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Autore: Botan    03/06/2010    4 recensioni
“Là dove c’è luce, si annida sempre l’oscurità, nera come pece. Fin dai tempi antichi, gli esseri umani hanno conosciuto la paura dell’oscurità. Ma un giorno, grazie alla spada di un cavaliere capace di fendere le tenebre, gli esseri umani ritrovarono la luce della speranza.”
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Ho bisogno di un permesso

                                     Portafortuna

                                           #10

 

 

 

 

 

 “L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

- Ho bisogno di un permesso per recarmi nel Kantai. – annunciò al suo sovrintendente, ovvero il Cane da Guardia del Nord, l’erede di Taiga Saejima.

Il sommo guardiano inizialmente tacque. Preferì dapprima scrutarlo in volto, e lo faceva con l’aria di chi senza fare domande, avesse già capito tutto. Tuttavia, prima di accordargli quel permesso, la sentinella vestita di bianco trovò necessario ribadire un unico quanto obbligatorio concetto: - Non voglio guai di nessun genere. – dichiarò, poi concluse precisando – Ti concedo due giorni. Fa in modo di farteli bastare.

 

Kouga annuì con una certa sicurezza, in seguito accennò un inchino con il capo. – Sarà fatto. – disse soltanto, ed andò via.

 

 

 

 

 

                                                                                    ***

 

 

 

 

 

Kaoru stava sorridendo con una luce negli occhi davvero particolare.

Aveva l’aria di chi da un momento all’altro avrebbe fatto chissà cosa, tant’è che sfoderando una rapidità impressionante, si accinse a sgomberare il banco che adoperava nell’aula di pittura, durante le lezioni, dalle sue cose.

- Quanto entusiasmo! – esclamò Ikuo Shiota, arrivato ad un tratto alle sue spalle. Il giovane la stava osservando con attenzione, ed il suo innato senso di curiosità non lo avrebbe più lasciato in pace se non le avesse chiesto il perché di tanta eccitazione. – E’ successo qualcosa di bello?

 

L’artista annuì splendidamente. – Sto per partire! E non vedo l’ora di andare a casa e preparare il necessario! – disse con entusiasmo. Assomigliava ad una bambina in festa.

 

- Un viaggio? E dove, se non sono indiscreto.

 

- Visiterò una terra selvaggia e millenaria, fatta di antichi villaggi circondati da foreste e alberi, in mezzo alla natura incontaminata! – esclamò, e con la mente parve immergersi totalmente in quello che, stando alle parole di Gonza, doveva essere un luogo molto speciale.

Sì, perché era stato lo stesso maggiordomo, la sera prima, a parlarle del Kantai.

 

“ Vedete, signorina… Il Kantai è una terra millenaria, che racchiude tra lo splendore incantato delle sue foreste verdeggianti, un fascino unico al mondo. Sono in molti a pensarla in questo modo. Inoltre, i Cavalieri della Notte Bianca che proteggono quel luogo, sono considerati tra i più eleganti di tutte le Casate. Per non parlare dei villaggi…! Talmente antichi e naturali, che si ha l’impressione di essere tornati indietro nel tempo. La popolazione, inoltre, è ancora molto legata alle tradizioni ed alle cerimonie sacre che si celebrano ormai da millenni. Oltretutto, sono persone estremamente gentili. Dopotutto, il termine “Kantai” significa proprio ospitalità, accoglienza calorosa! E’ un posto che vale davvero la pena visitare, credetemi!”    

 

Queste, furono esattamente le espressioni che utilizzò Gonza per descrivere il vecchio continente.

Kaoru, come ogni artista che si rispetti, ne era rimasta semplicemente affascinata. Sperava in cuor suo di riuscire a ritrarre scenari mozzafiato da poter, un giorno, far vedere a tutti nelle proprie mostre. Una terra così magica, l’avrebbero dovuta ammirare in tanti. 

 

Ma c’era anche un altro motivo che la spingeva ad andare nel Kantai: Jabi.

Era venuta a sapere da Kouga che la Sacerdotessa del Makai, dopo che lui la ebbe salvata dall’albero bestia, era rimasta a vivere in quel luogo.

E Kaoru doveva ad ogni costo rivederla per dirle semplicemente “grazie”. Sia per lei, che per Kouga stesso, Jabi aveva fatto davvero tanto.

Sì, doveva assolutamente esternarle tutta la propria gratitudine. E non vedeva l’ora di farlo.

 

Sempre più rapita da quel sogno ad occhi aperti, ad un certo punto ritornò in sé e con agitazione si mise a guardare l’orologio da polso.

- Accidenti, devo muovermi! – disse in tutta fretta. Andando per ordine, raccolse il resto dei libri che c’erano sul banco, li infilò nella la sacca marrone, e si caricò la tracolla sulla spalla.

 

Ikuo non poté fare a meno di ridere. Quelle movenze così buffe avrebbero strappato un sorriso a chiunque. Poi, sempre più incuriosito, proseguì con le domande: - E’ stata un’idea tua, o del tuo fidanzato?

Kaoru si bloccò come disorientata. Non sapeva bene che cosa pronunciare.

- A dire il vero- cominciò, con uno sguardo che di stare fermo proprio non ne voleva sapere- l’idea sarebbe mia… Questa mattina volevo proprio parlargliene, ma era già uscito di casa. – ammise. Si sentiva un po’ in ansia per ciò, tuttavia di colpo si riprese, e le tornò il buonumore- Ad ogni modo, sono certa che non troverà nulla da ridire!  

 

 

 

 

 

                                                                                 ***

 

 

 

 

 

- Ma perché no?! – sbuffò arrabbiata la giovane artista, andando avanti e indietro per tutto il salottino. Sembrava fuori controllo.

 

Dalla parte opposta, intento a ripulire la lama della spada con un panno imbevuto da un particolare tipo di liquido verdognolo, Kouga le diede una risposta sbrigativa ma concisa: - Ti ho già detto che non puoi venire con me.

 

Kaoru sbatté per rabbia un piede in terra, poi sollevò con la stessa foga gli occhi in aria. Aveva un viso veramente imbronciato.

Lo investì ancora con un’occhiata, ma stavolta era furibonda anziché normale. - Devi solo fare una consegna, giusto? – premise, alludendo, per consegna, a quel fiaschetto di saké rosso che avrebbe dovuto donare al misterioso, quanto ormai pensionato, Cavaliere del Kantai. – Io non ci noto nulla di così pericoloso in tutto questo…! E se non ci sono pericoli, non vedo perché…

 

- Potrebbero sopraggiungere in seguito. – replicò celere il signorino, ma... Non era questo il vero motivo del perché egli voleva che Kaoru restasse a casa. Portarla con sé, avrebbe significato farle correre un rischio soltanto: Quello di scoprire la verità. 

La stessa che Kouga stava cercando in tutti i modi di mantenerle nascosta. Se Kaoru fosse venuta a sapere del Garo malvagio, quello che aveva ucciso senza pietà Shigeru, il padre di Souka, e creato ovunque scompiglio, in questo modo si sarebbe preoccupata parecchio. E lui questo non lo voleva.

 

- Sei il solito diffidente! – gli accusò di essere la moretta, e senza perdersi d’animo, infastidita soprattutto dall’atteggiamento pieno di indifferenza dell’altro, collerica lo raggiunse – E smetti per almeno un secondo di lucidare la tua spada con questo miscuglio! – agguantò con due mani la scodella ricolma di quello strano liquido verdognolo, l’odore riprovevole le invase le narici – Ma che roba è?! – esclamò, contraendo la faccia in una smorfia disgustata. Poi si tappò il naso.

 

Kouga rispose con semplicità, come se pur lui, maneggiare quella roba fosse la cosa più naturale di questo mondo.

- Succhi gastrici appartenuti ad una bestia demoniaca. – Ovvero, ciò che un tempo galleggiava nello stomaco e nell’intestino di un Orrore.

 

Kaoru appoggiò seduta stante la ciotola sul tavolo, e fece un passo indietro. Si portò subito una mano sopra la bocca.

- Che… che schifo! – gemette, e fu colta da un conato tremendo di vomito. Seduto davanti al tavolo, lui si lasciò sfuggire appena un sorriso. – Perché fai una cosa così… riprovevole? – cercò di chiedergli, tenendosi ancora la mano davanti alla bocca.

 

- E’ consentito lucidare l’Animetallo solo con questo tipo di composto.

 

La ragazza lo fissava strofinare la lama, ed aveva un’aria a dir poco sconvolta. Quella poltiglia era densa come la bava e verde come un rospo. – Non vorrei essere nei tuoi panni… - fece, ciò nonostante, passata la nausea iniziale, tornò alla carica: - E comunque,  per la questione di prima, ti prometto che non mi caccerò in nessun pasticcio! – giurò solennemente, cercando di essere credibile.

 

Kouga la coprì in fretta con uno sguardo accidioso.

- Già. – disse, ostentando un tono di puro scetticismo.

