Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Sognatrice85    22/05/2010    2 recensioni
Sono trascorsi tre anni da quando una giovane ragazza vive a Londra. Lì ha conosciuto i lati belli e brutti dell'andare a vivere da sola in un posto lontanissimo da casa propria. Ma sono gli ultimi due anni che hanno stravolto maggiormente la sua vita, nella quale sono entrate a far parte due persone speciali che le hanno riempito il cuore. Un giorno però due occhi chiari le stravolgeranno completamente l'esistenza. Un sogno nel cassetto, un "pensiero felice", tanta amicizia e tanto amore...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Vita a tre

Buongiorno a tutti e buon fine settimana.
Grazie a coloro che hanno letto questa storia, anche a chi l’ha inserita tra i preferiti, seguiti e ci l’ha recensita. Ne sono davvero contenta, ci tengo molto a questo racconto, è un po’ come un sogno per me e le mie due amiche protagoniste. Questo capitolo è interamente dedicato a voi, Jenny e Daiana, perché vi adoro indiscutibilmente e non potrei immaginare di stare senza la vostra amicizia. Siete le persone che più amo e che stimo! Vi voglio bene!!!

 

 
Doddola93: eccola la mia sorellina dolce e adorata. Grazie per le tue parole, essere motivo di orgoglio per te, è lusingante e non so davvero come sia possibile che tu mi apprezzi così tanto!!! Un giorno dovrai spiegarmelo. Ti voglio un bene dell’anima, Daiana…

 

Angyr88: spero che questo capitolo possa farti capire qualcosina di quello che è successo alla protagonista, quello che succederà, invece, è tutto da scrivere :). Un bacio e grazie per la recensione.

 

Ginevrapotter: è bello ritrovarti anche qui, sono felice di questo! Spero mi seguirai ancora. bacio.

 

Prima di concludere voglio ringraziare con il cuore tutti coloro che hanno inserito me tra gli autori preferiti. Sono onoratissima *__*
Vi lascio al capitolo e vi ricordo che se qualcuno volesse contattarmi questo è il link del  My facebook. Inoltre volevo dirvi che ho creato un gruppo sulle mie storie Quelli che amano le storie di Sognatrice85, se volete farci un salto ne sarò felice. Buon fine settimana.

 

Capitolo 1 “Vita a tre”

 

 

Correvo.
Correvo come sempre.
Ero perennemente in ritardo. Un caso disperato il mio.
Imprecavo come una turca, mentre sfrecciavo con l’auto per le strade silenziose della città.
Vi chiederete: perché proprio come una turca?
Beh semplice: non si capiva una parola di quello che dicevo. Mi ero trasferita a Londra da circa tre anni e il mio inglese difettava parecchio, come la mia auto.

Si, la mia macchina era decisamente troppo vecchia.

Jenny mi prendeva sempre in giro, dicendo che “quella vecchia ferraglia” come la chiamava lei, arrancava quanto me. Sorrisi pensando a lei, a quanto fosse buffa e monella, nonostante fosse più grande di me di due anni. Doveva fare la mia sorella maggiore, essere un esempio da seguire e invece, si divertiva a comportarsi da bambina troppo cresciuta, ma l’amavo anche per questo. La conoscevo abbastanza da poter affermare con assoluta certezze che era un suo modo per far stare bene gli altri, nonché un metodo per allontanare la tristezza. C’era da dire comunque, che quando si doveva essere seri, lo era e quasi mi spaventava, i suoi occhi sembravano scurirsi, tremavo al solo pensiero. Non era un caso se c’eravamo trovate: lei mi completava, io ero troppo coscienziosa, una rompipalle cronica, lei invece, faceva di tutto per divertirsi e divertire, ridere e far ridere e  dovevo ammetterlo: ci riusciva alla grande. Anche e soprattutto con me. Jenny era una folata d’aria fresca nella mia arida vita, senza ogni singola cellula di me sarebbe stata diversa. Ormai non potevo più farne a meno.

Era la mia vita, la mia quotidianità.

