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Autore: BigMistake    28/07/2010    1 recensioni
Dal Prologo: "Un nano ed un elfo, in groppa allo stesso destriero. Definire tale cosa rara, sarebbe soltanto blasfemia. Eppure successe alla fine della Terza Era, quando la Quarta albeggiava altisonante sulle teste della Terra di Mezzo. [...] Proprio in quel viaggio conobbero, a caro prezzo un popolo nascosto, Gwath - Ombre, venivano chiamate, e si mostravano come spettri nella notte. Mai avevano agito al di fuori delle loro terre, ma i tumulti che avevano scosso Mordor e tutti gli abitanti delle Terre dell’Est, ovviamente le avevano costrette a “cacciare”, se così possiamo definire la loro una caccia, ben oltre il loro piccolo recinto fatto di alberi e oscurità." Sarìin, il bardo racconta una storia agl'avventori di una taverna, i cui protagonisti presero parte alla Compagnia che salvò la Terra di Mezzo da un'imminente fine. Grazie per la vostra attenzione e buona lettura!
Genere: Romantico, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gimli, Legolas, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO XVIII: Loss. Un’ultima volta.

Per un’ultima volta. Anche se con malavoglia il suo sposo le aveva concesso l'esaudire di quel desiderio, lasciandola soggiornare altro tempo da Thranduil, suo padre, non tardando però con la sua di partenza. Da quando la loro unione era stata celebrata non si erano mai separati, ma ora si trovavano agli estremi della Terra di Mezzo attendendo la fine della prima neve dell'inverno ormai apertamente dichiarato. Un’ultima volta prima di lasciare il Reame Boscoso e raggiungere Legolas nell’Ithilien. I fiocchi cristallini scendevano dal cielo plumbeo da qualche giorno, creando una spessa coperta lattiginosa su pietra e terreno. Tirinîr osservava meravigliata quello spettacolo. Amava la neve, non l’aveva mai potuta ammirare nella sua vecchia casa e viveva con la gioia di una bambina la sua venuta sin dalla prima volta che una mattina aveva imbiancato il bosco. Gli anni successivi al giorno del loro matrimonio erano passati per lo più nell'organizzazione della partenza. Molti messaggeri erano giunti da Gondor e dalla Signoria degli Emyn Arnen e molti ne erano stati inviati dal Eryn Lasgalen in quelle terre. Spesso si era ritrovata sola, triste ed anche un po' annoiata per i troppi impegni a cui era dedito il marito, ma mai come ora ne avvertiva la mancanza. Se prima lo sentiva lontano, ora che aveva tutta la Terra di Mezzo a dividerli rimpiangeva quei giorni. Lei ancora a Nord a guardare per un'ultima volta la neve cadere, lui a Sud ad attendere che smettesse per poter stringere tra le sue braccia il suo delicato fiore d'inverno.

Con Aurehen erano solite godere della propria compagnia reciproca. Non che non si trovasse bene con la Regina, ma per l'impetuosa Principessa era arduo impiegare interi pomeriggi seduta di fronte al camino o nei giardini in attività quiete e prive d'adrenalina. Una promessa l'aveva vincolata ad essere buona e remissiva, anzi la risposta di una supplica da parte di Legolas di non fare nulla di avventato e sconsiderato finchè non sarebbe partita. Quel giorno Tirinîr non stava impiegando il tempo in nulla di particolare, mentre Aurehen era dedita alla lettura si limitava a guardare l’esterno, arrampicata sul davanzale della finestra scolpita meravigliosamente con piccole colonne tortili e un tralcio di edera. Fissava distrattamente un punto non definito di quegl’avvallamenti che seguivano le forme del terreno, il suo respiro si condensava al contatto con il freddo creando piccole nuvolette tiepide ad ogni sospiro più carico. Un dilemma c’era nel profondo del suo cuore, combattuta tra la tristezza e l’impazienza. Si sentiva instabile nel non sapere quale stato d’animo vincesse fra i due: da un lato l'ammirazione che provava per quel fenomeno atmosferico a lei caro e l'affetto ormai profondo che la legava al Reame Boscoso le offrivano dei ripensamenti, ma dall'altro voleva ardentemente che il cielo trovasse pace e calasse la parola fine di quella pioggia di ghiaccio. Desiderava ancora stare stretta fra le braccia del proprio sposo, beneficiare del suo calore nel letto nelle mattine gelide che avevano iniziato già da tempo a raffreddare il clima, eppure dentro di sé sentiva la pesantezza della rinuncia a lasciare quel posto dove si era sempre sentita protetta ed amata.

“Dal cielo ha smesso di cadere la neve, quindi partirai a breve …” il sospiro della Regina catturò l’interesse della ragazza che tornò ad osservare con più attenzione fuori. Tutto sembrava sospeso, nell’aria aleggiava secco il respiro freddo del leggero vento che si era alzato e gli ultimi cristalli svolazzarono adagio fino a raggiungere il terreno. La prima neve aveva smesso di riversarsi. In sincronia con il suo termine la Regina aveva alzato lo sguardo dalla lettura di fronte al fuoco e carica d’apprensione aveva iniziato a tremare. Il suoincubo più crudo e del Re suo consorte, si stava per avverare.