 

L’altra reagì con indignazione – Sei… sei- pronunciò soltanto. La rabbia le aveva annebbiato il cervello. Di sicuro, se non fosse arrivato Gonza, Kaoru avrebbe finito la frase avvalendosi di vocaboli come “insopportabile”, “odioso”, “antipatico”, e così via. La giovane intravide nel buon Kurahashi un barlume di speranza. – Gonza! – “La prego! Glielo dica anche lei, lo convinca! Metta una buona parola!” sembrò significare quella cadenza di voce.

 

Il caro e vecchio maggiordomo emise un timido sorriso. Infondo, era stato lui a raccontarle del Kantai e a farle venire la voglia di visitarlo.

- Ascoltatemi, signorino… - cominciò, con voce malferma – respirare un po’ l’aria di quella terra, a Kaoru farà senza dubbio bene! Inoltre, sarebbe una buona occasione per presentarla ai vostri nuovi amici.

 

Kouga sospirò… con arrendevolezza. E quel gesto fece presagire già la risposta.

- Partiamo tra mezz’ora esatta.

 

La mora si girò con un balzo, e parve sgranargli gli occhi addosso – Hai detto… partiamo? – ridisse, quasi intontita. Poi si lasciò cogliere dall’entusiasmo. – Vado subito a prepararmi! – Nel passare di fianco a Gonza si lasciò sfuggire un occhiolino, mentre l’uomo reclinando lo sguardo sorrise timidamente al gesto.

Poco dopo sentì il suo nome fuoriuscire dalle labbra di Kouga.

 

- Gonza- premise, dopo che ebbe finito di lucidare la spada, alzandosi in piedi – Li hai avvertiti del mio arrivo?

 

Il maggiordomo assentì. – Certamente, signorino. Ho telefonato ieri sera, parlando di persona con la Sacerdotessa Garai. Mi ha pregato di riferirvi che vi aspetta con impazienza.

 

- Bene. – si compiacque, e successivamente ordinò al maggiordomo di preparargli il necessario.

 

 

 

 

 

                                                                                 ***

 

 

 

 

 

- Mi raccomando, signorina Kaoru, divertitevi! – le augurò, mentre si accingeva a salutare i due ragazzi in procinto di partire.

 

- Al mio ritorno le prometto che le racconterò ogni cosa! – gli garantì la moretta, mentre Kouga, com’era solito fare, si trovava già sul sentiero.

 

- Sbrigati, se non vuoi rimanere qui. – le disse con fare precipitoso e certamente poco gentile. Quest’ultima sembrò ringhiargli con la sola forza del pensiero un “antipatico!”, tanto apparve stizzita l’espressione della sua faccia.

 

 

 

Intrapresero così il cammino che li avrebbe condotti alla leggendaria dimora dei Cavalieri Mistici della Notte Bianca: il Kantai.

 

 

 

Dopo circa venti minuti, tra un passo e l’altro Kouga fece ricadere il suo sguardo sulla capiente sacca marrone dell’artista. Praticamente, trasbordava di roba.

- Che cosa c’è lì dentro? – le domandò, reso curioso dalle dimensioni gonfie ed esagerate della borsa.

 

- Pennelli, matite, colori e poi…- si soffermò brevemente come per pensare- Un’infinità di fogli da disegno!

 

Sembrava strano, ma Kouga si sentì per un attimo sollevato. Una volta arrivati nel Kantai, Kaoru si sarebbe messa a dipingere lasciando lui completamente libero di agire e portare a termine il suo compito, senza che la ragazza venisse a scoprire qualcosa.

Quindi, anziché commentare con una delle sue solite risposte acide, non disse assolutamente nulla.

 

Kaoru si mise ad osservare il cielo. Erano da poco le 11 di mattina, ma non faceva particolarmente caldo in quella giornata.

 

- Quanto ci vorrà per arrivare nel Kantai? – chiese, e lo guardò.

 

A dare risposta fu Zarba: - Solitamente ci vuole una settimana.

 

La frase del Madougu la portò a fermarsi di botto sul ciglio della strada.

- Cosa?! – strepitò, con la bocca spalancata. Per un attimo pensò che avrebbe fatto meglio a restare lì, anziché affrontare una dura settimana di peregrinazione.

 

- Se utilizziamo il Sentiero del Makai, all’incirca impiegheremo un’ora. – dichiarò Kouga, accodandosi alle parole dell’anello.

 

- E noi – prepose la giovane, sfoggiando una vocina timorosa ma pieno di speranza- prenderemo quel sentiero, giusto? – Pregò intensamente che il ragazzo le rispondesse con un sì, ma lui la trattenne, di proposito, sulle spine. – Ci devo ancora pensare. – In realtà, Kouga sapeva che si sarebbe servito di quel sentiero fin dal primo momento.

 

Kaoru cominciò ad agitarsi. – Ti prego- pigolò in un primo momento, con un filo di voce. Sembrava che lo stesse supplicando. – Una settimana di cammino è tanta!

 

- Hai insistito tu affinché ti portassi con me, ricordi?

 

- Non puoi tirarti indietro, se ci tieni così tanto. Pur di ritrarre dei paesaggi come quelli, un vero artista non lo farebbe mai! – Con le sue affermazioni, Zarba non faceva altro che reggere il gioco al suo proprietario.

 

- Sì, ma… - pronunciò lei, e non seppe dire altro. Kaoru ormai sembrava essersi rassegnata all’idea di dover affrontare un tragitto estenuante e prolungato come quello. Si limitò a piegare gli angoli della bocca verso il basso con delle movenze così afflitte ma allo stesso tempo buffe, che Kouga non poté impedirsi di abbozzare un sorriso. La mora sentì quel flebile suono che aveva tutta l’impressione di assomigliare ad una mezza, o quantomeno ad un accenno di risata, e si rese così conto del bluff. Diventò quasi rossa dalla vergogna e, in seguito, dalla rabbia. - Siete insopportabili! – sbuffò, e con le braccia conserte proseguì imperturbabile il cammino. Era certa che non avrebbe detto neppure una parola durante tutto il viaggio, eppure fu costretta a rivedere la sua decisione non appena Kouga fermò i propri passi ai piedi di un muro. – Che c’è? – gli chiese, come a voler capire se fosse successo qualcosa in quel preciso istante.

 

- Entreremo da qui.

 

- Entrare?! – ripeté la ragazza, poi squadrò meglio il muro di mattoni color biscotto. – Vuoi dire che qui c’è l’entrata per quel sentiero? – assottigliò la vista e contrasse le sopracciglia nella speranza di capirci qualcosa, ma fallì miseramente. All’apparenza, per lei quello era solamente un normale muro. Non c’erano porte né pomelli, per di più. Ma allora, come avrebbero fatto ad entrare?

La risposta arrivò subito: Kouga protese il braccio sinistro in avanti, e Zarba, usando il suo potere mistico, aprì nella parete un portale.

Le pupille di Kaoru si sgranarono dallo stupore. D’innanzi a lei era comparsa una sorta di rettangolo simile ad un enorme portone, che emanava una luce di un bluastro sfumato ma intriso di bagliori.  

- Accidenti! – commentò estasiata, con lo sfavillio di quelle luci che presero a ballarle negli occhi. E mentre lo faceva, Kouga le afferro un braccio a passo spedito, ed entrambi varcarono la soglia del portale che si richiuse subito alle loro spalle.

 

Un po’ stordita per via del repentino cambiamento di luci, Kaoru si guardò intorno con fare circoscritto, e per la verità, vide ben poco. Difatti, il Sentiero del Makai assomigliava ad un lungo e non eccessivamente largo corridoio. Ma la cosa che lo rendeva terrificante per davvero, erano quelle centinai e centinaia di fiaccole che, poste ad entrambi i lati del cunicolo, gli davano luce. Tuttavia, nonostante il fuoco ballerino di quelle torce, l’ambiente non pareva affatto rassicurante.

Nel pensare a ciò, Kaoru non si era ancora resa conto che Kouga aveva preso il largo da lei, imboccando così il percorso. 

- Aspettami! – urlò, ed in un baleno corse subito da lui e gli si avvinghiò al braccio. – E’ davvero spettrale… – disse in seguito, stringendosi sempre più a quell’arto.

 

- Eppure – premise Kouga- questo è il posto più sicuro del Makai.

 

- Davvero? – replicò con stupore l’altra, facendo assumere alle sopracciglia la forma di un ponte arcuato. Poi sollevò il mento e si imbatté in qualcosa che, nel soprabito di Kouga, le era sembrata sempre un po’ strana. – E’ da molto che volevo chiedertelo… Che cosa rappresentano i ninnoli appesi a questo cerchio?

 

La domanda inizialmente lo sorprese. Tuttavia rispose.

- E’ un portafortuna.

 

- Non l’avrei mai pensato!

 

- Noi Cavalieri Mistici li consideriamo come una sorta di protezione che riduce le avversità durante le battaglie.

 

- Anche se si tratta solo di una leggenda. – puntualizzò Zarba, con un certo scetticismo. – Però sono in molti a crederci, Kouga compreso.

 

Kaoru si fece pensierosa.

- Perché dovrebbero portare fortuna? Hanno un potere particolare? 

 

Kouga scosse il capo. – No, però in ogni amuleto viene inserito un frammento composto da un particolare tipo di Animetallo molto antico, che non si produce più da oltre un secolo. Inoltre, tutti i Cavalieri sono tenuti a prepararsi da soli il proprio portafortuna, e questo ne aumenta il potere.

