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Autore: Botan    01/06/2010    3 recensioni
Esistono un fiume e una città, famosa per i suoi innumerevoli casinò, che si chiamano proprio come me. Tuttavia, non sono né un fiume, né tanto meno una famosa città! E neppure una slot-machine umana!
Se volete pronunciare il mio nome, allora intonate un bel Re maggiore. Perché? Provate ad indovinare!
Non vi viene in mente proprio nulla? Ok. Gli indovinelli non fanno per voi, eh? Pazienza!
Come dite? Il mio nome, zo to?
Reno, per servirvi!
*Dedicata al mio Reno, coniglio nano maschio gagliardo e tosto, che per anni ha tenuto accesa la luce nella mia vita senza pretendere nulla in cambio.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Reno, Yuffie Kisaragi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Advent Children, Dirge of Cerberus
Capitoli:
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CAPITOLO 17

                               CAPITOLO 17

 

 

 

 

- PAPAAA’!!! – urlo a squarciagola, a più non posso, battendo le mani su di un portellone di ferro.

 

Si ode un rumore al suo interno. Poi, all’improvviso qualcuno grida il mio nome:

- RENO!!! 

 

Il suono della sua voce, mi fa diventare di botto le ginocchia molli come un budino che si sta sbrogliando.

- Dannato vecchio!!! Ma che mi combini, eh?! – faccio con una patina ombrosa che ben presto mi ricopre gli occhi. Sono lacrime di gioia, queste!

Mi scaglio da subito verso il pesante portellone, e cerco di sradicarlo con tutte le forze che mi rimangono in corpo. Nonostante tutto, non è sufficiente.

 

- E’ chiuso da un dispositivo elettronico che c’è sul pannello accanto alla porta! – dice il babbo, urlando per farsi sentire. 

Vedo il pannello, e tento di farlo funzionare, pur con pessimi risultati.

- Come si aziona questo coso?! – reclamo furioso, prendendolo poi a pugni.

 

-  Sei tu l’esperto! Sei un Turk, no? All’Accademia ti avranno insegnato pur qualcosa…!

 

Come dargli torto! Il babbo ha ragione… All’Accademia Shin-Ra si imparano tante cose... se si frequentassero le lezioni, però.

Sbuffo, e cerco di ragionare. E se sparassi allo sportello?

Non faccio passare altro tempo. Ordino agli “inquilini” del container di arretrare tutti sul fondo, dopodichè sparo al portellone tutti i proiettili che ho in canna, ottenendo una misera scalfittura che non serve proprio a un bel niente.

- Cazzo!!! – inveisco, prendendo a pugni il battente chiuso.

 

- Ci sono donne e bambini, qui con me! Non dire parolacce e sii educato! – mi ammonisce il babbo, senza perdere la sua eccessiva rigidità neppure in una simile situazione.

 

Faccio ancora un ultimo tentativo, e a mani nude, cerco di aprire la porta.

Mentre lo faccio, vedo venirmi in aiuto due mani, grandi e possenti.

Solo una persona le ha così:

- Rude! – pronuncio il nome del mio amico con immensa felicità. Ancora una volta, è venuto in mio soccorso. E’ proprio il migliore, lui!

 

- Con quattro mani si lavora meglio. – mi replica, senza scomporsi neanche di una virgola.

Annuisco, ed insieme facciamo muovere a strascico, un po’ alla volta, l’irremovibile anta che grazie al provvidenziale aiuto di Rude non lo è più così tanto.

Il portellone cede, e si dischiude. La fessura è sufficiente a far passare le persone intrappolate all’interno.

Escono alla svelta, accalcandosi all’uscita come una mandria di bestie che fugge via dal recinto.

Vedo mio padre uscire per ultimo. Restiamo zitti un attimo. Non lo vedo da alcuni giorni, ma sembra essere trascorsa un’eternità! E pensare che quando sono partito per Kalm, non lo vedevo da ben due anni!

Gli vado incontro stringendolo forte, in un grande abbraccio. L’abbraccio che lega il figlio irriflessivo, al proprio padre maturo.  

E’ un bel momento, questo. Sono secoli che non ci stringiamo così.

