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Autore: Sy_92    20/07/2010    2 recensioni
Sharon è una bibliotecaria che una notte si ritrova nel posto giusto, ma nel momento sbagliato.
Dopo quella notte la sua vita non sarà più la stessa.
Lui era infuriato, con un balzo si avvicinò alla ragazza e con le braccia la bloccò al muro.
Inclinò la testa fino a sfiorarle con le labbra fredde l'incavo sotto il mento.
Lei sentendo il fiatto fresco di lui sul collo, rabbrividì.
Chiuse gli occhi, pronta a morire...
Genere: Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2. Library

Capitolo 2. Library


Socchiuse la porta e tornò indietro. Controllò tutte le stanze ma non vi era traccia di nessun ragazzo.
Forse mi sono sbagliata o magari proveniva da fuori. Pensò scuotendo la testa.
Si trovava in una stanza, dove vi erano i libri, quando di nuovo l'urlo si sentì nel cuore della notte.
Sharon andò nella direzione in cui ebbe sentito l'urlo, ma rimase delusa nel vedere che non vi era niente se non il muro.
«E questa?». Vide una chiave inserita su una porta, a cui lei non aveva mai fato caso.
Abbassò la maniglia e notò che era aperta. Dentro quella nuova stanza vi era buio, lasciò la porta dietro di sé aperta, in modo che qualche filo di luce potesse illuminare la stanza.
Improvvisamente la corrente saltò, facendo sobbalzare Sharon per lo spavento. Ora si trovava completamente al buio.
Ricordò di avere un accendino nelle tasche del cappotto, frugò e lo trovò.
Con la poca luce che emetteva quel piccolo aggeggio, riuscì a vedere delle scale in legno a qualche metro di distanza da lei.
Scese i primi gradini, stando con le spalle al muro, ma non sentendo nulla continuò a scendere per verificare se le urla provenivano da lì sotto. Magari c'era qualcuno che stava male.
Si fermò nel terzultimo gradino e spense l'accendino quando sentì ciò che stavano dicendo delle voci maschili.
«Max dovremmo ucciderlo ora che è debole»
«No! Aspetteremo l'alba, sarà una morte lenta e dolorosa»
A quelle parole Sharon rimase terrorizzata.
Si trovava nel luogo in cui presto, si sarebbe compiuto un omicidio. Sapeva che doveva andare via al più presto da li.
Le sue gambe si rifiutarono di risalire, si avvicinò piano alla ringhiera per scorgere i volti delle persone che avevano parlato.
La piccola stanza era illuminata da una fiocca luce, proveniente da una lampada appesa al soffitto con dei fili e con accanto una cordicella per accendere/spegnere la luce.
L'unica finestra all'interno della stanza era sorvegliata da un uomo, abbastanza alto e muscoloso. Alla destra della finestra vi era il contattore. Dedusse che la corrente di sopra l'avevano staccata loro.
Un altro uomo passeggiava nervoso avanti e indietro per la stanza, mentre veniva osservato da un altro uomo dai capelli biondi, che teneva le braccia incrociate.
La sua scarsa vista non li permetteva di vedere bene in viso i tre uomini in quella piccola stanza e non volle vedere nient'altro.
L'unica cosa da fare era allontanarsi da lì e una volta arrivata a casa, chiamare la polizia.
Si avrebbe fatto proprio così, era un'ottima idea.
E se quando arriva la polizia fosse troppo tardi? Questo pensiero si fece largo nella mente di Sharon.
Ma che altro avrebbe potuto fare?
Non poteva di certo andare lì a fare l'eroina. Tra l'altro loro erano in tre e lei era sola. 
Si convinse che chiamare la polizia era la scelta migliore.
Tornò con le spalle al muro e salì qualche gradino, quando il suo cellulare iniziò a suonare.
Ora sapeva per certo di essersi cacciata nei guai.
Iniziò a correre per le scale nel mentre che tentava di estrarre il cellulare dalla borsetta. Maldestra come sempre il cellulare le scivolò dalle mani e rotolò per la scala.
