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Autore: blackpearl_    10/06/2010    6 recensioni
Tratto dal secondo capitolo: "Le vetrate erano gigantesche, allungate, simili a quelle che Earine aveva visto molte volte nelle chiese. Al centro assoluto della sala stava uno strano leggio in legno. Earine attraversò cautamente la sala, sentendosi intimorita ed affascinata da quanto la circondava. Più si avvicinava al leggio più si rendeva conto che era una sorta di appoggio per qualcosa di tondo. Si accostò e posò una mano sul freddo e liscio legno scuro, color ebano. Sopra di esso c’era qualcosa ricoperto da un sottile panno bianco, e la fanciulla per un attimo si chiese se scostarlo o meno. Piena di incertezza passò la mano sotto il panno, sfiorando l’oggetto che vi era sotto. Era liscio al tatto, quasi scivoloso. Dopo un ultimo istante di indecisione, Earine scostò il velo.
Genere: Romantico, Malinconico, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Murtagh, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo*


C’è sempre speranza.

Anche quando il buio ci ammanta fra le sue strette spire, annebbiandoci la vista e impedendoci di scorgerla fra le nuvole che coprono l’orizzonte.
Ma lei, proprio come il sole, è lì sopra, lontana ma splendente.
Sempre presente sotto la coltre di nubi.
C’è sempre speranza.



Sembrava giorno.
Le fiamme che lambivano le case, gli animali e le persone illuminavano la notte conferendole un aspetto folle, inumano. Urla di bambini, donne e uomini riempivano il silenzio facendo rabbrividire chiunque le sentisse, ma nessuno era corso da loro per offrire aiuto. Nei paesi vicini i genitori tenevano stretti i figli tremanti, chiudendo gli occhi e pregando che finisse.
Eppure le grida continuavano.
L’intero villaggio bruciava fra le fiamme, e i suoi abitanti con lui. Chi correva chiamando per nome l’amata, chi correva in una ricerca disperata dei figli, chi correva per salvarsi. Fra di loro, centinaia di soldati dall’armatura nera e scarlatta trucidavano chiunque capitasse loro a tiro.
La luna fissava impassibile, dall’alto, quella distruzione.
Una ragazza, come tante altre, correva a perdifiato, urlando il nome del padre, buttando lo sguardo tutto intorno, cercando di evitare i soldati e i suoi stessi compaesani, ormai diventati più bestie che esseri umani. Lacrime le scendevano lungo la guancia candida e il collo a cigno, cerchiandole gli occhi e facendola rassomigliare ad uno spettro vagante.
-Padre! Padre!- urlava, correndo senza badare al lungo vestito verde che la intralciava.
Ed infine, lo vide. Steso sulle macerie di una casa che, un tempo, era stata una delle più belle del villaggio. Il suo colorito pallido stonava con gli accesi colori del fuoco e delle armature nemiche. Lo sguardo della ragazza scivolò sul suo petto, dove una grossa trave di legno spuntava insanguinata.
La ragazza sentì la testa girare, il mondo farsi sfocato e il cuore rallentare i suoi battiti. Fece per correre verso di lui, quando un’ombra scarlatta passò proprio sulla sua testa, alimentando quelle fiamme che stavano consumando tutto. Il mostro atterrò poco lontano da lei, spostando le macerie con un semplice movimento della lunga coda squamata. L’uomo sulla sua groppa voltò la testa a destra e a sinistra, contemplando quello scempio. La ragazza sentì una rabbia mai provata invaderla da dentro e, con la vista offuscata dalle lacrime, si slanciò in avanti verso il mostro. Non le importava più di morire. La prospettiva delle lunghe zanne acuminate del mostro era molto più allettante di una vita passata a ricordare quell’episodio terrificante.
Fu come guardarsi dall’esterno. Si vide correre urlando verso lui, verso il mostro che cavalcava il mostro, con in mano nient’altro che un pugnale spuntato raccattato chissà dove, nel ca0s. L’uomo voltò la testa protetta dall’elmo in tempo per vederla avanzare verso di lui con un’espressione folle. Scese con tutta calma, venendole incontro con la lunga lama , dello stesso colore del suo mostro, che toccava il terreno scuro, bruciato. Non l’aveva neanche sguainata.
La ragazza si buttò su di lui con la forza della disperazione e della rabbia, provando ad attaccarlo in qualsiasi modo, brandendo il pugnale alla ceca. Fu semplice per il cavaliere afferrarle la mano e torcerla in modo che quello le scivolasse dalle dita.
La ragazza allora, singhiozzando dal dolore, cercò di liberarsi prendendo a pugni il suo nemico, abbassando il capo per non dover guardare in quegli occhi dannati. L’uomo non si oppose, ricevendo pacatamente i suoi colpi.
Poi, presa dalla stanchezza e dal dolore, la fanciulla alzò lo sguardo, incrociando i propri occhi azzurrissimi con quelli neri del suo nemico. Fu un attimo, e svenne fra le sue braccia.
L’uomo l’afferrò prima che toccasse terra, tenendola dolcemente come tenesse un bambino. Ne esplorò a lungo il volto rigato dallo sporco e dalle lacrime, spostandole, con un dito guantato, una ciocca di capelli scuri che le era scesa a coprirle la fronte. L’alzò con delicatezza e, con il suo corpo, salì sul drago ponendola davanti a sé e circondandola con le braccia per impedirle di cadere.
Infine, il mostro aprì le lunghe ali rosse e spiccò il volo, allontanandosi insieme alla ragazza e al suo cavaliere da quella devastazione.
E il villaggio precipitò nel silenzio. Un silenzio carico di morte.


