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Autore: yesterday    18/06/2010    33 recensioni
Non è mai una scelta vantaggiosa condividere una stanza di quattro metri per quattro con il tuo ex ragazzo. Soprattutto se l'ex ragazzo in questione è Akito Hayama, e siete più o meno in pessimi rapporti.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Aya Sugita/Alissa, Fuka Matsui/Funny, Sana Kurata/Rossana Smith, Tsuyoshi Sasaki/Terence | Coppie: Sana/Akito
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.62: Decode: to understand the meaning or the implications of something not obvious.

PART TWO.



« Kami. E dopo, cos’ha fatto? Ha picchiato il tuo amico? »
Università, ora di pausa. Panchina ovest: Sana, Den, Sayuki, Sota.
Racconti dell’orrore. Ehm, racconti del pomeriggio precedente.
Strabuzzai gli occhi: « Certo che no! Anche se da lui me lo sarei aspettato. Insomma, credo ci abbia fatto un pensierino »
« Diamine, peccato! Un bel litigio epocale, eddai Sana dì la verità: ti sarebbe piaciuto » Sota era in preda ad una sorta di delirio.
Dopo il compito di Sociologia avevamo continuato a vederci, noi quattro, ed ero abbastanza convinta che la conoscenza si potesse trasformare presto in una bella amicizia.
Oltretutto mi facevano morir dal ridere, soprattutto quando parlavamo di Akito.
E di Akito parlavamo spesso, per un motivo o per l’altro.
« No, non desidero assistere a spargimenti di sangue, soprattutto in casa mia. Sono una pacifista, io » scossi la testa, convinta.
« Sana, si stavano per battere per te! Non è romantico? » questa era Sayuki. Per inciso, la personificazione del concetto di romanticismo.
Sota la guardò, cercò di darsi un tono e chiese: « Vuoi che faccia a botte per te? Dimmi chi devo far fuori e io lo faccio. »
Scoppiammo a ridere. Ah, l’amore.
« Quindi non sono arrivati alle mani. E allora cos’è successo? » Den appoggiò il mento sui palmi.
« Ha detto “E poi lui la bacia. Bella mossa, Nao. Ci ho pensato anche io, ma eravamo in sesta elementare”, ha scosso la testa e si è fiondato in camera. L’ha chiusa a chiave, ’sto imbecille. Ho dovuto dormire sul divano » mi sfiorai la schiena indolenzita.
I tre erano rimasti interdetti.
« Oh, oh già. In sesta elementare gli ho versato addosso della limonata, mi sono avvicinata per sistemargli la maglia e lui mi ha baciata » chiarii guardando il cielo terso, guastato all‘orizzonte qualche nuvola.
Entro sera avrebbe piovuto.
« Quindi è come se avesse rivisto la scena, in un certo modo » anche Den alzò lo sguardo. Osservammo entrambi un aereo, chissà quanto in alto, che tagliava in due l’azzurro nella nostra visuale.
Alzai un indice.
« Con una differenza: Naozumi non mi ha baciata, e non intendeva affatto farlo. Non ci aveva nemmeno lontanamente pensato, ne sono certa. »
« Umh. »
« Non lo so, Sana, è una situazione un po’ strana. Cioè.. Non avete un equilibrio, tu ed Akito, a quanto mi par di capire » Sota si accese una sigaretta, tutto perso nel suo momento di filosofia.
Sayuki lo guardò malissimo.
Sota spense subito la sigaretta.
« Dicevo.. Prima ce l’avevate, quest’equilibrio. Da quando vi siete lasciati l’avete perso, e ci può stare finché non siete a stretto contatto. Ma ora vivete insieme, ed è necessario che lo ritroviate »
Sayuki boccheggiò. « Kami, non sapevo di avere un fidanzato intelligente! »
Io soffocai una risata, Den mi seguì a ruota e Sota.. Beh, Sota inarcò un sopracciglio.
« A parte che convivere col proprio ex fidanzato è una follia » commentò Den, osservando un punto indefinito fuori dal cancello « Ricordo ancora le parole che hai usato per dircelo. “Sono single, ma convivo col mio ex ragazzo e una coppia di amici”. Oddio, da brivido »
« Oltretutto » continuò, in assenza di reazioni « a me sembra che non vi sia ancora passata. A nessuno dei due »
Sota annuì, io corrugai la fronte, confusa.
« Sono d’accordo » disse « insomma.. Bambinate a parte siete troppo gelosi l’un dell’altra. E’ come se cercaste di camuffare il sentimento dietro all’odio »
« Oh. Oh. Per la seconda volta: ho un fidanzato ogni tanto intelligente! »
« ’Yu, io sono sempre intelligente  »
Annuimmo tutti e tre, poco convinti.
« Tornerete insieme » decretò Den, ed io gli tirai un pugno sulla spalla « Lo sai anche tu » si massaggiò l’arto dolorante.

