Chilling Pills.
Perché
scrivere una storia intera e di senso compiuto comporta troppa fatica.
7 – Die Another Day!
Mentre
estraeva le chiavi di casa dallo zaino militare tutto ciò a cui riusciva a
pensare Sergei Dragunov era gettarsi sul divano. Sino a quel momento non poteva
dirsi ufficialmente in licenza.
Dopo
quei cinque mesi infernali passati in Kazakistan, di cui l’ultimo a schivare
raffiche di pallottole praticamente ventiquattrore al giorno, ogni singola
cellula del suo corpo reclamava il meritato riposo, il premio dell’eroe:
Divano, TV e birra fresca portata da una bionda discinta.
E
se riusciva a trovare le chiavi di casa, poteva star certo di veder realizzate
tutte le sue necessità.
Soprattutto
quella della bionda discinta.
Aprì
la porta sul salotto incredibilmente ordinato dell’appartamento. Rimase
inizialmente un po’ perplesso a riguardo: Nina era tutto fuorché una donna di
casa decente. Era raro non trovare borse, vestiti e armi sparsi in giro per la
casa.
Ma
era davvero troppo stanco per
mettersi solamente a sospettare. Tanto più che Nina era comparsa – Jeans
attillati a vita bassa e canotta – dal corridoio. Nessuno sguardo minaccioso,
nessun sorrisetto sadico.
“Bentornato,
eh!” l’aveva salutato appoggiandosi alla parete, le mani infilate – chissà come
– nelle tasche degli striminziti jeans.
Forse
si aspettava di certo un saluto migliore da parte sua. Ma no, non ce la poteva
fare. Il richiamo del divano era troppo forte. Ci si schiantò sopra a peso
morto, facendo appena in tempo a mollare per terra lo zaino.
Stranamente,
ma era sempre troppo stanco per sprecare energie sospettando, Nina l’aveva
osservato alzando un sopracciglio quasi divertita. “Comodo, uh? Devi proprio
essere sfinito…”
“Se
continuo così ai trent’anni non ci arrivo vivo.” Bofonchiò l’uomo,
accomodandosi meglio tra i cuscini e sfilandosi scarpe e giacca senza
rialzarsi.
“Ti
conviene arrivarci.” Eccolo lì, il temuto sorrisetto Williams: una piegolina
del labbro a metà tra il sadico e l’irrisorio, da cui ci si poteva aspettare
una notte di sesso sfrenato come una pallottola in mezzo agli occhi.
Sperando
nella prima possibilità, l’uomo si sforzò di guardarla: “Perché, mi hai già
preso il regalo?”
Nina
prese un bel respiro scuotendo la chioma bionda e disse, con la stessa
tranquillità con cui di solito gli annunciava di aver comprato un paio di
scarpe con la sua carta di credito : “No, sono incinta.”
Lì
per lì non capì immediatamente: l’accento irlandese di Nina, nonostante i tanti
anni trascorsi a Mosca, non voleva proprio saperne di andarsene e spesso
storpiava le parole.
Poi
però comprese. Non appieno. “AH.” Non riusciva a rendere tangibile quello che
Nina aveva appena detto. Da tanto era stanco, poteva anche esserselo sognato.
Forse. “… e quando?”
Le
mani di Nina si posarono sui fianchi, mentre la sua voce prendeva una nota
sarcastica: “Dunque, facendo un paio di
calcoli direi durante la missione in Kazakistan, ricordi? Quando ci siamo
nascosti nello scantinato… in attesa dell’alba per attaccare…? Effettivamente
avevi detto che poteva essere pericoloso.”
“Intendevo
che potevano spararci.”
“Oh,
beh. Invece quello che ha fatto centro sei stato proprio tu. Complimenti. Una
sola botta in cinque mesi, colpita e affondata! Che mira…”
“AH”
La faccenda continuava a suonargli abbastanza confusa. Meglio dormirci su.
“Svegliami per cena.”