“Il prima possibile, mia signora.” Quando si voltò Aurehen era ancora con i suoi occhi cerulei puntati sulla ragazza, in fondo al cuoresperava che la missione di Thranduil si compisse prima di quel nefasto giorno. “Appena saremo pronti per la partenza.”

 

E così fu. In meno di un giorno l’ultimo piccolo gruppo di elfi era pronto per la partenza. Per Aratoamin era la prima volta che la sua padrona gli imponesse la sella non tanto per cavalcare, avevano già affrontato lunghi viaggi assieme senza imbrago, ma per portare una parte dei bagagli. Nitriva di continuo sbuffando sonoramente e muovendo la sua longilinea testa, senza però mai imbizzarrirsi.

“Anrond hai preparato Aratoamin?” chiese Tirinîr avvicinandosi al proprio cavallo ormai calmatosi al tocco della padrona. La fanciulla non sembrava accusare le rigide temperature nonostante non indossasse un manto sulla sua veste, era a suo perfetto agio.

“Manca solo il morso, ma non sembra molto intenzionato a portarlo.” Anrond, il giovane stalliere, era eccitato all’idea di partire. Aveva pregato Legolas di poter seguire la piccola colonia in Ithilien, ricevendo sempre un diniego come risposta. Solo grazie all’intercessione della Guaritrice era riuscito a convincerlo, voleva restare al suo servizio in virtù del profondo affetto nato tra i due.

“Lascia perdere ho cavalcato per una vita senza redini e la sella non mi è tanto più utile che per portare qualche provvista per il viaggio. Vero, mellon nîn? ” chiese al cavallo avvicinando il volto al muso bianco e marrone. L’intelligente equino sbuffò e scrollò di nuovo la testa, lasciando una bella nuvola bianca come traccia della sua risposta. “Sei sempre sicuro di voler partire con me? L’Ithilien è lontano, il viaggio è lungo, non ti sarà possibile tornare con facilità.” Disse infine verso il giovane elfo, insicura se volere o no una risposta positiva alla propria domanda.

“Sì, Arweamin mai stato più certo di una mia scelta!” affermò risoluto, fissando i suoi chiari e limpidi occhi in quelli della ragazza. Tirinîr cercò in lui la minima traccia di dubbio, ma vi trovò solo determinazione e volontà.

“Va allora a salutare i tuoi genitori ed avvisa gli altri, siamo prossimi alla partenza.” All’ordine della Principessa s’inchinò in segno di rispetto e scattò fulmineo via ad adempiere al suo dovere.

Era giunta quindi l’ora dei saluti e delle formalità, seppur nel cuore della ragazza non vi era l’etichetta da rispettare, solo l’importanza di far sentire l’affetto provato. Dapprima fu intenta nel visitare un’ultima volta il palazzo che l’aveva accolta, i corridoi scolpiti nella pietra, la sala del Trono intagliato nel legno, le colonne alte e slanciate fino al soffitto, la grande Biblioteca scenario della sua maturazione e le sue stanze svuotate dei propri oggetti. Sugli scaffali giacevano pochi e radi libri, alcuni, non avendo più supporto, riversavano proni sul legno e chissà per quanto tempo avrebbero adottato tale posizione; la scrivania era stata spogliata di ogni suppellettile se non fosse stato per lo scrittoio, i due calamai quasi del tutto vuoti e le penne che svettavano dal cannello. Osservò tutto con cura e minuzia, voleva imprimere l’immagine di quella stanza bene nella sua memoria perché anche un luogo poteva rimembrare il dovuto attaccamento. Passò quindi alla sua stanza da letto e con essa i ricordi della sua nuova vita da sposata, moglie di un Principe. Il passaggio da male apprezzata Ombra a rispettabile nobile Signora era stato difficoltoso, ma in fondo aveva sempre saputo da chi e per cosa era nata.

Il letto era stato riassettato e su di esso vi avevano adagiato un mantello di seta leggera e calda con dei guanti della medesima pregiata stoffa dalle strane tonalità grigie, che mutavano quando per indossarla rifletteva ciò che la circondava. La spilla che chiudeva la cappa sul collo aveva le fini fattezze dei niphredil divenuti ormai simbolo di Tirinîr. Lì indossò con naturalezza quasi le fossero stati cuciti indosso, nè il manto nè i guanti difettavano in modo alcuno. Osservò la sua figura su di uno specchio ancora appeso alla parete e notò degli impercettibili disegni impressi nella trama, piccole volute rampicanti. Era così diverso indossare abiti così eleganti, niente più pelle e cuoio, solo seta ed organza ad adornarnale il corpo filiforme. Ma non erano gli abiti ad essere cambiati, essi rispecchiavano la sua radicale trasformazione interiore. Era tornata a respirare, a vivere, era tornata alla sua terra natia che stava per abbandonare. No. La sua casa sarebbe sempre stata dove si trovava il suo cuore ed il suo cuore era costudito dall'elfo che attendeva la sua venuta nella terra della Luna. Rifletteva ancora su quello che il suo corpo le diceva ed avvertì una strana pesantezza alla testa, che la costrinse a sorreggere la fronte con il palmo. Tutti quei tumulti la stavano lentamente sfiancando, eppure doveva essere abituata alle svolte ormai ordine della sua esistenza. Si decise quindi a scacciare i pensiesi turbinolenti per lasciare spazio solo alle emozioni.