« Sana.. Toglimi una curiosità »
Sollevai gli occhi dal telefono, dieci minuti dopo. Ero concentratissima a scrivere una mail a Fuka, nel tentativo di programmare un’uscita di shopping per l’indomani.
« Mh? » verso non identificato verso Den.
Sota e Sayuki erano andati a prendere qualcosa al bar, per cui eravamo rimasti io, lui, il mio cellulare e la panchina.
« Ma il tuo ragazzo è biondo? » se ne uscì dal nulla, restando sul vago.
Sospirai pesantemente. « Ex ragazzo, Den. Ex. Comunque sì, perché me lo chiedi? »
« E magari va pure a correre, il tuo ragazzo » eluse la domanda con una constatazione.
Cominciai ad innervosirmi per la prolungata assenza del prefisso “ex”.
« Ex ragazzo, Den. Ex. Sì, va spesso a correre. Non te l’avevo già detto? »
Annuì.
« A-ha. E nel suo armadio ci sono pantaloni della tuta neri, scarpe a-quanto-pare nere e maglietta bianca? »
Ero tentata di chiedergli il motivo di quell’ “a-quanto-pare”, ma il primo istinto fu di rispondergli per le rime e decisi di assecondarlo.
« Oddio, Den, è il mio ex ragazzo. Non bado al suo guardaroba »
Mi scoccò un’occhiata piuttosto chiara.
« Okay, sì, sì. Mi pare di sì » sbuffai.
Sorrise.
« Ma.. Come lo sai? » ipotizzai, la voce che tremava nel vedere il mio amico assumere un’espressione compiaciuta.
« Alza gli occhi, Sana » m’intimò « osserva il modo in cui ti guarda e capirai perché mi ostino a ripetere “ragazzo” senza quel fastidioso “ex” che ti piace tanto »
Invece di eseguire gli ordini rimasi intontita a fissarlo, la bocca semiaperta dallo stupore e gli occhi sbarrati.
Oh, okay. Quindi se Den mi chiedeva di alzare gli occhi per vedere Akito, Akito doveva pur esserci. Giusto?
Incredibilmente, scoppiai a ridere. Arrivai al punto di dovermi tenere la pancia.
Den mi fissava sconvolto.
« Certo, certo. Perché adesso io alzo gli occhi e c’è Akito. Sì, sì, convintissima! » tornai seria in un battibaleno « ti starai sbagliando. Sai quanti biondi girano per Osaka in pantaloni di tuta, scarpe nere e maglia bianca? »
Mi fissò per un minuto interminabile.
« Un sacco » ammise « ma dubito che ti guardino tutti così »
Al che io guardai inevitabilmente in avanti.
La mail a Fuka l’avrei mandata dopo, decisamente.
Aprii la bocca, poi la richiusi.
La riaprii.
« Oh »
Era davvero Akito.

***


« Che ci fai qui? » optai per il tono monocorde, appoggiandomi alla ringhiera.
« Correvo » fu la risposta secca.
« E come mai dovevi fermarti esattamente.. qui? »
« E’ suolo pubblico, Kurata, non rompere. »

