vittima stava svolgendo.
O al suo laboratorio.
Ovviamente conosceva il compito di un segaossa, ma solo a livello intellettuale, ed era più irritabile del solito quando bussò alla porta dell’infermeria: l’incertezza lo metteva a disagio.
 
Il dottore che lo avrebbe visitato era un’umana, un'altra femmina.
“Un’altra faccia opaca.” Pensò.
Wrex chiamava così gli esseri umani, per via di quelle loro facce pallide e slavate, senza un minimo di espressività.
Si presentò come dottoressa Chakwas, un nome che trovò facile da pronunciare, a differenza di quelli che di solito gli altri umani portavano.
Non si strinsero la mano, il Krogan l’avrebbe interpretato come un tentativo di aggressione: non capiva l’ossessione che avevano le altre specie per il contatto fisico.
La dottoressa Chakwas invece, aveva letto il rapporto sulla sociologia e sulla biologia dei Krogan che il comandante le aveva fatto avere.
 
“Togliti la corazza, per favore”
Wrex ebbe un attimo di esitazione, ma sapeva che in caso di pericolo avrebbe potuto difendersi a mani nude. Meglio quindi che la dottoressa non tentasse scherzi. Il Krogan aprì le chiusure della corazza che indossava: era simile ad un vestito di cuoio, con qualche piastra d’acciaio di rinforzo, quanto di più vulnerabile si sarebbe mai permesso di indossare.
Nel suo mondo, andarsene in giro indifesi era pura stupidità.
 
Un krogan è minaccioso, sia con la corazza che senza: Chakwas ne ebbe la conferma quando vide il Krogan poggiare ogni pezzo dell’armatura a terra, in una pila ordinata. Sotto di essa, indossava un misero vestito in due pezzi di lana grezza , o di un tessuto simile , dal colore indefinibile, che lasciava scoperte le braccia e i piedi.
Poteva essere stato rosso, ma era sbiadito troppo per capirlo: il tessuto non era sporco, solo sdrucito e molto consunto.
“Probabilmente è l’unico vestito che possiede” rifletté Chakwas.
La veste era tirata sopra il corpo dell’alieno: ogni centimetro del krogan era una collezione di muscoli ipertrofici e, sorprendentemente, poche cicatrici. Da quella che vedeva sul volto, Chakwas si aspettava di trovarne altre, soprattutto sulle braccia, il luogo dove di solito i soldati ricevevano più danno; tuttavia né le braccia, né le gambe mostravano eccessivi segni.
 
Chakwas cominciò con le domande di rito che sono fatte ad ogni nuovo paziente, la routine che serve a definire l’anamnesi. Ovviamente saltò le più inutili e ovvie, tuttavia apprese molte informazioni  interessanti, come l’età del Krogan o il fatto che si fosse ammalato solo quattro volte in vita sua.
Wrex rispondeva ad ogni domanda direttamente e francamente, usando il numero minore di parole possibili.
 
L’anamnesi prese poco meno di cinque minuti, poi Chakwas si preparò ad estrarre i campioni:
“Ora procederò a prelevarti del sangue e altri campioni. Cercherò di fare in fretta e causare meno disagio possibile.”
“I Krogan non temono il dolore.”
Chakwas scrollò le spalle, non era quello che intendeva, ma era inutile cercare di spiegarlo a Wrex: era per la sua stessa sicurezza che l’aveva detto, non per rassicurare il paziente.
Dai dati di cui disponeva sulla biologia dei Krogan, Chakwas aveva dedotto che la strumentazione di cui disponeva sarebbe stata appena sufficiente per condurre i suoi esami preliminari, ma era comunque riuscita ad adattarsi: dopotutto lei era anche un marine.
 
Si  sarebbe procurata strumenti più adatti al prossimo rifornimento.
 
Prese una siringa grossa, di quelle per le iniezioni intracardiache di adrenalina, e le connetté ad una provetta sterile.
“Il braccio, per favore.” Cercava di essere gentile, per mettersi a suo agio. Il fatto che il Krogan si prestasse a quegli esami era confortante.
Cercò il punto in cui si trovava l’equivalente della vena cefalica, e infilò l’ago.
Fu sorpresa lei stessa di averla trovato al primo colpo: la provetta si riempì rapidamente di sangue arancione scuro, frutto della diversa composizione sanguigna e della maggiore pressione venosa.
Estrasse l’ago e disinfettò la ferita, spiegando esattamente cosa stava facendo, in modo da non essere fraintesa.
 
