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Autore: yesterday    02/07/2010    31 recensioni
Non è mai una scelta vantaggiosa condividere una stanza di quattro metri per quattro con il tuo ex ragazzo. Soprattutto se l'ex ragazzo in questione è Akito Hayama, e siete più o meno in pessimi rapporti.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Aya Sugita/Alissa, Fuka Matsui/Funny, Sana Kurata/Rossana Smith, Tsuyoshi Sasaki/Terence | Coppie: Sana/Akito
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2.11 : Home: Where your heart is.

PART ONE.

 

 

Mi sentivo una bambina.
Oh, non solo: mi sentivo una bambina, avevo le mani che tremavano e il cuore che mi batteva furiosamente in gola. Non sapevo cos’aspettarmi né con cosa avrei dovuto fare i conti, una volta aperta la porta e incrociato lo sguardo del mio coinquilino. Così tergiversavo, aiutando Tsuyoshi a sistemare.
Aya era sotto la doccia, nel frattempo, ed Akito recluso nella nostra stanza. Ovviamente.
Dopo l’uscita di scena di Fuka - assolutamente non in sordina - l’imbarazzo si era quasi moltiplicato, se possibile.
Il primo quarto d’ora era stato riempito dagli interrogatori: che ti ha detto Fuka? Che cos’ha visto? E’ successo qualcosa?
Una frase dopo l’altra, insomma, sparata da due mitra (che per l’occasione erano le bocche di Tsuyoshi e della sua ragazza.)
Hayama arrossendo - ma non ne ero sicura - si era defilato, io mi ero cucita la bocca dopo aver sparato la balla del secolo. “Oh. Doveva parlarmi di Nao, ha visto.. Ha visto un certo articolo sul giornale..”.
Di certo non mi avevano creduto, ma non ci avevo fatto caso - ero troppo occupata con la mia dose quotidiana di paranoie: altri cinque minuti se n’erano andati sperando con tutto il cuore che Akito non avesse ascoltato la mia uscita su Kamura.
Si sarebbe arrabbiato. E per inciso, già non era una passeggiata parlarci quando verteva in condizioni normali - mutismo, allusioni e tutto il resto -  figuriamoci quando era anche irritato.

« Vai pure, faccio io » la voce gentile di Tsuyoshi mi risvegliò dal marasma di pensieri che mi era esploso in testa.
Solo in quel momento mi resi conto di quanto dovessi apparire assorta: ero lì, accanto a lui che si dava da fare nel lavaggio dei piatti e... Stavo asciugando la stessa stoviglia da chissà quanti minuti ormai.
« No, no, figurati » scossi la testa. Attraversare il corridoio ed affrontare l’ignoto era il mio ultimo desiderio.
Si voltò, sorridente.
« Sai, non ho ancora avuto occasione di dirtelo. Sono davvero contento » e mi spiazzò.
Tsu era buono - lo confermai in quel momento.
Appoggiai lo straccio sul piano, leggermente a disagio. Quel suo modo semplice e sincero di dire le cose - e dirle davvero, senza troppi fronzoli che rischiavano soltanto di creare attrito - riusciva a lasciarmi a bocca aperta anno dopo anno. O, per la precisione, giorno dopo giorno.
Non finivo mai di stupirmene: Tsuyoshi, l’impacciato, timido e costante Tsuyoshi, pur patteggiando a volte per l’ala y (*), era un vero amico.
Sentii gli occhi bruciare per un secondo; ripresi lo straccio e continuai ad asciugare.
« Beh.. Grazie. Ma non so nemmeno io cos’abbia significato quella.. Quella.. » sospirai, incapace di dare un nome alla scena del pianerottolo « cosa che avete visto. Non ne abbiamo parlato »
Annuì. « Lo so. Ma prima o poi arriverà il momento del confronto, no? E’ il motivo per cui te lo ripeto: vai di là, Sana. Finisco io qui. »
« Ma » notai che la voce mi tremava da matti, così abbassai il tono fino a bisbigliare, quasi, nel tentativo di camuffarla « è esattamente quello il problema. Io.. Non so cosa aspettarmi. »
Mi sentii improvvisamente più leggera. Avevo condiviso i miei timori con una persona che - ne ero certa - li avrebbe presi seriamente in considerazione, e non derisi come magari, scherzando, spesso capitava con Fuka.
Fuka che comunque li prendeva in considerazione, non c’era dubbio. Solo dopo aver detto la sua, però.
Erano due generi di amici diversi tra loro, eppure entrambi essenziali per farmi sentire sempre a posto, a casa, anche quando non c’ero.
Poi sorrise. « Beh, siete in due. »
Mi morsi il labbro, stringendo forte la stoffa tra le dita. Mi sentii per un attimo terribilmente egoista: in fondo tutte le mie insicurezze le stava vivendo anche Hayama, chiuso in camera nel buio della sua testa, conoscendolo.
« E.. » stavolta fu il turno di Tsu: abbassò il tono ma notai distintamente il timbro tremante nella sua voce « Credimi, » - non l’avrei mai messo in dubbio comunque - « perché Akito quell’espressione l’ha avuta in faccia solo tre volte. »