«Merda!!» imprecò.
Arrivò in cima alla scala e uscì dallo stanzino. Sapeva che qualcuno l'aveva inseguita per le scale.
Per arrivare all'uscita avrebbe dovuto attraversare l'intera stanza e poi attraversare la stanza centrale.
A dirlo sembrava un gioco da ragazzi, se non fosse per il fatto che qualcuno la stava inseguendo. Non avrebbe fatto in tempo a scappare così si nascose dietro uno scafale.
La paura iniziò a crescere sempre più, ma doveva tentare di stare lucida.
Da bambina era sempre stata brava a giocare a nascondino, adesso doveva fare la stessa cosa che faceva quando era piccola, con una piccola differenza: scappare al posto di dire tana.
Sentì i pesanti passi dell'uomo avvicinarsi a lei, così lentamente strisciò nella direzione opposta, stando nell'oscurità.
L'uomo cambiò direzione e scaraventò a terra alcuni libri, così lei approfittò di quel rumore per avvicinarsi all'uscita di quella stanza.
I rumori dei libri che venivano buttati a terra aiutarono Sharon ad andare sempre più avanti, finché non si trovò a pochi passi dall'arco.
I rumori dei libri cessarono e lei rimase inginocchiata in ascolto.
Non sentendo alcun rumore sporse leggermente la testa fuori dallo scaffale.
Il biondino era lontano da lei.
O adesso o mai più..
Si alzò da terra e corse più veloce che poteva verso l'uscita.
Il biondo sogghignò e camminando andò nella direzione della ragazza.
Sharon era arrivata davanti alla porta e la aprì. Credete di essere salva, ma con un grado tonfo la porta fu chiusa da qualcuno dietro di lei e la tirò a sè per i capelli.
«Credevi forse di poter scappare?». Sharon sentì il suo respiro nel collo.
La stretta sui suoi capelli si face più forte.
Con l'altra mano libera il ragazzo le prese i polsi e la costrinse a fare retromarcia.
Di nuovo lei si ritrovò nella stanza sotterranea.
Un ragazzo poco più alto di lei si avvicinò. La osservò attentamente e le accarezzò la guancia con un dito.
La mora infastidita da quel gesto lo morse, facendolo così urlare.
Il biondo dietro di lei strinse maggiormente la presa sui suoi capelli, tirandole la testa.
Sharon mollò la presa.
Il ragazzo davanti a lei si esaminò il dito.
«E' una di loro?» chiese il biondo alle sue spalle.
«No Luke, vedi? Niente sangue» rispose subito mostrando l'indice dove era stato morso.
Sharon memorizzò il nome del biondo e subito capì che il moro davanti a lei era Max. Riconobbe la sua voce.
«Perché ci spiavi?» domandò calmo Max.
«Ho sentito un urlo e sono venuta a vedere se qualcuno stava male» spiegò lei, e Max parve crederla. Infondo aveva detto la pura verità.
«Come hai fatto a entrare in biblioteca? E cosa ci fai qui a quest'ora?» continuò Max con le domande.
Non voleva dare troppe informazioni su lei. Non sapeva chi erano quei tizi e non promettevano niente di buono.
«Potrei farti le stesse domande!» rispose con voce ferma.
Max non rispose e sorrise.
Dentro se Sharon sentiva la paura crescere, sapeva che se i tizi l'avessero capito per lei la situazione sarebbe peggiorata.
«Come ti chiami?»
La ragazza esitò prima di rispondere. «Sharon»
«Bene Sharon adesso tu starai buona e non ci disturberai. Intesi?»
«E dopo che ne sarà di me?» disse in un sussurrò.
Max guardò prima Luke poi il ragazzo alla finestra, che si era girato a guardare la scena silenziosamente.
Il ragazzo alla finestra era alto e muscoloso, capelli neri e occhi dello stesso colore. Era vestito con scarpe nere, jeans neri, pullover nero e giacca di pelle. 