Il tossicchiare di Rude, comunque, fa sì che il lieto momento giunga al termine.

- Abbiamo compagnia. – mi sentenzia, invitandomi a guadare alle sue spalle.

Guardo oltre, sulla sua testa. Dalla balaustra decine e decine di soldati arrivano numerosi, a flotta, pronti a recuperare i fuggiaschi e a far fuori gli intrusi.

Mi do un’occhiata attorno. Ci sono un sacco di container pieni di persone, che strillano per ottenere la libertà, come posso ignorare le loro urla disperate?

Rude ha già capito tutto. Purtroppo scuote la testa, mettendomi alle strette.

I fucili sono ormai puntati sopra le nostre teste. L’unica cosa che ci è permessa di fare in questo istante, è proteggerci la pelle!

Rude ci salva attivando repentinamente una Barrier Materia che ci ripara per un breve lasso di tempo dal fuoco nemico.

- Per di là! – esclama in seguito il socio, facendo segno a una grossa piattaforma elevatrice.   

 

Saliamo sulla struttura tutti quanti, sparando di tanto in tanto qualche colpo, giusto per scoraggiare i nemici e tenerli buoni per un po’.

Ricarico la pistola con il caricatore che il socio mi consegna, e sono pronto a contrattaccare.

La piattaforma comincia a salire, accompagnata nell’ascesa dal fuoco nemico. Lancio a mio padre una seconda Barrier Materia, e gli intimo di usarla per creare una protezione sul gruppo di civili.

Rude ed io continuiamo imperterriti a respingere il fuoco dei Deepground, finché l’elevatore non scompare del tutto, riparato da un muro che ci fa da scudo. L’ultima cosa che riesco a scorgere, è il volo di uno Shuriken gigante che và a colpire alcuni soldati, e li atterra. Che sia… lei?!

L’oscillare della piattaforma mi fa perdere per un attimo l’equilibrio. Sto per finire a terra, quando il socio mi agguanta per la giacca.

- Dove stiamo andando?- chiedo in seguito al compare, volgendo lo sguardo verso l’alto.

 

- In superficie.

 

- In superficie? Intendi sopra Deepground?

 

Rude annuisce.

Meno male! Niente fogne per una seconda volta!

 

La piattaforma si arresta, stabilizzandosi. Siamo nella sala del generatore che una volta faceva funzionare questo edificio. Il folto gruppo di civili corre via, verso l’uscita, come uno sciame impazzito. Faccio per fermarli, con la paura che un esercito avverso possa sbucar fuori da un momento all’altro, ma è Rude a fermare me.

- Fuori lo Shin-Ra Building c’è la WRO.

 

Mi tranquillizzo, per poi zittirmi subito.

Se c’è la WRO, lasciamo che sia lei a sbolognarseli.

Tutti sono fuggiti via, eccetto uno. Adesso che ci penso, questo tipo mi è nuovo. Voglio dire, sono sicuro che all’interno del gruppo non ci fosse.

Un tipo come lui, difficilmente passa inosservato. Somiglia a Rude. Ha le spalle larghe, forse più di lui, e il fisico corpulento. Un omone tutto d’un pezzo, proprio come il mio socio preferito.

 

- Figlio mio, sei salvo! – fa il tizio misterioso, con un vocione che mette paura solo a sentirlo.

Sbaglio o… quel “figlio mio” era rivolto proprio a Rude…?

Fisso il socio in faccia, poi, subito dopo fisso l’uomo corpulento. Sono identici! Stessa testa pelata e lucida, stessa stazza e… stessi occhialini!!

 

- E’… è... tuo padre?! – replico intontito, additando il tizio con un dito tremolante.

Rude annuisce appena.

Mi parte un sorriso così grande da mostrare tutti i denti. – Finalmente ho il piacere di conoscerlo!

Vedo l’omone venirci incontro, per poi sorridere amichevolmente.

 

- Tu devi essere Reno, non è così? – chiede tutto contento.

 

- Esatto! Sono proprio io! Piacere di conoscerla, signore! – sorrido stringendogli la mano che mi viene letteralmente stritolata dalla sua, grande almeno due volte quella del figlio.