 

- Rei, ad esempio, ne ha uno fatto di stoffa e Animetallo, applicato sulla parte posteriore del cappotto. Mentre Tsubasa, il Cavaliere della Notte Bianca che avrai modo di conoscere tra poco, ne ha uno sottoforma di pendente dorato che porta all’orecchio sinistro. – raccontò il Madougu, con molta accuratezza. Kaoru rimase affascinata da quelle descrizioni, poi dopo un po’ fu Kouga a farle una domanda improvvisa: - Come mai lo volevi sapere?

 

L’artista ci rifletté su, in seguito liberamente ammise: - Fin dalla prima volta che ti ho visto, mi sono sempre chiesta che cosa se ne facesse di un oggetto del genere, un ragazzo taciturno come te. Voglio dire, mi sembrava una cosa fuori luogo, non adatta.

 

- Trovi che questo portafortuna non mi si addica? – le domandò lo spadaccino, pensando che fosse quella la causa. Ma dovette ricredersi.

 

- Al contrario! – Kaoru fece di “no” col capo – Penso che ti renda una persona più espansiva! – disse con enfasi, e facendogli un sorriso gli appoggiò leggermente la testa accanto alla spalla.

 

Il cuore di Kouga prese ad aumentare un tantino le pulsazioni. Zarba, come c’era da aspettarselo, lo registrò subito.

- Qui qualcuno si sta emozionando…! – disse schernendolo, ma con affetto.

 

- Siamo arrivati. – dichiarò il Cavaliere, appena in tempo. Un altro po’ e le guance del suo viso si sarebbero inzuppate di rosso.

C’era una scalinata che andava verso l’alto, proprio davanti ai due. La salirono, e poco sopra le loro teste, con la mano sinistra di Kouga ben piazzata in avanti, Zarba fece comparire l’ennesimo portale.

Lo varcarono, e in un men che non si dica, si ritrovarono sotto il cielo limpido del Kantai.

 

 

 

Presa dall’entusiasmo, Kaoru aveva iniziato a guardarsi attorno, e senza che se ne rendesse conto, la dura roccia sotto i suoi piedi aveva lasciato il posto al soffice terreno. Una luce le brillò negli occhi, ma solamente per poco.

- E questa… sarebbe la splendida terra del Kantai? – disse di primo acchito, colta da un guizzo di delusione. – Di terra, ce né anche troppa… Io vedo solo alberi, cespugli e… cespugli! – Possibile che Gonza le avesse raccontato una bugia? – E il villaggio, le case… dove sono?

 

- Questo è un continente selvaggio. Che cosa ti aspettavi di trovare, signorina? – le rispose Zarba, in quello che parve un tono severo.

 

- Ci troviamo nel bel mezzo di un sentiero circondato dalle foreste. Non appena scenderemo più a valle, vedrai che non ti sembrerà così male. – cercò di rassicurarla il figlio di Taiga. Poi mosse i suoi primi passi, dopo un lungo periodo di assenza, tra i sentieri di quella terra.

Nell’istante in cui Kaoru, ancora titubante, era impegnata a guardarsi intorno, Zarba in quel preciso attimo ebbe solo il tempo di aprire le zanne ed esclamare: - Un Orrore!

Troppo tardi: la perfida creatura sbucò dal terreno, sotto un manto di foglie secche cadute al suolo che poi schizzò con rapidità verso l’alto.

Kouga si girò di scatto in direzione di Kaoru, ma l’orrenda creatura, ricoperta da una folta pelliccia bianco accesso e gli occhi rossi, le era ormai d’innanzi. Con lo sguardo impietrito, l’artista cercò istintivamente di indietreggiare, ma una delle ben nove code di quell’essere, le si abbatté contro.

Anziché colpirla, s’infranse su quella che, all’apparenza, aveva le sembianze di un lungo bastone dal manico bianco.

 

- Allontanati! – gli ordinò colui che teneva stretta tra le mani quell’arma. La giovane lo squadrò velocemente con un’occhiata. Portava lo stesso orecchino dorato descrittole da Zarba. Poi, annuendo scappò via, trovando riparo dietro il tronco di un albero.

Tsubasa Yamagatana era lì, e per di più, giunto appena in tempo. Il duello tra la perfida creatura, che aveva le sembianze di una volpe mostruosa, e il Cavaliere della Notte Bianca, ebbe subito inizio. Tsubasa recise una delle code di quel mostro, ma quell’atto gli costò caro. L’enorme demone gli si avventò contro, come un grosso felino inferocito sguainò gli artigli e spalancò le fauci in direzione del suo volto. Tsubasa usò la propria lancia per contrastare l’essere, che all’apparenza sembrava avere la meglio.

Kouga, nel frattempo, sapeva bene che non avrebbe dovuto interferire. Quel territorio non era sotto la sua giurisdizione. Tuttavia, si trovò quasi costretto a sguainare la spada nel momento in cui una delle code di quel mostro non gli si abbatté contro. La tranciò appena in tempo.

 

- L’accoglienza lascia un po’ a desiderare. – enfatizzò Zarba, ma il suo proprietario non rispose, e si lanciò all’attacco. Colpì la grossa volpe in un fianco, dando così modo a Tsubasa di liberarsi. Quest’ultimo raggiunse il collega, e i due si ritrovarono schiena contro schiena. Fu solo allora che poté esclamargli: - Bentornato nel Kantai, Saejima Kouga.

Un mezzo sorriso fu la replica di Kouga, e la battaglia riprese.

L’Orrore si stava preparando a dilaniare i due umani con i suoi artigli.

Kouga e Tsubasa si portarono le armi sopra la testa, e prima che la creatura trovasse il tempo di saltargli addosso, furono ricoperti dalle armature leggendarie. Apparvero così Garo e Dan, il Cavaliere della Notte Bianco. Quando l’Orrore gli fu praticamente addosso, loro lo trafissero mortalmente con la forza unisona di due attacchi.

Guaì come un cucciolo di volpe appena nato, e si accasciò al suolo. Gli occhi si abbassarono, e quando furono del tutto chiusi, di quella bestia non rimase più nulla.

Svanita la minaccia, poco dopo svanirono in un lampo anche le corazze che rivestivano i corpi dei due Cavalieri.

Kouga rinfoderò di corsa la spada, e si precipitò in direzione di Kaoru uscita finalmente dal nascondiglio.       

- Stai bene?

 

- E’ tutto apposto! – lo rassicurò l’artista, gettandosi lo spiacevole accaduto alle spalle.

 

Da lontano Tsubasa li squadrò con molta attenzione. Gli servì veramente poco a capire che quella era la ragazza di cui una volta gli aveva parlato Jabi.

Il Cavaliere Mistico del Kantai si apprestò a scortare i due presso il villaggio, lungo un sentiero che si differenziava da quello erboso in quanto lastricato di pallida terra.

- Ti ringrazio! – si sentì dire il giovane Yamagatana, all’improvviso. Si voltò compiendo appena mezzo giro, verso Kaoru che spalancò ancora la bocca – Il mio nome è

 

- So chi sei. – la anticipò il giovane, battendola sul tempo. – Nel Kantai sei nota come colei che è riuscita a sopravvivere ai cento giorni.

 

Kaoru abbassò leggermente gli occhi, forse perché in imbarazzo. E non aggiunse altro.

Durante il tragitto rimase a camminare alle spalle dei due per tutto il tempo. Aveva notato che Tsubasa, oltre al modo di fare distaccato, silenzioso e formale, che per certi versi ricordava quello di Kouga, era parecchio più basso di lui. Ad occhio e croce, doveva sfiorare a stento il metro e settanta. Malgrado tutto, malgrado la statura, che nelle caratteristiche morfologiche di un uomo avrebbe dovuto perlomeno raggiungere il metro e ottanta, Tsubasa possedeva i lineamenti di un volto gentile e fanciullesco. E quel soprabito colorato di bianco, rosso e nero, ben allacciato in petto, con le estremità inferiori tutte plissettate, portato con compostezza, faceva riflettere su almeno una delle cose dette da Gonza: I Cavalieri Mistici del Kantai erano veramente i più eleganti.   

 

Dopo circa dieci minuti di cammino, finalmente giunsero al villaggio.

Lo spettacolo che si parò davanti al volto di Kaoru, fu una sorpresa anche per lei.

Esattamente come asserito dal maggiordomo, sembrava di essere ritornati indietro nel tempo.

Le abitazioni erano fatte tutte di legno e calcestruzzo. I tetti erano ricoperti da una miriade di tegole color biscotto, ed avevano una forma classica, che a tratti poteva ricordare quella di una pagoda. Ogni abitazione all’esterno aveva con sé dei fasci di legna, usati certamente per alimentare il camino e cuocere i cibi, dato che nel villaggio mancava totalmente la corrente. Inoltre, c’erano brocche, vasi e secchi pieni d’acqua, che servivano a scopi come preparare il pranzo, lavare oggetti e biancheria, e per la pulizia generale del corpo. Eh sì, a Kaoru le sembrò veramente di essere tornata indietro nel tempo.

Varcata la soglia del villaggio, in lontananza i tre videro un gruppetto di persone venirgli incontro.