I freni dell’auto fischiarono davanti all’ennesimo semaforo rosso.
Sbuffai sonoramente.
Decisamente Jenny aveva ragione: avevo una vecchia ferraglia come auto.
Sbuffai di nuovo, poggiando la testa sul volante e mi guardai attorno stancamente, a quell’ora del mattino non c’era granché di gente in giro. Erano scarse le sette e tre quarti ed io non avevo dormito molto quella notte. Come del resto era capitato fin troppo spesso in quegli ultimi due lunghi anni.
Sospirai, fossilizzando il mio sguardo sul semaforo, pregando si facesse verde al più presto, altrimenti Carol chi l’avrebbe sentita. A breve il furgoncino coi rifornimenti sarebbero arrivati ed io dovevo essere lì per sistemare gli scaffali. Già vedevo il mio capo, o capa come dicevo io scherzosamente, che sbraitava per il mio ritardo ed io muta, mi prendevo una lavata di capo come Dio comandava, incapace poi di replicare. Valle a spiegare com’era incasinata la mia vita!
D’improvviso il cellulare prese a squillare, le note dei Muse invasero l’abitacolo dell’auto, risvegliandomi dal mio torpore; cercai il telefonino nella borsa con una mano, mentre con l’altra continuavo a guidare “Pronto?” risposi senza neanche vedere chi fosse “Maggie!” un urlo mi squarciò l’orecchio e fui costretta ad allontanare di poco il cellulare dal mio povero organo lesionato “Ma che cavolo ti urli, Jenny!” imprecai, la mia amica rise “Oh al diavolo! Si può sapere che ti prende? Mi chiami per prenderti gioco di me?!?” sibilai tra i denti irritata “Ti avverto: ho un sonno pazzesco e ho i nervi a fior di pelle, quindi prego  per te che tu abbia alzato la cornetta solo per dirmi qualcosa di veramente serio!” conclusi inspirando, il corso di yoga non serviva a un tubo. Il mio nervosismo era sempre alle stelle, non accennava a diminuire. “Volevo semplicemente farti presente che hai dimenticato una certa cosa sul tavolo all’ingresso”, storsi naso e bocca, confusa “Mmm…cosa? Non ricordo” alzai un sopracciglio disorientata. Jenny sospirò esasperata “Hai proprio la testa da un’altra parte, eh?” disse, immaginai la sua faccia, non volevo farla preoccupare, aveva già i suoi mille problemi “Comunque hai dimenticato il plico con i fogli che dovevi consegnare entro oggi alla Star Box per partecipare a quel concorso” frenai di botto, fermandomi in mezzo alla strada e attirando le ire e le bestemmie del tassista alle mie spalle. Come avevo potuto dimenticare una cosa del genere, avevo trascorso tutta la notte a girarmi e rigirarmi nel letto, pensando a quel maledettissimo concorso a cui Daiana mi aveva spinto a partecipare. La sua faccia d’angelo, i suoi occhioni dolci e la sua vocina tanto dolce e tranquilla, “effetto camomilla”, come l’avevamo ribattezzata io e Jenny, erano bastate per farmi capitolare. Daiana o semplicemente Dod, come si faceva chiamare da noi, sue sorelle acquisite, era la piccola di casa, vent’anni, ma una personalità forte quanto quella di una persona con anni di esperienza alle spalle. Era saggia, tanto e mi perdevo ad ascoltarla quando si dilettava a raccontarci qualche sua personale pillola di saggezza. Aveva di certo una visione della vita tutta sua e amava Londra quanto me e Jenny. La consideravamo la nostra città natia, nonostante fossimo nate e cresciute in Italia, in paesi diversi, in tempi diversi, con persone diverse e poi un giorno ci eravamo trovate tutte da Starbucks a sorseggiare tre caffé forti, tutte e tre esauste per un lavoro che ci chiedeva tanto, ma allo stesso tempo ci appassionava. Era bastato guardarci in faccia per iniziare a sorriderci, da lì in poi fu un crescendo di incontri, fino alla decisione di prendere casa insieme.
Ferma in mezzo alla strada ripensavo a quel concorso. Due settimane prima, Daiana era tornata dal negozio di cd presso il quale lavorava, non aveva neanche salutato ed era corsa da me in stanza. Ricordo il fiatone, la cassa toracica le si alzava e abbassava più del dovuto “Doddi stai bene?” le chiesi guardandola basita, inclinando poi la testa di lato, lei annuì con decisione. Fece qualche passo in avanti e mi parò dinanzi agli occhi un foglio. Lo fissai stranita “Leggi!” m’intimò mentre iniziava a respirare in modo più regolare “La Star Box di Londra presenta un concorso canoro per giovani artisti o band che vogliono farsi strada nel mondo della musica. Se anche tu sogni di poter incidere un cd, allora partecipa, basta compilare l’apposito modulo che troverete nei negozi di musica che presentano questo cartello e inviatelo entro e non oltre, il 30 Novembre all’indirizzo…” m’interruppi alzando gli occhi verso la mia amica. La sua espressione ilare e gioiosa, si tramutò non appena incrociò i miei occhi stanchi. Non le dissi niente, mi alzai semplicemente avviandomi verso la finestra e dandole le spalle “Dod…” guardai Londra sprofondare nel buio più totale e mi emozionai “Non posso…” dissi solo “Perché?” domandò con decisione. Sospirai. “E non dirmi che non vali niente, che non hai la voce, che il tuo timbro fa pena o cazzate simili, perché altrimenti mi imbestialisco!” tuonò grave. Continuai a lasciar vagare i miei occhi verso l’orizzonte inghiottito dall’oscurità della notte e desiderai essere risucchiata via. “Beh…” dissi voltandomi verso la mia amica, la quale aspettava la mia risposta con le mani sui fianchi e un piede che batteva nervosamente sul pavimento “Allora mi sa che ti arrabbierai” e le sorrisi appena, le sbuffò “Tu ora mi stai a sentire!” mi tirò per un braccio e mi fece sedere sul letto, mi prese le mani e le chiuse a coppa tra le sue, le strinse forte e chiuse gli occhi, i suoi lineamenti si addolcirono maggiormente, se mai fosse stato possibile “Maggie, tu devi darti una possibilità” cominciò “Ti sei buttata in un lavoro che, si ti piace, ma la tua vita non è quella. Lo sai tu, lo so io, lo sa Jenny e persino le mura di questa casa, l’hanno capito!” risi leggera, lei inarcò un sopracciglio, contrariata “Scusa” mormorai abbassando il capo. Daiana mi accarezzò una guancia provocando in me una strana sensazione di tranquillità e benessere, mi sforzai di guardarla: non c’era rimprovero nel suo sguardo, ma tanto amore. Ed era per me. Solo per me. Mi sorrise teneramente “Smettila di nasconderti. Questo è il modulo per l’iscrizione, te lo lascio qui” lo poggiò sulla scrivania “In caso che tu cambiassi idea…” si allontanò di poco, fermandosi sulla porta. Senza voltarsi mi disse qualcosa che mi sarebbe rimasto a vita dentro “Lotta per i tuoi sogni, lotta per ritrovare te stessa. Lotta seguendo il cuore. So dove vuole portarti. So che parla anche di lui” si stoppò un attimo, come a volermi far assimilare il colpo “Durante il sonno lo nomini spesso…lo chiami << il tuo pensiero felice >>” si fermò nuovamente, io tremai stringendo tra le dita, il lenzuolo viola del mio letto “Fa che ci diventi davvero…questa potrebbe essere un’opportunità. Avete una passione in comune, quella chitarra ne è la testimonianza. Lotta sorellina! Ti voglio bene” e chiuse la porta, andandosene. Quella sera piansi, era da tanto che non lo facevo. Preferivo restare sola quando mi succedeva e le mie due migliori amiche lo sapevano, mi conoscevano meglio di chiunque altro, nonostante condividessimo quella casa da soli due anni. Alla fine mi alzai dal letto, erano ormai le undici di sera, ma sapevo perfettamente che loro erano ancora sveglie. Le raggiunsi in salotto, guardavano un programma comico in tv, mentre mangiavano pop corn. Jenny mi fece spazio sul divano e mi porse il pacco con i pop corn, ne afferrai un paio e li mandai giù. Loro continuarono a guardare la televisione. “Lo farò” dissi soltanto, fu quello a provocare il putiferio: contemporaneamente si girarono verso di me e spalancarono gli occhi stupefatte, mi venne il dubbio che avessero visto un fantasma, tant’è che mi guardai le spalle, non notando nessuno, mi rivolsi nuovamente a loro. La loro posizione non era affatto cambiata, Jenny continuava ad avere la bocca aperta con ancora due pop corn sulla lingua. Le fissai basita “Che vi prende?” chiesi preoccupata “Non avete sentito quello che ho det…” non mi diedero il tempo di finire che me le ritrovai entrambe addosso che mi stritolavano in un abbraccio affettuoso e gridavano “Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo!!!”, tutto questo mentre i pop corn si spandevano allegri e felici per tutto il salotto.