***


Se all’inizio l’agitazione si era palesata solo attraverso quel leggero tremolio delle dita, quando abbassai la maniglia imponendomi di fare il minor rumore possibile stavo tremando come una foglia. Letteralmente - da testa a piedi.
Ed era assurdo da dire, ma la sensazione che mi pungeva dritta lo stomaco, senza pietà, era esattamente quella che avevo provato il giorno in cui io ed Hayama ci eravamo lasciati.
Il... Sapere che ci sarebbe stato, ma il non sapere come.
Di certo, non più come prima.
All’epoca era stato un allontanamento, in quel preciso istante era la possibilità che i centimetri di distanza si accorciassero fino a diventare millimetri. O fino a non esistere davvero più.
Incerta sul da farsi, mi schiarii la gola, ed Akito alzò gli occhi verso di me.
Era proprio come l’avevo immaginato: seduto sul letto con la schiena appoggiata alla testiera, gli occhi aperti ma assenti. E la maglia col logo della palestra in cui lavorava - che aveva preso il vizio di usare esclusivamente come pigiama.
« Sei... Sei rimasto sveglio » chiusi la porta dietro di me.
« Già » monosillabico, lapidario, teso.
Cercai di sorridere.
« E allora ci siamo, eh? » cominciai.
Spalancò le iridi ambrate, e tentò subito dopo di ricomporsi. « Kurata. Non questa frase. » (**)
Mi morsi la lingua - non sarei cambiata mai, mai, mai - e mentre cercavo una qualsiasi scusa mi resi conto di quanto quella frase, invece, s’intonasse col mio stato d’animo.
Così optai per la verità, senza fronzoli. Pura, semplice e disarmante verità. Come Tsu.
« Invece è la più adatta per come mi sento ora »
Continuava a fissarmi, immobile, e mi fece una tenerezza tremenda. Incredibile come le parole di Tsuyoshi mi stessero condizionando la serata - e me la stessero condizionando in meglio.