Si trattava della Sacerdotessa Garai, scortata dalle sue due ancelle guerriere, ed una bambina, Rin Yamagata, la sorella minore di Tsubasa.

 

- Vi stavamo aspettando! – pronunciò con tono cordiale la vecchia sacerdotessa, accogliendoli con un bel sorriso. Le ancelle alle sue spalle fecero un inchino in segno di saluto.

 

- La ringrazio per l’ospitalità. – disse Kouga, ostentando cortesia nei riguardi di quell’anziana donna. Dalla schiena di quest’ultima, la piccola Rin fece capitombolare con timore la testa, ma quando vide Kouga beccarla in flagrante, ritornò subito a nascondersi.

 

- Ma come, Rin… Adesso fai la timida e ti nascondi? Fino a poco fa non vedevi l’ora che il giovane Kouga arrivasse! – dichiarò Garai, e dalle sue spalle si udì una vocina.

 

- E se non ha voglia di rivedermi? – pronunciò tremolante la giovane. Aveva un po’ le labbra imbronciate, e manteneva il capo chino in direzione del terreno.

 

- E perché mai non dovrei? – si sentì presto rispondere.

 

- Per esempio, perché non ci vediamo da un po’, e… - fece per continuare, ma quando sollevò la testa, e si ritrovò di fronte il viso di Kouga, l’aspirante sacerdotessa sgranò gli occhi e scoppiando a piangere si lanciò tra le sue braccia.

 

- Temeva che tu ti fossi dimenticato di lei. – gli confidò Garai, e lui sorrise.

 

- Hai sorriso?!esclamò in un lampo la ragazzina- Kouga ha sorriso! – ripeté, con la bocca tirata all’insù e gli occhi stretti tra due fessure, al colmo della felicità. 

 

- Sei sempre il benvenuto, giovane Kouga! – dichiarò successivamente l’anziana sacerdotessa, poi i suoi occhi si spostarono verso la sagoma di Kaoru. La squadrò con un attento gesto degli occhi, ma non riuscì a capire chi fosse in realtà quella giovane donna. Perlomeno, non voleva commettere gaffe dicendo una cosa per un’altra – E questa graziosa fanciulla che hai portato con te…?

 

L’artista fece subito le dovute presentazioni. – Mi chiamo Kaoru Mitsuki! Molto piacere! – disse spontanea, e con la schiena accennò un inchino.

 

Nel sentire quel nome, Rin ad un tratto parve illuminarsi: - E’ la fidanzata di Kouga! – disse a voce alta, anche troppo per i gusti del fratello.

 

Tsubasa la rimproverò seduta stante: - Rin! Chi ti ha detto queste cose?

 

Risuonò nell’aria un’altra voce. – Sono stata io! E’ me che devi rimproverare.

Il gruppetto si voltò con sorpresa verso la coraggiosa Sacerdotessa del Makai.

 

- Jabi! – esclamò con sorpresa Kouga. Era felice di rivederla.

 

La donna sorrise. - So che al vostro arrivo siete stati attaccati da un Orrore… E’ di buon auspicio, non trovi? – sembrò scherzare. Successivamente i suoi occhi dalla forma affusolata ricaddero prevedibilmente su Kaoru. La investì con un’occhiata ben distinta – A quanto vedo, sembra che il sangue di quella bestia, dopo la purificazione non ti ha lasciato nessuna cicatrice. – commentò, con parole non proprio cordiali.

 

La pittrice non seppe cosa dire.

 

- E’ il suo modo per dirti che ti trova in forma! – le spiegò all’istante Rin, ma Jabi non parve gradire.   

 

- Bene! – esclamò la vecchia sacerdotessa del Kantai- Che ne dite di andare? Immagino che sarete stanchi dopo il viaggio. Una bella tazza di te è quello che ci vuole per rimettervi a nuovo! – successivamente si rivolse a Kaoru – Ti piace il te, Kaoru? – quest’ultima annuì cordialmente. Quell’anziana signora doveva essere veramente gentile, pensò, e sorrise.

 

Mentre si dirigevano in direzione dell’antica dimora che apparteneva da generazioni alla famiglia della somma Garai, la gente del luogo al passaggio di Kaoru si comportava in modo strano. Tutti la fissavano con aria esterrefatta, quasi incantata.

- E’ lei! – bisbigliò una donna all’orecchio dell’altra che le risiedeva affianco, e subito dopo fu un passaparola generale. L’artista provò un po’ di disagio nel sentirsi osservare con maniere a dir poco perforanti. Le sembrò di essere la vera attrazione di tutto il villaggio. E, in un certo senso, lo era!

 

 

 

 

 

                                                                                  ***

 

 

 

 

 

La domestica che si occupava di tenere in ordine e di preparare da mangiare nell’abitazione dell’anziana sacerdotessa, aveva appoggiato proprio sopra il ripiano di una tavola di legno con i sostegni molto bassi che lo sollevavano dal suolo circa mezzo metro, un vassoio intagliato nella paglia con tazze e teiera. Dal beccuccio di quest’ultimo oggetto usciva del vapore che emanava un ottimo profumo, delicato ma forte allo stesso tempo.

Garai raccolse quel bricco per il tè, ed infine cominciò a versarlo nelle coppette delle tazze.

- Questo è il tè che produciamo nel Kantai. – affermò, porgendo la prima tazza verso Kaoru. – Scommetto che non lo hai mai assaggiato! – le disse, e la mora annuì. Guardò subito che aveva un colore ambrato, diverso dall’infuso che le preparava Gonza quasi tutti i pomeriggi. Accostò le labbra al bicchiere, e ne mandò giù un sorso. Il sapore ricordava vagamente quello del tè verde, solo con l’aggiunta di miele e, forse anche foglie di menta.

 

- E’ davvero buonissimo! – esclamò trovandolo di suo gusto. Ed in effetti, non aveva mai assaggiato nulla che avesse un sapore così particolare.     

 

L’anziana sorrise, in seguito si rivolse alla sorellina di Tsubasa, che le sedeva a fianco.

- Ne vuoi una tazza anche tu, Rin? – L’aspirante sacerdotessa annuì senza esitare. Praticamente ne andava matta!

La saggia donna dedicò poi la sua attenzione a colui che portava un cappotto bianco: - Dimmi, giovane Kouga… Cos’è che ti ha spinto a venire qui? – Garai sapeva benissimo che non si trattava né di un semplice viaggio come tanti, né di una normale visita di cortesia. Per costringere Kouga a venire nel Kantai, doveva essere successo qualcosa di veramente grave.

 

Il giovane fissò brevemente la tazza di tè che aveva tra le mani, poi la riappoggiò sull’asse del tavolo. – Sono qui perché ho bisogno di incontrare Yamashita Ryoma. Mi hanno detto che vive in questo villaggio.

 

Sia Tsubasa, la sacerdotessa Garai, Jabi e perfino la giovane Rin, provarono sbigottimento nell’udire quel nome.  

L’unica a parlare, tra i quattro, fu l’anziana. Osservò il sole che splendeva cocente dalla finestra: - Di sicuro adesso è troppo tardi per parlargli. – affermò, ma non parve alludere all’ora. Anche se, di primo acchito quell’intonazione fece sembrare esattamente il contrario. – Ti converrà farlo domani mattina, ancor meglio verso l’alba. – gli consigliò la saggia donna, e solo dopo prese a bersi la sua tazza di tè, ancora fumante.

Quella frase, quel comportamento pressoché attonito, fece diventare Kouga alquanto pensieroso. Tuttavia, per non essere scortese, preferì tacere. Garai posò la tazza vuota sul vassoio, e dietro di lei le ancelle l’aiutarono a rimettersi in piedi. – Allora è deciso: Per questa notte sarete nostri ospiti! – affermò. – Andrò subito a dare disposizioni.

 

In tutta sincerità, Kouga avrebbe sperato di tornare a casa verso sera, e magari risolvere la faccenda nell’arco di una giornata soltanto, perciò l’idea di restare lì, sia per Kaoru che quasi non riusciva a credere di dover trascorrere più tempo racchiusa in un luogo magico ed antico come quello, fu per entrambi una novità.

- Se non è per voi motivo di disturbo… - disse, e la replica arrivò con sveltezza da parte Rin.

 

- Così potrò conoscere meglio Kaoru! – per via dell’enfasi la voce le era uscita di colpo. La giovane Yamagatana non vedere l’ora di conoscerla meglio, per l’appunto.

 

Poi Kouga guardò dritto negli occhi il fratello. Senza inutili pretese, Tsubasa comprese al volo il significato di quello sguardo: il figlio di Taiga gli doveva parlare… ma da solo.

Si alzarono dallo sgabellino di legname che li aveva sorretti durante la pausa del tè.

Kaoru capì che i due Cavalieri si sarebbero presto allontanati, ma com’era consono che fosse, lei non sarebbe potuta andare con loro. – Andate via? – chiese, anche se sapeva già la risposta.

 

- Rin- disse Kouga, flettendo la schiena verso il basso, in modo da raggiungere il viso della ragazzina. Lanciò uno sguardo eloquente verso Kaoru, poi rivolto alla piccola sacerdotessa le disse – Te l’ha affido.

