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Autore: Ekathle    07/07/2010    1 recensioni
Mescola un pò di avventura e amore. E se Aragorn e Arwen si fossero incontrati in una situazione molto diversa? La mia prma fanfic, il primo capitolo è un pò di introduzione per cui la prima parte è ripresa dal libro. Recensite!!!
Genere: Generale, Romantico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aragorn, Arwen, Gandalf, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

“Quale non fu la loro sorpresa nel constatare che il loro misterioso salvatore era una donna! La luce magica azzurrina illuminò il volto di una donna giovane, dai tratti particolari che Aragorn riconobbe subito come elfici; la pelle era bianchissima e un po’ tirata, per via probabilmente della lunga permanenza lontana dalla luce del sole, e ciò le conferiva un aspetto ancora più fragile ed evanescente. I capelli scuri e lunghi erano tenuti in ordine da un velo, ed ella indossava una veste riccamente decorata con pietre preziose. Un abbigliamento e un aspetto da principessa; perche dunque se ne stava sottoterra come le larve?
La ragazza parve intuire questa domanda. “Non c’è tempo ora; seguitemi e vi spiegherò tutto”. La sua voce, avendone visto il possessore, sembrava ancora più dolce e inoffensiva di prima, tanto che Aragorn lasciò andare il braccio che le stava ancora stringendo con forza. Boromir però fu lesto a riacchiapparla. “Ce lo direte ora, o noi non ci muoviamo di qui, e voi neppure”. Tutti gli altri tacquero, evidentemente combattuti tra la volontà di uscire al più presto dalle miniere evitando gli orchetti e il desiderio di conoscere le mani a cui stavano affidando la loro vita e, cosa ancor più importante, la loro missione.
La ragazza sospirò esasperata e disse in fretta: “Mi chiamo Arwen, sono un’elfa, sono stata rapita molti anni fa e ora servo come sacerdotessa del Balrog. Possiamo andare adesso? Vi dirò tutto in seguito, ve lo prometto. Forza!”
La Compagnia era rimasta ad ascoltare immobile e con il fiato sospeso: di certo una cosa del genere non l’avrebbero mai ritenuta possibile. Gandalf la guardò fisso: “Come avete detto di chiamarvi?”
“Arwen” rispose lei, facendo un’evidente moto di impazienza. Gandalf fece una faccia strana. “Dai, muoviamoci! – continuò lei- Se ho sentito bene, e dopo molti anni che vivo qui sono avvezza a simili rumori, qualcosa di molto più pericoloso degli orchetti è stato risvegliato, giù negli abissi”.
“D’accordo, guidaci” decise Aragorn per tutti, e si affrettarono lungo lo stretto cunicolo. Uscirono in un salone, a livello più alto di dove erano partiti. La ragazza si fermò e comunicò loro la strada che aveva intenzione di prendere.
“Il salone sud è stato bloccato da una frana molto tempo fa, per cui non porta da nessuna parte. Se andassimo a nord, finiremmo dritti nell’armeria, dove immagino che in questo momento Raston stai riorganizzando le forze. Direi che l’unica via percorribile… è quella che passa per il ponte di Khazad-Dum” concluse.
“Khazad-Dum?” Gandalf sembrava dubbioso. “Non c’è davvero altra via? Attraversando il ponte passeremmo nel bel mezzo di quella che fu la piazza principale de regno dei Nani, a suo tempo, uscendo dunque dalla porta principale. Perdonatemi, signorina, ma mi sembra un percorso alquanto rischioso; devo inoltre confessarle che è di importanza vitale per la Terra Di Mezzo che noi, o almeno lui – soggiunse indicando Frodo – riesca a uscire dalle miniere illeso. Vedo dalla vostra espressione incuriosita che vorreste sapere il perché; ma, come ci avete detto voi stessa, questa non è la sede adatta per i racconti”
“Posso dire di conoscere a menadito ogni cavità di queste miniere; del resto, vagare senza metà è stato il mio modo per passare il tempo da quando sono qui; e vi posso assicurare, signore, che quella che vi propongo è l’unica via che vi porterà fuori dalle miniere. A giudicare dal rumore, avete messo in allerta un bel po’ di orchetti, col vostro girovagare, per cui posso immaginare che vogliate andarvene in fretta. Raston di Beltof è molto abile in fatto di strategia militare, e sa organizzare bene gli orchetti”.