Morale della favola, saltai le due lezioni pomeridiane.
Quando tornai da Den per riprendermi la borsa, mi dedicò uno sguardo talmente divertito da risultare persino fastidioso.
Mi rimbombarono in testa le parole che aveva detto.
« Non torneremo insieme. No. » annuii convinta.
Annuì anche lui, ma sembrava un po’ una presa in giro.
Sia chiaro che saltavo le lezioni soltanto per pietà. Aya e Tsu erano fuori tutto il giorno - a pranzo-e-cena dai genitori di lei - ed Akito aveva dovuto fare i conti col frigo perennemente vuoto.
Quindi io, magnanima Sana Kurata, avevo colto la palla al balzo per farmi odiare un po’ di meno - intimamente mi sentivo ancora toccata da quello scherzo di cattivo gusto che era stata la coincidenza della limonata sulla camicia di Nao.
Non era nelle mie intenzioni riappacificarmi con lui, eh. Era giusto per rendere la convivenza vagamente civile, nient‘altro.
Akito aveva deciso di non collaborare. Non parlava - ma quella non era una novità.
« Perché non hai pensato ad andare a prendere qualcosa al bar? Di solito dici che come cuoca faccio schifo » mi lasciai sfuggire.
« Come cuoca fai schifo. » precisò, ed io mormorai un “grazie” zeppo di sarcasmo « ma ho pensato che sarebbe stato meglio andare a fare la spesa. E non avevo voglia di portare tutte le borse da solo »
Smisi di camminare.
« Cosa? »
Si strinse nelle spalle.
Ricominciai a camminare.
« Aya ieri sera ha preparato la lista » frugò nelle tasche dei pantaloni alla ricerca del biglietto « dovrei avercela qui. »
Attesi, ed osservai in alto. Ottimo. Il cielo terso sembrava averci definitivamente abbandonati, sostituito da un paio di non promettenti nuvoloni neri.
« Ecco. » mi porse un rettangolo stropicciato.
Oh, Kami, sembrava dovessimo comprare intere scorte di guerra.
« Va bene. Prima tappa supermercato » decisi, fingendomi estasiata.
Mi seguì senza dire nulla.

***


Dovevo ammettere che l’università mi faceva bene. Oltretutto imparavo seriamente qualcosa, il che per me era tutto dire.
Ad esempio, il meccanismo di decodifica.
Ogni messaggio nasconde un altro messaggio, a volte.
Il messaggio nascosto è quello reale; può essere definito “allusione”, ma io per altri motivi lo chiamavo “sottotesto”.
Si possono intrattenere conversazioni basate interamente sul messaggio-nel-messaggio, e quando avviene è decisamente snervante.
Per quanto mi riguardava, accadeva con una sola persona.
« Hai degli amici, all’università » Hayama spezzò il silenzio - stranamente - quando mi allungai a prendere il sushi.
Decodifica: ti ho vista con Den.
« Sì, sai com’è, succede. Io parlo. »
« Touchè » (*) mi concesse, strappandomi di mano il sushi e andando a sostituirlo con un’altra marca.
Per il bene comune decisi di soprassedere, onde evitare un litigio in pubblico - e litigare per la marca del sushi non era il massimo.
Mi preparai alla ricomparsa del silenzio.
Sbarrai la scritta “sushi” sul foglietto con la matita, ascoltando il rumore della pioggia contro il tetto del supermercato. Diluviava.
« Vedo che vai d’accordo, con questi amici » proseguì, con fare elusivo.
Decodifica: vi ho visti scherzare.
« Già. »
« Allora probabilmente rivedrò quel tuo amico anche un sabato sera, no? »
Decodifica: siete solo amici?
Inarcai un sopracciglio, afferrando la scatola di cioccolatini che Akito aveva preso dallo scaffale più alto.
« Voglio quelli al latte, cambiali. Comunque per quanto riguarda Den » marcai bene sul nome « non credo siano affari tuoi. »
« Cambiali da sola » proferì « e comunque è affar mio »
« Non ci arrivo » porsi la confezione.
Lui sghignazzò, ma provvide a cambiarli.
« E.. Da quando ti riguarderebbe? »
« E’ affar mio chi entra in casa mia ed in camera mia. » poggiò i cioccolatini nel carrello.
Decodifica: voglio sapere con chi esci.
« Sì, interessante. » tagliai corto.
« Comunque complimenti, bella scenetta ieri pomeriggio » continuò a provocarmi.
Decodifica: me ne ricorderò la prossima volta, caro Nao.
« Non so a cosa tu ti stia riferendo »
« Certo. Tarda. » ma lo sussurrò soltanto. O forse l'avevo immaginato.