Trattengo a stento il dolore, e urlo sommessamente.

Accidenti! Quest’uomo ha due morse al posto delle mani!

Tiro pian piano la mia, e me la porto dietro la schiena. Le falangi mi fanno un male…!

Sorrido ancora, questa volta a stento, al faccione cordiale dell’uomo che non perde tempo, e mi rifila una forte pacca sulle spalle. Sento il respiro mozzarmisi di getto, per poi riaffiorare di colpo.

 

- Ho sentito tanto parlare di te, da mio figlio…! Sei davvero un bravo ragazzo! – esclama preparandosi a spararmi una seconda pacca. Stavolta mi scanso repentinamente, evitandola per un soffio.

 

- Andiamo via. – enuncia il figlio, restando serio e disciplinato. Come sempre.

 

Rude, suo padre e il mio, si avviano all’uscita, io invece resto fermo, immobile in mezzo alla sala.

Il mio socio si volta, per scrutarmi dal retro di quegli occhiali neri che indossa.

- Cosa c’è? – domanda.

 

Scuoto la testa.

- Niente! – replico all’istante, raggiungendo i tre.

 

Niente?

Non è proprio così.

Lei… potrebbe aver bisogno d’aiuto.

E quando dico “lei”, mi riferisco ad una sola persona.

 

Usciamo fuori dal capannone. Una pattuglia di soldati con il berretto rosso, sta girovagando nelle vicinanze, per perlustrare e tener d’occhio la zona.

Non sono i Deepground, bensì i sottoposti di Reeve.

 

- Mia figlia lavora nella WRO come soldato. Le ho detto io di portare qui questi militari. – rivela il padre di Rude, sorridendo molto probabilmente per l’impresa compiuta dalla ragazza. – Te la presento! – esclama ad un tratto. Portandosi due dita in bocca, comincia a fischiare come un treno in arrivo alla stazione. – Sharil, figlia mia! – si spolmona l’uomo, agitando come un matto le mani sopra la testa, per richiamare l’attenzione della figlia. Sarà come Rude? Una culturista con tanto di berretto rosso sulla testa rapata, e occhialini neri?

Mentre tento di darle un volto, una figura gracile e minuta si avvicina timidamente al nostro gruppo.

 

- Questa è la mia Sharil, Reno! – esclama l’omone dalla forte stazza.

 

La osservo facendomi vedere perplesso. E io che pensavo di vedere un Rude al femminile!

E’ alta almeno quanto Elena, ha una corporatura minuta, un paio di occhi azzurri e dei capelli castani che le cadono appena sulle spalle, legati da due piccole trecce. Sembra una ragazzina.

Le faccio un inchino per mostrarmi gentile, e la saluto come si deve.

 

- Piacere di fare la tua conoscenza! Il mio nome è Reno, e lavoro con tuo fratello!

 

- Sheril lo sa già, non è così figlia mia?- ribatte il padre, posando una mano sulla sua spalla. Delicatamente, però.

 

La sorellina di Rude annuisce.

- Piacere di fare la tua conoscenza! – pigola appena, con una voce timida ed impacciata, nascondendo lo sguardo verso il basso.

 

- Sheril è una brava ragazza, e sarà una moglie perfetta in futuro! Tutta uguale a sua madre! Beato colui che la prenderà in sposa!- dice il papà di Rude, con una leggera allusione che gli falsa la voce. Mi rivolge da subito un’occhiata. Non vorrà mica… farmi diventare suo genero?!

Guardo Rude, all’istante.

 

- Papà, finiamola qui. – sentenzia il mio amico, ponendo fine ai sogni del padre.

L’omone diventa rosso per l’imbarazzo. Poi, come se nulla fosse, prende a braccetto mio padre e lo fa accomodare sul vano da passeggero di un sidecar.

 

- Mi occupo io di lui, Reno! Tuo padre è in buone mani! – asserisce battendosi una mano sul torace, forte come la pietra.

 

- Tuo padre starà a casa dei miei, fintanto che la situazione a Kalm non ritoni quella di prima. – dice Rude, per poi aggiungere- Se per te va bene.