Era un bel ragazzo, ma le metteva inquietudine.
Max invece aveva capelli castano scuro e occhi color nocciola. Lui indossava una giacca blu con sotto una magli bianca, jeans scuri e scarpe bianche. Era il più giovane dei tre, forse aveva qualche anno più di lei.
Non era male neanche lui.
L'unico che non poté osservare fu Luke, che si trovava ancora dietro di lei a stringerle i polsi e i capelli.
Se continuava con quella stretta, sarebbe rimasta calva. I polsi le dolevano, ma continuò a star zitta.
«Dopo potrai tornare a casa tua, ma sempre se ti comporterai bene» rispose in tono tranquillo, riportando Sharon alla realtà.
Luke mollò la presa su lei, che subito si massaggio i polsi.
«Siediti lì ragazza». Stavolta era stato Luke a parlare, indicandole con il dito.
Guardò il biondo in faccia e rimase colpita dai suoi occhi azzurri e dalle sue labbra carnose. Portava jeans neri e una camicia bianca metteva in evidenza i suoi pettorali perfetti. Anche lui era muscoloso e ben piazzato.
Il termine attraente era un aggettivo limitato per lui.
Seguì il suo dito. Fu allora che lo vide per la prima volta.
Era seduto su una sedia, con le braccia legata dietro ad essa. La testa era leggermente inclinata verso il basso, dei ciuffi rossi gli coprivano gli occhi.
Un taglio superfluo gli attraversava quasi tutta la guancia, facendo scorrere un piccolo rivolo di sangue. Alto sangue scorreva dal suo labbro sottile, che andò a finire sulla bianca maglietta.
Sulle sue braccia nude vi erano altri tagli, ma quello che più la spaventò era il profondo taglio sulla gamba sinistra. Il jeans intorno al taglio era ormai rosso.
Quel ragazzo perdeva sangue da tutte le parti, senz'altro sarebbe morto dissanguato, prima del sorgere del sole.
Si sedette a terra accanto a lui, come le aveva ordinato Luke.
Immediatamente il rosso si girò a guardarla. I suoi occhi erano verdi, lo sguardo spento e profonde occhiaia solcavano il suo viso.
«Chiedi di andare in bagno.. troverai una finestra.. scappa da li..è l'unico modo che hai per salvarti» sussurrò piano la voce roca del ragazzo, tra i colpi di tosse.
Sharon dovette sforzarsi per capire ciò che disse.
Qui c'è un bagno??.. Pensò.
Dopo aver riflettuto sulle parole del ragazzo, rispose. «No io..»
«Sta zitto!» tuonò la voce di Luke.
Si avvento sul rosso per dargli un forte pugno sullo stomaco.
«No! Fermati!» strillò isterica Sharon, si alzò per fermare il biondo.
Max si frappose tra la mora e Luke.
«Sta ferma» le ringhiò Max.
«Le sta facendo del male, lo ucciderà» urlò lei dimenandosi, in preda alla disperazione.
A quelle parole il ragazzo alla finestra si mosse, andò da Luke e lo fermò.
«Fermati amico. L'alba sarà per lui molto peggio!» disse con mezzo sorriso a Luke.
«Hai ragione Felix!» rispose con un ghigno il biondo.
Sharon si calmò. 
Ora era a conoscenza anche dell'altro nome.
Le sarebbe stato utile sapere i loro nomi quando gli avrebbe denunciati alla polizia. 
I lori volti erano impressi nella sua mente, così come i suoi nomi ora.
Max, Luke e Felix.
Capì che Max era il capo, mentre gli altri due erano i suoi scagnozzi.
Tornò con la mente a ciò che aveva detto Felix sull'alba, era lo stesso che aveva detto Max.
«Che c'entra l'alba?» domandò Sharon a Max.
«Il sole entrerà dalla finestra e trasformerà lui in cenere!» spiegò disgustato e notando lo sguardo confuso di lei e aggiunse: «È l'unico modo per uccidere un vampiro».
