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Jessie
Ultimo giorno di scuola.
Jessie
non si aspettava nessun augurio di buone vacanze, così non ci rimase male
quando, alla fine dell’ultima ora, nemmeno uno dei suoi compagni si era
avvicinato a lei per salutarla. Ma invece rimase stupita quando Sharon, una
ragazza del secondo anno, le saltò al collo piangendo. La stritolò per circa un
minuto prima di allontanarsi tirando su con il naso, i suoi occhi traboccavano
di lacrime che Jessie presumeva fossero di gioia, data l’attesissima fine della
scuola, così si affrettò a estrarre un fazzolettino da una tasca dello zaino.
«Uh, grazie Jessie...» le disse dopo averlo
afferrato ed essersi asciugata il viso.
«Di niente, Sharon. Più che altro a cosa
devi tutta questa incontenibile gioia?».
«No, non è gioia! È che ora che è finita la
scuola non avremo più l’opportunità di vederci!» spiegò salutando con un gesto
della mano una ragazza che passò lì vicino.
Ma
cosa diceva? Si conoscevano da almeno due anni e Sharon non si era mai
preoccupata di chiederle di uscire o, perlomeno, di salutarla.
«Sì, lo so cosa starai pensando. È solo che
mi sono resa conto ultimamente ti ho un po’ trascurata», - Cara, “ultimamente”?
Tu mi hai sempre trascurata- pensò
fra sé e sé Jessie «e mi dispiace, ecco... Vorrei passare più tempo con te,
quest’estate, se magari ti va...».
- Arrivi a sproposito, cara Sharon, con tutto
il tempo che avevi a disposizione proprio l’estate in cui sarei dovuta andare
da mia mamma dovevi scegliere? -.
Jessie maledisse mentalmente la madre che, per
una volta che aveva l’occasione di crearsi una vita sociale, arrivava a
strapparla dalla sua vita comune per portarla nell’unico luogo dove lei non
aveva intenzione di andare.
Sharon
era lì in piedi davanti a lei che la fissava con i suoi occhioni celesti,
attendendo paziente una risposta che tardava ad arrivare. Intanto si tormentava
le mani, fremente in attesa che Jessie parlasse. Davvero non capiva come mai
improvvisamente mostrava tanto interesse per lei.
«Mi dispiace, Sharon, ma passerò tutta
l’estate da mia mamma».
«Ah, capisco, pazienza...» rispose
leggermente delusa «Beh, magari mi dai comunque il tuo numero così possiamo
sentirci, che ne dici?».
Jessie
era impaziente di tornare a casa, avrebbe dovuto ispezionare l’intero armadio
per decidere cosa mettere e non mettere nelle valigie, e Sharon glielo impediva
fissandola insistentemente, cosa che la infastidiva e non poco. Così
velocemente le annotò su un foglietto il suo numero e imboccò rapidamente il
corridoio mentre l’ ”amica” sorrideva entusiasta.
* * *
«Ah! Finito finalmente!»
esclamò sospirando.
Jessie si distese sul letto fissando soddisfatta la colonna di
valigie e borse impilate in un angolo della camera, aveva fatto proprio un bel
lavoro.
«Complimenti, credevo che ti
saresti ridotta solo all’ultimo minuto a fare i bagagli» le disse Noah
sporgendo la testa dentro la stanza della sorella.
«Beh, più meno, e tu?
Scommetto che li hai preparati un secondo dopo che papà te l’ha detto» lo
canzonò alzando un sopracciglio.
«No, non un secondo dopo, ma
due...» rispose sorridendo.
Indietreggiò con l’intenzione di tornare in camera sua ma si fermò a
metà strada come se gli fosse venuta improvvisamente un’idea geniale.
«Senti, Jessie, che ne dici
di andare un’ultima volta al molo?» le domandò entusiasta.
Beh, non proprio l’ultima volta, fra tre mesi sarebbero tornati e ne
avrebbero avute molte altre di occasioni per andarci, e Jessie non vedeva già
l’ora di solcare la porta di casa dopo un’intera estate d’inferno con la madre.