“Legolas attende solo di restituirti il cuore, Tirinîr non lasciare che la paura precluda un'altra possibilità!” si ripeté sommessa, giocherellando nervosa con il suo anulare destro che ora teneva celato dal liscio guanto. Al pensiero che presto avrebbero potuto riprendere la loro vita insieme con un nuovo bagaglio di preoccupazioni, si morse il labbro inferiore nascondendo un sorriso triste. Era indiscusso, Legolas aveva bisogno del suo supporto per questa nuova avventura e si era già troppo attardata.

Fu allora, mentre distolse lo sguardo dalla sua immagine riflessa, che l'occhio le cadde all'esterno.  Aurehen si trovava nei suoi giardini, da cui rose e gigli spuntavano dai piccoli cumoli di neve sempre più pesanti. I rami pendenti di alcuni giovani arbusti tenevano a fatica il loro peso e ciondolavano gravando sul terreno con il rischio di farli cadere da un momento all’altro. Attendeva paziente la venuta della sua figlia acquisita, mentre tra le mani teneva una colomba a cui sussurrava qualcosa d’incomprensibile dalla finestra delle stanze di Tirinîr. Mai scese con tanta lentezza fino ai giardini, scenario a cui era affezionata grazie alle molteplici vicissitudini avvenute tra quegl’alberi.

“Pedo sa i Heryn o in Ithilien telitha rato! Bado si! | S -  Dì che la Signora dell’Ithilien giungerà presto! Vai ora!| ” le mani rilasciarono l’elegante pennuto, che lesto batté le sue ali e si librò verso il cielo appesantito dall’aria grigia.

“Arweamin, ci stiamo accingendo a partire …” disse la ragazza con un fil di voce attirando l’attenzione della Sovrana.

“È già ora?” chiese allora con altrettanti toni bassi. L’unica risposta che ebbe fu un cenno del capo della fanciulla. “Vedo che hai trovato il mantello, sarà un ottimo riparo dal freddo e dal caldo.” Aurehen s’avvicinò a Tirinîr sollevandole il cappuccio sulla testa.

“Grazie, mia signora! Non mi aspettavo altri doni da voi!” non sapeva come dimostrare la sua riconoscenza, ma venne bloccata dalla Regina che iniziò a scuotere leggermente la testa.

“Non dovresti ringraziare me …” era dispiaciuta per il dolore provato dal suo Re, ma per quanto potesse condividere lo stesso sentimento riconosceva ciò che era giusto per loro. Tutti prima o poi abbandonano il nido, la vita continua a prescindere da ciò che i genitori vogliono per i figli. Si rimproverava di non averla convinta a restare, identificando in lei l'unica speranza del ritorno di suo figlio nel Reame Boscoso. Aveva tentato a lungo, cercando di persuaderla in ogni modo e con ogni mezzo. Lusinghe, minacce, arrabbiature nulla aveva fatto desistere Tirinîr dal raggiungere l'Ithilien. Il lento rintocco del tempo scandiva il conto alla rovescia al suo definitivo allontanamento, al distacco di quell’ultima parte di lui che forse era la chiave per trattenerlo. Ne era addolorato ed infuriato al tempo stesso, perchè sentiva di aver fallito in un certo senso. Come poteva sua moglie non soffrire per lui e per quella ragazza che fino all'ultimo aveva sperato di poter reincontrare chi aveva sostituito egregiamente il padre?

“È stato Thranduil?” Aurehen annuì mortificata, se avesse potuto gli avrebbe dato quel minimo di coraggio che serviva per affrontare la definitiva partenza di Legolas e Tirinîr. “Non verrà a salutarmi, dunque?” Per quanto la fanciulla sentisse il bisogno di avere anche solo un cenno, una rassicurazione saggia o anche uno dei suoi rimproveri dovuti alla forte caparbietà della ragazza, non avrebbe seguito il suo cuore. Le sue preghiere sarebbero state affidate al cuore della notte, pronunciate ad Irmo. Sperava che i suoi sentimenti fossero trasportati dai suoi sogni fino al Re, che gli spiagasse il suo affetto e di come la sua presenza avesse riempito il vuoto lasciato da Helluin. 

“È testardo, non vuole però spingerti più di quanto già abbia tentato. Con questo suo negarsi vi sta lasciando liberi di decidere …”

“Concordo con la sua scelta! Spero di riuscire a ripagare la fiducia che mi state dando entrambi …” rispose con trasporto Tirinîr. Aurehen non rispose si limitò ad un bacio posato delicato sulla fronte, con i suoi liquidi resi ricolmi di malinconia e dolcezza. Per quanto anche lei non desiderasse averli lontani, non poteva impedire in alcun modo che loro non percorressero la strada che si erano scelti. “Questo non è un addio, vero Aurehen?” quella che era iniziata come un’affermazione assunse l’inclinazione di una domanda.