Sospirai frustrata “Sorellina sta tranquilla. Più tardi scendo a fare delle commissioni, anche perché se non lo faccio il frigo continuerà a piangere e presto saremo costrette a mangiarci i mobili” risi allegra “Dicevo: siccome devo uscire, mi allungo dalle tue parti e ti porto i documenti” mi rilassai sul sedile dell’auto, ringraziando il cielo “Li porterei direttamente al negozio di musica, ma punto primo devi andarci di persona per firmare le altre carte e secondo se Dod scopre che te ne sei dimenticata, penserà che lo hai fatto apposta ed io credo che questa volta, davvero sia stata una tua dimenticanza” disse dolce “Non l’ho fatto di proposito, ero talmente agitata che ho rischiato anche di cadere per le scale dell’ingresso” sbuffai, Jenny ridacchiò “Tesoro, stasera ti preparo una bella camomilla e poi a nanna presto. Ora stai esagerando, devi riguardarti” sospirò “Lo so” ammisi “Seriamente!” ribatté la mia amica dall’altro cavo del telefono “Ti lascio andare. Vai o fai tardi” guardai l’orologio, segnava quasi le otto “Oh cavolo!!! Corro!” e attaccai.
Parcheggiai l’auto all’angolo del Sussex Gardens, la zona preferita dalla mia piccola Doddie, lì vicino c’era la statua di Peter Pan, la nostra fiaba preferita. Altro punto in comune. Sorrisi teneramente, poi inspirai e pregai mentalmente di essere in tempo.
Entrai nella piccola biblioteca nella quale lavoravo, Carol era intenta a consultare delle carte, quando sentì lo scricchiolare della porta, alzò la testa e mi fissò. Stranamente non disse niente “Buongiorno” salutai educatamente recandomi poi verso il retro e sistemando borsa e cappotto. Mi stiracchiai braccia e gambe, pronta per la sistemazione dei libri sugli scaffali “Il furgoncino è arrivato?” domandai entrando nella stanza “No, è in ritardo” rispose Carlol continuando a fare quello che stava facendo “Ah capisco” borbottai. “Tante corse per niente” pensai tra me e me. “C’è stato un incidente” disse poco dopo “Quindi mezza città dall’altra parte è completamente bloccata, di conseguenza ci vorrà un po’ prima che John arrivi con i nuovi libri. Nel frattempo, inizia a mettere in ordine lo scaffale dei classici, almeno ci troviamo parte del lavoro fatto” ordinò “Va bene” risposi diligente, dirigendomi verso il ripiano indicatomi.