“Raston di Beltof?” esclamò confuso Aragorn. “Non sembra certo un nome da orchetto. Quale genere di mostro è?”
Arwen sorrise: “Dite bene infatti: costui è un Umano, l’unico altro essere vivente di razza non orchesca costretto ad abitare nelle viscere della terra, come vermi. Costui è fedele a Sauron, il Signore Oscuro, e gli assicura il dominio sugli orchetti. Non ha il cuore tenero, Raston – e un guizzo di dolore le attraversò i begli occhi blu – per cui non vi risparmierà”. Dall’oscurità giunse lontano un fragore di spade. “Forza, se ci scoprono, ci uccideranno tutti!”
“Khazad-Dum attraversa interamente il Nero Abisso, che le vecchie leggende identificano come la tana del Balrog” insistette Gandalf.
“Ci state portando dritti nelle fauci del nemico, altro che salvarci!” la aggredì Boromir; subito dopo estrasse la spada e, spostata di lato Arwen con uno strattone, si avviò nella direzione opposta a quella indicata.
Arwen scattò in avanti a riprendere Boromir partito in avanti, ma la voce imperiosa di Gandalf fermò entrambi.
“Il Portatore dell’Anello deve decidere. Frodo, spetta a te scegliere la via”
“ Cosa ne può sapere un Hobbit così giovane? E per di più ferito!” insistette Arwen.
In effetti, Frodo aveva l’aria stanca e sofferente, e la sua tunica era macchiata di sangue sul fianco in cui era penetrata la lancia del troll. Tuttavia l’Hobbit si fece forza e dopo un attimo di silenzio disse con voce bassa:
“non voglio correre il rischio di incontrare il Balrog. Boromir, facci strada. In tempi più felici non avrei avuto alcuna esitazione a fidarmi di voi- disse rivolto ad Arwen- ma ora più che mai è necessaria cautela. Vi ringrazio del vostro aiuto fin qui”. E si incamminò a fatica dietro Boromir.
“D’accordo!” sbottò Arwen, ponendosi davanti alla porta in cui erano spariti Frodo e Boromir “Vi sto aiutando non solo perché desidero che usciate vivi da queste miniere, qualunque sia la missione che vi porta qui e che siete liberi di non rivelarmi, ma anche perché io stessa voglio andarmene! Sarei veramente sciocca se mandassi a morte le uniche persone che possono condurmi alla salvezza, non trovate?”
La Compagnia si scambiò sguardi stupiti; effettivamente, nessuno di loro ci aveva pensato.Aragorn fece un passo in avanti verso Arwen, che li fissava in silenzio, ma in quel momento Boromir riapparve e sbuffò sonoramente. “Giacchè conoscete così bene questi orridi cunicoli- disse con tono beffardo- perché aspettare noi per uscire? Avreste potuto farlo da sola molto tempo fa”.
“Perché- ringhiò Arwen- la porta d’uscita è chiusa da un incantesimo, e io non so la soluzione, né riuscirei a forzarla da sola. Voi siete nove, e tra voi c’è un mago, quindi forse la mia speranza di poter uscire assieme a voi è un po’ più ragionevole, non trovate? Se fossi in grado di andarmene da sola, non starei certo qui ad aspettare voi!”. Poi il suo tono di voce divenne malinconico. “Sono qui da molti anni, non saprei dire quanti. Tre? Quattro? Il tempo sembra non scorre mai; è sempre notte, sotto queste volte. L’unica luce che mi è concesso vedere è il fuoco ardente delle fiaccole degli orchetti, e di Raston di Beltof naturalmente. In ogni momento la mia mente va a quella porta, e subito si scontra con il freddo e duro marmo, e con le parole sibilline incise. E penso al sole, agli alberi, allo stormire delle foglie…”
Arwen era caduta in ginocchio, la schiena contro la parete rocciosa. Boromir e Frodo si erano riuniti al gruppo, e ora tutta la Compagnia la fissava.
Aragorn parlò per tutti. Le si avvicinò e la aiutò ad alzarsi e a rimettersi, poi le disse: “Vi faremo uscire, non temete. Ma ora conduceteci all’uscita.”
Arwen gli rivolse un’occhiata riconoscente, e si inoltrò nelle tenebre.

  
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