“Non esistono addii, mia dolce Envinyatarë. Che sia in questa terra, calcando le Terre Beate di Valinor in Aman o nelle Aule di Mandos, un giorno, avremo modo di rincontrarci. Quello che io ti porgo è un semplice saluto ed un augurio di speranza, lo stesso che il nostro Re ti vorrebbe fare, ma che il suo cuore, troppo stanco e provato dalla lunga vita, non gli permette di pronunciare.” Disse con trasporto. “Ora vai, il viaggio che ti attende è lungo e c’è chi ti attende. Namarië, sêll nîn! | S - Addio, figlia mia! |  Nai tiruvantel ar varyuvantel i Valar tielyenne nu vilya! ¹  | Quenya – Possano i Valar proteggervi nel vostro cammino sotto il cielo! | ” la ragazza non trovava il giusto saluto con cui risponderle a parole, ma strinse le mani della sovrana nelle sue. Calcò con lo sguardo ciò che realmente provava, prima di voltarsi per raggiungere il gruppo di elfi pronti a partire e a seguire lei ed il suo sposo fino nel regno degli uomini.

Aurehen attese un po’ prima di rientrare e dirigersi nel palazzo. Thranduil non avrebbe sceso le scale, non sarebbe corso incontro allo spegnimento della sua ultima speranza di riavere i loro figli seco. In quella stessa stanza dove aveva espresso i suoi dubbi su quella ragazza, ora piangeva la sua partenza ed Aurehen questa volta, invece che spegnere la sua rabbia ,avrebbe soltanto appoggiato il viso contro le spalle del proprio sposo cercando e donando il conforto necessario ad entrambi. Videro insieme allontanarsi l’ultimo appiglio che avevano avuto quel poco tempo, con un piccolo lume di gioia sapendo che la loro vita sarebbe stata prosperosa e protetta per sempre.

 

 

La fila di elfi migrava verso i giardini di Gondor, alcuni accompagnavano cavalli altri invece preferivano prodigarsi a contatto con l’erba. Di notte la lunga marcia veniva illuminata dalla loro presenza, come se i loro capelli e i loro occhi riflettessero la luce delle stelle. Le voci risuonavano tra gli alberi in canti e lodi che sembravano uniformarsi ai suoni della natura incontrastata che attraversavano. Anrond solitamente chiudeva la coda, o faceva da spola ai due estremi data la sua velocità di cavalcata ed il suo impeto giovanile. Tirinîr, di suo canto, se ne stava al centro sempre assorta nei suoi pensieri ancora vincolati al dubbio.

“Daro Aratoamin! | S – Ferma Aratoamin! | ” supplicò il suo destriero, arrestando all’istante l’andatura cadenzata che aveva dai numerosi giorni di cammino già affrontati. “Scusa mellon nîn, ho bisogno solo di un attimo …” accarezzò i suoi crini lisci ed ordinati prima di smontare ed appoggiarsi al suo collo.

“Arweamin?” una voce non pienamente matura si levò dal fondo accompagnata da un galoppo sonoro. Anrond aveva visto di lontano Tirinîr fermarsi e cercava di raggiungerla il prima possibile. Aveva prestato un giuramento al suo Principe e non l’avrebbe mancato mai e poi mai. Una delle condizioni per cui Legolas aveva accettato il giovane era che, durante il viaggio, avrebbe dovuto vegliare su di lei come fosse la sua ombra, questo lo faceva sentire responsabile di lei e per lei. “Cosa è successo?” chiese scendendo con un salto agile dalla groppa del suo cavallo per trovarsi ad un passo dalla Principessa.

“Nulla di cui preoccuparsi Anrond!” mentre si prodigava a trovare giustificazioni convincenti sentì le gambe tremare e la stanchezza piombarle come una cotta di ferro sulle spalle. Se non fosse stato per il tempestivo intervento del giovane elfo, Tirinîr, sarebbe caduta rovinosamente in terra.

“Siete pallida ed avete gli occhi cerchiati dalla stanchezza.” Disse aiutandola a ricomporsi ed offrendo il suo soccorso.

“Non riposiamo da giorni e comincio a sentire i miei limiti, ancora sono vincolata al sangue umano e quel lato di me, mio malgrado, influisce sulla mia resistenza. Ma non voglio essere di peso, né tantomeno d’intralcio. Vieni, aiutami a camminare!” rispose con fermezza, nonostante una strana vibrazione della voce. Anrond ordinò al suo cavallo di affiancare Aratoamin, che subito ubbidì iniziando a trottare verso il piccolo equino superando la coppia di elfi. Intanto la Guaritrice prese il braccio del giovane che, seppur in età fosse apparentemente un ragazzino, aveva una prestanza più vigorosa della sua. Marciarono così legati nel silenzio per un po’ prima che la fanciulla l’interruppe con una curiosità.“Sai dove siamo? Ho come l’impressione di ricordare questi luoghi.”

“Seguiamo il corso dell’Anduin dalla sponda orientale e ci apprestiamo a raggiungere le foreste dell’antica Lòrien, mia Signora.” Rispose gentilmente.