Ora veniva la parte più difficile:
 “Vorrei prelevare un campione di tessuto.”
Ogni Krogan aveva una sorta di gobba che occupava tutta la metà superiore della schiena e del collo. Era composta dall’equivalente dell’adipe degli esseri umani, ed era motivo di vanto fra i membri della specie: più grossa era la gobba, maggiore era la capacità di procurarsi il cibo.
Il Krogan rimase in silenzio, non riusciva a capire esattamente cosa volesse  da lui quell’umana, anche se doveva riconoscere che, fino a quel momento, si era comportata in maniera esemplare.
“Dovresti toglierti la maglietta.” Chakwas pronunciò quella frase un’ottava più bassa del tono che normalmente usava con i suoi pazienti.
Più che una maglietta, Wrex indossava una specie di grembiule svasato, la gobba l’avrebbe intralciato nell’indossare una maglietta comune: i capi di vestiario Krogan erano tutti allacciati sul lato e indossati dal basso verso l’alto, per poi essere assicurati alla base del collo, in modo che non scivolassero.
Chakwas non perse troppo tempo nell’osservare il petto e l’addome del Krogan, ma gli girò attorno.
Avrebbe usato bisturi e spatola per fare quel prelievo, ma prima che potesse cominciare l’incisione, si fermò con un grugnito.
La schiena del Krogan era tappezzata di cicatrici, una assurda geografia del dolore che parlava di ferite inferte da armi da fuoco, granate, armi da taglio e perfino quelle che sembravano ustioni.
“Tutto bene, dottore?”  Wrex pronunciò quel titolo come se lo stesse sputando, ma non intendeva fare del sarcasmo.
“Sembra che amino spararti alle spalle.” Chakwas era un dottore da parecchio tempo e raramente aveva visto di peggio. Simili segni li trovava solo sui cadaveri, mai su qualcuno di vivo, in ogni caso.
Posò gli strumenti sul vassoio accanto al letto, e cominciò a tastare le cicatrici sulla schiena di Wrex.
Era la prima volta che faceva qualcosa senza dirglielo, ma il Krogan la lasciò fare.
Palpò delicatamente i tessuti, trovando la consistenza della pelle del Krogan simile a quella della gomma dura.
Da quello che sentiva, i tessuti sottostanti sembravano perfettamente rimarginati, quindi lo sfregio era solo esteriore.
“Wrex, perché  hai delle cicatrici solo sulla schiena?”
“I krogan hanno un punto cieco maggiore. Alcuni pensano che colpirci alle spalle sia vantaggioso.”
Chakwas dovette riconoscere che era vero: i Krogan non potevano guardare dietro di loro senza ruotare anche il busto, dato che la gobba gli intralciava la visuale.
“Quindi, quando te le sei fatte, non avevi nessuno a guardarti le spalle.”
“Il più delle volte.” Chakwas sentì qualcosa nella voce del Krogan, ma che fosse orgoglio o rimpianto, non avrebbe saputo dirlo nemmeno con una pistola puntata alla testa.
Chakwas terminò il suo esame, concludendo  che l’unico aiuto che poteva dare in quel caso era solo estetico.
Ciò che aveva appreso confermava i suoi dati: i Krogan erano molto difficili da uccidere e impossibili da fare prigionieri. Fisicamente, era di certo la più forte e resistente fra le specie conosciute della galassia.
“Ora farò il prelievo.”
Wrex la lasciò fare, mentre infilava il bisturi fra le placche che coprivano la schiena, penetrando poi nel tessuto molle sottostante con la spatola.
Prelevò il campione e pose il tutto in una provetta.
“Fatto.”
 
Restava un’ultima cosa da fare: Chakwas allungò la mano e afferrò l’amplificatore dei poteri biotici che Wrex aveva sulla nuca.
 
Velocemente, molto più velocemente di quanto avrebbe mai pensato possibile, Chakwas si trovò con un braccio torto dietro la schiena e due dita di Wrex sulla trachea.
Una mossa sbagliata e sarebbe morta.
“Cosa pensavi di fare, dottore?”
 
Gli amplificatori erano collegati al sistema nervoso di ogni possessore ed erano lo strumento che rendeva possibile ad un biotico sollevare le migliaia di chili, invece delle poche dozzine. Più potente era l’impianto, maggiore era l’effetto che poteva garantire, permettendo di livellare gli svantaggi anche tra biotici differenti. Ogni amplificatore estraeva energia direttamente dal metabolismo del portatore, e doveva essere mantenuto pulito per evitare infezioni.
Solo poche industrie commerciavano in quel tipo di tecnologia: i migliori erano venduti da Asari e Umani, dato il più alto numero percentuale di biotici di cui le due specie erano dotati. Chakwas aveva notato che l’impianto di Wrex non corrispondeva ai modelli standard e voleva dare un’occhiata.
 
“Desideravo ispezionare lo stato dei tuoi impianti: è una pratica di routine.” Chakwas aveva il fiato mozzo e cercava di concentrarsi per non lasciarsi prendere dal panico: come faceva qualcuno di così grosso ad essere così agile?
 
Lentamente, la dottoressa si sforzò di calmare il respiro e il battito cardiaco.
Il sangue freddo che aveva imparato a usare durante i suoi anni di lavoro sul campo, curando i feriti mentre le sparavano addosso, le tornò estremamente utile in quel momento.
“Stavo per dirtelo, ma non mi hai lasciato il tempo.” Chakwas fu orgogliosa di essere riuscita a mantenere la calma.
 
