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Autore: almostlover    25/06/2010    0 recensioni
[...]E poi mentre Elena, in lacrime, contava mentalmente quanti passi mancassero alla zia per arrivare alla cucina, due braccia la tirarono via dal corpo di John. Era Stefan. Alle sue spalle c'era Damon, al telefono.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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OK, che dire? E' la mia prima fanfic in assoluto e c'è da aggiungere che non sono molto brava a scrivere quindi non so cosa uscirà fuori.

DAMON’S POV

Le loro labbra erano premute le une contro le altre in un confuso bacio dapprima leggero, più simile a uno sfiorarsi, per poi aumentare in passione e coinvolgimento. Con lo stupore di Damon, Elena aveva ricambiato il bacio e non si era tirata indietro respingendolo come aveva pensato che avrebbe reagito. Era un comportamento abbastanza strano, ma quello non era il momento adatto per pensarci. Si scoprì essere desideroso di quel bacio nel momento in cui le sue labbra erano entrate in contatto con quelle rosee di Elena. Afferrò il viso della ragazza tra le mani e la tirò a se, quasi come se non volesse lasciarla andare via.

Il bacio durò pochi secondi, anche se sembrò essere il contrario. La porta di casa si aprì e qualcuno era fermo sulla soglia, sconvolto. Era Jenna. Di scatto Damon si girò nella direzione opposta alla porta come se fosse imbarazzato di trovarsi in una situazione come quella, mentre Elena, senza mai rompere il contatto tra il suo corpo e quello di Damon, si voltò a guardare la zia sulla porta.

<< E’ tardi. Faresti meglio ad entrare >> disse Jenna, visibilmente sconcertata per l'inaspettata visione che le si era parata davanti. Jenna cercò di mascherare il suo turbamento e apparire il più controllata possibile. Guardò Damon in modo truce, una volta che il vampiro si era voltato a guardare Elena che, allontanatasi per prendere le sue cose, fece come la zia le aveva detto senza mai alzare lo sguardo.

Damon riuscì chiaramente a sentire Jenna chiederle cosa stesse facendo e Elena rispondere di non volerne parlare, una volta che la porta fu chiusa. Fissò un paio di secondi davanti a sé, confuso e incredulo per quello che era appena successo. Si toccò le labbra, sulle quali poteva ancora sentire il suo sapore stranamente familiare, forse anche troppo. Non poté fare a meno di notare che stava sorridendo e il motivo era un semplice bacio. Erano passati più di cento anni dall'ultima volta che aveva sorriso per quello stesso motivo, anni in cui aveva tentato di tutto pur di ritrovare la donna che aveva amato alla follia e per la quale aveva gettato la sua umanità senza alcun segno di pentimento, ma l'attesa era stata vana fino a quel momento.

Involontariamente gli vennero in mente le parole di Isobel rivolte a Elena la sera dello scambio.

"Perché è innamorato di te!"

Per un attimo lui stesso aveva pensato che quella fosse la verità. Ma non poteva esserlo, non doveva! La storia non si sarebbe ripetuta ancora una volta: i fratelli Salvatore non erano nuovamente innamorati della stessa donna e mai più lo sarebbero stati, sopratutto se fosse andata a finire come l'ultima volta. Lui col cuore spezzato.

Dopo aver scoperto che Katherine non era in quella dannata cripta, si era sentito come se fosse inutile e non avesse più nessun valido motivo per poter continuare a vivere. Quel pensiero non l'aveva mai nemmeno sfiorato da dopo che Emily gli aveva detto che in realtà Katherine era viva nella cripta. Da quel giorno aveva dedicato la sua intera non-vita a elaborare qualsiasi piano per trovare un modo per farla uscire da lì, per riaverla con sé, tutta per sé, senza più doverla dividere con suo fratello. Nei 146 anni che impiegato per trovare quel modo, non aveva mai mostrato segni di resa nemmeno quando riportarla indietro sembrava impossibile. Avrebbe fatto di tutto per poter stare di nuovo con lei, ma evidentemente Katherine non era dello stesso parere. Per questo, dopo l'apertura della cripta, si era ripromesso che non avrebbe mai più ceduto a un sentimento come quello per Katherine. Tutto quello che doveva fare era tenere le sue difese ben alzate come aveva sempre fatto. In passato, almeno.