Un lampo di luce le offuscò la vista mentre, con uno scatto repentino, si sollevava a sedere urlando a pieni polmoni. Immagini sfocate e voci lontane, come sentite dalla fine di un lungo tunnel, la circondavano, ma la ragazza, con in mente solo le fiamme e la distruzione, non ascoltava niente.
Era consapevole solo dei ricordi e del suo cuore che, rinchiuso nel suo petto come in una gabbia, batteva all’impazzata. Due mani fresche le circondarono il viso, posandole sulla fronte una pezza bagnata. La ragazza chiuse gli occhi con un inconsapevole sospiro di sollievo.

-Ha la febbre molto alta, mio signore- sentì debolmente una voce femminile, preoccupata.

-Ma ha superato la notte, no?- rispose, invece, un tono di voce maschile, più lontano.

-Si, ha un sistema immunitario molto forte. Bisogna aspettare solo che passi- continuò la voce femminile e la ragazza si sentì stendere.

Ma non voleva più stare ferma. Si sentiva bruciare e la cosa la spingeva ad agitarsi e a gemere. Le stesse mani fresche di prima le accarezzavano una guancia e le passavano la pezzuola ovunque.

-Morti. Tutti morti- parlava lei, con gli occhi strizzati e la gola che le bruciava.

-Cosa..?-

-Tutti!- urlò la ragazza improvvisamente, facendo trasalire la guaritrice –Tutti- ripeté con un singhiozzo.

-Non si può fare niente per calmarla un po’? Se continua così ci attirerà addosso tutte le guardie del palazzo- commentò tranquilla la voce maschile, adesso vicina come quella femminile.

-Si, certo, però è rischioso nella sua situazione..-

-Non importa, lo faccia. Nessuno deve sapere che lei è qui.-

La ragazza sentì passi che si allontanavano ed una porta che si chiudeva. Tutto era confuso, distorto dal fuoco della febbre che la bruciava da dentro. Un sospiro, mani che le trafficavano intorno ed una lieve puntura al braccio. Per la prima volta la ragazza riuscì ad aprire gli occhi gonfi e lucidi. Aprì la bocca per parlare, ma le sfuggirono solo fugaci suoni incomprensibili. Il volto che aleggiava sopra di lei le sorrise gentile, dolce.

-Povera piccola.. adesso dormi-

-..adesso dormi, piccola mia. Domani è un nuovo giorno-

Un uomo che salutava la figlia con un bacio sulla fronte per la buonanotte.

-Dormi- le ingiunse di nuovo la guaritrice

E lei scivolò nel sonno.