“La dolce Lothlòrien, peccato essere solo di passaggio avrei voluto attraversare il fiume e visitarla con più cura.” Disse febbrilmente, con gli occhi illuminati di una bambina che immagina l’avverarsi di una propria fantasia . “Ho sentito così tanto parlare di Caras Galadhon e della luce dei Galadhrim …”

“Mi dispiace deludervi mia Signora, ben pochi elfi sono rimasti nella Foresta d’Oro. Molti sono partiti per Amon Lanc e persino sire Celeborn ha lasciato queste terre. Ora è a Imladris dove la stirpe di Elrond Perendhel vi regna ancora. A Caras Galadon non vi sono più né canti, né luci.” A quelle informazioni il viso della ragazza si spense per la delusione, ma subito si riprese con un sorriso ad illuminarla.

“Se la magia degl’elfi non si è spenta in me, non si sarà spenta nemmeno a Lòrien che ha goduto della bianca luce di Eärendil. Certo non sarà splendente come un tempo, ma la pace vi regna sovrana e questo mi basterebbe per poter ricordare un passato non così lontano. Dicono che vi siano degl'alberi maestosi, dalla corteccia argentea e le foglie dorate in autunno. Sarei veramente curiosa di vederne uno e poter adagiare una mano sul suo tronco, per sentirvi la vita che scorre all'interno (nda. l'albero di riferimento è il mallorn) ” Anrond rimaneva silente ed attento, ascoltando le parole della fanciulla sempre più vicina alla stirpe a cui aveva deciso di legare il proprio destino, acuendo quel senso di preoccupazione per quei leggeri malori dovuti alla spossatezza.

“Se esprimerete il desiderio di visitare Lòrien e i suoi grandi alberi, sono sicuro che il Principe farebbe di tutto per esaudirlo.” Disse. “È bello poter godere anche della vostra saggezza oltre che della vostra intraprendenza, Arweamin!”

“Non illudetevi non sono poi così saggia. La mia è solo una pallida imitazione di una sapienza di cui ho potuto cibarmi. In fondo rimango sempre la solita sconsiderata con cui correvi nel bosco pochi giorni orsono.” Quando si massaggiò la tempia con le dita inspirando a fatica, Anrond si bloccò trattenendo la ragazza dal procedere. Lo sguardo basso ed assente sorprese non di poco Tirinîr, incosciente di ciò che turbava l’elfo. “Cosa ti prende, Anrond? Perché sei così triste?” a quell’appello gli occhi grigi del giovane fissarono intensamente quelli della fanciulla. Lei si trovò a detestare quel modo per cercare di abbattere le barriere che si poneva quando non voleva dimostrarsi fragile. Aveva sì abbandonato le armi, ma non le armature. Ella poteva vantare di essere forte e di aver viaggiato a lungo, il doversi sentire una zavorra non era contemplato.

“Vi osservo da tempo mia Signora, non è la prima volta che vi sentite mancare da quando siamo partiti …” disse contrito.

“Non capisco la tua angustia Anrond, sono solo un po’ stanca!” si affrettò a dire forse con un po’ troppo fervore della voce.

“Vi conosco abbastanza per affermare che in voi la fatica non ha mai pesato in questa maniera.” repiclò stringendo con più forza a sé il braccio, evitando una eventuale fuga.

“Evita questa tua pedanteria e non peccare d’arroganza.” Rispose piccata Tirinîr. “Se è vero che mi conosci sai anche che il non dormire per interi giorni mi costa molto più sforzo di quello che necessita un elfo in piena salute.”

“Quindi ammettete di non esserlo!” esclamò con un ghigno soddisfatto.

“Anrond non mettere troppo alla prova la mia pazienza, potrei rispedirti al Reame Boscoso in un men che non si dica!” il suo sguardo era eloquente, non stava scherzando ed avrebbe attuato sicuramente la sua minaccia. Almeno, con quel veloce scambio di battute, le guance le avevano ripreso colore, gli occhi sembravano più vispi seppur incolleriti dall’insistenza del giovane stalliere. Ripresero a camminare e di nuovo il silenzio venne interrotto dopo poco.

“Vedremo cosa ne penserà vostro m…” bastò quel principio per far arrestare Tirinîr con uno strattone.

“Tu non dirai niente a nessuno, se sarà necessario prendilo come un ordine da parte della tua Signora Anrond!” disse perentoria e senza ammissione di repliche. “Ci sono molte cose a cui pensare, ancora non tutto è pronto e siamo costretti ad alloggiare presso il palazzo di Sire Faramir negli Emyn Arnen. Non ho alcuna intenzione di appesantire la mente del mio sposo con preoccupazioni inutili, soprattutto se la mia indisposizione è facilmente risolvibile con un bel bagno caldo ed un letto comodo su cui assopirmi per più di una manciata di minuti. E poi vi ricordo che io sono stata una Guaritrice a lungo tempo oltre che un soldato, so come comportarmi con un po’ di debilitazione!”

“Siete più testarda di un mulo! Diverrete la Signora dell’Ithilien, non la martire!” sbuffò allora il giovane elfo, estenuato dalla caparbietà della ragazza. “Ora capisco perchè Re Thranduil girava per tutto il palazzo, borbottando di quanto foste impossibile ...” Tentò di riprendere il suo monologo, quando notò una strana espressione nel volto di Tirinîr. “Arweamin, vi sentite ancora male?” chiese inquieto ed ella gl’impose il silenzio posando la mano libera sulla sua bocca. Era come se stesse cercando di ascoltare meglio qualcosa, ma oltre ai canti degl’elfi e della natura non udiva null’altro. Tolse la mano cercando ancora di decifrare ciò che aveva udito, le era risultato strano ciò che aveva ascoltato eppur il suo udito non l’aveva mai ingannata.