« Vedi » aveva detto Tsu « non ci vuole molto per capire Akito. E’ come se avesse una corazza, intorno. Con quella lui si è sempre difeso. Quella corazza ha sempre escluso il resto dal suo mondo. Quello sicuro, quello essenziale. Poi, Sana, sei arrivata tu. E gliel’hai strappata di dosso, quella corazza, quasi fino a farlo sanguinare. Più lui cercava di allontanarti più tu non ti davi per vinta. Te l’hanno sempre detto tutti che eri una bambina piuttosto testarda, no? Ecco. Ma piuttosto, considera la corazza come una parte di lui. Rende meglio il concetto, perché Akito di quella muraglia non si libererà mai. Tu sei riuscita ad entrare nel suo mondo, quello sicuro, quello essenziale. Il resto è rimasto fuori, ma tu c‘eri Sana, e si vedeva. Era più tranquillo - era più felice. Quando.. » e la voce gli era vibrata, gli era vibrata terribilmente.
E a me era vibrato il cuore, perché sapevo cosa stava per arrivare.
« La prima volta che ha fatto
quella faccia è stato quando ti sei ammalata. Ecco, era l’espressione che ha chi si ritrova improvvisamente senza la terra sotto ai piedi. Tu eri debole, non riuscivi a badare a lui com’eri solita fare. Era come se gli avessi strappato di nuovo a sangue la corazza per uscire dal suo mondo. »
« Il mio sentimento per lui era amore adolescenziale e amore materno; con.. Con la malattia ho perso quella maternità e sviluppato unicamente il desiderio di essere sostenuta a mia volta » avevo ripetuto, quasi in trance, un passo del libro del dottor Iwasaki che per ovvi motivi non avrei dimenticato mai. (***)
« Esattamente. Nel momento in cui tu ti sei sentita completamente spiazzata ti sei ammalata. E lui.. Lui ha fatto quella faccia. Sono modi di reagire. »
« E la seconda? » mi aspettavo dicesse “quando vi siete lasciati”.
« All’aeroporto, un attimo prima di partire. Era sereno, tu eri guarita, ma.. Come puoi chiedere a un ragazzino di tredici anni di “essere forte” di fronte alla prospettiva di tre anni in America? Di fronte all’ottanta percento di possibilità che al suo ritorno sia tutto irrimediabilmente cambiato? E’ umanamente impossibile. » aveva alzato di più la voce, sicuro.
Ero sorpresa. « Non è cambiato niente, in quel periodo. Quando è tornato le cose erano rimaste esattamente come tre anni prima. »
« E’ il motivo per cui sono contento per voi. Perché vedi, anche prima.. Per voi passa il tempo ma è come se non passasse mai. Ogni separazione.. Poi non conta più » si era guardato le mani per un istante « Non so come spiegartelo. E’ come se voi foste
legati. A prescindere dal tempo, dallo spazio.. E’ una cosa bellissima »
« E' come se restasse comunque nella mia orbita » (****)
Aveva sorriso. « Sì. »
Mi ero sentita improvvisamente un macigno sul cuore. Erano parole importanti, quelle, erano parole
vere.
Probabilmente erano anche concetti a cui sarei potuta arrivare da sola, se solo avessi abbandonato quella folle paura che mi attanagliava lo stomaco.
Paura di rimettersi in gioco e poi accorgersi che non esiste più, quel gioco.
Poi avevo ripreso lucidità, curiosa.
« Ma allora “quella faccia” » avevo mimato malamente due virgolette « l’ha fatta per quattro volte. Non tre. »
Tsuyoshi aveva scosso la testa, convinto. Aveva già capito a cosa stavo mirando.
« Te l’ho appena detto. Voi siete
legati. Non bastano né una separazione di tre anni per motivi di salute né una di un anno perché.. Perché vi condizioniate l’un l’altra credendo di non essere abbastanza a tal punto da farvi lasciare »
« No » l’avevo interrotto, convinta « noi
ci siamo lasciati »
« Se vi foste lasciati dubito che vi avrei beccati sul pianerottolo a- »
« Vai avanti » ero arrossita, inducendolo a tralasciare.
Cominciava a divertirsi.
« Voglio dire, è come se foste rimasti in stand-by, più o meno. Adesso avete fatto il passo, no? »
« Direi »
« E quell’anno passato.. Uno nell’orbita dell’altro, come dici tu, ma non come prima, è quello che fa tremare te e stampa in faccia a lui quell’espressione. Perché a dispetto di tutto avete vissuto in stand-by, ma avete
vissuto. Non è una cosa da poco. Vi è servito a capire che la strada giusta era riavvicinarvi, e se adesso.. Se adesso siete tanto stupidi da buttare tutto all’aria, è la volta che vi lasciate sul serio. »
Tsuyoshi aveva ragione. Non c’era altro da aggiungere.
« E immagino che a tutto questo tu ci sia arrivato da solo » avevo sorriso, sollevata dall’idea che i discorsi importanti fossero finiti. Avevo un disperato bisogno di riflettere, ma non ne avevo materialmente tempo.
« Immagini correttamente »
Altro sorriso.
« Ma » e mi ero sentita in colpa. Non avrei dovuto chiedere a Tsuyoshi, ma ad Akito.
« Sì? »
« Quando sono rimasta fuori con Aya, lui.. Lui che ti ha detto? »
Ma tanto Hayama non me l’avrebbe confessato mai.
« Gli ho chiesto cosa significasse quel bacio, e.. »
« E? » pendevo dalle sue labbra. Sapere quei dettagli rendeva l’imminente futuro un po’ meno spaventoso ed incerto.
Fortunatamente per me non considerava quelle notizie come un piccolo tradimento, e mi aveva risposto ridendo: « Dimmi una reazione da Akito »
Oh. Di lì le cose si sarebbero certamente messe male, ne ero certa.
« Una frase tipica » incalzava, allegro.
« Le frasi tipiche di Hayama sono l’assenza ingiustificata di parole o il suo “non mi dispiace” »
« “Non lo so, ma comunque non mi dispiace”. » e mi aveva lasciata da sola in cucina, andando a raggiungere Aya.