*


Quando aprì di nuovo gli occhi, la fanciulla sentiva la mente molto più sgombra e lucida. Sbatté le palpebre lentamente, cercando di evitare che un fascio di luce, proveniente da chissà dove, le ferisse gli occhi.
Mosse incerta la mano destra, provando a sgranchirsi le dita e qualcuno le prese, fermandole. La ragazza si bloccò, all’erta.

-Buongiorno. Come ci sentiamo?- la salutò una voce.

La conosceva. Era la stessa che l’aveva assistita e guidata in quei giorni pervasi di follia, in preda alla febbre. La ragazza alzò lo sguardo su di lei, incrociando due occhi verde bosco, contornati da sottili rughe di espressione. La guaritrice che le stava davanti, con espressione dolce e corti capelli neri che le circondavano il viso, poteva avere al massimo una ventina d’anni eppure la sua aria matura la faceva sembrare più grande. Indossava un lungo camice bianco, candido, che le feriva la vista per il suo riverbero alla luce del sole. La guaritrice se ne accorse e si spostò all’ombra.

-Temevamo non ce l’avresti fatta, sai?- le disse, spostandole da vicino alcuni strumenti che la fanciulla non riconobbe

-Quanto tempo..?- provò a dire la ragazza con voce roca

-Da quanto tempo sei qui?- la aiutò l’altra –Cinque giorni-

-Cinque giorni?!- ci mise qualche secondo a ricordare a rendersi conto della situazione.

Scattò a sedere come qualche giorno prima, con gli occhi azzurrissimi sgranati.

-Il mio villaggio, le fiamme, mio padre! O mio dio..- mormorò, alzando una mano a spostarsi i capelli dalla fronte.

Sentiva il suo corpo così estraneo. Che stranezza.
Il tono della guaritrice si tinse di incertezza.

-Si, beh, di questo parleremo dopo. Piuttosto, come ti chiami?-

La fanciulla ci mise qualche minuto a ricordare, a scavare nella propria memoria. Le sembrava tutto estraneo, incomprensibile ed alieno. Come se stesse vivendo la vita di un’altra. Anche il suo nome lo sentiva lontano e vicino insieme.

-Earine..-disse, guardandosi intorno con circospezione.

Si trovava in una vasta camera da letto, dai muri di un beige molto chiaro che brillava al contatto con il sole. A destra stazionava un letto singolo, con le coperte accuratamente rimboccate e il cuscino pulito. In un angolo Earine poteva scorgere una grande scrivania piena zeppa di libri e pergamene, di un legno chiaro che s’intonava con il colore dei muri. Di chiunque fosse la camera, doveva essere una persona amante della cultura, vista anche la piccola libreria rasente al muro del lato sinistro, proprio affianco ad una finestra spalancata sul giardino sottostante. Nel complesso era una camera davvero molto bella, luminosa. Proprio com’era la sua.

-E’ un nome bellissimo, mia signora- commentò allegramente la guaritrice

Earine la guardò stranita. Nessuno l’aveva mai chiamata “mia signora”.

-Ha un qualche significato particolare?- chiese cordialmente la donna, muovendosi di qua e di là per far ordine.

Earine era stesa su di una piccola branda costruita per necessità, posta in un angolo remoto della camera, lontana dalla finestra e dal letto e soprattutto lontana dalla porta.

-Ehm, dovrebbe significare “del mare” o “marino”. Qualcosa del genere- fece lei, continuando a guardarsi intorno con sospetto.

Dove si trovava? L’ultima cosa che ricordava era.. un paio di occhi scuri, neri, che la fissavano imperscrutabili da sotto un elmo scarlatto. Earine scosse la testa, sentendosela subito martellare da un forte mal di testa.

-Cos’è successo? Dove mi trovo?- chiese ansiosa, fissando la guaritrice

Quella, come prima, rispose con lo stesso tono incerto –Dovrai aspettare il ritorno del mio signore..-

-Io non voglio aspettare proprio nessuno!- sbottò la fanciulla, scendendo dalla branda.

Quello che non aveva messo in conto era la debolezza del suo corpo dopo la febbre. Barcollò subito, reggendosi al muro per non cadere, ma non si fece fermare ed avanzò decisa verso la porta. Voleva, doveva, capirci qualcosa. La guaritrice, dopo aver fatto un esclamazione sorpresa, accorse da lei cercando di frenarla.