«D’accordo, cinque secondi e
arrivo».
* * *
Mezzora dopo Jessie si
ritrovava seduta a gambe incrociate sul bordo della banchina in legno, con
affianco suo fratello che fissava trasognato l’orizzonte.
«Sai, un giorno mi comprerò
una barca e andrò al largo, così lontano da vedere intorno a me solo una grande
distesa d’acqua, così mi sentirò come se fossi l’unico al mondo e solo allora
avrò tutto il tempo che desidero per pensare» le rivelò estasiato mantenendo lo
sguardo sul tramonto.
Jessie lo scrutò interessata, nonostante il loro bel rapporto Noah
non le aveva mai confessato nulla, né dei suoi pensieri né dei suoi progetti
per il futuro. Solo ora si rendeva conto di quanto fosse bello suo fratello, i
suoi capelli biondo cenere gli ondeggiavano attorno al viso mossi dal vento
mentre gli coprivano quei suoi occhioni blu cosparsi di pagliuzze dorate,
impegnati a fissarsi intorno affascinati, come un bambino appena nato ansioso
di conoscere ciò che lo circondava.
«Mi porterai con te?» gli
domandò sporgendosi appena e allungandosi per toccare l’acqua.
«Certo, se tu lo vorrai, ti
porterò dovunque vuoi».
Quella risposta la sorprese e quando si voltò verso di lui lo trovò a
fissarla sorridendo.
D’istinto gli si buttò al collo pensando a quanto fosse fortunata ad
avere un fratello così dolce.
Non l’avesse mai fatto! Noah perse l’equilibrio e cercando di
riacquistarlo iniziò a scalciare nel vuoto, così facendo gli si sfilò una
Converse dal piede e partì in aria finendo... in mezzo all’acqua!
«Noah! La tua scarpa!»
esclamò ridendo Jessie puntando un dito in un punto indistinto in mezzo al
mare.
«Cavoli! Aiutami a
riprenderla!».
Jessie corse sulla spiaggia in cerca di un ramo da porgere al
fratello e, appena lo trovò, lo afferrò e tornò da Noah. Era quasi arrivata
quando accidentalmente inciampò in una trave e finì addosso al fratello che
scivolò e, con uno “splash” fragoroso, finì in acqua insieme alla sua scarpa.
«Jessie!» la rimproverò
afferrandosi alle assi del molo.
Lei intanto rideva come una matta accasciandosi a terra ma se fosse
stata più attenta si sarebbe accorta che Noah, issandosi sulle braccia, era
riuscito ad afferrarla per un polso e in breve la trascinò in mare insieme a
lui.
«Scemo!» le urlò ridendo e
schizzandolo con l’acqua.
«Hai iniziato tu!» le
rispose muovendo le braccia introno a sé per stare a galla.
«Non l’ho fatto apposta!
Piuttosto, cretino, corri a prendere la tua scarpa prima che finisca in fondo
al mare e un pesce la affitti credendola una casa!».
Lo sguardo di Noah si illuminò ricordandosene improvvisamente e
cominciò a guardarsi intorno in cerca della sua Converse.
Una volta a casa, appena aprirono la porta, il padre li guardò
inarcando un sopracciglio confuso.
«Ah, la pozza ve la pulite voi, eh!» chiarì
alzando le mani al cielo «Si può sapere che cosa avete fatto?».
Jessie presumeva alludesse ai vestiti fradici e ai capelli
gocciolanti, così, voltandosi verso il fratello scoppiò a ridere nuovamente.
Ringrazio chi ha messo la mia storia fra le preferite o fra le
ricordate, oppure chi semplicemente sta leggendo o ha degnato almeno di 5
minuti la mia storia ^_^
4lb1c0cc4: Grazie per aver recensito :) comunque in questo capitolo ho fatto una breve descrizione di Noah, ma poi andando avanti si scopriranno altri tratti di lui ^^ spero di non averti deluso con questo capitolo! Ciao ciao e grazie ancora!
Ho creato un blog dove potrete vedere i volti che ho scelto per i personaggi, anche se è ancora in costruzione xD potete vederlo qui .