« Mi sembra di essere tornata indietro nel tempo » confessai, tornando al presente e stringendomi nelle spalle « di un anno, per l’esattezza. Il giorno in cui entrambi sapevamo cosa ci stavamo lasciando alle spalle ma non cosa avremmo dovuto affrontare »
« Solo che stavolta si presume che la frase abbia una connotazione positiva » incrociò le braccia.
Evitai di rispondere e mi morsi un labbro. Ascoltare Hayama esprimersi con frasi complesse mi aveva sempre causato incontrollabili attacchi di risa. Così, all’improvviso.
E risi ancora.
In fondo non era la prima volta che mi capitava: quante pessime figure, accumulate in diciannove anni, quante risate fuori luogo giusto per il gusto di ridere.
Sembrò offendersi, ed io mi tappai la bocca per non scocciarlo ancor di più.
« Adesso riprendiamo anche con le vecchie abitudini » commentò ironico, concedendosi una lieve smorfia.
Ringraziai mentalmente i Kami per aver smorzato la tensione.
« Scusa. Sai che quando articoli certe frasi.. »
« Articolate?! » suggerì, esasperato.
« ..esattamente, scoppio a ridere. E’ sempre stato così »
Le stesse vecchie abitudini, come se un anno fosse passato per niente. Proprio come diceva Tsu.
« Ricordo. Ma non è di questo che sentivo la mancanza » si lasciò sfuggire, lanciando una frase volutamente allusiva.
« Hayama, dalla tua precedente frase si evince che avvertivi la mancanza di qualcosa. Ebbene, posso sapere cosa? » cercai di darmi un tono, mentre gesticolavo scenograficamente.
Strano come mi riuscisse naturale scherzare. Stavamo parlando di cose serie, per la miseria!
Sì coprì la fronte con una mano. « Devo dire a Tsuyoshi di fare attenzione alla concorrenza. Questa faceva molto da avvocato »
« Guardi troppi film » lo apostrofai, ben sapendo di averla appena sparata grossa.
« Sicuramente » annuì sarcastico « questo dimostra quanto poco mi conosci »
E la provocazione colpì in pieno.
Il sorriso mi si spense nelle labbra. Avanzai fino al mio letto, mi ci stesi ed abbracciai il cuscino.
« Non è vero » commentai secca, guardandolo dritto in faccia.
Calò il silenzio.
« Lo so »
Spostai lo sguardo sulla piega del lenzuolo.
« Hayama? »
« Che c’è? »
Inspirai e presi coraggio: « Penso che dovremmo parlarne. »
Sospirò. « Va bene »
Fui travolta da un’ondata d’irritazione. Dannazione, era impossibile. Era un muro, quel ragazzo era un muro - anche un mulo, con quel suo solito muso...
A qualsiasi velocità avessi guidato, non sarei mai riuscita a sfondare la parete. Era cemento armato, o addirittura qualcosa di più resistente, forse.
« Sempre collaborativo, mi raccomando » inveii, liberandomi del cuscino per tirarglielo in faccia.
« Già. In realtà ti conosco talmente bene da sapere persino quali sono le frasi che ti fanno perdere le staffe. E Sana, la tua espressione ogni volta che te le dico è impagabile. » commentò, afferrando il cuscino che gli avevo prontamente tirato addosso.
Mi alzai in piedi, sperando che grazie alla tanto rinomata forza di gravità la rabbia potesse in qualche modo scendere ed impossessarsi del corpo dell’inquilino dell’appartamento sottostante. Non era possibile.