 

- Stai scherzando, amico?! Sapere che mio padre è al sicuro, tra la gente per bene, mi rende il figlio più rilassato del paese! Però… non vorrei arrecare disturbo…

 

Rude non si scompone.

- Nessun disturbo.- decreta.

 

Saluto il babbo con la promessa di andarmelo a prendere il prima possibile, e in un batter d’occhio, i due partono alla volta di Junon, dimora della famiglia di Rude.

 

Quando il sidecar è oramai partito, e la timida Sheril si riunisce ai suoi compagni di squadra, e suo fratello mi fa cenno di ritornare alla base.

Un qualcosa mi tiene inspiegabilmente ancorato al suolo.

 

Guardo la giovane ragazza dirigersi dai suoi compagni, che l’accolgono amorevolmente tra le loro fila.

Sheril ha qualcuno su cui contare se si dovesse trovare in difficoltà… ma lei no.

 

- Cosa c’è?- fa il vocione imponente del mio socio, che a questo punto sembra già aver capito le miei intenzioni.

 

- Non posso andarmene da qui! – replico secco, con una risposta decisa.

 

Lui mi fissa. Poi sorride appena. Impercettibilmente, oserei dire.

- Ho capito. Vengo con te.

 

Rivolgo a mia volta uno sguardo all’amico. Poi, rido a fior di labbra, e in un lampo ci avviamo verso il gruppo di soldati della WRO.

Sheril saprà senz’altro darmi una risposta. E infatti, la sorella minore di Rude mi indica l’altra facciata dello Shin-Ra Building. Con il dito fa cenno verso il basso. 

Ringrazio con un galante inchino la timida giovane che non perde tempo ed arrossisce in un lampo.

Ci congediamo dallo squadrone per spostarci più in là, a nord, quasi sul fondo di ciò che resta di Midgar e del reattore Mako numero 7.

 

Seppur Sheril sia stata chiara nell’avermi detto di non averne la piena certezza, io sono certo che lei ci sarà! Lo sento!

 

Mentre il reattore distrutto si fa sempre più vicino, mi pare di sentire la sua voce strillare parole udibili a malapena, perché coperte da un frastuono bestiale che solca il cielo. Alzo la testa verso il firmamento celeste.

Le mie ginocchia si irrigidiscono per lo sgomento. Rude mi segue a ruota, e a momenti, per guardare anch’egli l’orizzonte, non mi travolge con la sua stazza. Appena in tempo. Si ferma a pochi centimetri da me.

Restiamo immobili, come due perfetti imbecilli, con la bocca spalancata in una smorfia di sgomento.

Il mio socio arriva perfino a togliersi gli occhiali, pur di vederci meglio!

 

- Co-cos’è quello…zo to?!? – riesco solamente a dire.

 

Rude non è in grado di darmi una risposta.

 

Un’enorme mostro, grande quanto un grattacielo di 30.000 piani, partendo dai bassifondi di Midgar, ed ergendosi verso l’orizzonte imponente come un qualcosa di titanico, se ne sta li immobili davanti alla mia faccia sconcertata.

Non ho mai visto una roba simile prima d’ora!

Che sia…

 

- Omega?! – esclamiamo io e Rude, guardandoci reciprocamente in faccia.

 

- Deepground… Deepground, è riuscito a risvegliarlo?! – esclamo in seguito tutto farfugliante, con la confusione alle stelle. - Il pianeta perirà? Diventeremo una parte del flusso vitale? Non potrò sposarmi, e avere dei figli, dei nipotini, diventare bisnonno, tris…- La possente mano di Rude ad un tratto mi tappa la bocca. Vedo il suo indice, poi, additare qualcosa. Lo seguo con lo sguardo, fino a finire poi verso il cielo. C’è un puntino rosso che si sta battendo proprio lassù.

Sfortunatamente, siamo troppo distanti per vederlo bene.

 

La terra trema. Mi aggrappo a Rude, con tutte le mie forze, mentre Omega, l’Ultima arma, si leva in volo.

Vorrei parlare, ma la mano di Rude me lo impedisce. E’ ancora saldamente attaccata alla mia bocca. Per il momento non sembra avere nessuna voglia di staccarsi.

Non controbatto.