Dal lato opposto non ci fu nessuna esitazione: La sorella minore di Tsubasa assentì energicamente con un colpetto della testa. Ne fu a dir poco entusiasta, di quella “missione”.

I ragazzi ossequiarono la somma Garai porgendole un doveroso inchino, e poi si rimisero in strada.

Il Cavaliere del Kantai lo condusse in un luogo isolato, che si trovava esattamente poco sopra il villaggio. Quel posto Kouga lo conosceva benissimo. Lo aveva vegliato la sera prima della cerimonia per la soppressione dei demoni, conosciuta da tutti con il nome di “Notte Bianca”, per proteggere la “Freccia di Fosforo” col quale i Cavalieri del Kantai avrebbero infranto la barriera nel cielo, per impedire alla stirpe di Legules di venire al mondo.

Si avvicinarono davanti all’entrata di quell’antico tempio, fermandosi ai piedi delle scale.

Prima che uno dei due aprisse la bocca per primo, trascorse un minuto esatto. A quel punto, fu Tsubasa a farsi avanti: - Sei hai convinto il Guardiano che gestisce il tuo settore e coordina le tue azioni, a farti venire qui, forse la faccenda è davvero grave. – Lo investì con un’occhiata incerta. Tsubasa aveva il dono di percepire negli umani i loro pensieri. In qualche modo era riuscito anche stavolta a cogliere nel segno.

Kouga fece correre i suoi occhi lungo tutta la gradinata di legno che portava all’entrata sbarrata del tempio. Gli raccontò dall’inizio le sue vicissitudini, parlò per primo dell’Ottava Stella del Makai, in seguito gli disse delle Chimere Mistiche, e solo alla fine, quando arrivò il momento adatto, gli parlò di Garo. L’altro.

 

Tsubasa emise un sospiro. Poi sembrò annuire. – Sì, le voci che parlano di quel Cavaliere d’Oro, sono giunte anche qui. – ammise, e questa confessione portò la fronte di Kouga a riempirsi di grinze. – Circa una settimana fa, - premise il giovane Yamagatana, ritornando con la mente a quel giorno – i miei discepoli, Hyuga e Akatsuki, mi dissero di aver soccorso quasi ai confini delle terre del Kantai, un’ancora inesperto Cavaliere d’Argento. Quest’ultimo, dopo essersi ripreso, raccontò che nel bel mezzo di una caccia, un Cavaliere d’Oro lo aveva assalito brutalmente, per impedirgli di catturare un Orrore. Riuscì a sopravvivere nascondendosi nella foresta che fece perdere le sue tracce. Inoltre, - proseguì, accingendosi ad illustrare un altro avvenimento – Ho saputo che un Cavaliere di Bronzo è morto.

 

La risposta di Kouga fu immediata

- Già. – e con lo sguardo sembrò ritornare alla sera in cui Souka gli diede la triste notizia. – Si trattava del marito di mia zia. - Tsubasa gli rivolse un’occhiata, poi Kouga riprese – Devo parlare con quell’uomo… Yamashita. Lui può darmi le risposte che cerco.

 

- Stai facendo del tutto per mettere fine a questa faccenda, non è così? Te lo leggo nei pensieri… Sei molto preoccupato, soprattutto per quella ragazza. – Per l’ennesima volta, Tsubasa aveva colto nel segno.

Poi, a quella chiacchierata si unì un’altra voce: - Il moccioso che un tempo giocava a Barchess con me, ancora una volta non le ha detto nulla, dico bene? – i due si voltarono in direzione di Jabi. Il silenzio di Kouga servì a darle quella risposta. – Non vuoi proprio imparare… eppure, non ti biasimo. Per proteggere coloro che amiamo, spesso siamo costretti a fare delle scelte che talvolta ci costringono a commettere cose che non rispecchiano la nostra vera natura. Ma la forza per fare tutto ciò ci viene data dall’amore che proviamo verso quella persona che aspiriamo a proteggere. Ci basta solo questo, anche se alla fine, questo nostro desiderio non ci consente di capire che stiamo sbagliando.

 

 

 

 

 

                                                                                ***

 

 

 

 

 

- Così, Tsubasa è tuo fratello, giusto? – domandò Kaoru a Rin, mentre passeggiavano entrambe per il villaggio con lo scopo di far conoscere all’artista le meraviglie del Kantai. Era stata Rin, di fatti, a proporlo. Annuì, poi precisò subito – E’ il fratello più coraggioso del mondo!

 

- Sicuro! – esclamò con certezza la mora – L’ho visto combattere, è parecchio bravo! Inoltre, vi assomigliate moltissimo. Scommetto che ve lo dice spesso anche vostra madre!

 

Rin abbassò un pochino il mento. Kaoru la vide assumere un’aria nostalgica, attaccata ai ricordi.

- Nostra mamma non c’è più- rivelò, e lo sguardo dell’artista divenne triste. – Però hai ragione, lei ci diceva sempre la stessa cosa!  

 

- Anche mia madre è morta quand’ero molto piccola. – le confidò Kaoru, e stavolta furono gli occhi di Rin a diventare tristi- Alcuni anni dopo, in seguito ad un incidente ho perso anche mio padre.

 

- Proprio come Kouga! – esclamò seduta stante la sorellina di Tsubasa, con lo sguardo sgranato.

 

Kaoru la fissò, in seguito rise con dolcezza.

- Eh già! Una bella coincidenza, vero?

 

Senza remore Rin scosse il capo.

- Niente affatto! – le replicò – Tutto ciò significa che siete fatti l’uno per l’altra! E’ il destino che vi ha fatti incontrare!   

 

- Beh…- pronunciò appena l’artista, e di preciso non sapeva bene cosa dire, così arrossì. Poi si rese conto che per l’ennesima volta, la gente di quel villaggio che vestiva in modo strano aveva ripreso a fissarla con la stessa intensità e contemplazione di quando era giunta lì. – Tu mi sai dire perché tutti mi guardano come se fossi una qualche divinità discesa appena dal cielo?

 

- E’ semplice… Qui la gente conosce la tua storia. Sanno che sei stata contaminata dal sangue di quell’Orrore, ma che sei sopravvissuta. Ed è la prima volta che succede una cosa del genere!

 

Kaoru si stupì:

- Veramente?

 

- Sicuro! Devi sapere che quando un Cavaliere Mistico si imbatte in una persona contaminata dal sangue degli Orrori, il regolamento parla chiaro: È tenuto a brandire la propria arma e a toglierle all'istante la vita. Non può esitare neppure per un secondo! – Quando Rin ebbe finito di parlare, la figlia di Yuuji Mitsuki ne restò ancora più stupita.

 

- Kouga non me ne ha mai parlato. – affermò, volendosi riferire al fatto che egli non le avesse mai detto di aver violato una parte del regolamento per salvarle la vita.

 

- Kouga è come mio fratello. Sono taciturni, e non parlano molto volentieri. A volte la bocca non la aprono nemmeno per sbadigliare! – fece la ragazzina del Kantai, in quella che sembrava una bella lamentela- Però, ho imparato una cosa… - Rin si trattenne, prese un po’ di fiato, e con un forte scintillio negli occhi scuri e vivaci, esclamò con tenerezza ed allegria – Loro parlano con il cuore!

 

Quanta verità c’era in quella frase! Ne era satura fino al colmo.

Sebbene il figlio di Taiga sembrasse il tipo più asociale della terra, con il tempo, imparando a conoscerlo meglio, ma soprattutto a leggergli negli occhi, si poteva capire che aveva un’indole buona e gentile, che metteva a tacere le apparenze.

 

La giovane Rin rivolse un’occhiata al sole che oramai si stava delicatamente tingendo di un colore rosso tramonto particolarmente acceso. Arricciò la fronte con aria pensierosa, dopodichè disse con enfasi: - E’ l’ora bagno!

 

 

 

 

 

                                                                                   ***

 

 

 

 

 

Il cielo notturno del Kantai aveva quella nota di colore in più che lo rendeva diverso da tutti gli altri. Il blu, che tendeva quasi a scivolare nel nero, era assai più intenso, tanto da donargli una profondità maggiore che, esprimeva al meglio l’idea di uno spazio immensamente sconfinato.  

Inoltre, a rendere ancor di più la magia di quel posto, la notte del Kantai era una notte perennemente stellata, con una miriade di puntini luminosi disseminati come diamanti su di un panno di velluto blu. Per certi versi, con una punta di immaginazione, la volta assomigliava ad un’enorme tela, dipinta con i tratti decisi di un pennello intriso dal giallo per le stelle, dal blu per il cielo, e dal bianco per infondere luce ai corpi celesti.   

Veniva quasi la voglia di protendere una mano in direzione del cielo, per lasciarsi avvolgere dalle sue profondità e venirne catturati. Fu proprio quello che pensò anche Kaoru, mentre contemplava in silenzio il magnifico spettacolo. Successivamente, riprese a sfogliare le pagine di un vecchio album fotografico che apparteneva alla famiglia di Rin.

Infatti, dopo che l’artista ebbe finito di fare un bagno, e subito dopo ancora la cena, lei e la sorellina di Tsubasa si erano sedute davanti all’abitazione di quest’ultima, per commentare delle vecchie foto che ritraevano la famiglia Yamagatana.   