L’aveva sempre fatto apposta.
« Razza di c- »
« Ricominciamo con le offese, Kurata? » si alzò anche lui, sempre il mio cuscino tra le mani, venti inutili centimetri a dividerci.
Boccheggiai, alla ricerca di una buona risposta.
Risposta che non trovai, così mi affidai al repertorio, concludendo, nel dettaglio, anche la frase precedentemente interrotta: « Cretino »
Lo sibilai apertamente, socchiudendo gli occhi.
Mi porse il cuscino, lapidario - ed iniziai a preoccuparmi, in fondo. Magari si era offeso sul serio.
« Un cretino gentile » chiarì, mentre si allungava per prendere il suo guanciale « A cui piacciono le battaglie ad armi pari »
E poi mi colpì.
Non per dire, ma essere presa a cuscinate da Akito Hayama non rientrava nelle mie priorità. Vivevo benissimo senza, oltretutto considerando che rischiava di diventare un vizio. Già la seconda volta solo nell’arco di tempo trascorso ad Osaka - soprassedendo le innumerevoli cuscinate all’epoca in cui stavamo insieme. Ma quelle volendo potevano essere scalate dalla lista, dato che i motivi erano certamente ed unicamente scherzosi.
Spalancai la bocca - lui nel frattempo aspettava la mia prossima mossa, col cuscino appoggiato sulla spalla quasi fosse un fucile.
Mirava dritto al cuore?
E contrattaccai, continuando a riempirlo di insulti - forse anche quello stava diventando un vizio.
In breve tempo ci ritrovammo coperti di piume e ansanti, lui appoggiato alla pediera del mio letto ed io comodamente stesa al contrario.
In definitiva, i discorsoni erano andati a quel paese e la camera sembrava un pollaio.
« Domani lo ripulisci tu questo schifo » sillabai, concentrando la poca forza rimastami per allungare il braccio ed indicare i quattro metri per quattro zeppi di caos.
Lo sentii avanzare di qualche passo e poi scansarmi più in là - quasi caddi dall’altro lato.
Si stese sul mio letto, di fianco a me.
Pelle contro pelle.
« Scordatelo » incrociò le braccia dietro la testa.
« Hai cominciato tu. Pulirai tu, e non voglio storie »
« Contaci » e sull’angolo destro della sua bocca spuntò un ghigno.
Continuai a guardarlo - e a convincermi che no, non lo volevo assolutamente mordere, quel ghigno lì a destra.
Aprì soltanto un occhio, senza ombra di dubbio per accertarsi del mio livello di arrabbiatura.
« Questa era una di quelle che ti facevano incazzare, se non sbaglio »
« E’ la tua strafottenza in genere, Hayama, di esempi ne puoi trovare a palate »
Il ghigno si estese a metà bocca.
« Pensavo dicessi a “bizzeffe” e poi scoppiassi a ridere da sola. »
Strabuzzai gli occhi, continuando a fissare il soffitto, il suo respiro accanto.
Cercando di arrabbiarmi come avrei fatto in normali condizioni.
« Rido quando sei tu a parlare strano, non quando lo faccio io » chiarii.
« Oh, saresti perfettamente in grado anche di ridere da sola. Ti conosco. »
Strinsi i pugni. Il mio cervello era diviso a metà. La parte a sinistra, quella più lontana da lui, mi consigliava di mantenere la calma. Ma la destra - oh, la destra - moriva dalla voglia di tirargli un pugno.