-Mia signora, ti prego, aspetta-

Earine la scostò con un gesto deciso e, sebbene più debole di lei, riuscì ad allontanarla. Passò accanto alla finestra e fece in tempo a scorgere un ampio giardino, del verde più brillante che avesse mai visto, e una grande diramazione di edifici che si estendevano fino all’orizzonte. Earine si bloccò a guardarlo, sorpresa. Essendo vissuta per tutta la vita –diciannove anni- in un piccolo paesino sperduto vicino a Dras-Leona, Earine non conosceva le vastità delle città capitali o la folla delle strade maestre di Uru’baen e Gil’ead. Perciò non potè che fermarsi ad osservare quello spettacolo maestoso e spaventoso insieme con la bocca socchiusa e gli occhi luccicanti.
Dietro di sé sentì la guaritrice avvicinarsi, approfittando della sua distrazione. Earine si voltò nuovamente per fronteggiare la donna che, nella mano, aveva uno strano strumento a cilindro con la punta acuminata. Decisamente qualche oggetto per somministrare dei liquidi. Quando Earine si rese conto che la guaritrice voleva sedarla era troppo tardi: era già scattata verso di lei. Con un movimento agile afferrò il polso della donna rigirandolo verso il basso per farle mollare la presa. Quella, per tutta risposta, le assestò una gomitata al fianco, facendole vedere le stelle. Lasciò andare il braccio della donna, portandosi una mano al fianco.
Non poteva far altro che farsi sedare, era troppo debole per lottare. Ma, proprio mentre la donna avanzava verso di lei con quello strano oggetto sormontato da un ago, una spada dalla lama rosso sangue comparve dal nulla, puntandosi non su di lei, ma sulla guaritrice.
Quella, tremando da capo a piedi, poggiò l’oggetto da una parte, alzando le mani. Earine voltò il viso, per vedere chi fosse il suo salvatore. Un ragazzo alto, ben piantato, era entrato mentre le due stavano lottando, perciò entrambe non se n’erano accorte. Aveva un fisico asciutto, tonico, che era possibile vedere sotto la semplice tunica che indossava e dai muscoli del braccio abbronzato che stringeva la spada. Aveva lunghi capelli neri che, in sintonia con gli occhi, gli donavano una bellezza tenebrosa. Il suo viso celava segreti che Earine non riusciva ad identificare.

-Mi pare che la nostra ospite si sia ripresa- commentò il ragazzo con voce pacata

La guaritrice annuì frettolosamente, rigirandosi fra le mani il bordo della tunica bianca. Era terrorizzata.
L’uomo la guardò per qualche altro istante, poi abbassò la spada e le indicò la porta con un cenno del capo. La donna si avviò talmente in fretta che Earine capì che, se avesse potuto, avrebbe corso. Quando la porta si chiuse alle sue spalle, Earine si rese conto di essere addossata alla finestra, semi-seduta sul suo davanzale. Si aggiustò tenendo d’occhio il ragazzo che, buttata la spada sul letto, si dirigeva con calma verso la scrivania.
Sotto lo sguardo perforante della ragazza, quello prese una bottiglia di vino dal terzo cassetto in basso ed un paio di bicchieri da una mensola. Versò il vino mostrando le spalle alla ragazza, sicuro che non avrebbe tentato m0sse di alcun tipo. Una volta finito, si girò nuovamente verso di lei ed avanzò per porgerle il bicchiere.
Ma, a pochi passi da lui, la ragazza si perse in quegli occhi nero pece, riconoscendoli. Si alzò molto lentamente, presa dallo sconcerto e dalla sorpresa.

-Tu..- mormorò, fissandolo

Quello allora si fermò, ricambiando il suo sguardo con un’occhiata fredda.

-Tu!- urlò Earine, lanciandosi sul ragazzo.

Lui posò i bicchieri con una velocità sovraumana, per impedire che si rompessero, e si alzò appena in tempo per accogliere la fanciulla fra le braccia e bloccarle i polsi proprio come aveva fatto quella sera di cinque giorni fa. A differenza di quel giorno, però, Earine era molto più debole, reduce dalla febbre, e non poteva far molto contro di lui. Nonostante questo continuò a lottare e a dibattersi come una forsennata, costringendo il ragazzo e voltarla e a stringerle le braccia dietro la schiena. Le scappò un gemito di dolore.