Rimasero in quella posizione per circa dieci secondi, poi Wrex mollò la presa e fece un passo indietro.
 
Chakwas si massaggiò la spalla: il Krogan sembrava aver indovinato il carico massimo che la sua ossatura poteva sopportare, ed essersi fermato pochi chili prima.
Wrex si sedette nuovamente sulla branda:
“Procedi, dottore.”
Chakwas notò che l’atteggiamento del suo paziente era quanto di più simile a delle scuse avrebbe potuto ricevere da un Krogan, e si accontentò.
La dottoressa esaminò attentamente l’amplificatore: di sicuro non era di fabbricazione umana. Ne ebbe la conferma quando notò i familiari caratteri Asari sul bordo.
“Industrie Illion” lesse, traducendo i caratteri con qualche fatica.
“Wrex, da quanto usi questo impianto?”
“Due decenni.”
Era stato chiaramente progettato per delle Asari, ma qualcuno lo aveva riadattato perché fosse possibile usarlo sull’anatomia Krogan. Nonostante questo, l’impianto era in buone condizioni, testimoniando la manutenzione regolare.
“Credo che sarà meglio installarne uno nuovo, ormai questo si sta usurando. Vedrò  di mandarti una lista di quelli che possiamo procurarci, ma dovresti dirmi quale preferisci.”
Chakwas ripose i suoi strumenti e si tolse i guanti di lattice.
“Perfetto,  puoi rimetterti addosso i tuoi indumenti.”
Wrex  non se lo fece ripetere: rimanere in quella situazione così intima con una femmina era strano.
 
Però c’era qualcosa che l’aveva incuriosito:
“Dottore, perché hai i capelli di quel colore?” Wrex aveva visto pochi umani e, di tutti quelli a bordo della Normandy, Chakwas era l’unica a possedere una capigliatura argentata. Una stranezza che la rendeva facilmente distinguibile nella massa delle facce opache.
Chakwas si prese una ciocca di capelli fra le dita prima di rispondere.
“Nella specie umana i capelli diventano di questo colore quando invecchiamo.” Sebbene l’aspettativa di vita fosse aumentata di molto dal ventesimo secolo, i capelli ingrigivano esattamente come allora.
“Esattamente il contrario di quanto succede nei Krogan.  Voi scurite col passare del tempo.”
“MMMHHH.”
Wrex aveva finito di rimettersi il grembiule ed era passato alla corazza, allacciando le semplici chiusure di cui era dotata.
 
“Passa domani, avrò i risultati delle analisi pronti.” Chakwas gli disse quando ormai era sulla porta.
Wrex si voltò un secondo a guardarla, muovendo la testa in un cenno d’assenso.
Appena fosse uscito, la dottoressa Chakwas si sarebbe messa un impacco di medigel freddo sulla spalla: quel bestione le aveva quasi rotto un braccio.
Ma i dati che aveva raccolto ne sarebbero valsi la pena.
 
Quando Wrex fu fuori, si imbatté nel Comandante Shepard: sembrava essere lì da un po’, dato che si era appoggiata al muro del corridoio.
Stava per sorpassarla, quando lei lo fermò:
“In futuro, tratta meno rudemente la nostra dottoressa.” Disse, staccandosi dal muro e piantandosi di fronte a lui a gambe larghe e braccia conserte.
I loro occhi erano più o meno alla stessa altezza, anche se il Krogan la superava di tutta la testa.
 
“Da quando mi stavi spiando?”
“Da quando è cominciata la visita.”
“…Non sei intervenuta. Strano.”
“Ho imparato che devo fidarmi dei miei uomini. Spero inoltre che tu capisca che finché sarai su questa nave, nessuno ti sparerà mai alla schiena.”
 
Poi lo piantò lì, mentre il Krogan rimuginava sulle implicazioni di quella frase.
“Fiducia, eh?” Pensò scuotendo la testa.


SPOILER! SPOILER! SPOILER!
Non leggete se non avete ancora giocato a Mass Effect 2. Altrimenti continuate a vostro rischio e pericolo.
 
 
Mi è sempre piaciuta Chakwas, più di Joker (lo so, lo so: eresia!).
Sarà per il fatto che in ME2 è possibile conoscerla meglio, di fronte ad un bel bicchiere di brandy, ma trovo che sia un personaggio molto più caratterizzato di Jeff “Joker” Moreau, che al confronto sembra solo una macchietta.
Questo non vuol dire che disprezzi Joker: solo non è alla stessa altezza.
Non so, forse sarà quell’aria materna che riesce ad avere anche di fronte al dolore dei suoi pazienti, che me l’ha fatta apprezzare. Alla fine, è lei che si prende cura di Liara e del Comandante e che rimette insieme i feriti dopo ogni missione, no?
 
E voi che ne pensate di Chakwas e del suo incontro con Wrex?

  
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