Un vampiro? Sharon non poté credere alle sue orecchie.
Sono finita in un covo di matti.. pensò.
Questi tizi avevano visto troppe volte Dracula oppure erano tutti fatti..
I vampiri erano solo creature esistenti nei film horror..
Tornò a sedersi accanto al "vampiro" e lo guardò.
Le parve impossibile che quel ragazzo fosse un vampiro, poi come faceva a perdere sangue? I vampiri non erano immortali e forti?
«Non credere a ciò che ti dicono» sussurrò lui.
«Sta tranquillo. I vampiri non esistono» rispose con un leggero sorriso.
Calò il silenzio. 
Alla finestra ora vi era Luke, mentre Felix fissava il rosso come un gatto osserva un topo.
Max teneva gli occhi chiusi e si massaggiava le tempie.
«Non parlare con lui Sharon» disse aprendo gli occhi e puntando lo sguardo sul presunto vampiro.
«Lui ha ucciso.. mia sorella, mentre la sua compagna ha ucciso mio cognato.. Emily aspettava un figlio..»
«Non è vero Sharon! Sta mentendo» lo interruppe il ragazzo.
«Sta zitto! Se non vuoi una pallottola nel cervello». Estrasse una pistola da dietro la schiena.
Il ragazzo s'irrigidì e si zittì.
«Ho visto i suoi canini.. sul collo di Emily, lei ha urlato e dopo cinque minuti non ho sentito più nulla. Era morta».
Vidi il dolore sul volto di Max. La storia mi aveva fatto venire i brividi.
Quel ragazzo aveva visto troppi film horror. Aveva bisogno di un buono psicologo.
Tutto ciò che stava succedendo era assurdo.
«Mi credi?» domandò Max.
Annuì con la testa, terrorizzata dalla sua pistola.
Quando Max le diede le spalle, cercò lo sguardo di.. Non sapeva ancora il suo nome.
«Come ti chiami?» domandò lei, piano per farsi sentire solo da lui.
«Matthew».
«Ti tirerò fuori da qui Matthew».
Vide gli angoli della sua bocca sollevarsi in un sorriso.
«Posso andare in bagno?» domandò Sharon ad alta voce.
Max la accompagnò sotto la scala, dove vi era una porta scorrevole bianca.
«Non metterci troppo tempo o entrerò nel bagno» l'avvertì.
Sharon entrò nel piccolo bagno e si chiuse la porta alle spalle.
Davanti a lei vi era solo un lavandino con un piccolo specchio, il water e una tenda color panna che copriva la finestra.
Scostò la tenda e aprì la finestra. Un vento gelido sferzò i capelli castani intorno al suo viso.
Dopo cinque minuti uscì dal bagno e tornò a sedersi accanto a Matthew, che la guardò con sguardo stupito.
«Credevo che fossi scapata..»
«No però ho aperto la finestra. Ho un piano!»
La voce di Luke interruppe la loro conversazione.
«Una macchina della polizia sta arrivando in questa direzione»
«Spegnete la luce» ordinò Max. «E tu non ti muovere e non provare a fiatare» si rivolse a Sharon.
Quando furono al buio, con solo la luce della luna a illuminare la stanza, Sharon ne approfittò per slegare i polsi di Matthew dalla corda.
Tutti erano impegnati a guardare ciò che accadeva fuori dalla finestra.
Quando accesero la luce e si voltarono trovarono entrambi nelle stesse posizioni di come gli avevano lasciati.
«Max potrei parlarti un attimo? Da soli..» disse Sharon con uno sguardo malizioso e passandosi la lingua sulle labbra.
Il ragazzo sorrise furbo e acconsentì. Andarono nuovamente sotto le scale, dove nessuno gli avrebbe potuti vedere o sentire.
Lei iniziò a strusciarsi su di lui e a darli piccoli baci sul collo per poi arrivare alla sua bocca.
Lui ricambiò il bacio e inizio a toccarla ovunque.