L’ultima
cosa che vide, prima di chiudere gli occhi, era la bocca di sua moglie che si
apriva sdegnata.
Si
svegliò a notte inoltrata, rimanendo per qualche istante incredulo nel
constatare che il salotto era avvolto nel buio e non si sentiva all’interno
dell’appartamento alcun rumore.
Uhn…
C’era
qualcosa che non andava.
Uhn…
Il
divano c’era, ma la Tv era spenta e nessuna traccia della birra portata dalla
bionda discinta.
A
proposito, la bionda discinta non doveva svegliarlo per la cena?
Bah.
Valle
a capire le donne. Probabilmente era uscita, o si era scordata, o era a dieta,
o chissà che.
Si
alzò grattandosi la testa e prendendo contro a tutti gli spigoli dei mobili della
casa, prima di entrare in cucina. Nel frigo c’era solo un solitario toast con
un foglietto dalla eloquente didascalia “La cena dello stronzo”.
Uhn….
Cosa
doveva tanto onore?
Bah.
Valle
a capire le donne.
Trangugiò
il toast congelato accompagnandolo da un pacchetto di patatine come contorno e
una birra. Dopo essersi lavato i denti e aver deciso di rimandare a domani la
rasatura della barba si era avviato verso la camera
Aprì
la porta piano, illuminando con il fascio di luce la figura femminile avvolta nelle
coperte. Di Nina si intravedeva una ciocca bionda sul cuscino e un braccio che
sporgeva dal piumone.
Un
braccio solo, già abbastanza invitante.
Di
certo il riposo aveva giovato ad un suo certo tipo di appetito. Si infilò sotto
le coperte, cercando il suo corpo. La sentì mugolare morbida mentre le
accarezzava le gambe, i fianchi, sino ad arrivare al collo da cigno, respirare
il suo profumo, accarezzarle la guancia e…
“AH!”
Ricevere
un morso.
“Che
cazzo…?”
Nina
era balzata in piedi sul materasso, gli occhi furenti quasi fuori dalle orbite,
i capelli gonfi e scarmigliati.
“comeosipezzodimerda!!”
“…?”
“Dopo
che prima ti sei addormentato, come
se quello che ti ho detto non fosse affar tuo, chiedendo mi svegliarti per cena… cosa pensi che sia,
la tua cameriera personale?”
“…aspetta…”
“Certo,
non mi sarei mai aspettata che tu facessi i salti di gioia, ma questo tuo menefreghismo nei miei confronti, anzi,
nei nostri confronti, è disgustoso! E io ho ammazzato per MOLTO
MENO.”
“…
Nina io…”
“TU
COSA?”
“…
non ricordo quello che mi hai detto.” Era una mezza verità. Qualcosa gli
suggeriva che Nina, qualche ora prima, gli avesse riferito una notizia
sconvolgente, ma, davvero, il tutto era avvolto in una fitta nebbia.
…
e tra poco, a giudicare dallo sguardo assassino della donna, sarebbe stato
anche macchiato di sangue.
“COME
FAI AD ESSERTI SCORDATO CHE TI HO DETTO CHE SONO INCINTA?”
Dopo un istante di disorientato silenzio,
mentre la memoria gli faceva il favore di ritornate, l’uomo deglutì
faticosamente. “AH.” Deglutì di nuovo. “… e lo vuoi tenere?”
Si
ritrovò schiantato contro la parete di fronte, con Nina che scendeva, con
studiata calma felina, dal letto e si avvicinava, gli occhi brillanti nel buio.
“Ho
deciso che non avrei più ucciso nessuno finché il bambino non fosse nato. Ma per te farò volentieri un’eccezione.”
“ASPETTA!”
“…hai
un ultimo desiderio da esprimere?”
“Ho
una considerazione da fare che…”
“RISPARMIA
IL FIATO!”
Solo
gli incredibili riflessi del soldato lo salvarono dal calcio di Nina, che colpì
la parete facendo cadere il poster del film ‘Scarface’ appeso di fianco e tremare pericolosamente l’armadio.