***


« Fantastico, Kurata. Semplicemente fantastico » attenzione: ironia in quantità industriali sul pianerottolo del quarto piano, di fronte alla porta dell’appartamento numero undici.
Porta irrimediabilmente ed irreversibilmente chiusa.
« Potrei dirti la stessa cosa, Hayama. Siamo in due ad essere senza chiavi » precisai, incrociando le braccia ed iniziando a tremare di freddo.
Come se già non fosse abbastanza - la casa, la camera condivisa, il venerdì sera, la gelosia - all’uscita dal supermercato avevamo realizzato di essere senza ombrello.
E Akito - il temerario Akito - si era stretto nelle spalle, aveva sussurrato « Che lagna, Kurata. Per un paio di gocce! » e si era incamminato sotto la pioggia.
No, non è corretto: si era incamminato sotto il diluvio universale.
Probabilmente i Kami si stavano divertendo così tanto, di fronte a quella scena, da piangere dal ridere e, considerata la loro quantità non indifferente - okay. Ero completamente fradicia.
Ma - e c’è l’ennesimo ma - non era ancora finita.
Di fronte alla porta chiusa di casa nostra avevamo scoperto di essere senza chiavi.
« Io le ho lasciate a casa volutamente. Pensavo le avessi prese tu prima di andare da Den all’università. » si accomodò sull’ultimo gradino, accanto alle buste della spesa.
Ennesima scoccata.
« Si dà il caso che io invece stamattina le abbia dimenticate » sorvolai sul capitolo Den « siamo pari. »
Sbuffò.
« Non c’è una chiave di riserva sotto allo zerbino? » valutai « è sempre così nei film »
Mi dedicò un’occhiata alla svegliati-la-vita-non-è-un-film.
« Dicevo tanto per dire » mi sedetti accanto a lui.
Silenzio.
Sembravano passate ore, poi finalmente trovai qualcos’altro da dire.
« Vuoi mangiare qualcosa? I sacchetti della spesa sono qui »
Di risposta iniziò a trafficare con le buste. Avrei scommesso qualsiasi cosa sul sushi, ma quella volta avrei sbagliato. Aprì la confezione di cioccolatini e ne mangiò uno.
Me la porse.
« Ti ricordi quella volta in cui hai tentato di prepararmi il pranzo? Terza, forse quarta superiore » osservò la scala.
Risi. « Sì. La signora Shimura era disperata. In effetti hai ragione, sono una pessima cuoca »
La tensione tra noi sembrava essersi momentaneamente smorzata.
E non mi lamentavo affatto.
« Non proprio pessima, dai » ammise, continuando a tenere lo sguardo lontano da me.
Nuovamente silenzio.
Presi un cioccolatino.
« Era comodo il divano, stanotte? » azzardò.
Appoggiò la testa sul poggiamano e mi guardò di sbieco. L’ombra di un sorriso.
Gonfiai le guance, irritata. « Vai a quel paese, Hayama.. »
Poi mi tornò in mente una cosa.
« Akito, tu mi devi una spiegazione »
Lo vidi irrigidirsi, la parola spiegazione non gli era mai piaciuta.
« Cos’ho detto nel sonno? »
« Non lo vuoi sapere » mi rispose serio.
Mi preoccupai, ed inevitabilmente arrossii.
Potevo aver detto di tutto - e non era confortante, diamine.
« E se io volessi saperlo? »
« Non te lo direi. »
Fu il mio turno di sbuffare.
« Come ti pare, Hayama. »
Altra dose di silenzio, spezzato dal rumore di cioccolatini scartati.
« Domani è venerdì » osservai, più per me stessa che per lui. Avrei dovuto trovare un impegno per la sera.
« E dopodomani è sabato » lo sentii ribattere « Den o Kamura, Kamura o Den? Questo è il dilemma »
Con quei due nomi la tensione ritornò a farsi sentire, quasi insostenibile.
Mi morsi un labbro per non proferir parola ma, ovviamente, non ci riuscii.
