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Autore: Natalja_Aljona    14/06/2010    3 recensioni
George stava per dire qualcosa, ma un urlo squarciò la quiete di Arnold Grove.
-PAPYYYY!!-
-Cosa vuoi, Raymond??- domandò George, cercando di mostrarsi paziente, ma visibilmente scocciato.
-C'è una lucertola!- gridò Ray, eccitato.
-E CHE CAVOLO ME NE FRE... Fantastico, Raymond! Si vede che sei mio figlio! Ce l'abbiamo nel sangue, noi Harrison! Semplicemente, spacchiamo!- George modificò provvidenzialmente il suo tono di voce, conseguentemente all'occhiataccia di Lucy.
Poi diede un lieve bacio sulla fronte di quest'ultima, posandola finalmente a terra.
-E adesso va a quel paese, Harrison- borbottò tra se e se Lucy, fingendo di spolverarsi i vestiti, per darsi un contegno.
George raggiunse a grandi falcate la camera del figlio, pensando tra se e se:
Se quella lucertola è entrata nella MIA chitarra, giuro che le stacco la testa!
Gennaio 1972.
Dodici anni dopo "Revolution".
La storia di Ray, Jim e John Harrison, ovvero...i figli di George Harrison e Lucy Richards.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: George Harrison
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Lucy is a Rainbow'
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The only living pirates in London

(Part 2)

“Homeward Bound”

 

 

 

Era sera.

Lucy sarebbe dovuta essere a casa già da un bel pezzo.

George parcheggiò davanti a casa, con John per mano, e si avvicinò alla porta, ancora intento a cercare le chiavi nella custodia della chitarra.

-Papi...-

-Un secondo, John-

-Papi...-

-John! Ho detto un...-

-E' aperto-

George abbassò lo sguardo sul figlio, che, molto simile a paperino da piccolo, con il ciuffo spettinato in stile Quarrymen e lo sguardo da sognatore che avrebbe fatto tanto piacere allo zio John, lo guardava sorridente.

-Giusto- commentò, per darsi un contegno.

Era bello tornare a casa.

Certo, anche se per lui e Lucy le cose sembravano essere rimaste a dodici anni prima, quando, nel 1960, potevano comportarsi come una quattordicenne e un diciassettenne si sarebbe comportato, anche se di indole più ribelle degli altri, alcune cose erano cambiate.

Adesso era un chitarrista di successo, un cosidetto “uomo impegnato”.

E Lucy persisteva nel suo comportamento da ragazzina di quindici anni, quel comportamento immaturo e infantile che George aveva sempre adorato, ma che poco si addiceva a una quasi ventisettenne madre di tre figli.

Forse la cosa era semplicemente dovuta al fatto di essere diventata madre a quindici anni, senza avere il tempo di crescere, ne di cambiare.

Forse era proprio il suo carattere, il suo modo di essere e di fare, che faticavano a morire, anche col passare degli anni.

Forse avrebbe dovuto parlargliene, forse avrebbe dovuto fare qualcosa.

L’unica cosa che sapeva, in quel momento, era che non vedeva l’ora di vederla.

Come quando giri tutta la città in motorino, senza sapere dove andare, senti il cuore battere forte, troppo forte, e tutto il mondo intorno accelerare, fino a prendere il sopravvento sulla ragione… ecco era così che George sentiva il bisogno di rivederla.

-Johnny...tu dici che la mamma è ancora troppo bambina??- chiese a un certo punto il chitarrista al figlio, passandogli un fazzolettino ricamato per pulirsi dagli sbaffi di gelato che aveva sul naso e sulle labbra.

-Uhm...- rispose il bambino, con un sorriso divertito.

-E intanto che ci pensi, pulisciti con questo. E' di Lucy, ma non penso che avrà la stessa reazione di Otello...- aggiunse, mentre si apprestava a far girare la chiava nella toppa.

Con un clic prolungato e cigolante la porta si aprì.

George posò la sua chitarra sul divano, dopodichè tornò a guardare John, ancora in attesa della sua risposta.

Certo, forse un bambino di cinque anni era la persona meno adatta per rispondere a una domanda del genere, ma George sapeva che, certe volte, John sapeva essere persino più maturo di Lu'.

-A me la mamma piace così com'è... Però a volte mi sembra un po' pazza!- disse John, con una risatina.