 

 ELENA'S POV

<< Jenna, sono a casa >> urlò Elena dall'ingresso, dopo aver chiuso la porta, mentre riponeva le chiavi di casa. In cambio non ottenne nessuna risposta. Forse sta già dormendo, pensò. Salì velocemente le scale che davano sul piano superiore, proprio di fronte alla camera da letto di Jenna. Aprì lentamente la porta per evitare di fare troppo rumore e la richiuse con altrettanta lentezza in modo da non svegliare la zia, già rintanatasi sotto delle calde coperte. Avrebbe voluto essere anche lei al caldo e giungere a uno stato di incoscienza tale da farle dimenticare non solo quel giorno, ma anche quelli precedenti.

Senza che se ne accorgesse si ritrovò davanti alla camera di Jeremy. La porta era socchiusa. La aprì quel poco che bastava per dare un'occhiata dentro. Anche Jeremy stava già dormendo, accovacciato con le braccia strette al petto senza neanche infilarsi sotto la coperta. Elena si avvicinò e poggiò un plaid sulle spalle del fratello, gelido al suo tocco. Restò qualche secondo a fissarlo. La lite, che Jeremy si ostinava a portare avanti, non mostrava alcun segno di miglioramento, se non il contrario. Non voleva neppure ascoltarla. E aveva tutte le buone ragioni di quel mondo per volerlo. Elena aveva fatto l'unica cosa che non avrebbe mai dovuto neanche lontanamente immaginare: aveva scelto per lui. L'aveva volontariamente tenuto all'oscuro da quel mondo nel quale lei era stata catapultata inaspettatamente e aveva cancellato i suoi ultimi ricordi di Vicki. Ma l'aveva fatto per il suo bene, per proteggerlo e l'avrebbe fatto un altro milione di volte senza rimorsi se ciò era utile a tenere Jeremy al sicuro.

Ritornò alla porta e la chiuse. Poi, percorse a ritroso il cammino precedente, per ritrovarsi ai piedi delle scale. Tirò fuori il cellulare dalla tasca dei jeans, dal momento che non era riuscita a trovare le sue cose. Aveva promesso a Stefan che gli avrebbe mandato un messaggio prima di andare a dormire. Sul display comparve la scritta "un nuovo messaggio". Lo visualizzò. Era di Bonnie.

Ho bisogno di parlarti. Appena puoi, chiamami. Mi dispiace. Bonnie.

Sapeva di cosa voleva parlarle, ma improvvisamente Elena non era dell'umore adatto. Un moto di rabbia e delusione la invase. Fingere di disattivare il congegno! Come aveva potuto farle una cosa del genere? A lei, la sua migliore amica! Per colpa sua, aveva rischiato di perdere Stefan. E Damon ci era andato molto vicino. Certo, aveva permesso a Stefan di aiutare Damon, ma non doveva tradire la fiducia di Elena. Non dopo che Elena l'aveva riposta in lei senza esitazioni, nonostante sapesse che i fratelli Salvatore non le andavano parecchio a genio dopo la morte della nonna.

Uscì dalla sezione dedicata ai messaggi e scorse velocemente il nome di Stefan nella rubrica. Doveva parlare con qualcuno. Inoltrò la chiamata. Due squilli.

<< Elena? E’ successo qualcosa? >>. Riconobbe il tono preoccupato di Stefan, anche se era dall'altro lato del telefono.

<< No, va tutto bene. Non preoccuparti >>. Elena passò sotto il grande arco che dava nel salone, accanto al divano. << E’ solo che … >>. Si diresse verso la cucina. Poi lo vide. Steso sul pavimento, in una pozzanghera di sangue rosso scuro e con una grossa ferita all'addome, c'era John. Suo padre, quello biologico. << Oh mio Dio! >> esclamò in un sussurro udibile soltanto all'orecchio di Stefan, che come un mantra le chiedeva cosa fosse successo. << John. Sangue. Ferita >>. Riuscì a biascicare soltanto quelle tre parole e poi chiuse la telefonata. Si precipitò al fianco del corpo inerme di John. Indugiò sulla ferita. Cosa doveva fare?

<< Jenna. Jenna. Jenna >> urlò con tutta la ritrovata voce di cui era capace. << JENNA! >>. Sentì il rumore di una porta al piano di sopra aprirsi. E poi mentre Elena, in lacrime, contava mentalmente quanti passi mancassero alla zia per arrivare alla cucina, due braccia la tirarono via dal corpo di John. Era Stefan. Alle sue spalle c'era Damon, al telefono.

 

  
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