- Qui avevo soltanto pochi mesi! – esclamò Rin, poi puntò l’indice sulla donna che la teneva tra le braccia – Questa era mia madre!

Kaoru la guardò con ammirazione. Aveva dei capelli lunghi e scuri, proprio come i suoi due figli, e la pelle del viso bianchissima.  – Era davvero molto bella! – affermò, senza riuscire a trattenersi. Vedendo una così splendida figura, non ci sarebbe riuscito chiunque.

 

- E guarda questa! – con entusiasmo Rin puntò un altro ritratto. Si trattava di un bambino dalla zazzera spennacchiata ed il visetto paffuto. Aveva all’incirca un anno, al massimo uno e mezzo, e l’aria tremendamente imbronciata. – E’ Tsubasa!

 

Kaoru non fu capace di non ridere. – E’ veramente… buffo! – ammise dopo un po’, ed entrambe scoppiarono a sogghignare.    

 

- E’ quella che preferisco di più! Anche se mio fratello non è d’accordo… - si lamentò la ragazzina, e in quello stesso istante, l’ombra di Tsubasa ricoprì le pagine di quell’album. Le due si voltarono di scatto, colte alla sprovvista, e Kaoru oltre a lui e a Jabi, avvistò la sagoma di qualcuno che non vedeva ormai da più di mezza giornata.

 

- Kouga! – esclamò Rin, alzandosi con uno scatto dalla sedia – Ho portato Kaoru a fare il giro di tutto il villaggio! Le ho fatto vedere ogni cosa! Il forno dove produciamo il pane, la bottega dove fanno i vasi di terracotta, il campo dove coltiviamo le erbe da mettere nel tè

 

- E c’è anche un laboratorio dove dipingono le giare! – seguitò l’artista, con l’aria più che eccitata, magica. Il barlume di un’emozione le aveva acceso gli occhi.     

 

Lo sguardo del Cavaliere dell’Est si caricò di una tenera dolcezza. Parve quasi sorridere, e quel gesto in qualche modo sembrò dire “Bene, sono molto contento”.  

Vedere Kaoru che si divertiva, lo faceva sentire soddisfatto. Sapere che la sua bella era felice, equivaleva a trasmettergli la sua stessa felicità. Pensò per un attimo che averla portata con sé, nel Kantai, tutto sommato non si era rivelato un gesto così incosciente o azzardato.   

 

Poi Rin gli tirò con un colpetto la manica del soprabito, e lo indusse a chinare schiena, capo e occhi sulla foto del fratello.

 

- Oserei dire… spiritoso! – osò, per l’appunto, dire Zarba, mentre tutti, eccetto il povero Tsubasa, si lasciarono scappare un sorriso beffardo.

 

Il Cavaliere del Kantai aggrottò le sopracciglia trasmettendo a tutti la propria irritazione.

- Non avrei mai dovuto darti quel vecchio album. – asserì tassativamente, senza che imbarazzo ed irritazione accennassero a scemare. In quell’attimo, la sua faccia aveva assunto l’espressione pressoché identica a quella del ritratto. Lo notarono tutti, anello chiacchierone compreso, ma Zarba stavolta preferì non infierire. Al contrario, Rin disse una cosa veramente, veramente imbarazzante, ma… stavolta non di certo per il fratello! – Chissà se il figlio di Kouga e Kaoru assomiglierà a mio fratello!

 

Il signorino e l’artista provarono per un secondo soltanto a guardarsi negli occhi, poco prima di comprendere a fondo il significo di quelle parole e rendersi conto di essere loro due, adesso, al centro dell’attenzione. Furono letteralmente travolti da una vampata cocente di imbarazzo. Divennero tesi come una statua e tremanti come foglie.

Stavolta fu Tsubasa ad ostentare un sorrisino sarcastico in pieno viso. In un certo senso, stava soltanto restituendo il favore a quel collega che fino a pochi istanti prima, aveva osato prendersi gioco di lui.

– Senz’altro, avrà lo stesso caratteraccio del padre. – sentenziò, per poi sfidarlo con un’occhiata trionfale. – Comunque, spero che sia un ottimo Cavaliere.

 

- Ma se invece sarà una femmina?

 

- Crescerà con la stessa cocciutaggine della madre. – commentò Zarba, rispondendo in questo modo al quesito di Rin. La così definita “madre”, ferì l’anello con un’occhiata grigia. “Non sono di certo una persona cocciuta!”, avrebbe tanto voluto dirgli… Tuttavia, si rese conto che la vergogna non riusciva a farle formulare bene quella frase.

 

Jabi guardò Kaoru dritta in viso.

- Diventerà una pittrice!

 

- O una Sacerdotessa del Makai! – continuò Rin, ipotizzando ancora, fino allo sfinimento.

 

- Il primogenito di un Cavaliere Mistico non può essere una femmina. – sentenziò seduta stante Tsubasa, sempre attaccato alle tradizioni.

Jabi lo corresse con scioltezza: - E perché mai? Il regolamento di certo non lo bandisce.

 

- Ma la tradizione sì! – replicò il giovane Yamagatana, quasi con ostinazione. - Ogni donna nella propria Casata ha sempre partorito un figlio maschio. Non può e non deve essere il contrario.

 

L’argomento sembrava essere decollato con una certa facilità.

 

Jabi si strinse nelle spalle come a dire “Per me sono semplicemente stupidaggini!”. Ma a parole, non gli disse esattamente così…

– Lo sai che sei un gran maschilista, vero? – fece, con quel suo modo di fare indisponente e schietto. Dal tono si capiva che la donna non gli stava chiedendo un’opinione, ma voleva bensì imporgli la sua. Tsubasa la investì di colpo con un’occhiata bieca.

Il diverbio tra la Sacerdotessa ed il Cavaliere sembrava essersi acceso come il fuoco di un falò scoppiante. 

Ancora una volta, l’intervento della giovane Rin fu decisivo. Diciamo che servì a mitigare il confronto.

- Perché invece non facciamo scegliere a loro? – propose, poi fissò quei “loro”, ovvero Kaoru e Kouga. – Prenderete un maschio, oppure una femmina? – formulò quella domanda con la trasparenza che soltanto una ragazzina di appena 11 anni poteva permettersi di avere. Inoltre, pareva non conoscere affatto come stavano in realtà le cose, tant’è che Jabi le dovette precisare una cosa: - Vedi, Rin… In questi casi, non siamo noi che scegliamo, bensì è la natura che lo fa per noi.

 

La ragazzina strinse le palpebre con un’aria perplessa. – Ma allora perché spesso le persone lo domando alle donne incinte?

 

- Beh, diciamo che in quell’occasione si chiede unicamente un parere, ma di sicuro non è una ferma decisione.

 

Rin restò un pochino delusa da quella “sconcertante” verità. Per tanto tempo aveva creduto che il sesso dei bambini si potesse scegliere, per cui le parole di Jabi all’inizio non le avevano fatto immensamente piacere.

- Se le cose stanno così- premise, mettendo da parte i malumori- allora voi cosa vorreste avere? – si voltò e guardò con curiosità i due diretti interessati.            

Ancora una volta loro non seppero trovare la lucidità necessaria per controbattere. Quella era la prima volta in cui affrontavo un simile argomento, e non fu assolutamente semplice mantenere una certa indifferenza. Furono all'incirca costretti a scambiarsi un’occhiata. Poi le labbra di Kaoru si mossero con difficoltà, aveva lo sguardo completamente instabile. – Ecco…- premise, e pensò poi di poter aggiungere “Noi non lo sappiamo”, ma si trattenne la frase nella gola, dato che quella a non saperlo, era lei, e siccome l’argomento non era stato mai preso in analisi, Kaoru non poteva di certo conoscere anche il parere di Kouga!

Si zittì, e naturalmente il signorino non aprì bocca. Dopotutto, nemmeno lui poteva conoscere le preferenze di Kaoru!

A quel punto intervenne Tsubasa, che fino ad allora era rimasto in disparte: - Basta così, Rin. – le disse, con un tono a sufficienza severo. Sua sorella reclinò la testa, ed azzittì. – Vi mostro l’alloggio dove dormirete stanotte. – Tsubasa invitò i due ospiti a seguirlo. Il gruppetto, varcata la soglia dell’antica dimora degli Yamagatana, giunse ai piedi di una porta situata in fondo al corridoio. Rin fece scorrere il fusuma, una delle tante porte di carta scorrevole presenti in tutte le abitazioni del paese, e la spalancò.

Fu pressoché inutile descrivere l’effetto che la vista di un futon a due piazze, letto giapponese per eccellenza, ebbe sui giovani.

 

- Rin! – la riprese bruscamente Tsubasa- Non ti avevo detto di fargli preparare una camera singola?

 

- Ma io…- fece per spiegare la ragazzina, con un’aria tutta mortificata. Qualcuno la trattenne.

 

- Sono stata io a prendere questa decisione. – sentenziò liberamente Jabi. – E comunque, lascia perdere, Rin. Tuo fratello è un uomo molto antiquato. –commentò con noncuranza.