-Non sai quanto, John, non sai quanto...-

-Papiiiii!!- gridò Jim, scendendo dalle scale di corsa per corrergli incontro e abbracciargli le gambe.

Ma, prima ancora di dare al padre il tempo di rispondere, chiese:

-Dov'è la mamma??-

George sentì una strana fitta al petto, come un presentimento che diventava realtà.

-Non è ancora tornata??-

-Pensavo che fosse con te...-

-Ma io ero in studio!-

George estrasse dalla custodia della chitarra la cassetta su cui aveva registrato “What is Life”, pensando a Lucy... ma Lucy non c'era.

George si sedette sul divano, soppesando la situazione con lo sguardo.

-Chiamiamo Keith-

-Zio Keithy?? Perchè?!- gridò Jim.

-Forse lui l'ha sentita...forse l'ha chiamato... Lucy sa che il mio telefono è spento, quando sono in studio... A proposito!! Dov'è Ray??-

-Ehm...- Jim reclinò il capino a terra, incapace di guardare negli occhi il padre.

-Jim! Dov'è tuo fratello?-

-E' uscito a cercare la mamma...-

-Da solo??-

-Ha telefonato a Dylan...credo che sia con lui-

-Ma Martha è a casa?? C'era anche lei, al consiglio di classe-

-Non lo so- ammise Jim.

George non se lo sapeva spiegare, ma aveva come il presentimento che la risposta alla sua domanda sarebbe stata affermativa.

-Telefoniamo a Keith- ripetè infine, indicando il telefono a Jim.

-Telefono io??-

-Poi passamelo- disse soltanto, prendendosi la testa tra le mani e lanciando diversi sguardi al muro, su cui aveva già appeso alcuni dei bigliettini del collage che gli aveva regalato John quel pomeriggio.

Sapeva che la maggior parte del lavoro l'aveva fatta Ray, era lui l'artista di famiglia, dopo Lucy.

Guardò i due bambini avvicendarsi al telefono e sentì come l'irrefrenabile desiderio di stringerli tra le sue braccia.

Poi lanciò un'altra occhiata all'orologio.

Erano quasi le sette, ormai.

Il consiglio di classe era finito da più di un'ora.

Sfiorò con un dito le pareti polverose di Arnold Grove, e il primo dei bigliettini che avevano incollato John, Ray e Jim.

Girl, we couldn't get much higher.

Yes, I know, I'm a lucky guy.

Il biglietto che le aveva scritto dopo la nascita di John.

Si ricordava bene che, esattamente nove mesi prima, aveva sussurrato a Paul, badando bene a non farsi sentire da Keith, che sicuramente non avrebbe gradito: “Da che parte è l'Alaska??”.

Paul gli aveva indicato la sala asportazioni gessi, dove si era imbattuto in un vecchietto sulla sedia a rotelle che bestemmiava e gridava di essere Giacomo Leopardi.

E, George lo sapeva, avrebbe potuto benissimo essere davvero lui.

Non si sarebbe sorpreso più di nulla, ormai.

Soltanto che ormai Giacomino stava entrando sempre più spesso e sempre più insistentemente nelle loro vite.

Incollata alla parete, c'era una cartina dell'Alaska.

Allora aveva cominciato a sospettare(ma in fondo l'aveva sempre saputo) che Paul avesse seri problemi d'orientamento.

Era il 1967.

La sua Arnold Grove non era cambiata, da allora.

 

I'm sittin' in the railway station
Got a ticket for my destination, mmm
On a tour of one night stands
My suitcase and guitar in hand
And every stop is neatly planned
For a poet and a one-man band

 

Era sempre la stessa, polverosa, stretta e quasi soffocante, ma al tempo stesso accogliante casetta di periferia, la casa dove un ragazzino non troppo ricco di Liverpool era nato e cresciuto...

George non avrebbe mai voluto lasciare Arnold Grove, quella che suo padre era solito chiamare Harold Grove.

Era casa sua, era una parte di se.

Anche Lucy amava Arnold Grove.

Non era mai stato un posto particolarmente lussuoso, una casa con poche stanzette per gente di poche pretese.

Sicuramente non era il posto che la maggior parte della gente avrebbe immaginato per il chitarrista dei Beatles e sua moglie.

