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Autore: Gackt_Agito    26/06/2010    1 recensioni
Non bisognava neanche rifletterci.
Avresti preferito morire, piuttosto, oh sì.
Ma diventare quello... quella cosa... ti disgustava.
Diventare un Homunculus non era il tuo sogno, dopotutto.

[ Seguito di Making a Mistake. ]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Elric, Envy, Pride, Un pò tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mistakes~'
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• Prefazione:
Chiedo umilmente perdono per questo mio mostruoso ritardo nell'aggiornare: cause di forza maggiore - alias le altre fiction che ho in corso - mi hanno rubato tempo. In più ho ricevuto un ban che si è esaurito soltanto ieri, e quindi ora eccovi il capitolo, che era in fase di scrittura oramai da un po', e mancava la conclusione. Il Pride che vedrete qui non è quello della BlueBird's Illusion, avrà qualcosa di diverso ( per avere chiara l'idea clicca ), compresi i poteri, che saranno un po' il misto di tutto. Insomma, vedrete e non vi preoccupate. Spero che la fiction vi piaccia. :D A presto!
Arigatou!


The Happening - ; day number two


- Hai fame? -
- No. Non sento niente. – Disse piano Pride. Era seduto su uno dei grandi tubi che adornavano il covo, in una stanza lontana da quella nella quale era nato. Guardava per terra senza emettere più alcun suono. Non c’era niente in quella stanza a parte lui ed Envy, in piedi davanti a lui. Lo osservava con occhio critico, sollevando un sopracciglio.
- Ottimo. – Sputò per terra. – M’interesserebbe sapere perché sei venuto fuori così male, però. – Commentò l’Homunculus, guardando il fratello più piccolo. Effettivamente, rispetto a quando era nato, era tutto un’altra storia: aveva gli occhi di un viola intenso fantastico, e i capelli neri pece, apparentemente senza riflessi di nessun altro colore particolare. La pelle era molto più bianca del solito, ed i vestiti particolari: indossava lo stesso tipo di top d’Envy, un paio di pantaloni lunghi che raggiungevano gli scarponi e un paio di guanti, il sinistro più lungo del destro. Sulla spalla sinistra troneggiava, rosso come non mai, l’Uroboro. Sollevò il viso verso Envy, osservandolo.
- Che cosa ho che non va? – domandò flebilmente. Envy lo osservò ancora e ancora, fino a quando non avanzò e gli si sedette di fianco sul tubo.
- Quando abbiamo trasformato King Bradley in un Homunculus, ha mantenuto le sue caratteristiche fisiche – e indicò Pride con un gesto veloce delle dita ed un movimento veloce del mento. – Tu invece non hai mantenuto un bel niente! E se ti chiamo O Chibi San non reagisci in nessun modo, è snervante! – Borbottò, infastidito, ed incrociò le braccia al petto.
- Come dovrei reagire? – domandò allora il neo Homunculus.
- Il possessore del tuo corpo si arrabbiava e faceva come un pazzo. Ed era assai divertente. -
- Chi ero? – Chiese, ad un certo punto. Si guadagnò un’occhiata di traverso dall’Homunculus al suo fianco. Specificò la domanda. – Intendo… di chi è questo corpo? – Sollevando le mani se le osservò. – Non mi ci trovo affatto. -
- Abituati. Non decidi tu in che corpo stare – e si alzò in piedi. Aprì la porta e fece per uscire, quando un fortissimo rumore non li colse alla sprovvista. Tremò tutto, persino il pavimento sotto i loro stessi piedi, e per poco Envy non cadde a terra. – Ah, hanno già capito la fregatura! – Si voltò verso Pride, assottigliando le palpebre, osservandolo. – Alzati, moccioso! Andiamo a far le feste ai nostri ospiti! -
E ridendo scomparve oltre la porta.