Stargli accanto mi rendeva violenta, era un problema da risolvere.
Inspirai, e lesse la mia indecisione interiore come un’arrabbiatura.
« Anche questa rientra nella categoria dei “preparati per incazzatura” , a quanto vedo »
E il ghignò prese la sua forma piena, contagiando anche l’angolo sinistro e spezzandomi il fiato.
« Ne parli come se fosse un precotto da comprare al supermercato. Di grazia, li trovo al banco frigo? » commentai, decidendo di voltargli le spalle, girandomi di lato.
Nemmeno rispose.
Passò un tempo interminabile, a mio avviso.
E il silenzio - stranamente - lo ruppe lui.
« Dormi? »
« No »
« Perché ne ho un’altra, di frase cattiva. Ma sarò buono, è soltanto una parola. »
Sbuffai. « Dilla. »
« Solo all’orecchio. »
Mi obbligò a ritornare con la schiena contro il materasso facendo presa sul mio fianco destro - la mia pelle leggermente scoperta era bollente o erano le sue mani ad essere ghiacciate? - e un attimo dopo era quasi completamente steso su di me, le mani ai lati della mia testa per non gravare col suo peso.
Gli occhi dritti nei miei - miele dentro cioccolato.
Probabilmente scollegai il cervello arrivati a quel punto.
Non vedevo alternative, dal momento che pensare si sarebbe comunque rivelato impossibile, in quelle condizioni.
Lo vidi solo abbassarsi sul mio orecchio destro - e la sua sinistra scivolava tra i miei capelli?
Il respiro caldo.
« Gallina »
E prima che potessi reagire, offendermi, urlare, prima che potessi anche solo avvicinarmi alla più vicina presa per ricollegare il cervello (ma la nostra stanza forse ne era sprovvista) mi ritrovai una delle tremila piume che invadevano l’ambiente davanti agli occhi.
Fluttuava in aria, scendendo pianissimo, fino ad adagiarsi sul mio collo.
Solo questione di secondi, comunque, prima che le labbra di Hayama la sostituissero - e notai che non c’era poi tanta differenza, il tocco era meravigliosamente simile.
Iniziò la sua scalata, piano, risalendo il mento fino ad incrociare le mie labbra inermi che, poco ma sicuro, non si sarebbero mai e poi mai sottratte a quel contatto.
Chiusi gli occhi ma appuntai mentalmente: chiarire al più presto se la gallina, come diceva lui, poteva svolazzare liberamente o aveva un'aia recintata dal suo proprietario.

 

 

 

 

 

____________________________________________

(*) da 1.41 Chain, first part.
(**) da 1.32 Breathless, second part.
(***) ho scritto “Iwasaki” poiché non riesco a trovare il carattere della prima lettera del nome del dottore che curò Sana e scrisse un libro sul suo rapporto con Hayama nel manga 10. In caso qualcuno l’avesse per chissà quale motivo tra le mani, se riuscisse a scrivermelo in modo che io lo possa copia-incollare mi farebbe davvero un gran favore.
(****) da 1.62 Decode, second part
.

 

 

 

 


SPOILER 2.12: Home, second part.


« Sana. Sarò sincero: ti infili troppo spesso nel mio letto »
« Continui a ripeterlo »
« Ma tu continui a farlo! »
[…]
« Hayama! Se proprio la cosa ti disturba, diamo un taglio originale alla faccenda e vieni tu a dormire da me »


   
 
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