Semplicemente, era il posto a cui era più affezionato al mondo.

 

Homeward Bound
I wish I was
Homeward Bound
Home, where my thought's escaping
Home, where my music's playing
Home, where my love lies waiting
Silently for me

 

Quei quattro muri lo conoscevano meglio di chiunque altro, avevano registrato ogni suo movimento e ogni suo passo come nemmeno la miglior mente umana sarebbe riuscita a farlo, combattendo perfino i limiti del tempo, che pure cominciavano a farsi sentire, su quelle crepe appena accennate, che davano l'idea di una casa “sofferente”, ma immensamente buona.

Arnold Grove era quel posto gelido che faceva accapponare la pelle dal freddo, in inverno, ma che sembrava scusarsi non appena cominciavi a guardare quei quattro muri con altri occhi, con gli occhi spalancati e attenti di un figlio che guarda la madre per la prima volta.

 

Every day's an endless stream
Of cigarettes and magazines
And each town looks the same to me
The movies and the factories
And every stranger's face I see
Reminds me that I long to be

 

George poteva sentire tutto l'affetto di Arnold Grove per lui soltanto sfiorandola...ed era una bella sensazione, la sensazione di essere a casa anche con il corpo, la mente e il cuore ad anni luce da lì, una stilla della sua vita sarebbe rimasta per sempre lì, scolpita  nei muri di Arnold Grove, e così sarebbe stato in eterno.

 

Homeward Bound
I wish I was
Homeward Bound
Home, where my thought's escaping
Home, where my music's playing
Home, where my love lies waiting
Silently for me

 

Se quella casa fosse crollata, nelle sue ultime ceneri, avrebbe potuto leggere il suo nome.

A quella casa George sentiva di appartenere come a nessuno, conscio che avrebbe potuto chiedergli qualsiasi cosa, e la casa, silenziosamente, gli avrebbe risposto.

Era in quel mondo da solo ventinove anni, e quante avventure aveva passato, in quei ventinove anni, quanti sorrisi, gesti d'affetto o di rabbia, schiaffi e baci, litigi e abbracci aveva visto quella casa?

E come sarebbe stata Arnold Grove, Liverpool stessa, senza di lui, senza la sua casa, senza quei suoi squallidi, adorabili quattro muri?

 


Homeward Bound
I wish I was
Homeward Bound
Home, where my thought's escaping
Home, where my music's playing
Home, where my love lies waiting
Silently for me
Silently for me

 

La vera essenza di Arnold Grove era racchiusa nel suo cuore, e così sarebbe stato per sempre.

Anche loro, Ray, Jim, John e Lucy, avrebbero mai imparato ad amarla come la amava lui?

George sperava di sì.

George sperava che Lucy tornasse a casa.
Quella era anche casa sua.

 

Tonight I'll sing my songs again
I'll play the game and pretend
But all my words come back to me
In shades of mediocrity
Like emptiness in harmony
I need someone to comfort me

 

Sfiorando quel muro, George si era accorto che anche la casa doveva risentire della mancanza di Lucy.
Doveva risentirne terribilmente.

 

I'm looking through you, where did you go?

 

 

Nel frattempo, una tale Algisia, nota anche come Elvira, stava prendendo a dentierate in faccia(nel senso che ormai Ron aveva lo scalpo della dentiera impresso sul muso)  un disperato e piagnucolante Ronnie Wood.

In incognito, naturalmente.

Anche se ormai, Ronnie lo sospettava già da un pezzo, quell'incognito doveva essergli sfuggito di mano.

-Infedele! Eretico!- lo accusava la vecchia, stracciando davanti ai suoi occhi i falsi volantini di Geovah.

Ovviamente, Algisia non aveva fatto il minimo caso al fatto che quelle su cui accaneva, in realtà, non erano altro che pagine scelte a caso(e pure ritagliate male!) di Donna Moderna.

-Lei sicuramente non sarà mai una “Donna Moderna”, signora Algisia!- gli rispondeva lui, cercando invano di difendersi con il casco del motorino di Keith.

Sul casco lampeggiava una scritta: Goodbye, Ruby Tuesday.

Presto la dentiera della signora Algisia avrebbe cambiato la frase in: Goodbye, Ronnie Wood.