Il problema del lasciare Pride da solo in una stanza era che non aveva idea di dove andare.
Uscì da quella con passo leggero, andando dove più capitava, senza rifletterci poi così tanto in verità. Seguiva i rumori, ma non si affrettava per niente per i corridoi ed anzi, tendeva ad osservare e memorizzare tutto il posto intorno a sé, e continuò così finché un’enorme esplosione gli impedì di proseguire oltre. – Mh? – Dalle macerie uscì lentamente Envy, che gli lanciò un’occhiata omicida.
- Che cavolo stai facendo! – Urlò. Uscì da sotto le macerie e si voltò verso il buco nella parete giusto in tempo per essere investito da così tante fiamme da farlo quasi dissolvere nel nulla. – PRIDE! – lo chiamò a gran voce, mentre si accasciava sulle macerie e si rigenerava continuamente, ma non abbastanza, visto che ancora il fuoco lo investiva, bruciandolo ancora e ancora, fino a quando quasi non s’incenerì.
- Ti facevo più forte. – Commentò Pride. Volse gli occhi verso la figura che venne fuori del buco sulla parete, aveva entrambe le mani pronte a fare qualcosa, come se volesse schioccare le dita. Giusto quando stava per farlo, Envy scomparì dal suo campo visivo, inglobato dalle tenebre che Pride stesso aveva appena emanato. Fu così che si guadagnò il suo sguardo: sembrava uno zombie, e solo quando vide l’altro Homunculus l’uomo puntò contro di lui le mani. Fece per schioccare le dita, ma qualcosa lo fermò. Sgranò gli occhi e osservò Pride, mezzo nascosto dalle tenebre del posto ma in ogni modo visibile. La luce proveniente dal buco dietro l’uomo gli illuminava il viso e il busto, lasciando che dalla vita in giù rimanesse perfettamente inesistente. – Bèh? – domandò Pride. – Vogliamo giocare alle belle statuine, per caso? – E senza neanche muoversi, una falce di tenebre si accanì contro una delle mani dell’uomo, strappando il tessuto del guanto che indossava e lasciandogli un taglio profondo sulla mano.
- Fullmetal?! – esclamò sorpreso l’altro. Indietreggiò di qualche passo, ma ogni centimetro che lui perdeva lo acquistava Pride, che prese ad avanzare verso di lui, liberando Envy dalle tenebre nelle quali lo aveva inglobato per proteggerlo.
- Non so chi sia. – E nuove tenebre si accanirono contro l’uomo: grandi bocche si spalancarono verso di lui, gli si avventarono contro come se volessero mangiarselo, ma saltando l’uomo schivò appena in tempo quel gesto. Pride ritirò le proprie tenebre fino a lasciarle fluire intorno ai suoi piedi e basta. Non c’era nessun’altra ombra malvagia ad infastidire il campo, a parte quella che lui stesso controllava. – Envy. – Lo chiamò volgendo appena il viso verso l’altro, che nel mentre si rialzava a fatica, rigenerandosi gli arti poco a poco. – Sei inutile. –
Lo disse con tale semplicità da fare in modo che all’altro montasse una rabbia tale da farlo tremare e digrignare i denti. Pride tornò ad osservare l’uomo davanti a sé, rilasciando le tenebre lungo il pavimento, verso di lui. L’espressione vuota che aveva sul viso esprimeva tutto quello che c’era da dire: il corpo che aveva in prestito non aveva nulla a che fare con l’Homunculus che ormai lo possedeva. Sollevò le tenebre dal pavimento con calma snervante. – Vuoi uccidermi?! – chiese l’uomo, barcollando in piedi, mostrando l’altra mano che ancora era coperta da un guanto. – Ti ridurrò in polvere prima che tu possa anche soltanto provarci! -
- Ma davvero? – Pride sorrise. Lasciò oscillare le tenebre a mezz’aria, sollevando le mani fino a portarle ai fianchi. – Non hai che provarci, allora. Riducimi in polvere. – E distendendo le labbra in un ghigno sadico, sgranò gli occhi e in uno scatto lasciò che le tenebre s’avventassero sull’uomo, colpendolo sul fianco, in profondità.
- Pride, non divertirti troppo – Ordinò Envy. – Mustang deve rimanere vivo. Ci serve. -
Pride volse gli occhi verso il fratello, osservandolo. – Non ho la benché minima intenzione di prendere ordini da un essere inferiore quale sei tu, Envy. Non credevo che le fiammelle da quattro soldi di quest’uomo potessero scalfirti. – E si voltò nuovamente verso Mustang. – Come hai detto che si chiama? Mustang? -
Envy tremava dalla rabbia, digrignando i denti. – Pride… -
- Sta zitto, feccia. – E con un solo e unico passo, di nuovo scagliò le tenebre contro Mustang, che si contorse quando la gamba destra venne trafitta. Lanciò un urlo, e Pride rideva. – Non dovevi ridurmi in polvere? -
- FIGLIO DI PUTTANA! – Sfregò con forza l’indice della mano contro il pollice, scaturendo la scintilla utile alle sue fiammate, e ne indirizzò una dritta verso l’intero corpo di Pride. L’esplosione dell’impatto generò ondate di fumo che coprirono quasi tutta la sala, e Mustang ebbe appena il tempo di alzarsi, prima di sentire qualcosa contro un braccio.
Sembrava una mano.
- Se ne vada, Colonnello. -
Un boato, e il tetto crollò nello spazio fra Pride e Mustang, dividendoli come una nuova parete. Quando tutto il fumo di diradò per bene, Envy osservò la scena dal suo punto, notando Pride immobile a fissare le macerie, con le tenebre ormai del tutto ritirate e un’espressione vuota vacillante sul viso.
- L’hai fatto scappare?! – Urlò Envy, andandogli vicino, posando una mano sulla sua spalla per scuoterlo. – Che cavolo fai! Farò rapporto al Padre, e ve-… -
Envy non ebbe il tempo di finire: la sua testa rotolò lungo il pavimento, col sangue che zampillava dal collo. – Tieni chiusa quella bocca, Envy. – E Pride ritirò quell’unica tenebra che aveva rilasciato per assestare il colpo. Si volse di spalle e tornò indietro per la sua strada, sparendo nell’oscurità dei corridoi.
Envy, dal canto suo, risanò anche quella ferita, lasciando che la testa per terra si dissolvesse per ricrearsi laddove mancava. Scosse la testa e sputò per terra. Si volse verso i corridoi, e prese di lì anche lui, inveendo qualcosa, minacce probabilmente.
- Lo dirò al Padre. Così ci penserà lui. Sì. -






   
 
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