« Già. Tu invece con Keiko vai sempre sul sicuro, no? » mi lasciai sfuggire.
Fece cenno di sì con la testa.
« Ma non è carino, Sana, tenere due poveri ragazzi in ballo » provocò.
Quel giorno non faceva altro che provocare, e io non ressi.
« Sinceramente, Hayama, che ne sai? Non sai niente » mi alzai in piedi di scatto.
Per la foga urtai col piede la scatola dei cioccolatini, che scese un paio di gradini delle scale prima di aprirsi e riversare il suo contenuto per terra.
Mi sentii afferrare un polso e tirare all’indietro.
« Non so niente, eh? A me sembra che quella tarda che non capisce sia tu » di nuovo, gli occhi di Akito erano cattivi. Dalla misera distanza che ci separava riuscii a notarlo, e rabbrividii.
Strattonai il braccio per liberarmi, ma non mi scansai.
« Ancora con questa storia? Io so da che parte stare. Tu no! Non puoi permetterti il lusso di essere geloso, non puoi più »
Si massaggiò una tempia con due dita, nel tentativo di riacquisire il suo tanto fantomatico autocontrollo.
Mi resi conto, tutto in un momento, del motivo per cui Den, Aya, Tsu e anche Fuka fossero convinti, sebbene con diverse teorie, che la storia tra me e Hayama non fosse completamente conclusa.
Non c’era una fine netta, esattamente nel modo in cui non c’era stato un inizio preciso, all’epoca.
Eravamo sempre stati due universi tanto vicini da potersi sfiorare. Qualcosa come dei coinquilini di galassia, ecco. Una volta terminata la nostra storia avevamo cercato di creare un confine, un modo per cui i due pianeti non potessero più sfiorarsi.
Anzi no, non avevamo cercato nulla. Avevamo lasciato che le cose degenerassero a loro piacimento, fregandocene altamente perché, in fondo, nessuno dei due avrebbe mai nemmeno lontanamente ipotizzato di andare a vivere insieme all’altro - anche se non in quel senso.
I due pianeti avevano dovuto ricominciare a sfiorarsi per forza, al momento del trasferimento ad Osaka, e il confine venuto a crearsi generava attrito.
Puro e semplice attrito.
E c’era l’ostacolo - quel dannato ostacolo - di mezzo. Dovevamo superare quel confine o non sarebbe finita mai.
Ovviamente, identificare l’ostacolo era quanto di più complesso avessi mai dovuto fare.
Non mi ero accorta che nel frattempo si era alzato anche lui, restando un paio di scalini più in basso perché fossimo alla stessa altezza.
« Io geloso? Kurata, tu vaneggi » era furioso - perché era stato punto nel vivo?
Mi concessi una smorfia eloquente.
« Non sono geloso! Della tua vita puoi fare quel che ti pare. Vuoi instaurare un
ménage à trois (**) con i tuoi due nuovi amici? No problems! »
Okay Sana, sta’ tranquilla. Akito è un idiota, punto. Non sta dicendo seriamente, davvero.
« Evita i discorsi da poliglotta, Hayama. E, a proposito, bella battuta. Non sai niente e, a quanto pare, non sai niente di me. O almeno, non più. »
Per me la discussione era decisamente conclusa. Picchiettai un paio di volte col piede destro sul gradino, pregando che qualcuno lassù inviasse un aiuto nelle sembianze Aya e Tsu, magari. O forse una telefonata al momento giusto, ecco.
O anche solo un cambio d’abiti asciutto.
Starnutii.
« Sana » tono insolitamente calmo « puoi.. Puoi ripetere l’ultima frase, per cortesia? »
Ecco. Quel “per cortesia” era decisamente agghiacciante. Arretrai istintivamente, pronta a sentirlo esplodere.
Deglutii. « Ho detto che ormai non sai nulla nemmeno per quanto riguarda me »
In fondo lo pensavo davvero.