Erano ore che sistemavo quei libri, non mi stancavo mai, amavo sentire l’odore della carta invadermi le narici, quello strano profumo che sapeva di nuovo e di antico misti insieme. Mi davano una strana sensazione di piacevole agiatezza, come se mi cullassero teneramente, una dolcissima ninna nanna. Leggere mi aiutava a sognare, a immergermi in quell’universo parallelo che non esisteva nella realtà, ma nella fantasia di chi, come scrittore, aveva la capacità di dipingere un mondo diverso fatto di sogni e speranze e non solo: spesso quelle pagine trasudavano di sofferenza e dolore, ma ti insegnavano a reagire, a lottare per la tua via, nonostante il patimento. Quando finivo di leggere un libro mi sentivo più leggera, più carica, ricca dentro di un pezzetto in più, mi dicevo di essere pronta a tutto, anche a scalare una montagna, ma tutto quell’entusiasmo durava soltanto qualche ora, fin quando la concretezza del mio vivere non mi investiva con la sua totale freddezza e le mie ali si dissolvevano nel nulla. Nuovamente.
“E’ permesso?” udii una voce che avrei riconosciuto tra mille, corsi verso l’ingresso e sorrisi a Jenny, la vidi guardarsi attorno meravigliata: tutto era minuziosamente lucidato e ordinato, ma quello che sorprendeva di più era il posto. Ogni angolo era di legno d’acero lucidato con cura dal figlio di Carlo sotto mio suggerimento. Mi sembrava un’idea carina creare un luogo che incuriosisse per la sua atipicità e allo stesso tempo stupisse per la sua semplicità. Doveva essere piccolo e accogliente, le persone dovevano sentirsi a proprio agio entrate lì, ritrovare un’atmosfera calorosa, amichevole, dove magari fermarsi pure qualche ora a leggere. Si, perché la piccola biblioteca era dotata anche di un angolo lettura e una mini sala bar per discutere di libri e non. Io amavo quel posto, spesso mi fermavo a guardare le persone sedute attorno a quei tavoli intente a leggere e mi domandavo cosa mai potesse passare per le loro menti, chissà se erano mai assaliti dai miei stessi dubbi o addirittura, dalle mie identiche emozioni. Scossi la testa per riprendermi e mi rivolsi alla mia amica attirando la sua attenzione con la mano sventolata in aria “Jenny, sono qui!” esclamai felice di vedere il mio raggio di sole, lei voltò il viso alla sua destra e mi vide. Sorrise con me e capii che era altrettanto felice di vedermi.