 

- Si tratta di rispetto, Jabi! – esclamò indignato il Cavaliere del Kantai. La Sacerdotessa si lasciò scorrere via le parole del giovane, successivamente prese a fissare la coppia.

 

- Per voi va bene, no? – proseguì, come se si fosse trattato da considerarsi assolutamente normale, che i due condividessero insieme lo stesso letto. “Dopotutto, siete una coppia”, parve comunicare con lo sguardo. Tuttavia, la reazione esagitata dei sottoscritti, che sembravano assomigliare più a due pesci fuor d’acqua che a semplici umani, la portò a comprendere la vera realtà dei fatti. Fece un sorrisino che in verità servì ad esternare anche senza l’uso dei vocaboli, un’espressione incline ad un “particolare” tipo di insinuazione. Se decise di trattenersi, fu solo a causa della presenza di Rin.

- Ho capito… - asserì solamente, poi cercò con gli occhi Kaoru – Posso sempre offrirti la mia camera e prendere il tuo posto, se proprio l’idea di restare qui non ti piace. – Naturalmente, Jabi in quel momento aveva solo voglia di scherzare! Poteva, un tipetto come lei, lasciarsi sfuggire una tale opportunità?

Kaoru cercò per un attimo lo sguardo di Kouga. Voleva appoggio, approvazione, le sarebbe bastato anche un cenno del capo, eppure il tacito giovane lasciò che fosse lei stessa a decidere.

Trovatasi alle strette, presa dall’istinto o semplicemente dalla fretta di dare una risposta, con i battiti del cuore completamente impazziti, assentì di colpo: - No, va bene! 

 

 

 

 

 

                                                                                  ***

 

 

 

 

 

Perché? Perché aveva acconsentito di rimanere lì, e prendere una decisione che adesso, a mente fredda le sembrò la più sconsiderata che nella sua vita avesse mai preso?

Una risposta Kaoru non seppe darsela. Eppure, adesso era lì, a condividere un futon, che per giunta non si poteva neppure dividere poiché unico.

Non riusciva proprio a darsi pace e, soprattutto, non riusciva a prendere sonno.

Si era rigirata sul lato destro, diametralmente opposto a quello di Kouga, proprio per non trovarsi d’innanzi a lui, o per meglio dire, d’innanzi alla sua schiena. Aveva messo una mano sotto al cuscino, e l’altra sopra. Trattandosi della sinistra, Kaoru non faceva altro che fissare l’anello regalatole da Kouga, con uno sguardo che per qualche secondo le divenne trasognante. Riuscì finalmente a distoglierlo dall’anulare della mano, poi per indurre il sonno cercò di chiudere gli occhi, ma servì a ben poco: li riaprì dopo una manciata di miseri secondi. Era l’agitazione a non farla dormire. E per dormire, occorreva essere rilassati. Lei purtroppo non lo era per niente.

Per Kaoru, ma anche per Kouga, ufficialmente quella era la prima notte che trascorrevano nella stessa stanza, ma prima di tutto, nello stesso letto.

L’agitazione, il nervosismo, la tensione… Si trattava di emozioni assolutamente normali, che chiunque fosse stato al posto della ragazza, senza dubbio avrebbe provato di persona sulla propria pelle.

Tuttavia, Kaoru non ammise a stessa di essere spaventata, bensì si riteneva colpevole per ciò che aveva fatto. Ma c’era un’altra cosa che forse l’aveva turbata, o perfino resa ancora più nervosa…

Da quando i due ragazzi si erano accomodati su quel materassino imbottito e meravigliosamente soffice, riverso a terra, Kouga non le aveva rivolto neppure una parola.

Bastava che le dicesse perlomeno “buona notte”, tutto qui. In effetti, era stato alquanto scortese.

Forse perché aveva troppo sonno per aprire bocca? Oppure perché, contrariamente a ciò che avrebbe pensato chiunque nel riscontrare in lui un atteggiamento freddo e distaccato, l’imbarazzo in realtà lo aveva portato ad azzittire?

Inoltre, chissà se in quel momento era riuscito a prendere sonno, e quindi ad addormentarsi anche lui…

Per scoprirlo, Kaoru tentò di girarsi almeno un pochino dall’altro lato, ma la paura di essere scoperta la fece bloccare. Ad ogni modo, dato che si stavano dando ambedue le spalle, non avrebbe visto granché.

Sommesse così un sospiro profondo, si portò con la pancia rivolta verso l’alto ed affondò con rabbia la testa nel cuscino. Quel gesto le fece servire a puntare dritta lo sguardo al soffitto e… ad inorridire.

 

- AAAH!!! – emise, urlando all’improvviso. Kouga si girò di scatto, messo in agitazione da quel grido fulmineo, poi vide l’indice della mano destra di Kaoru puntare eretto al soffitto. Lo seguì e… sospirò.

 

- E’ soltanto una lucertola. – le disse, e sbuffò ancora.

 

- Ma è proprio qui sopra! Potrebbe… cadermi addosso! – suppose alla svelta, e nel pensare a quella scena un brivido gelato la attraversò tutta.    

 

- E’ probabile- fece lui, in un primo momento. Per la verità, l’intenzione era solo quella di prendersi un pochino gioco di lei. Ciò che aggiunse dopo, non la fece tranquillizzare per niente – Credo che stia per cadere. – Il signorino non ebbe nemmeno finito di riprendere fiato che vide la ragazza oltrepassare come un lampo l’altra metà del letto. L’istinto di Kouga fu quello di allargare le braccia, e lei gli finì dritta addosso.

 

- E’… caduta? – pigolò la giovane, balbettante, mentre si teneva stretta a lui per la paura.

 

Kouga sospirò ancora, con più slancio.

- Guarda che stavo solamente scherzando. – fu costretto a dire, sfoggiando tuttavia una tranquillità incredibile. Kaoru come previsto aggrottò la fronte e lo investì con un’occhiata torva.

 

- Mi hai fatto prendere un colpo! Sul serio!

 

- Sei tu che sei troppo credulona.

 

- Che cosa?! Non è vero!

 

- Lo sei da quando ti conosco, ragazzina. – sottolineò acido, ma infondo voleva solo prendersi un po’ gioco di lei.

 

- Non chiamarmi “ragazzina”!

 

- Ehi, voi due… Potreste abbassare un po’ il tono della voce e farla finita una volta per tutte? Qui c’è un povero Madougu che vorrebbe riposare. – proferì inaspettatamente la voce di Zarba, che di preciso era stato rinchiuso nella sua teca fatta di legno, ma ahimè, non insonorizzata. L’anello si era stufato di sentirli bisticciare.  

 

Kaoru sospirò stizzita, poi abbassò il timbro della voce – Perfino quella lucertola è più gentile di te nel non cadermi addosso!

 

Kouga non commentò su quello che sembrava essere un giudizio del tutto insindacabile, ma sentì l’obbligo di precisare una cosa: - Non può permettersi di cadere perché deve raggiungere la sua compagna. – gli fece presto notare. Con lo sguardo, lei si mise a setacciare l’intero soffitto, finché nella penombra non intravide un altro animaletto fermo dalla parte opposta. Era leggermente più piccolo, quindi doveva trattarsi, come fatto capire anche dallo stesso Kouga, di un’esemplare femmina. Fu in quell’attimo, che la ragazza si rese conto che neppure il figlio di Taiga, pochi minuti fa stava dormendo. Altrimenti, come avrebbe potuto individuare quel minuscolissimo animaletto, per di più nascosto nell’ombra ed attaccato al soffitto, tanto alla svelta? Kouga aveva trascorso tutto il tempo ad osservarlo, ed ecco perché era riuscito a ricollegare le due cose in un lampo.

Con tutto ciò, l’artista si sentì l’obbligo di ribadire: - Ho urlato troppo, prima, vero? Devo averti senz’altro svegliato.

 

- Comunque- premise il giovane, senza commentare la questione dovuta allo strillo improvviso -Non stavo dormendo.

 

Kaoru in quel modo era riuscita finalmente ad ottenere la sua meritata risposta, e quindi a sapere la verità. Si finse però sorpresa, affinché non se ne facesse troppo accorgere – Davvero? Neanche io.

 

- Il letto è forse scomodo? – le chiese, preoccupandosi di sapere se lei lo ritenesse in quel modo.

 

- No, anzi! – scosse il capo, ma non seppe cos’altro aggiungere a quelle parole. Aveva davvero un’aria strana. Si mordicchiò il labbro inferiore, combattuta nel dire o non dire la verità, e quel groviglio di lettere le restò a lungo nella gola. Ciò nondimeno, lei sentiva quasi l’obbligo di comunicargli i suoi pensieri. Esitò, tergiversò, e alla fine giunse al dunque: - E’ che mi sembra tutto così strano… riguardo al fatto che siamo qui… Forse avrei dovuto chiedere anche il tuo parere.

 

- Non ti avrei risposto comunque.

 

Allibita, la ragazza fece una smorfia: - Aspetta, mi stai forse dicendo che volevi lasciare a me la decisione? E’ per questo che non hai detto niente?

 

- Non volevo costringerti a prendere una decisione forzata. Tutto qui.