Kristin Richardson, invece, si stava esibendo in una serie di improvvisati numeri acrobatici con il suo motorino, quando squillò il telefono.

-Corpo di mille Tutankhamon imbalsamati! Chi diavolo...-

-Z...zietto Keithy??- fece la voce di Jimmy.

-Tuuuutankhamon imbalsamato number one??- gli fece eco George.

-Sono gli Harrison!- gridò.

-THEIR SATANIC MAJESTIC REQUEST!- strillò Duncan Mick, iniziando a saltare e a ballare a ritmo di Start Me Up per mezza Trafalgar Square, mentre I giornali scandalistici di Londra scattavano foto su foto.

Julian Zimmerman, che in realtà era il foto-reporter di un giornaletto semi-sconosciuto, si affrettò ad annotare il titolo dello scottante articolo che sarebbe uscito il giorno dopo in tutte le edicole della galassia.

“Mick Jagger alle prese con l'ennesima overdose di aspirine.”

Poi corresse:

Keith Richards posseduto da un motorino(probabilmente posseduto anch'esso) e Ron Wood messo al tappeto da una dentiera.

Parla una nostra concittadina: Algisia Mc...ehm...facciamo prima a dire una vecchia(e SDENTATA) londinese.

 

-No, non l'ho sentita, Lucy!- gridò Keith, esasperato.

 

Julian continuò a scrivere, imperterrito.

Presto sposerò Lucy Richards.Viiiiva me!!

Per tutta risposta, gli arrivò la dentiera in faccia.

-AHI!-

-Convertiti a Geovah, CRETINO!-

-Su...subito! E' gratis?-

Ron gli rivolse un sorriso smagliante.

-Una firmetta qui e, per adorare il mitico Geovy, pagherai soltanto la bellezza di cinque centesimi all'ora...per I prossimi vent'anni!!-

Julian sorrise, da bravo ebete che era.

-Allora firmo subito!-

Ron alzò lo sguardo al cielo e gli Arcangeli incominciarono a ballare furiosamente sulle note di Twist and Shout.

-Il primo in vent’anni!-

-Deo gratias!-

 

George fece per chiudere la telefonata, quando lo sguardo gli cadde su Jim, che stava saltando sul divano gridando:

-Vorrei cantare come Biagio Antonacci!- mentre John lo accompagnava alla chitarra.

-C’è Ron?-

-No che non c’è- rispose Keith, risalendo sul motorino. –Qui c’è soltanto Ronald Duck, il messaggero di Geovah!-

-Passamelo comunque!-

-D’accordo…-

-Ronnino??- chiese, quando fu sicuro che Ron avesse preso il telefono.

-Ronnino, sono Geo. Ti ricordi di me??-

-Argh…ahm…e come potrebbe essere diversamente??- rispose Ron, leggermente inquieto.

-Giusto… allora, fai una cosa per lo zio Geo: inserisci il vivavoce!-

-Per…perché?-

-Fallo e Geovy sarà fiero di te!-

-Come vuoi…-

-L’hai acceso??-

-Sì-

-Bene…allora stammi bene, vecchio, caro, ancora un’altra volta fregato RONALD DAVID WOOD!- gridò, mentre Jim e John, accanto a lui, gli facevano il coro.

Solo allora Ron capì.

-No, no, no, NO! Dimmi che non l’hai fatto ancora, dimmi che non…-

George fece appena in tempo a sentire l’odiosa voce di Julian Zimmerman gridare:

-Ehi, ragazzi! Avete sentito?? Non è un testimone di Geovah! E’ il vero Ron Wood!-

Poi la comunicazione cadde.

George lasciò cadere il telefono sulla scrivania, con un sorrisetto diabolico dipinto sul viso.

-Povero Ron…-

Poi reclinò di nuovo lo sguardo, con un triste sorriso.
Aveva cercato di distrarsi, ma era stato per un attimo soltanto.
Non riusciva a smettere di spensarci.
-Dobbiamo trovarla-

 


Completamente da un’altra parte della città, invece, Lucy stava facendo il punto della situazione.

Fino a cinque minuti prima stava sfogliando un libro di Leopardi, nella libreria di Chanel Song.

Era davvero sorprendente, quella libreria.

Quel pomeriggio stesso Ray aveva portato a casa un libro di poesie di Socrate…e quello che stringeva tra le mani adesso, fino a prova contraria, non era un libro di poesie.