“Siamo così vicini al fiume, Anrond?” sembrava davvero perplessa ed impensierita.

“Non comprendo la vostra domanda, mia Signora.”

“Non hai sentito?” chiese dubbiosa.

“Cosa, Arweamin? Io non ho sentito nulla di strano!” di nuovo quei versi attirarono la sua attenzione, adesso più chiari e distinti. Ma erano fugaci come l’aria. Non stanziavano per più di qualche secondo per poi scomparire fuggiaschi, erano innaturali più lontani che vicini, abbastanza però per essere percepiti chiaramente.

“Non sapevo che i gabbiani dimorassero anche lungo il fiume ...” la sorpresa che colse Anrond risultò spaventosa ed al tempo stesso misteriosa. Il giovane elfo subito s’impose di lasciar trasparire poco o nulla, si sarebbe consultato con qualcuno di sicuramente più in grado di valutare la situazione.

“Se vi sentite meglio è il caso di riprendere la cavalcata … ” l'eccentrica reazione del giovane non fece altro che far nascere il sospetto in Tirinîr, era così grave che avesse udito il canto dei gabbiani? Cosa poteva significare quel debole verso appena accennato? Perché Anrond era stato così evasivo? Eppure non riusciva ad esternare queste sue perplessità, totalmente spiazzata dall’improvvisa freddezza del giovane. Non aveva mai assunto tale comportamento, solo una cosa vagamente simile quando aveva da nasconderle qualcosa di molto importante. “Aratoamin! Faroth! Tolo sì! | S – Venite qui! | ” i due cavalli risposero alla chiamata fermandosi a pochi passi da loro. Erano avanzati per tornare indietro all’occorrenza con i loro leggeri e cauti trotti. Insieme potevano sembrare padre e figlio per le differenti stazze e la medesima fierezza, se non vi fossero i loro manti così diversi: l’uno chiazzato e l’altro bruno e scuro. Anrond montò su Faroth e, senza nemmeno congedarsi, incitò il cavallo tornando in fondo alla fila. Tirinîr era rimasta attonita a guardare il punto ove lo stalliere era scomparso, forse vi sarebbe rimasta fino a notte inoltrata se il muso del suo amico animale non si fosse poggiato sulla sua spalla.

“Chi dice che le donne siano complicate, non ha mai avuto a che fare con Anrond! Lui ribalta tutti i luoghi comuni!” Aratoamin rispose con un nitrito sbuffato solleticando la pelle della Guaritrice sulla spalla. Quel piccolo gioco riuscì a distrarla e a strapparle un piccolo sorriso. “Che dici: è il caso di riprendere la cavalcata?” non aveva bisogno di risposta con Aratoamin, da subito si erano sentiti parte di un tutto e ogni volta che Tirinîr montava sul suo destriero le ritornava quel forte senso di libertà che avvertiva sulla sua groppa. A grandi passi andarono incontro agl'ultimi giorni di cammino, quelli che avrebbero sancito il ricongiungimento con quello che era sempre stato il suo Destino.

  

“Attendete la vostra Dama, mio Signore Legolas?” non passava giorno da quando la colomba aveva portato la notizia agli Emyn Arnen ,che Legolas non perdesse almeno un po’ del suo tempo a scrutare l’orizzonte da sopra il Cammino di Ronda.

Spesso le ore erano riempite dalla ricostruzione che stava attuando, l’Ithilien era rimasto terribilmente comprovato dall’opprimente presenza dell’Oscuro Signore con le sue infime creature. La magia dei priminati stava già sortendo i suoi effetti e molto era giunto a completamento: le colline scoscese si erano riempite di erica e ginestre in fiore, gli alti pini avevano rimpinguato i loro rami con aghi così come gli arbusti avevano irrobustito le loro fronde con foglie. I fiumi e i torrenti non erano più macchiati dai torbidi lamenti della morte e del sangue purulento degl’orchi, l’erba si era tinta nuovamente di uno smeraldino colore vivace ed allegro. In un piccolo gruppo di alberi nella zona più a sud, vicina agli uomini ma totalmente indipendente da essi, si era iniziata la costruzione delle abitazioni degl’elfi che vi avrebbero dimorato. Le sottili colonne e le leggere murature erano state elaborate per essere inglobate nella vegetazione senza deturparne la bellezza. Restava solo da rifinire l'abitazione dei Signori e non avrebbero più approfittato della cortese ospitalità del Sovraintendente e della Bianca Dama dell’Ithilien.

“Come ogni giorno, mia Signora! Vorrei poterla avvistare appena arriva e spero che non mi sorprenda, come sempre aggiungerei, quando sono impegnato in altre faccende.” Il vento soffiava con gelide correnti, l’inverno ormai era giunto anche nel sud, nonostante non fosse spinoso come nel Reame Boscoso. I lunghi capelli del colore del grano in agosto della donna assecondavano i soffi dispettosi, andando ad infrangere le morbide onde sul suo viso e costringendola più volte a scostarli per il fastidio che arrecavano. La veste non sarebbe stata da meno se il pesante manto di lana non l’avesse protetta. All’elfo, invece, il freddo sembrava non tangerlo.