Ciò che più mi interessa in questo momento, è quel coso enorme che sta solcando i cieli di Midgar.

L’energia che lo irradia è potentissima. Rude si rimette gli occhiali da sole, mentre io mi riparo gli occhi facendomi ombra con il palmo della mano.

Omega è lassù, mostruosamente gigante. Noi, messi a confronto, siamo degli inutili bruscolini.

 

Sta davvero per finire tutto?

 

Quando la situazione sembra ormai delle più tragiche, il puntino rosso di poco fa diventa incandescente. Sfreccia via, in alto nei cieli, sprizzando ovunque scintille d’energia. Oltrepassa Omega, e gli si para d’innanzi.

 

- Vuole… vuole fermarlo?! – riesco finalmente a dire, non appena il socio molla la presa.

 

Rude annuisce.

 

- Ma… ma come…come?! Un gigante di quelle dimensioni, contro un misero puntino? E’ una partita persa!

 

Ho parlato troppo presto.

Quel puntino sfavillante raccoglie tutte le sue energie, e in un solo e preciso istante, si scaglia in direzione di Omega e lo colpisce con la furia del suo piccolo corpo incandescente.

 

Rude ed io restiamo con il fiato sospeso.

 

Ce l’ha fatta?

 

L’attesa è tanta. Tantissima. Le mie mani tremano, sto sudando di brutto. Sono un fremito!

Guardo ancora lassù, e poi capisco.

 

Sì, ce l’ha fatta!

 

- Omega… si sta sgretolando! – esulto dalla gioia, saltando in braccio al socio pelato, e stringendolo forte.

 

L’esplosione è catastrofica. Un boato da guinnes, direi.

Il cielo si riempie di luce, una luce nuova e piena di speranza, il flusso vitale ritorna al pianeta e il giorno viene coperto dalla notte. Sì, scende proprio la notte. Io e il compare ci guardiamo attorno, disorientati, spaesati. Un manto blu scuro è calato su Midgar, e molto probabilmente, su tutto il pianeta.

Poi, eccole spuntare dal nulla, dalla profondità della notte, una miriade di stelle, centinaia e centinaia.

Continuo a guardarmi attorno, nella speranza di capire almeno una parte di quanto stia accadendo. Tuttavia, c’è un’altra cosa che cattura ben presto la mia attenzione: la voce di Yuffie. Urla , grida, si spolmona.

Corro immediatamente come un matto verso quel suono che mi fa fremere come una foglia.

Se dovesse esserle successo qualcosa… io…

 

Le mie gambe si arrestano non appena il promontorio è davanti a me.

Yuffie è proprio lì, in piedi che saltella gioiosamente, urlando e salutando il cielo, avvolta da un oceano di stelle.

Al suo fianco, tre soldati della WRO si abbracciano allegramente, festeggiando il lieto evento. Subito dopo intravedo Reeve Tuesti, festeggiare anch’egli per la riuscita della missione, e una ragazzina dal taglio di capelli corto e sbarazzino, vestita però da Deepground, sorridere. Non do peso alla cosa. Quello che più mi ha fatto piacere, è stato poter constatare con i miei stessi occhi, che la ninja di Wutai stesse bene.

A giudicare da quanto saltella e da come si agita, benone direi! Finalmente posso sorridere ed esultare anche io.

 

Sento una mano che mi si posa sulla spalla.

Mi giro di scatto e vedo Rude, sorridere anch’egli, come se avesse già capito tutto fin dall’inizio.

 

- Mi sembra che stia bene. – si limita a dire.

 

- Adesso… possiamo andare socio! – dico a voce distesa, ma con un sorriso di rassegnazione stampato a caratteri cubitali sul volto.

 

- Non vuoi andare da lei? – mi replica, mettendomi tra le mani la possibilità di correre ad abbracciarla. Rinuncio, con un cenno di rifiuto del capo.

 

- Non ho voglia di rivedere Reeve… e poi sarei fuori luogo, in mezzo a quella massa di ambientalisti incalliti! Inoltre, puzzo troppo! Decisamente! – mi do appena un’annusata agli abiti. Bleah! Maledetta fogna Deepground!