Ma era firmato Giacomo Leopardi.

“All come to look for America”.

Giacomo Leopardi aveva scritto anche romanzi d’avventura?

Lucy era confusa.

Quel libro era l’unica cosa che le era rimasto di quello che era successo prima.

E tutto perché, non avendo avuto il tempo di posarlo, le era rimasto in mano.
All come to look for America”.

-Cosa significa?-

Lucy si ricordava anche un’altra cosa.

-Tu non sei in una libreria, Lucy Harrison- le aveva detto una voce che aveva riconosciuto come quella di Cin Song, ma non era sicura.

Eppure, sentirsi chiamare Lucy Harrison da quella voce, le aveva fatto uno strano effetto.
Così come le faceva uno strano effetto pensare a George, a Ray, a Jim, a John, a Keith e qualsiasi cosa riguardasse la sua vita…era come se le facesse male, un dolore inspiegabile che non le permetteva di formulare un pensiero sensato.

Solo quando guardava il libro e si concentrava su di esso, si sentiva davvero in pace.

In pace con il mondo intero…ma non con se stessa.

Dentro di lei continuava a sentire quella strana angoscia le impediva quasi di muoversi, come di una consapevolezza che gravava su di lei.

Un’ inevitabile consapevolezza.
Perché era lì dentro?

Perché era nella stanza segreta della libreria dei Song, quella che tutti spacciavano per un bagno, ma in cui nessuno aveva mai messo piede, quella stanza con il cartello con scritto “DANGEROUS”?

Perché in quella libreria si trovavano sempre le cose più assurde, libri che gli autori segnalati, effettivamente, non avevano mai scritto?
C’era qualcosa che non le tornava.

Non c’era niente che le tornasse.

Di nuovo quella voce.

-Vorresti tornare a casa, Lucy Richards?-

Se il “Lucy Harrison” le aveva fatto uno strano effetto, quel “Lucy Richards” era ancora peggio.

Guardare giù era peggio.

Perché giù, senza nessuna spiegazione logica, senza nessuna spiegazione e basta, c’era il fiume.

Il Mersey, probabilmente.

Ma non poteva esserci il Mersey lì dentro.

E non era tutto.

C’era come una forza che la attirava verso il basso…

E quella voce, quella voce che aveva sentito, proveniva dal basso.

Ray e Dylan, nel frattempo, stavano cercando Lucy nei dintorni della scuola.

-Mamma! Mamma, dove sei??-

-Ray! Aspetta, Ray! Chiediamo a Song!- esclamò Dylan a un certo punto, indicando l’ometto ricurvo su una pila sbilenca di riviste ingiallite dal tempo.

-Signor Song! Signor Song! Ha visto Lu…- Dylan s’interruppe, voltandosi lentamente verso Ray, con gli occhi spalancati.

-Ray!-

-Cos’hai visto, Dyl?-

-Il Signor Song… non è il Signor Song!-

Ray scosse la testa, divertito.

-Ma dai, Dyl! E chi dovrebbe ess…-

 

-Ray! Dylan!-

-Mamma!-

-Lucy!-

Ray stava per gettarsi tra le braccia della madre, quando sentì una specie di irresistibile richiamo verso il basso.

Lucy si alzò in piedi, giusto in tempo per afferrare per un braccio il figlio, impedendogli di cadere.

Solo allora si accorse che Dylan non c’era più…e che stava precipitando nel fiume.

Nel fiume, o in quello che era.

-DYLAN!- gridò, ma non ricevette alcuna risposta, se non il gorgogliare dell’acqua.

Lanciò un’occhiata angosciata alle onde, che si muovevano a velocità impressionante, come ipnotizzata.

E allora sentì uno scricchiolio alla caviglia, su cui si era improvvisamente concentrato tutto il suo peso, attirandola giù come un’enorme, mortale calamita e facendola scivolare.

 

-Lucy, attenta!-

Lucy si sentì tirare per una manica del vestito e subito dopo sbattè violentemente la schiena contro il muro.

Era ancora lì, su quella sporgenza di roccia levigata che spuntava dalla parete, a cui si stringeva con tutte le sue forze per non cadere.

Solo che non erano più in alto, vicino alla porta… erano caduti al piano di sotto.