“Siete impaziente di riabbracciarla? Eppure avrei giurato che voi elfi non foste inclini a tali dimostrazioni spassionate delle vostre emozioni!” vi era un certo tono di scherno.

“La mia Tirinîr è stata capace di sovvertire molte credenze, mia Signora! Anch’io, prima d’incontrarla, non mi credevo capace di tale trasporto. Lei è giunta come una tempesta bianca nel cielo sereno, meravigliosa e sorprendente.” Si stava perdendo nei ricordi quando quella notte nella Foresta di Fangorn era stato catturato insieme a Gimli. Éowyn sembrava molto interessata, guardava con un sguardo trasognato l’elfo mentre sul suo volto si disegnavano tutte le sensazioni evocate. “Perdonatemi, non vorrei annoiarvi più del dovuto!”

“Non c’è noia nell’amore, devo ammettere che mi avete resa impaziente di conoscerla. Ha l'aria di essere davvero speciale, per favore raccontatemi di lei!” disse la donna.

“Non credo che esistano parole atte a descrivere la sua complicata personalità. Diciamo che determinata e avventata forse sono quelle che più la delineano, ma invero è solo una parte di lei. Forse l’aspetto che più mi colpisce tutt'ora è la verginità del suo sguardo, sembrano gli occhi sorpresi di un bambino che scopre il mondo per la prima volta.” Sorrise al pensiero di tutte le volte che vedeva i suoi occhi liquefarsi di fronte ad un nuovo fiore a lei sconosciuto, o quando le aveva mostrato la tana di una volpe con i suoi cuccioli durante una delle loro gite nel bosco. “Ed è forte, battagliera, il vero fuoco di un guerriero giace in lei nonostante abbia abbandonato le armi …”

“Era una combattente, mio Signore?” interruppe. Éowyn con impeto.

“Suo malgrado, sì!” forse troppa amarezza mise in quelle parole poco condite, che la donna si scoprì preoccupata.

“Cosa intendete suo malgrado?” chiese.

“È  una storia molto lunga e triste, mia Signora. Non spetta a me raccontarla.” Affermò con un sorriso l’elfo, cercando di ovviare all’evidente delusione della Dama che aveva distolto lo sguardo puntandolo all’orizzonte. “Sapete voi me la ricordate molto, il vostro carattere è affine.”

“Voi dite?” distratto Legolas prese ad osservare la Bianca Dama che aveva accanto. Longilinea la sua figura e biondi capelli che si muovevano al tocco del vento, viso disteso ma che nascondeva forza e determinazione. Éowyn incarnava molto dello spirito della vecchia Adamante, per questo Legolas durante il suo soggiorno aveva ricercato spesso la compagnia della donna. “Sembra che il vento si stia alzando, l’odo fischiare in lontananza!” disse ad un tratto. Legolas alzò quindi lo sguardo ed acuì l’udito. Non era il fischio del vento. Un canto melodioso accompagnava una marcia ancora lontana, tanto da poter esser percepita dai suoi occhi e non da quelli della Dama al suo fianco.

“Non è il vento, mia Signora!” esclamò cercando di trattenere l’eccitazione e la felicità per quel che aveva appena visto. “Finalmente sono arrivati! Finalmente avrò con me il mio fiore d’inverno!”

 

 

La via prosegue miei signori, il viaggio non termina nei Giardini di Gondor. Sarìin ha solo bisogno di ristoro. Che il vostro bardo possa dar sollievo alla sua gola secca per il troppo cantare, del buon vino quindi chiedo all’oste mentre  a voi, miei cari amici, vorrei che mi dedicaste il vostro pazientare. Vi è qualcuno da incontrare e vecchie reminiscenze da evocare. Acquietate dunque la vostra curiosità, che possa il convivio esservi d’aiuto.

 ¹ Nai tiruvantel ar varyuvantel i Valar tielyenne nu vilya! - Frase presa da il film "Il Signore degli Anelli - La Compagnia dell'Anello" Extended version. Viene pronunciata da Elrond di Granburrone quando la Compagnia lascia Imladris.

Note dell'autrice: Bonjour, alour capitolino di passaggio. Mi scuso per la grande presenza di dialoghi, alla fine necessari. La nostra amica parte per l'Ithilien qualche mese dopo da quando è partito Legolas. Perchè vi chiederete. Allora volevo mettere dei piccoli riferimenti a me medesima: io adoro la neve ma essendo di Roma l'ho potuta ammirare pochissimo (in realtà una volta che sono andata in montagna e ques'anno che ha fatto una lieve spruzzata imbiancando appena). Ho immaginato che dove viveva prima Tiry non aveva avuto molte occasioni di ammirare la neve e così esprime il desiderio di poterla rivedere solo una volta. Al termine della prima nevicata sarebbe partita per l'Ithilien e avrebbe raggiunto Leggy con l'ultimo gruppo di elfi.

