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Autore: TheBlackSheep    10/06/2010    2 recensioni
Si ha sempre molta fretta di crescere: indipendenza, libertà, bella vita; o almeno così ci dicono. Quando però si arriva al sodo, si scopre che nessuna felicità è gratuita e nemmeno la stessa libertà. Crescere per alcuni vuoldire sicurezza, la sicurezza che, superata quella soglia, conti qualcosa anche tu. Ma il mondo è mestro di promesse e giudice di futuri. E se poi ti lasciano su un marciappiede, come la spazzatura della domenica, cominci seriamente a pensare che non a tutto c'è via di fuga. Il problema è quando vedi la luce del sole dopo anni di buio. Il problema è quando qualcuno bussa all'inferno con l'intento di salvarti. Il problema è quando Tom Kaulitz decide di salvarti.
Genere: Romantico, Triste, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Sorpresa, Tom Kaulitz
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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Gli uomini guardano la loro storia
dallo schermo con apatia
e occasionalmente passa una ventata di orrore
e indignazione.*


Salì in macchina con un gesto stizzito, quasi non notando il sorrisetto compiaciuto che il castano aveva rivolto alle sue gambe scoperte.
Si allacciò la cintura, rimuginando mentalmente su quanto raramente le fosse capitato di doversela allacciare.

Rimase seduta composta per tutto il tragitto, ignorando volutamente le occhiate ammiccanti che il ragazzo le lanciava ogni tre per due.
Le aveva, sì, promesso i soldi, ma non era con lui che doveva farsela; e per lei ogni "okay" era un accordo stipulato.
Non che si potesse dire che avesse rispetto per il suo corpo, quello no, era come una sorta di incosciente rivincita con se stessa.

Quando la macchina frenò nell'immenso parcheggio di fronte la villa si premurò di rifare il tragitto mentalmente, non si aspettava che nessuno la riaccompagnasse.
Se la sarebbe fatta a piedi, come al solito o, nella migliore delle ipotesi, sarebbe riuscita a finire prima delle 3, così da prendere l'ultimo autobus.

-Bene, adesso ti faccio conoscere i festeggiati.- La voce del ragazzo era leggermente arrochita e l'erezione premeva notevolmente contro i suoi jeans.
Non lo aveva neanche toccato e quello già minacciava di venirsi nei pantaloni.

-Certo.- Rispose seppur di malavoglia.
Sarebbe bastato un cenno del capo, ma probabilmente, ridotto com'era ad una larva, non avrebbe afferrato.

A Valery non piaceva parlare, o forse la verità era che nessuno le parlava.
Le persone non se ne premuravano, e neanche Valery stessa.

L'egocentrismo e il narcisismo erano due parole inesistenti sul suo vocabolario, non sapeva esistessero neanche dei sinonimi. Ma non avrebbe comunque avuto niente da dire se glielo avvessero chiesto.

Si incamminarono nel viottolo, leggermente coperto di ghiaia, fino ad arrivare ad una porticina di legno con una finestrella a croce.
La porta sul retro.
Doveva aspettarselo.
...e in effetti, era così.
Non che le fregasse qualcosa, questo no.

-Bill!- Urlò ad un tratto il castano facendola sobbalzare.
Digrignò per un attimo i denti producendo un poco di attrito e stringendo convulsamente i pugni.

Si guardò intorno per nulla spaesata.
Non le fregava niente.
Non le importava dov'era, con chi era e che faceva: stava lavorando.
Tutto era lavoro, almeno da finchè aveva memoria.

-Tom!- Strillò poi.
Odiava le urla.

Ogni volta che la voce si alzava di quel decibel sopra la scala normale, le scoppiava l'emicrania.
Non poteva farci niente.

Una volta Melody le raccontò che quella "strana cosa", come la chiamava lei, era derivata dal fatto che, prima di cominciare a battere, si trovava in un ospedale in seguito ad un incidente.

In effetti ricordava i dottori che le esplicavano la sua perdita di memoria, ma non aveva mai avuto particolare interesse verso i suoi ricordi, nè, d'altronde, gli stessi erano tornati a cercare lei.
Tutto era diventato terribilmente sterile e senza un minimo di interesse da quando aveva aperto gli occhi in quella camera bianca.
Non si era domandata perchè fosse stesa lì con un ago nel braccio e troppe macchine a produrre insopportabili "tic".
Aveva solo sentito la testa leggera e la mente svuotata.
E così, aparentemente, l'aveva lasciata.

Si premurò di ravvivarsi nuovamente i capelli, prima di spostare il peso sull'anca e poggiare la mano sul fianco.
Non che le importasse come mettersi per provocare qualcuno, semplicemente così le avevano detto di fare.

Vuoi i soldi per le sigarette? Bene, fai questo, questo e questo.

E, paradossalmente, le sigarette erano l'unica cosa che le interessava.

Erano ancora fermi sulla soglia quando un moretto fece il suo ingresso.
Portava dei pantaloni neri attillati e una giacchetta in pelle.
Dei capelli troppo bizzarri per essere anche solo catalogati e il viso più truccato di una puttana.

-Georg, cia...chi è questa?- Si era impalato a guardare il viso di Valery nel momento in cui bloccò la frase a metà.
Si stupì che esistesse tanta bellezza e, per un attimo, si sentì terribilmente brutto e goffo se messo in confronto alla bella mora che gli si era piazzata davanti.

-Il tuo regalo di compleanno!- Proferì entusiasta il castano. Si avvicinò per abbracciarlo, non accorgendosi della vena di delusione che aveva preso forma negli occhi di Bill. Era relativamente triste che fosse una prostituta. -Ah e anche di Tom...- Si corresse poi.

-A dire la verità credo che abbia già scartato il suo.- Alluse squadrando il corpo perfetto di lei.



**


Non se lo ricordava neanche come ci era finito avvinghiato a quella bambola di porcellana.
Ricordava solo di quanto sapesse di dolce la pelle del suo collo e del gemito strozzato che gli era uscito non appena l'aveva penetrata.

L'aria si era gradualmente appestata di sesso e sudore e le pareti avevano assistito mute a quell'amplesso che di naturale aveva ben poco.

L'aveva posseduta senza troppi complimenti e presentazioni.
Dopotutto era il suo regalo di compleanno per quella notte e, a suo avviso, poteva farci ciò che voleva.

Le intimò di stendersi e di divaricare per bene le gambe, prima di rientrare in lei in una mossa quasi troppo meccanica.
Quello era troppo squallido anche per essere chiamato sesso.

Sospirò di piacere affondando completamente in lei e stringendole convulsamente un seno.

Si premurò di aprire gli occhi e osservarle il volto, trovandolo estremamente freddo e senza espressione.
Per un attimo l'eccitazione scomparve, alla vista di tanta indifferenza, per poi riversarsi con violenza al suo inguine, facendolo urlare, quando lei strinse i muscoli attorno alla sua erezione.

Le si stese affianco affannosso, percependo un respiro leggermente irregolare fuoriuscire dalle labbra di lei.

-Grazie.- Soffiò fuori balbettando.

-Figurati.- Aveva risposto vacua.

[1] Conor Cruise O'Brien




Note finali: Grazie a tutte e due per aver commentato, spero di non deludervi :) E ringrazio anche quelli che hanno solo letto, senza commentare :)
  
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