Vedrò la mia Yuffie un’altra volta! E sarà ancora migliore di questa!

 

Raggiungiamo l’auto, risalendo gran parte di una stradina completamente distrutta e piena di macerie, di Midgar.

Giusto per precisare, la moto con la quale sono arrivato fin qui, è stata schiacciata dalla caduta di un masso gigante che l’ha travolta senza tanti convenevoli.

 

Morale della favola?

Due mesi di stipendio andati!

 

Sto camminando al fianco di Rude, quando ad un tratto qualcosa cattura la mia attenzione. E’ il luccichio di uno strano oggetto che penzola da un ferro sporgente conficcato nelle macerie. Da qui, sembra una collana.

- Aspetta un attimo, Rude! – gli dico per farlo fermare. In seguito, mi sposto verso quel ninnolo, facendomi letteralmente attrarre da esso.

Ci vado vicino, e lo osservo con attenzione. C’è una catenella non troppo lunga con una specie di pendaglio strano. E’ una sorta di bestia con le ali e tre teste. Un ninnolo misterioso, che tutto sommato mi piace. Lo raccolgo sfilandolo via da quell’appoggio, e ritorno da Rude.

 

- Cos’è?- chiede quest’ultimo, fissando il pendaglio tra le mie mani.

 

Faccio spallucce:

- Non so… forse è una sorta di collana, anche se il laccio è troppo corto.

 

- Si sarà spezzato.

 

Sbatacchio appena la testa.

- Non credo. Potrebbe anche essere uno di quei ninnoli portafortuna che ti sembrano magici, ma che poi, in realtà, non ti portano mai niente di propizio!

 

Rude abbozza un sorriso, ed io… lo seguo subito a ruota!

 

 

L’autovettura nera come il petrolio e lucida come la superficie di un lago accarezzato dai raggi di un intenso sole, si allontana da Midgar, inforcando la corsia autostradale che porta fuori dalla città.

Rude è al volante, calmo e tranquillo come sempre, con un viso privo di qualsiasi espressione.

Lo fisso apposta, nella speranza che lui se ne accorga e mi chieda il motivo.

Lo fa, distogliendo appena lo sguardo dalla retta via, e pronunciando un suono simile a un “che c’è?”, intuibile solo con una fervida immaginazione.

 

- Lo sai, che se sono riuscito a salvare mio padre, è anche per merito tuo? – esclamo sorridendo.

Vedo una parte del labbro di Rude, tirarsi all’insù, come se stesse per sorridere anch’egli. Peccato però che quel movimento si interrompe quasi subito. Anche se a me, è bastato un attimo per accorgermene e capire che il compare fosse pure lui contento.

 

Cominciamo così a parlare, riportando a galla i vecchi tempi, in particolar modo il primo giorno in cui ci siamo incontrati.

Io ero appena andato a ritirare il tesserino da Turk che mi avrebbe permesso così di entrare a far parte della Compagnia e di avere accesso a qualsiasi luogo o cosa che avesse a che fare con la Shin-Ra, quando all’improvviso, al ritorno, mi accorgo che non c’era più. Lo avevo riposto accuratamente nella tasca dei pantaloni, poi però, subito dopo, uno dei miei futuri colleghi mi era venuto addosso. Ci fu uno scontro piuttosto violento, ma nessuno dei due cadde.

Fu allora, che mi venne in mente di ritornare indietro, nella speranza di ritrovare il tesserino lì a terra, da qualche parte. E così feci.

Corsi come un matto, fino a raggiungere il corridoio con i pilastri, dove c’era stato lo scontro.

Frugai ovunque, come un forsennato, gattonando addirittura, ma l’unica cosa che ottenni, fu lucidare il pavimento con i miei pantaloni.

Sapevo bene che far ritorno da Veld, allora capo dei Turks, e comunicargli l’accaduto, mi sarebbe costato il posto. Chi non è neanche in grado di custodire il proprio tesserino, non può di certo aspirare a fare il Turk!

Ero confuso, non sapevo che fare. Diventare un membro dell’elite per me era il massimo, per un ragazzo di appena diciassette anni, poi...!

Stavo per rialzarmi da terra, con il morale sotto la suola delle scarpe, quando ecco apparirmi il tesserino proprio sotto il naso.