“Pranziamo insieme?” domandò mentre finivo di sistemare l’ultimo scatolone “Si, ma tu non devi portare la spesa a casa?” chiesi con un po’ d’affanno, guardandola di sottecchi “Infatti.” Annuì sorridendo “Ti preparo un bel pranzetto coi fiocchi” strabuzzai gli occhi senza dire niente “Non fare quella faccia, sai?” ero pronta a subirmi la ramanzina “E’ da troppo che non mangi un pasto decente e visto che ora sono qui ti trascino con me a casa e mangerai con me e la piccola Doddie, chiaro?” decretò incrociando le braccia al petto e guardandomi con aria di sfida “Non osare dire di no. Non si declina l’ invito di una sorella” mi diede le spalle e andò via “Ti aspetto fuori” e chiuse la porta. Rimasi di sasso, mezza intontita, poi mi ripresi e ridacchiai. No, la mia cara e adoratissima sorellona Jenny non sarebbe mai cambiata!

“Sei venuta a piedi?” domandai sgranando gli occhi notando Jenny ferma sul marciapiede con tre enormi buste del supermercato piene di cose da mangiare “Si, ti sembra così strano?” rispose inclinando la testa di lato e fissandomi curiosa “No, no. Quelle buste non sono pesanti da portare a mano in giro per la città?”, Jenny le scrutò, poi tornò a guardare me “Non troppo, poi ho fatto la spesa qua vicino” “Ok” dissi “Ok” rispose lei titubante “Monta in macchina va, andiamo ad assaggiare questo pranzetto prelibato!” mormorai ironica, lasciando che la risata gioviale della mia amica, mi perforasse le orecchie, assordendomi.

Entrammo in casa, trascinandoci dietro le buste della spesa, Daiana era già lì e sentendo uno strano rumore corse all’ingresso, quando ci vide spalancò gli occhi stupefatta “Avete svaligiato un supermercato per caso?” chiese ironica dondolandosi su una gamba. “Spiritosa!” sputò acida, Jenny “Invece di divertirti a fare dell’ironia vienici a dare una mano. In auto ci sono anche tre casse d’acqua che aspettano solo qualche anima pia che le vada a prendere” esclamò sparendo in cucina, Dod scosse la testa “Abbiamo fatto grandi spese a quanto vedo e lei è sempre più irritata” rispose prima di correre fuori dalla porta e lanciarmi una veloce occhiata. Roteai gli occhi verso il cielo, quelle due stavano sempre a battibeccare, dopo due anni di convivenza o ci facevi l’abitudine o…ci facevi l’abitudine.
“Non sbattere la porta!!!” urlò Jenny a Dod che era rientrata.
Ecco appunto! Dovevi farci l’abitudine punto e basta.
Giunsi in cucina anche io e aiutai Jenny a sistemare le provviste, nel frattempo Daiana posò le casse d’acqua nel piccolo ripostiglio infondo al corridoio e cantava a squarciagola “We are the champions my friends, and we’ll keep on fighting till the end.
We are the champions, we are the champions no time for loser cause we are the champions of the world” con tanto di hola, concluse il suo spettacolo entrando trionfante in cucina con in mano una bottiglia d’acqua naturale che le faceva da microfono. Io e Jenny prima guardammo lei con un cipiglio sul volto, poi ci fissammo tra di noi e scoppiammo a ridere con tutto il cuore. Eravamo entrambe piegate in due per le risate, ma ben presto la nostra adorata Doddie si unì al nostro coro ilare.

