Correvi sempre, me lo ricordo
bene, correvi con me, correvi con le parole, nemmeno inciampavi e se succedeva
a te non importava o forse non te ne accorgevi
proprio.
Mi piaceva come correvi, mi
faceva sentire parte di una cosa iniziata un secolo fa,
mai finita e forse nemmeno a metà. Mi è sempre piaciuto come sorridevi e mi piaceva come non portavi i capelli.
No, forse quello era uno dei
motivi per i quali ho deciso che non valeva la pena scrivere sino a notte
fonda. Che forse ti ricorderai come io non riesca mai
a chiedere scusa e soprattutto come non riesca a lasciarmi andare e come parlo
affannosamente e come ogni mio capello emani fumo. Sono un albero di nicotina e
fiori. Se ci penso bene quando correvi inciampavi e ti
bucavi le ginocchia e a me piaceva tanto trattarti male perché mi faceva
sentire un po’ buona. E’ sempre stato brutto tempo, diciamoci
la verità e diciamo pure che ora non corri più. Diciamo
che ora corro io e non accetto di cadere così rischio l’esaurimento e tu
ripensi a come riesco a sorridere con una sciarpa al collo.
Non mi hai mai parlato dei tuoi
problemi, a grandi linee ho capito che forse a te piace solo contare i
chilometri e aspettare e correre anche se ora fai finta. Ho capito anche che io
mi sento sola anche in mezzo a mille persone ma mi riempie di gioia e infinita
tristezza, che a me, da eterna scontenta come sono, fa impazzire, essere in un cerchi tondo con
panchine di sassi circondata da alberi.
C’era anche lei, che ora ha
lasciato un anello e non verrà a riprenderselo e nemmeno
a dirmi che quando rido e dico che non so se ho sete
o fame sono semplicemente fantastica. Sto divagando. Gli alberi se ci penso bene, c’erano anche attorno a quei vetri, in quel
prato sempre tagliato di fresco e i cartelli di divieto che dovrò vedere per
anni. Odio i capelli fini e chiari. Odio anche quelli spessi
e scuri e pure quelli che sembrano seta e pece. Quando
non c’è nessuno, io, sto davvero bene, perché il mio mondo ha un altro nome e
il mio soffitto diventa un aquilone.