Proprio così.

C’era tutta una serie di “panchine”, posizionate a mo’ di scala, l’una sotto l’altra, che continuavano fino all’ultimo scalino…fino al fiume.

Accanto a lei, Dylan le aveva appena impedito di cadere.

-Mamma…ti stavi per buttare!- gridò Ray, cercando invano di sovrastare il rumore del fiume.

-Dylan! Ma allora non sei…-

-Caduto? Lo credevo anch’io. Ma poi…è spuntata questa…questa cosa-

In un flash di luce, Lucy risentì la voce del figlio.

E si accorse che proveniva sopra.

-RAY!- gridò. -Ray è ancora di sopra!-

-Ray, buttati!- gli urlò Dylan, leggendone l’espressione di terrore negli occhi.

-Ray, ti prego… non avere paura. Pensa al divano di casa nostra…pensa che siamo solo io e papà…non ti succederà niente- gli sussurrò dolcemente Lucy, stringendo così forte i pugni da conficcarsi le unghie nella carne.

Ray sobbalzò, nel sentire che la voce della madre le suonava terribilmente vicina, come se fosse accanto a lui, e non sotto di lui.

Il suono, così amplificato, gli provocò una sensazione di confusione e stordimento tale da costringerlo a chiudere gli occhi.

Si buttò.

Ma stavolta sentì solo il vuoto ad accoglierlo.

 

Buona sera a tutte!!

Sono tornata poco fa dalla piscina e…che altro dire…mi ha ispirata xD

Prima di tutto, lancio il quesito della settimana: da che canzone è preso il titolo del “romanzo” di Giacomo Leopardi??

Vincita un volantino di Geovy disegnato da Ronnie in persona…xD

Ebbene sì, i libri saranno sempre presenti in questa storia…soprattutto per svelare il mistero della libreria dei Song…nel prossimo capitolo ;)

E presto assisteremo anche all’entrata in scena di Potamak,per capire cos'è successo a Lucy, Ray e Dyl…

 

Passando alle recensioni…

 

Zaz:Infatti, ne ho parlato anche nella risposta di Marty, Lucy deve diventare più matura...uhm...credo che potrebbe prendere lezioni da Rub, anche se dico già che quest'ultima avventura la cambierà parecchio...(anche se io ho letteralmente adorato Rub quando ha rotto il naso a Ronnie, in “Angie”)...

Già, chissà...chissà se anche il caro Rayuccio diventerà un pittore come la sua mamma...e come Stu! Chissà, chissà... ;)

 

Thief:Sì sì, dovremmo proprio chiamare Lo Stucliffe(Stuart + Sutcliffe xD)'s Lonely Hearts Club Band per la Yells...

Già, Cin Song...in questo capitolo però si è comportato in moto un po' strano, non credi? XD

Speriamo solo che non sia in qualche modo complice di PePotamak...(da come parlo non sembro neanche l'autrice della storia xD) (George:che genio!) (No, dico, adesso ci si mette pure lui!!)...e sono contenta che I bigliettini ti siano piaciuti!!

La seconda parte del tema la metterò nel prossimo capitolo(spero), perché ho dimenticato il quaderno a casa e adesso non sono a casa mia...xD
Ma tanto torno domani, quindi penso che lo ricopierò e metterò nel prossimo…

Comunque mi fa piacere che vi sia piaciuto! Pensavo fosse troppo stupido...xD

 

Marty(voce della verità-o della coscienza di Lucy): Visto che influenza ha avuto la tua recensione su questo capitolo?? xD No, scherzi a parte, grazie mille. Mi ha fatta davvero riflettere... Non avevo ancora pensato a modificare il suo carattere da “Revolution”, ma avrei dovuto farlo... anche se forse la cosa dipende anche dal fatto che Lucy, essendo diventata madre a quindici anni, ha dovuto, in un certo senso, crescere più in fretta e il suo carattere e il suo comportamento è rimasto quello di una quindicenne...

Anche George, infatti, se n'è accorto(ma sempre DOPO di me xD) e adesso...Lucy imparerà a sue spese a diventare “grande”...penso che questa storia la cambierà molto(in meglio, spero xD)...e grazie ancora per avermelo fatto notare!! ;)

 

A presto!

Marty

 

  
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