Max si abbandonò alla ragazza, che iniziò a toccargli l'interno coscia.
Poi si sentì sottrarre qualcosa, la sua pistola.
«Non ti muovere se tieni ai tuoi gioielli». Sharon le puntò la pistola in mezzo alle gambe. Max era caduto nella sua trappola.
«Maledetta puttana. Anche tu sei una di loro!» disse guardandola con disgusto.
«Si come no! Ora voltati».
Max ubbidì, lei gli puntò la pistola sulla schiena e lo tenne per un braccio. Tornarono dov'erano prima.
Luke e Felix la guardarono con occhi sbarrati e rimasero fermi davanti alla porta.
«Mai fidarsi di una ragazza» disse beffardo Luke.
Matthew si alzo dalla sedia e zoppicando si avvicinò a Max e Sharon.
«Come ha fatto a slegarsi?» chiese un Luke stupito.
«L"ha aiutato lei, quando eravamo affacciati alla finestra. Maledetta» rispose Felix che aveva già capito tutto.
«Non ti rendi conto di ciò che stai facendo» ringhio furioso Max.
«Non dargli retta. Sta cercando di confonderti» rispose Matthew, ormai accanto a Sharon.
«Come sei venuta sin qui?» chiese il rosso a Sharon.
«Con la moto»
«Allora va a prenderla, ti aspetterò fuori dal bagno»
Matthew mise la mano sopra quella di Sharon in cui teneva la pistola, provocandole un leggero brivido e le ordinò di mollarla, in un attimo quello a impugnare la pistola era lui.
Sharon uscì dalla finestra del bagno, si guardò attorno e dopo essersi orientata, percorse una strada di ghiaia.
Arrivata davanti alla sua moto, salì e tornò verso la finestra del bagno per prendere Matthew.
Arrivò a metà strada, vide Matthew andarle incontro zoppicando.
«Riesci a salire?» chiese quando fu di fronte a lui.
Lui senza rispondere salì sulla moto e Sharon partì a tutta velocità. Il ragazzo si tenne aggrappato a lei.
«Ti porto all'ospedale più vicino» urlò lei per sovrastare il suono del motore.
«No! Per favore..» la supplicò lui irrigidendosi.
Allora Sharon decise di fare un giro lungo per far perdere le sue tracie e lo portò a casa sua.
Lo aiutò a entrare in casa e lo fece sedere nel divano.
Prese dal bagno degli asciugamani e delle gazze sterili e tornò in salotto.
Iniziò a pulire delicatamente il viso del ragazzo. Notò solo allora quanto era bello. Aveva i lineamenti dolci e i suoi occhi le ricordarono quelli di un gatto.
Ripulì anche le sue braccia dal sangue, fece la stessa cosa con la sua gamba e quando la bendò, un gemito uscì dalle sue labbra rosee.
«Scusami» mormorò mortificata.
«Perché fai tutto questo per me?» domandò.
Lei sorrise. «Perché..beh non lo so»
«Grazie Sharon. Ora devo andare»
«Sei ancora troppo debole. Rimani qui a dormire e domani te ne andrai e poi non pensi che prima sia meglio chiamare la polizia?»
«No, non chiamare la polizia. Per favore»
Forse era stato il suo tono supplichevole o i suoi occhi dolci che la convinsero. Le pose una condizione: lei non avrebbe chiamato la polizia se lui quella notte avrebbe dormito li.
Matthew accettò e rimase a dormire nel comodo divano, infondo riposarsi un po' l'avrebbe aiutato a riprendersi.
Sharon andò in camera sua, tolse il cappotto, le scarpe e si gettò nel letto vestita.
Tutto divenne buio e poi si addormentò.
La mattina svegliarsi fu un trauma. Si sentiva intorpidita e aveva un gran mal di testa.
Andò in salotto e notò il divano vuoto.
Possibile che si fosse sognata tutto?

Allora che ve ne pare? Ne vale la pena continuare?
Fatemi sapere..


   
 
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