Nina si rimise in posizione, pronta ad attaccare di nuovo. “Nina, è sleale, non
posso combattere contro di te!”
“Oooh.
Ma che dolce. Così mi rendi tutto più facile.” Sembrava sul punto di spiccare
un balzo, quando si fermò, una gamba a mezz’aria e l’espressione disgustata.
Premendosi una mano sulla bocca, corse in bagno, gettandosi sulla tazza.
Ne
uscì qualche istante dopo, la faccia stravolta.
“…hai
vomitato?”
Nina
annuì, sedendosi sul materasso. “Ho la nausea in continuazione. Facciamo che ti
uccido un altro giorno.” Disse, coricandosi stancamente e riavvolgendosi nel
piumone.
“Meglio,
grazie.” Sospirò Sergei, coricandosi a sua volta. Rimasero un istante in
silenzio, entrambi svegli, senza guardarsi.
Eccezionalmente,
il primo a parlare fu proprio l’uomo: “Ma quindi sto per diventare padre?”
“Complimenti
per l’intuito, Capitan Ovvio!” Nina lo fissò, studiandone l’espressione.
Impassibile, come al solito. “Tu non lo vuoi, vero?”
Dragunov
rimase un attimo in silenzio. Si aggiustò il cuscino più volte. “Non è questo.
E’ che non me l’aspettavo. Mi hai colto di sorpresa.”
“Se
è per questo ha colto di sorpresa anche me. Però… non so. Sento che è una cosa
positiva. Forse sono gli ormoni, non lo so. Ho fatto la prima settimana
completamente scombussolata, ma poi… Credo che sia dall’altra volta che aspetto questo momento.”
“…
Forse quella volta mi hai colto ancora di più di sorpresa.”
Nina
si sorprese ad accarezzarsi il ventre ancora piatto. Lo sarebbe stato ancora
per poco, forse era solo una sua impressione, ma poteva notare un piccolo
rigonfiamento spuntare. “Dovrebbe nascere i primi di maggio.”
“Ah.
Come me.”
“Ma
non eri nato a luglio?”
“No,
quella sei tu.”
“Ah,
già, è vero.” Nina sospirò,
aggiustandosi il copripiumone. “Dovranno cambiare un po’ di cose, qua dentro.”
“Già.
Dovremo nascondere le armi.”
“E’
vero. Dove le mettiamo? Non abbiamo di certo tutto questo spazio…”
“Uhn…”
“Forse
dovremmo cambiare casa, che dici?”
“…
che quasi quasi mi faccio trasferire in Afghanistan.”
“Provaci,
e scateno l’inferno in terra.”
“…
come se fosse una novità.”
Finalmente, dopo lungo rimandare,
riesco a postare in questa torrida domenica di metà luglio!
Die Another Day è una canzone di
MADONNA…
Ragazze, sono rimasta senza
parole dalla rapidità delle vostre recensioni!!! E’ RECORD!!
XD
BLOODY ROAD: Aiuto, ragazza mia!
Che adulazione! Tu sei già bravissima di tuo, io non mi trovo così eccezionale!
MISS TRENT: Probabilmente
cercherai di strozzarmi dopo la storia della data di compleanno di Sergei… ;)
grazie tesoro per l’infinita pazienza con cui mi sopporti, e grazie grazie
grazie grazie per la FF che mi hai dedicato!
Non vedo l’ora di leggere la tua nuova produzione.
WISHPER OF THE WIND: Grazie!!!
Diciamo che il matrimonio di questi due lo vedo come una semplice firma in
comune, tra una missione e l’altra… (forse perché è questo il mio matrimonio
ideale…)
NEFARI: mmmmm…. Mi fa troppo gola
quel muesli….Volkov è come il grande fratello… non te lo puoi scollare dai
maroni maiiii!!!
Sperando che vi gusti anche
questa…
Ancora troppissime grazie… alla
prossima!!!
EC