Festa passata, tempo
trovato, e raccolta completata. Ebbene sì, da questo momento in poi non
avrete che da aspettare i miei aggiornamenti (e questo, purtroppo, equivale a
dire “che il mio pc esca dalla fase mestruale”
– sempre che ne esca, prima o poi).
Visto che vado di fretta,
dal momento che anche stavolta il computer che sto usando non è il mio,
vi auguro velocemente una buona lettura. Spero che vi piaccia il capitolo AkuRoku. *-*
Grazie infinite a Fede_Wanderer
per la recensione <3 E a tutti voi lettori, come sempre.
Perché
il tramonto è rosso
Fandom: Kingdom Hearts
Personaggi: Roxas, Axel
Genere: Introspettivo, Romantico
Rating: Verde
Ambientazione: Il momento in cui Roxas lascia l’Organizzazione XIII in 358/2 days
Prompt: #8. Bear-hug
(Abbraccio da orsi)
«
Non puoi voltare le spalle all’Organizzazione! Ti porteranno dalla parte
sbagliata e poi ti distruggeranno! »
«
Nessuno sentirebbe la mia mancanza. »
«
Non è vero… Io sì.
»
Roxas si fermò, sorpreso.
«
Io sono Axel. A-X-E-L.
L’hai memorizzato? »
«
… »
«
Ah, beh, ci arriveremo con calma. »
Sentire
la mancanza… Non era un sentimento anche quello?
Come
poteva un Nessuno sentire la mancanza di qualcosa – di un altro Nessuno,
poi? Loro non avevano un cuore con cui poter soffrire.
Si
voltò a guardarlo, incerto, e lo vide lì al suo posto accanto al
muro con le spalle incurvate e gli occhi bassi. Triste. Ma come…?
D’altro
canto, gli era sempre sembrato che Axel non fosse un
Nessuno come gli altri.
«
Andiamo a prenderci un gelato. »
«
Perché? »
«
Come sarebbe a dire, ‘perché’?! Perché siamo amici,
no? »
Gli
diede di nuovo le spalle. Era… strano. Spiacevole. Va bene, sì,
lui non poteva provare nulla veramente,
ma comunque non gli piaceva l’espressione sul viso di Axel.
O la sua voce piena di qualcosa che somigliava così tanto alla rabbia,
alla frustrazione. Quella voce che sembrava tanto la voce di un Qualcuno, quel
viso che non si era spento anche se non c’erano più i battiti
necessari ad animarlo.
“Sentire
la mancanza” era un sentimento come l’amicizia, giusto?
Ma
allora, se Axel poteva sentire la mancanza di Roxas, anche lui poteva sentire la mancanza di Axel?
Per
qualche istante dimenticò il mondo tutt’intorno, riflettendo.
Aveva fatto la sua scelta: avrebbe abbandonato l’Organizzazione, avrebbe
trovato altrove il suo vero posto, e non aveva intenzione di guardarsi indietro
e tornare sui suoi passi. Però questo voleva dire anche rinunciare a
quelle poche cose che rendevano la sua esistenza degna di essere chiamata vita.
Un
tuono rombò sul Mondo Che Non Esiste, ma Roxas
non vi badò.
A
lui cosa sarebbe mancato di Axel?
«
Vorrei chiederti una cosa, Axel. »
«
Spara. » […]
«
Tu sai cos’è l’amore? »
Tutto,
si rispose. Gli sarebbe mancato tutto
di lui.
Il
suo sguardo luminoso, addirittura allegro,
ogni volta che sedevano insieme alla Torre dell’Orologio a mangiare il
gelato insieme.
Il
suo sorriso sbruffone, quasi soddisfatto,
ogni volta che Saïx affidava loro una missione
che Roxas era felice
di dover svolgere con Axel.
La
sua risata piena e trascinante, ogni volta che lo coglieva di sorpresa con
quella sua pazza mania.
{ Gli si avvicinava di soppiatto.
Spesso lui e Xion neanche lo vedevano arrivare. Si gettava
fra di loro rapido e improvviso come un fulmine – qualche volta facendo
loro il solletico, qualche volta urlando « Buuu! » come i ragazzini di
Halloween Town. Ma sempre, immancabilmente, li stritolava tra le sue braccia
forti – ed era strano, oh sì, piacevolmente
strano sentirsi così vicini, sentire così forte il contatto
di Axel – e spesso cadevano tutti e tre e ogni
volta scoppiavano a ridere tutti e tre, e una volta Roxas
si era detto che chiunque li avesse visti in quei momenti non avrebbe mai immaginato
che loro tre non avessero un cuore. }
Pioveva,
adesso, ma non badò neanche a questo.
Poteva
sopportare di dire addio a tutto. Alla sua missione, a ciò che ci si
aspettava da lui. Ai membri dell’Organizzazione che per lui era stata un
po’ come una famiglia. Al gelato al sale marino. Ai tramonti. Persino a Xion, forse.
Ma
ad Axel?
Tornò
presente a se stesso solo quando si sentì circondato da un altro di
quegli abbracci – molto meno allegro del solito, e in un certo senso
molto più doloroso – e si rese conto che a bagnargli i capelli non
era più la pioggia, ma le stesse lacrime che sentiva ora nella voce di Axel.
«
Resta. Ti prego. »
«
Ehi, Roxas. Scommetto che non sai perché il
tramonto è rosso. »
Rimase
immobile e stupefatto per un minuto infinito, prima di trovare chissà
dove il coraggio di voltarsi e di premere il viso sul suo petto vuoto quanto il
suo, le braccia ancora inerti, gli occhi serrati con forza.
«
Non posso. »
La
stoffa spessa del cappotto bagnato smorzò il suo bisbiglio, ma Axel sembrò capire lo stesso. Lo strinse più
forte, e Roxas si chiese se l’avesse mai
abbracciato così e quanto gli sarebbe mancato questo e se gli sarebbe mancato più di tutto il resto.
Sapeva
già la risposta.
« Chi te
l’ha chiesto? Sapientone. »
Il
tramonto era rosso perché il rosso era il colore che viaggiava
più veloce.
Il
tramonto era bello perché gli ricordava Axel.
L’ultima
cosa che pensò, prima di svanire nel varco oscuro, fu che dire addio ad Axel faceva così male perché Axel era l’unico ad averlo
sempre fatto sentire come se anche lui avesse un cuore.
{ Non molto tempo
dopo, Axel avrebbe confessato la stessa cosa ad un
ragazzo che aveva gli stessi occhi di Roxas }