Lo fissai intensamente, c’era la mia foto là sopra. Il mio nome, e il numero di riconoscimento che mi era stato assegnato. Insomma, era proprio lui. Riuscii a stento a trattenere le lacrime. La mia carriera da Turk era salva. Già, ma grazie a chi?

Sollevai a poco a poco la testa, partendo da quella mano così grande che mi stava porgendo la scheda plastificata, fino a quando i miei occhi non incrociarono quelli di Rude, celati da un paio di lenti nere e affusolate.

La prima impressione che mi feci di lui, vedendolo così alla sprovvista, non fu certo delle migliori!

Il mio corpo divenne di ghiaccio, cercai a stento di sorridere e pregai affinché quell’omone dalla testa pelata non mi prendesse a pugni. Pensavo fosse un sottoposto di Veld, o un suo bodyguard. La mia paura è che gli andasse a spifferare tutto, o addirittura che fosse stato mandato da Veld stesso!

Trattenni il fiato per lo spavento. Ero atterrito.

Poi, tutte le mie paure si dissiparono alla svelta quando il pelatone disse appena: “Fa più attenzione, la prossima volta.”

Da quel giorno, io e Rude diventammo inseparabili.

 

 

- Ti ricordi quando mi riconsegnasti il tesserino? All’inizio pensai subito che tu mi volessi menare!

 

- Sul serio?- replica Rude, senza scomporsi di un solo millimetro.

 

Annuisco.

- Poi però ti saltai addosso per la felicità! Ricordo che non ti mollai più per una settimana…!

 

Rude sospira appena, rammentando anch’esso quel periodo oramai passato, che in un certo senso provoca anche a lui dei bei ricordi.

- Essere sbattuti fuori dall’Accademia per un motivo così banale, per te doveva essere frustrante.

 

- Eccome se lo era! Se sono diventato un Turk, è anche per merito tuo, zo to!

 

- Quanti meriti!- esclama il pelatone, questa volta facendomi un bel sorriso tutto contento.

 

La macchina sta facendo ritorno a Fort Condor.

L’unica cosa che odio di questo posto, è la polvere.

Il roteare delle ruote, fa sì che un fastidioso nuvolone di sabbia e terriccio si sollevi da terra. Sicuramente ci toccherà ripulire la carrozzeria della macchina, non appena ce ne sarà data l’opportunità.

Mi fisso a guadare il cielo dal finestrino accanto a me, poi ripenso a quella miriade di stelle che pochi attimi prima lo ricopriva.

 

- Chissà se ce l’ha fatta…- dico appena, continuando a fissare la volta celeste, con il pensiero rivolto a quel puntino rosso, luminoso come il sole, che ha sconfitto il grande Omega.

 

- Ha salvato il pianeta. E’ un eroe. – replica Rude con modi sbrigativi, portando a termine la manovra di parcheggio.

 

Guardo ancora una volta il cielo:

- Sì, un vero eroe.

 

 

 

- Si trattava di Chaos, il vassallo di Omega. – ci dice Tseng, dal retro della sua scrivania, intento a consumare la seconda sigaretta. La seconda da quando siamo rientrati alla base e abbiamo rimesso piede nel suo ufficio.

 

- Colui che nascerà prima che il pianeta perisca, e radunerà tutte le forme di vita per il viaggio di Omega, verso l’oceano di stelle. – ci illustra meglio Elena, mostrandosi sempre più ferrata in materia.

 

- Capo…! Ma lui è…

 

Tseng scuote la testa.

- Non è ritornato del tutto al pianeta.

 

Decido di farmi ancora avanti.

- “Del tutto”? Che significa?

 

- Solo il vero Chaos, ovvero la sua anima impregnata di terra corrotta, ha abbandonato definitivamente il corpo del suo detentore per riunirsi al flusso vitale.

 

- E’ chi è questo famigerato detentore? Lo conosciamo?

 

Tseng ci guarda uno ad uno. Poi, spegnendo l’ultima sigaretta nel posacenere oramai strapieno, esclama:

- Valentine.