-Che diavolo stai facendo?- le chiese il ragazzo all’orecchio.

-Cerco di ucciderti- rispose Earine roca, continuando a dibattersi.

Stanco di quella lotta, il ragazzo la prese e la sbatté contro un muro, costringendole la mani in una presa ferrea e inchiodandola con i suoi occhi nerissimi. Earine alzò la testa, fiera.

-Ti consiglio di smetterla se non vuoi morire sul serio- la minacciò lui, le labbra ad un soffio dalle sue

Ma Earine non si lasciò intimorire –Che n’è stato del mio villaggio?-

Il ragazzo la lasciò andare di colpo e la ragazza scivolò lungo il muro, massaggiandosi le braccia dove –era sicura- sarebbero spuntati presto alcuni lividi. Ma, tutto sommato, poteva ritenersi fortunata di non aver riportato ferite più gravi.

-E’ stato raso al suolo- le rispose lui con un tono leggero come se stesse commentando il tempo.

Una sottile ruga di dolore solcò la fronte della ragazza che, però, decise di non far intravedere al ragazzo la sua debolezza. Perciò ricacciò indietro le lacrime e ingoiò i singhiozzi, trattenendosi dal tremare. Le ci volle un notevole sforzo per farlo, soprattutto se nel frattempo le immagini della sua casa, del padre sorridente, di Bart il barista, suo amico da tempo immemore, dei suoi boschi e della vallata vicina, la assalivano.

-Ma.. perché?- domanda stupida. Sapeva già la risposta.

E infatti il ragazzo le lanciò uno sguardo sospettoso e stranito.

-Per i vostri contatti con i Varden. Se l’Impero non riesce a mantenere l’ordine all’interno, come farà a farlo all’esterno?-

-Forse non dovrebbe farlo- ironizzò la ragazza –Sappiamo tutti che Galbatorix è..- ma prima che potesse rispondere la ragazza si ritrovò l’altro ad un centimetro dal viso, con un’espressione mortalmente seria.

-Sentimi un po’, ragazzina- iniziò, prendendola per la gola –Non so neanche io cosa mi abbia spinto a salvarti, in mezzo a tutta quella gente, ma adesso sei qui, okay? Non posso mandarti via perché ci sono quelle fottutissime guardie che seguono ogni mia mossa, e non voglio ucciderti. Le spie di Galbatorix sono ovunque e lui stesso può sentire ogni parola anche quando non te l’aspetti. Se scoprisse che ti ho lasciata vivere, quando i suoi ordini erano di sterminare l’intera popolazione, mi punirà. E una volta che avrà finito, io punirò te. Sono stato chiaro?-

Ormai Earine non respirava più e il suo viso iniziava a tendere al viola. Senza aspettare risposta, allora, il ragazzo la mollò alzandosi e avvicinandosi alla scrivania. Afferrò un mantello e se lo chiuse intorno alle spalle e sotto la gola. Rinfoderò la spada nella sua guaina e si avvicinò alla porta, afferrandone la maniglia.

-Esco. Tu rimani qui e non aprire a nessuno- le ingiunse, senza neanche girarsi, poi uscì e si chiuse la porta alle spalle.

Earine si ritrovò improvvisamente sola, con il respiro ancora scellerato e la gola che le faceva male per la presa del ragazzo.
In che casino mi sono cacciata? Pensò, disperata.