 

- Tutto qui? – il viso di Kaoru si contrasse ancora- Io pensavo che non te ne importasse molto… - poi ad un tratto lo stupore mutò in perplessità- Ma se io avessi accettato la proposta di Jabi? Tu…- “Tu avresti davvero accettato di dormire con lei?”, avrebbe voluto dire, ma si trattenne.

 

Ancora una volta Kaoru aveva creduto alle parole della Sacerdotessa, dimostrando così di essere seriamente una credulona, ed ancora una volta Kouga si trovò ad emettere un sospiro. In aggiunta a quel suono sommesso, seguitò un accenno pronunciato di riso. Alla giovane pittrice quel gesto non passò inosservato, per cui arrivò ad afferrarne il significato con una certa facilità, e perché no,  anche una buona dose di sdegno.

Increspò la fronte incorniciata dai capelli, e schiuse la bocca dichiarando apertamente: - Non è giusto! 

 

- Sei proprio una… - Molto probabilmente, Kouga avrebbe concluso quella frase con il termine “credulona”, ma a causa di un impedimento improvviso, non riuscì a finire: Kaoru aveva afferrato di corsa il proprio cuscino e glielo aveva lanciato giusto in faccia.

 

- Antipatico! – gli rimbeccò, con un modo di fare esagitato e la voce sporca di rabbia, irritata.

 

- Ma che ti è preso?! – sbottò il giovane Saejima, scostandosi dalla faccia il guanciale.

 

Kaoru lo punse all’istante lanciandogli una frecciatina congeniale: 

- Dimenticavo che tu sei un asociale, e che molto probabilmente il termine “lotta con in cuscini” non ti dice nulla… - poi aggiunse sicura- I tipi come te farebbero meglio a restarsene da soli!

 

- Guarda che sei stata tu ad invadere la metà del mio letto. – pronunciò secco il ragazzo, e fu soltanto in quell’istante, che la figlia del pittore Mitsuki apprese di non trovarsi al proprio posto.    

 

- Accidenti! – riuscì soltanto a pronunciare di colpo, ma quando fece per balzare indietro, nell’appoggiare con troppa forza la mano destra a terra, sentì una fitta improvvisa che le provocò un intenso dolore. Macchinalmente, con un rapido scatto gemette mettendosi a sedere in mezzo al letto.

Si agguantò subito il polso. Kouga la seguì quasi a ruota.

 

- Che cos’hai?! – chiese con fare allarmato.

 

- Il polso… Credo di averlo poggiato a terra troppo velocemente... – disse con voce dolorante, continuando a reggersi l’arto. Con una mano lui l’afferrò garbatamente, poi diede un’occhiata.

Si trattava del polso che Kaoru, armeggiando con quella vecchia spada, si era ferito alcuni giorni fa. Fortunatamente del lungo taglio restava un solo segno appena visibile, quindi lui appurò che la ferita non si era aperta nuovamente.

 

- Non è ancora guarito del tutto. – disse lo spadaccino – Quindi cerca di non sforzarlo.

 

La ragazza assentì. – Ho preso troppa umidità quella sera… Forse è per questo che accuso ancora un po’ di fastidio. – affermò, e quella frase fece ritornare magicamente entrambi ad un evento preciso: L’attimo in cui Kouga le aveva sfiorato le labbra con un bacio da levare il respiro.

 

Ricordavano perfettamente tutto. L‘acqua che incorniciava i loro visi, che impregnava i loro capelli e perfino gli abiti. La pioggia che aveva lavato via le lacrime della dolce moretta, e che continuava a scendere sulla pelle di entrambi perfino quando avvenne l’inatteso contatto.

Kaoru ricordava tuttora l’acqua dei capelli bagnati di Kouga che finì col trasferirsi anche su di lei, mentre Kouga, invece, di quanto fosse liscia la pelle di quel viso aggraziato e bianco, solcato da goccioline che lo inumidivano tutto.

Quando entrambi ebbero finito di rivivere quell’attimo dalla melodia inconfondibile, si accorsero anche di trovarsi l’uno di fronte all’altra.

Si rivolsero lo sguardo, ma prima ancora si cercarono con gli occhi, poi nessuno dei due inseguì il desiderio di pronunciare qualcosa. Ambedue non sapevano bene che cosa dire, comportarsi, ma specialmente fare. E molto probabilmente, qualsiasi cosa avessero detto, forse le parole non sarebbero state in grado di rendere il massimo dei loro sentimenti. Solo ascoltare in silenzio il folle battito di due cuori, sarebbe riuscito a descrivere ciò, unicamente con semplicità.    

 

Kouga le teneva ancora il polso con la mano, e fu così distratto da non accorgersi di averla avvicinata ulteriormente a sé. E per giunta Kaoru non aveva opposto taluna resistenza. Sembrava che anche lei non si fosse accorta di nulla, tant’era impegnata a farsi incatenare da quello sguardo che racchiudeva una profondità sconfinata, una profondità che avrebbe fatto perdere la via di casa a chiunque.

In un secondo momento, i loro volti presero a fronteggiarsi in quella che da lì a poco si sarebbe trasformata in una congiunzione di labbra. Ma non appena la bocca di Kaoru fu sufficientemente vicina alla sua, quasi da sentirne il respiro, Kouga le lasciò di colpo il polso, ed ella smise di avanzare.

Il figlio del valoroso Taiga si rese per la prima volta conto delle proprie azioni, e l’animo gli fece finire ogni suo movimento in catene.

Si trovò ad affrontare a viso aperto una situazione molto complessa, ma era meglio non cedere a possibili quanto per lui inammissibili impulsi.

In realtà sapeva già cosa fare.

- E’ tardi – disse, afferrando il guanciale che la ragazza gli aveva tirato in faccia attimi prima, e riconsegnandolo a lei- Dovremmo cercare di dormire. – finì la frase nell’istante in cui Kaoru, presa dall’imbarazzo, gli annuì soltanto. Collocò il cuscino a terra, cambiò di posto, e si distese lungo il futon a pancia insù. Fu in quel momento, che nell’osservare il soffitto, si rese conto di una cosa: l’animaletto verde smeraldo non era più lì.“Ha raggiunto la sua innamorata” disse tra sé e sé, affascinata da ciò che ai suoi occhi pareva sembrare una romantica favola… del mondo animale!

Poi lo sguardo le ricadde sul dorso di quel ragazzo che le stava di fianco. Sperò nel miracolo, ovvero aspettò fiduciosamente che lui le rivolgesse una parola. Una soltanto. Forse chissà, in quel modo sarebbe riuscita a prendere sonno. Ma quando Kaoru, ormai perse le speranze si apprestò a rigirarsi dall’altro lato, ciò che stava aspettando arrivò:

- Buonanotte.

Solo una parola. Una soltanto.

La dolce artista sorrise, nonostante lui non la potesse vedere, e come per magia, chiudendo gli occhi, finalmente si addormentò. Con il cuore colmo di gioia.

 

 

 

 

 

A volte è più semplice fuggire dalle proprie emozioni, anziché affrontarle di petto e trovare il coraggio di guardare dentro noi stessi. Pur di fare la cosa giusta, le congeliamo per paura di ferire qualcuno o per paura di ferirci. Pur di non sentirci tristi, ci costringiamo a non amare completamente una persona. Ma tutto ciò, serve solo a farci capire quanto quella persona sia importante per noi.

 

 

 

                                                               Fine episodio

 

                                                      

                                                          

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Eccoci arrivati al decimo episodio! Stavolta sono di poche parole perché vado di corsa… Quindi, passiamo subito alle risposte! ^__^

 

 

 

Per seasons_girl: Love is in the air… na na na love is in the air *botan-tan canta* ^__^ Non potevi scegliere canzone più azzeccata! La cosina che riguarda ciò che ha attirato Kouga quando stava bloccato nel traffico insieme a Gonza, come già detto nella mail, la scoprirai nell’episodio 12, quindi pazienta ancora un pochino, anche se mi rendo conto che non è facile…! Io in primis sono una curiosona nata…! Che bello, dai, tu ed Elentari dai KAT-TUN!! ^o^ E’ troppo divertente ‘sta cosa!!!  

 

Per _Elentari_: Eeh… fa piangere anche a me il chap 9… E sì, lo so che mi adori! Ma io adoro te per le cose belle che mi scrivi. Ci adoriamo entrambe!  Grazie per gli auguriiiiiiiiiiiiiiii!!!!!!!!!!!!!!!!!! <3

 

Per stelly89_s: Ch bello! Un’altra persona che ama la pioggia come me! Condivido tutto ciò che hai detto, e quando fuori diluvia io faccio festa! Pensa che mia nonna odia i temporali… gira per casa con le candele accese pronunciando strane formule per farli passare… Io invece farei la danza della pioggia a vita! Quando piove mi sento particolarmente ispirata… Soprattutto quando scrivo…! E grazie mille per gli auguri!! ^__^

 

 

 

Un bacio a tutti voi!

Botan

 

 

 

 ANTICIPAZIONI:

Risposte, rivelazioni ed avvenimenti a sorpresa… Tutto ciò attenderà Kouga che dovrà tenere testa a Chimere Mistiche e misteriose presenze nell’arco della stessa giornata, ma per fortuna non sarà da solo.  

Prossimo episodio: #11 Fedeltà.

                                                         

 

 

   
 
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