Quelli che sente Tirinir diciamo a Lorien sono gabbiani, si trovano vicino all'Anduin e lei li sente di sfuggita come se fosse un suggerimento. Non sa cosa significa questa cosa per questo non comprende e chiede ad Anrond spiegazioni. Spero che non vi dispiaccia questo riferimento, ma era importante.

Una cosa importante di cui vi avviso è che voglio un confronto con Eowyn. Le loro personalità sono molto vicine ma mentre una ha combattuto per imbracciare le armi l'altra ha lottato per deporle. E' una di quelle cose che è nata con la nascita del personaggio di Adamante. Spero di avervi un po' incuriosito.

Ci saranno più capitoli del previsto per vostra agonia, alla fine mi sono molto dilungata in alcuni aspetti che non avevo calcolato e quindi mi sono ritrovata con una seconda parte più ampia. Spero non vi dispiaccia. Mi piace far crescere i miei personaggi e se tralasciassi anche solo il minimo aspetto temo che perderebbero di fascino.

Volevo infine festeggiare con voi le oltre 200 visite alla mia storia. Grazie di cuore è molto importante.

Rispondine alle recensioni:

Thiliol: Lasciati dire che Je t'adore aussi! E poi: Ahahah! Me sadica e crudele!!! Quando ho letto la tua recensione di due capitoli fa, ho fatto una risata satanica. E' bello riuscire nei propri scopi ed era proprio quello di far intendere che si erano lasciati. Muhahahaha! Me crudelerrima! Conta poi che nella prima stesura era ancora più esagerato, ringrazia il mio attacco di rabbonite che mi ha fatto ammorbidire il tutto ^^ .  Sono mooooooooolto contenta che i miei sforzi di approfondimento vengano apprezzati e soprattutto mi piace poter dialogare con qualcuno della mia passione senza dover spiegare ogni cosa o senza essere presa per pazza (successo quando mi hanno trovano sul letto con la cartina del iSdA spiegata a leggere il libro dopo circa sei ore che avevo iniziato a farlo). Alla fine vorrei anche con questa finestra invitare chi legge di Arda ad immergersi in questo mondo che più conosci e più ti sorprende. Solo così credo si possa davvero apprezzare il genio di Tolkien che ha dato alla sua fantasia una realtà storica con riferimenti precisi ed in alcuni casi addiritura documenti. Per quanto riguarda la scena d'ammmore(scusa  se uso un tuo neologismo ma mi è piasuto troppo ) , in virtù del rispetto che ho per il lavoro del maestro ho deciso di lasciarla così. Se non fosse per il significato che poi va ad attribuire all'unione carnale probabilmente l'avrei creata ancora più allusoria. Temevo molto di venire linciata per questa mia scelta in realtà, lieta di essere ancora in vita fiùùùù. E bhè per quanto riguarda la cerimonia non potevo evitare le tradizioni, non sia mai. Sarebbe stato scortese no? ^^ Suilad mellon nin!

Elfa: Cara grazie per avermi messo in evidenza l'orrore ortografico, sinceramente mi era davvero sfuggito. Che brutta figura =_='''! Ora l'ho corretto!! Il mio scopo sarà quello di riuscire ad ottenere una recensione da te senza la modalità maestrina on!^^ Mia personalissima battaglia, niente più rimproveri su punteggiatura e arrabbiature su distrazioni all'ultimo capitolo. Scherzi a parte passiamoa cose più serie: io penso che un po' tutte invidiamo la mia Tiry con la quint'essenza del principe azzurro come marito o sbaglio? Ghghgh! Si può sbavare da sole sull'idea di un uomo, anzi di un elfo come Leggy? Non lo so ma io lo faccio come un'adolescente scema. Per fortuna che riesco ancora ad avere una fantasia e i miei neuroni non sono del tutti fusi sennò non saprei come rifuggire la realtà!!!^^ Mi piace la definizione sweety che hai dato al capitolo rende bene l'idea, era questo che volevo dare. Meno male che le descrizioni sono realistiche non è facile per me, che sono una grafica pubblicitaria, rendere realmente visibile a parole un'immagine. Temo sempre che non si capisca quello che intendo o cosa ho immaginato. Ed infine per quanto riguarda la scena d'ammmore, non potevo fare altrimenti. Come ho detto a Thiliol sarebbe stonata una descrizione accurata con l'opera del maestro e, nonostante abbia una certa delicatezza nella descrizione di scene di sesso (ne ho scritte un paio senz amai descrivere l'atto in sè per sè, parlando solo delle sensazioni e piccoli gesti), ho optato per il modo classicistco di vedere di Tolkien. Della serie: Non sono cattiva è che mi disegnano così!!!^^

Ringrazio sempre tutti i miei lettori!!!

Vostra prossima alle ferie Mally.

AVVISO: Nei primi di Agosto dovrei partire e fra una vacanza e l'altra il mese se ne andrà. Cercherò di pubblicare il più possibile e non lascerò assolutamente la storia incompleta. Solo vi avviso fin da subito che avrà un'interruzione a cui provvederò ad avvisarvi con il capitolo che precederà la mia partenza ancora non definitiva (di sicuro dal 10 al 25, sono i giorni precedenti in forse). grazie per la pazienza!!!^^ besitos!!!

   
 
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