*


Quando il ragazzo rientrò il camera, trovò Earine accovacciata sulla branda con il viso nascosto tra le ginocchia ed il pranzo, portato dalla guaritrice, deposto in un angolo insieme alla cena, intatto. Chiuse la porta e si fermò ad osservarla, ben conscio del fatto che la ragazza stava aspettando una sua qualsiasi mossa. Aveva avuto modo di scambiare solo poche parole con quella ragazza, eppure già la trovava insopportabile. Perché diavolo l’aveva salvata?
Eppure, mentre guardava i suoi lunghi capelli di un castano molto scuro, mossi, e il suo viso candido nascosto fra le braccia, il ragazzo poteva risentire quello strano presentimento che l’aveva pervaso appena l’aveva vista corrergli incontro, con un’espressione folle.
Scrollando le spalle, avanzò, incurante di quella presenza silenziosa, voltandosi di spalle e lasciandosi cadere il mantello sulle spalle. Afferrò una tinozza vicina, colma d’acqua e, dopo essersi sfilato camicia e pantaloni, si sciacquò con cura, lavandosi dallo sporco. Poi, pulito, s’infilò il completo composto da una semplice tunica e un pantalone, pronto per andare a dormire. Fece per scostare le coperte quando la sua voce lo raggiunse.

-Come ti chiami?- era tanto flebile che il ragazzo, seppur con un udito finissimo, quasi non la sentì.

-Murtagh- rispose voltandosi a guardarla

Aveva alzato il viso ed adesso lo guardava con occhi cerchiati di rosso, spiritati un po’ per le lacrime trattenute un po’ per la febbre. Era, inoltre, mortalmente pallida.

-Murtagh.. quel Murtagh?- gli chiese

-Ne conosci altri?- commentò freddamente lui, sedendosi di botto sul letto e lasciandosi andare ad un sospiro di stanchezza.

Earine, dall’altro lato della stanza, piegò la testa da un lato, pensierosa.

-Sai cosa diceva mio padre di te?-

Lui la guardò senza dir niente, ma lei lo prese per un tacito invito a continuare.

-Che sei schiavo del tuo stesso destino- continuò a lei, con voce sommessa –Imbrigliato in cose più grandi di te che non riesci a controllare. Non un carnefice, una vittima-

Murtagh continuò a non rispondere, fissandola con sguardo perforante ed indagatore. Non aveva il diritto di dire certe cose, gli richiamavano alla mente le parole di una persona a lui familiare..

-Però sai che ti dico? Io non sono d’accordo-

Lo sguardo della ragazza adesso bruciava di determinazione e ira.

-Per fare certi atti ci vuole consapevolezza. Non si possono uccidere degli innocenti a quel modo senza essere in qualche modo accondiscendenti. Tu sei un assassino- la ragazza pronunciò le ultime parole con determinata lentezza, come a voler far comprendere meglio il concetto al suo interlocutore.

Murtagh si infilò sotto le coperte, ignorandola, e spegnendo la luce nel piccolo lume accanto al letto con una parola dell’Antica Lingua.

-Buonanotte- disse e si rigirò dall’altro lato.

Eppure, nel silenzio della notte, Murtagh quasi riusciva a sentire il sordo dolore martellare nel petto della ragazza.

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Ehssì, gentile pubblico, mi sono anche data ad Eragon ùù che volete fare, sono una persona dalle molte passioni ** ma andiamo al dunque. Pochi giorni fa stavo girovagando per la cartella video di mio padre e.. sorpresa! Eragon il film. Attirata nuovamente da draghi e simili, me lo sono visto, tutto, poi in camera ho riafferrato il libro e me lo sono riletto. Poi ho ri-iniziato Eldest e.. eccoci qui xD ritorno di fiamma!
Devo dire di aver letto parecchie Fic su Eragon, e davvero non mi aspettavo certi lavori davvero molto belli. Che dire, spero solo di essere alla vostra altezza ragazzi ç-ç sappiate da adesso che aggiornerò settimalmente e, in caso di problemi o simili, posterò per poi la prima parte con il dovuto avviso.
Che altro c'è da aggiungere? Ah si, un grazie a chi commenta e a chi legge, come sempre. Siete il nutrimento degli scrittori <3
Si comincia <3

Amaerize: Grazie inanizutto per i complimenti, di certo sono graditi ** si, non ho mai scritto prologhi così corti, però questa volta ho voluto mandare un messaggio diverso dal solito. Più misterioso, ma al tempo stesso evidente. Prendetelo come una voce fuori campo della protagonista <3 Grazie ancora!
Baci

honeyS: Eccoti allora il primo effettivo capitolo *___* sono felice che ti abbia intrigata, era proprio il suo scopo <3 grazie mille per i complimenti!
Besos

-Vì
   
 
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