« Oh, questa è bella. Sana, dove vivi? » volevo quasi tapparmi le orecchie, tant’era alto il suo tono. Seriamente, rischiavo di dire addio ai miei timpani.
Sentimmo un rumore provenire dall’appartamento accanto.
« Io so.. » inspirò, abbassando la voce « io so tutto »
Come no. Mi coprii la bocca con la destra per non ridergli in faccia.
« Allora sono tutta orecchi »

E Akito perse definitivamente le staffe - e Akito parlò talmente tanto che.. colmò quelle due settimane di quasi perenne mutismo.
« Hai paura del buio. Adori il blu. Vorresti chiamare tua figlia Aiko»
Mi strinsi nelle spalle. « Queste cose le sanno anche i miei fan »
« Sicuro. Ma fammi finire. Vorrei passare ad una dettagliata descrizione fisica, ma credo non sia cosa da dirsi in un pianerottolo, dato che chiunque potrebbe sentirci, e inoltre tu mi diresti “spaccone”. L’hai sempre detto. So che il primo giorno dopo la mia partenza per l’America non hai pianto. Hai pianto il secondo, il terzo, il quarto. Ma il primo no, perché eri felice per me e per la possibilità che recuperassi l’uso della mano. Tra i dettagli più recenti so anche cosa dici mentre dormi - che, per inciso, altro non è che “Akito” ripetuto sette volte. Potrei andare avanti all’infinito. Chi non conosce chi, Sana? »
Cercai di ricordare come si respirasse. Ah sì, giusto: inspira, espira.
Inspira. Espira.
« Bravo » riuscii solo a dirgli « questo però non cambia le cose. »
« Sì invece. Tu, tu mi conosci? »
Alzai entrambe le mani. « Se non ti conosco io.. »
« Allora rispondi, sinceramente, ad un paio di domande: lo sapevi che quella tanto fantomatica vita da donnaiolo te la sei immaginata tu da sola? Keiko è venuta da me solo per chiedermi notizie riguardo a Ryuke. E come Keiko tutto il resto. »
Aprii la bocca, ma non riuscii ad emettere alcun suono.
Ero frastornata. Tutte le congetture, tutta l’irritazione, tutto.. Per niente?
Ero tentata di applaudirmi da sola, ma non sarebbe stata una bella scena.
« E ancora.. »
« Okay! Io sono scema e non ho capito niente. Va bene. Ma tu » gli puntai un dito contro, avvicinandomi « tu sei geloso. »
« Non sono geloso, Sana! La nostra storia è morta e sepolta da un anno! »
Mi sporsi ancor di più verso di lui. « Almeno sulla seconda parte siamo d’accordo! »
In quel momento - quando la distanza si ridusse ai minimi termini storici - capii finalmente quale fosse l’ostacolo.
E capii che avevo sbagliato, in parte, nella mia illuminante filippica sul pianeta Akito ed il pianeta Sana.
I due pianeti non potevano sfiorarsi per forza. Erano capaci di sfiorarsi solo in un modo.
Capii anche che Sota aveva ragione.
Lasciandoci avevamo perso l’equilibrio - l’unico modo in cui i pianeti sapevano sfiorarsi.
Non saremmo mai andati d’accordo, io ed Hayama, da amici. Mai.
Non l’avremmo mai trovato, quell’equilibrio.
L’ostacolo? La distanza.
Distanza minima uguale minimo raziocinio.
Sembrava quasi una formula matematica - e le formule sono il genere di messaggio che non serve decodificare.
Sarà stato quello, il motivo (di preciso ancora non lo so) per cui provai l’irrefrenabile impulso di prenderlo a testate. O comunque di fargli molto male.
Perché era un cretino.
E poi di baciarlo.
Perché era un cretino.
Il primo istinto era piuttosto sanguinolento, e sicuramente, in caso di morte da caduta dal quarto piano sarei stata l’unica indiziata - senza scampo.
Il secondo, invece, era stato deciso prima dal corpo che dalla mente.
Davvero, me ne resi conto dopo, che la mia bocca aveva colmato la distanza, che le mie mani stringevano dei capelli biondi.
E che le sue mani si facevano largo sulla mia schiena, sopra alla maglietta zuppa di pioggia, attirandomi a sé.
E dello sfiorarsi dei pianeti altro non restava che le mie labbra a sfiorare le sue, piano.
E le sue a sfiorare le mie, altrettanto piano, quasi con la paura che quell’equilibrio non riuscisse a ricomporsi.
Ma era l’unico sfiorarsi possibile dei due pianeti, l’unico equilibrio, quello, e le bocche riacquistarono sicurezza, addentrandosi più a fondo, e le mani a stringersi, freneticamente.
Come se un anno fosse passato per nulla.
Ritornai coi piedi per terra - riacciuffai il mio raziocinio momentaneamente in ferie - solo quando ci scostammo.
« Tu.. Mi hai baciato? » era sconvolto almeno quanto lo ero io.
Blocca tutto. E respira, Sana.
« Non lo so » ammisi, sinceramente stordita « secondo te? »
Degnò il soffitto di un’occhiata; lo faceva sempre.
Baciarmi. Cioè.. No, alzare gli occhi al cielo. Sì.
« Comunque sia preferisco la vecchia tradizione » e il nuovo bacio, stavolta, partì da lui, come ai vecchi tempi.

 

 

 


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In questo capitolo entrambe le note sono francesi :D
(*) touchè è letteralmente “colpito”. Nel linguaggio parlato assomiglia un po’ al nostro “colpito e affondato”, credo.
(**)
ménage à trois è il rapporto a tre persone :°D

Per le traduzioni, dato che il francese purtroppo non lo studio, si ringrazia Veronica <3


   
 
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