 

Fisso il capo dritto negli occhi, diretto:

- Vincent Valentine?! – replico con abnorme stupore ed una smorfia di incredulità stampata sulla faccia. – Quel tizio ombroso, possedeva dentro di sé una tale arma?!

 

Tseng ci regala appena qualche risata. Non lo fa molto spesso.

- A dire il vero, perfino lui ignorava di avercela. – dice. In seguito ci rende partecipi di una sconvolgente rivelazione - Fu la dottoressa Crescent, a scoprire l’esistenza di Chaos, facendo in modo che egli smettesse di essere soltanto una vecchia leggenda. - Quando il capo tira in ballo il nome di quella donna, della dottoressa Crescent, automaticamente i suoi occhi mi fissano per un breve istante. Ed io so bene il perchè. Mi verrebbe l'istinto di chinare un pò i miei, di occhi, ma le parole del leader dei Turks, con il proseguimento del racconto, mi fermano- Successivamente, in base a degli avvenimenti che a noi non ci è dato conoscere, decise di unificare il dna di Vincent con quello di Chaos. Quando la dottoressa sparì, l’ex-Turk rimase assopito per trenta lunghi anni nei sotterranei del maniero Shin-Ra, a Nibelheim, ma poi, non appena riaprì gli occhi, da allora cominciò ad avere solo dubbi. Dubbi che solo la dottoressa avrebbe potuto placare.  

 

- E’ una di quelle storie strappalacrime... A me è venuta la pelle d’oca! – esclamo toccandomi la superficie delle braccia, raggrinzita dalla commozione. Ricevo prontamente una gomitata da Elena che mi fa cenno di ascoltare il capo.

 

- Vi ho chiamati a rapporto perché ho delle cose importanti da comunicare. Deepground è stata finalmente annientata. Il merito ovviamente và assegnato alla WRO. Tuttavia, anche a noi Turks, ora che la situazione sembra essersi risolta, spetta un compito alquanto impegnativo. Ci è stata affidata la funzione di spalleggiare il movimento di Reeve, per accelerare i tempi di ricostruzione delle città più devastate dalle forze Deepground. Kalm, Midgar e Junon. Reno!- esclama il capo, chiamando il mio nome- Tu e Rude andrete a Kalm, mentre Elena ed io ci occuperemo di Junon. Midgar è stata affidata all’ex-soldier Cloud, e ai suoi compagni.

 

La faccia di Elena la descriverei a metà tra l’incredulo e l’incantato.

Per lei, stare a stretto contatto con il suo amato Tseng, è ciò che più desidera al mondo.

Io, anziché imitare la mia collega e giocare a fare il felice e il raggiante, corruccio appena le labbra, decisamente insoddisfatto da tutto ciò che le mie orecchie hanno appena udito.

Non ho la benché minima intenzione di spalleggiare la WRO! Loro si sono divertiti a fare fuoco e fiamme tra una città e l’altra, e noi poi dobbiamo aiutarli a ricostruire? Da bambino odiavo le costruzioni. Non mi è mai piaciuto giocarci!

Che se la vedano da soli, se sono così decisi a far rinvigorire il pianeta come dicono!

Mi piacerebbe tanto replicare, magari dire a Tseng ciò che penso, tuttavia è Rude a farmi cambiare idea.

 

- Kalm è la città di tuo padre. – mi dice sbrigativo. E quella frase fa subito breccia nel mio cuore.

 

Rimango muto per qualche istante. Kalm è una graziosa cittadina, allegra e sorridente, a mio padre dispiacerà un casino vederla a pezzi e semi distrutta. E poi, dovremo solo dirigere le truppe dei nostri soldier nei lavori, perciò saranno loro a sgobbare. Quindi…

 

- Quando partite?- ci chiede il capo, intrecciando le dita sul piano della scrivania.

 

Non ho dubbi:

- Oggi stesso!

 

 

 

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Perdonatemi se non rispondo più alle vostre recensioni come facevo prima... A causa del lavoro e degli impegni sono sempre di corsa... é_è

Ad ogni modo, il tempo non mi impedisci di dirvi che Botan-tan non smetterà mai e poi mai di ringraziarvi!

Un bacio!

 

Botan

 

   
 
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