“Ti posso dare una mano?” chiesi a Jenny super concentrata a preparare il pranzo, aggrottò la fronte pensierosa, poi sembrò ricordarsi di me e della mia domanda, sbattè le palpebre e poi mi fissò per qualche secondo senza parlare. “Il sale!” esclamò all’improvviso facendomi saltare “Te lo prendo” dissi “No, mi sono dimenticata di comprarlo” si battè la mano sulla fronte, Daiana la scrutò e sorrise “Soré ci voleva una quarta busta della spesa mi sa!” disse per poi dileguarsi in bagno. Sospirai “Dai Jenny non importa, a me il risotto piace anche senza sale!” le dissi per tranquillizzarla “Non è questo che importa!” sbottò, io inarcai un sopracciglio e portai le braccia sotto al seno “E avanti cos’è che importa?” chiesi leggermente stizzita “Che hai capito?” rispose lei muovendo le mano in avanti a mò di difesa “Intendevo dire che il sale qui non serve, è che mi sono semplicemente ricordata che mancava e bisogna comprarlo” si fermò un attimo “Mi sa che mi sono dimenticata anche altre cose” sbuffò “Le prenderò io stasera. Dopo scrivimi la lista, d’accordo? Però ora non farti prendere dall’ansia per questa cosa” la rassicurai portandole una mano sulla spalla, lei annuì, poi tornò a concentrarsi sulla cucina.

 
“Allora che te ne pare?” domandò Jenny guardandomi con gli occhi traboccanti di lacrime in attesa del mio giudizio. Mi divertii a stuzzicarla chiudendo gli occhi, portando lentamente il cucchiaio in bocca e assaggiando il riso lentamente. Molto lentamente. “Mmm” borbottai, scrutai Jenny aprendo di poco un occhio e la vidi stringere il tavagliolo con la dita mentre deglutiva rumorosamente, poi spalancai di colpo gli occhi e mi bloccai “Maggie…è tutto ok?” domandò, Dod vicino a me fissò la mia espressione, ebbi giusto il tempo di farle l’occhiolino e di tornare poi a guardare l’altra mia amica. Annuii in risposta alla sua domanda “E…quindi?” chiese tremando “Ok” dissi soltanto, lasciandola basita “Ok?” ripetè aggrottando la fronte “Che significa? “ la guardai poi le sorrisi “Significa che questo piatto è fantastico ed è troppo tempo che non mangio qualcosa di così squisito” risposi tutto d’un fiato. Jenny sembrò recepire le mie parole a rallentatore, saltò sulla sedia e mi abbracciò “Come sono contenta!!!” esclamò “Si, si però così mi strozzi!” tossicai, mentre Jenny continuava a stritolarmi. Alla fine mi lasciò andare, si accomodò nuovamente a tavola e iniziò a mangiare non smettendo mai di sorridere. Soprattutto gli occhi. A quel punto mi girai a guardare Dod che scrutava attentamente la situazione, anche lei sorrideva contenta e questo suscitò in me una strana emozione, avvertivo il cuore avvolto in una morsa dolorosa ma allo stesso tempo piacevole. Ero conscia del perchè: il mio desiderio più grande era vedere sempre quel sorriso, quella spensieratezza, quella contentezza infinita sul viso delle mie migliori amiche. Era la cosa che desideravo di più al mondo, perché loro erano la mia vita.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Sognatrice85