Salve a tutti,
prima di lasciarvi alla lettura del capitolo, vorrei
fare una piccola osservazione. Ho visto che un po’ di persone hanno letto il
primo capitolo ma con mio rammarico, solo una ha commentato. Non vi piace la
storia? E’ così orribile? Davvero preferisco che me lo diciate che leggere il
numero 0 sulle recensioni. Spero che questo abbia più
successo.
Buona lettura.
Rispondendo a Dindy80
Eh certo! Posso modificare parte della sua vita, ma davvero
non riesco a vederla per sempre umana, nonostante questo sia il suo desiderio
più grande ^_^. Spero vivamente che anche questo capitolo possa essere di tuo
piacimento. Bacioni e grazie ancora!
Capitolo 2
Caldo, sentivo il mio corpo invaso da un calore immenso. Il
sangue ribolliva nelle vene e la testa mi esplodeva.
Il cuore batteva all’impazzata, frenetico, smanioso di consumare
tutti i battiti a sua disposizione. Era un dolore assurdo, atroce, volevo
morire, perché non mi uccidevano!?
All’improvviso, tutto s’intensificò, raggiungendo quello che
speravo essere il suo apice, mi inarcai e dalla mia
gola uscì un urlo di tale intensità da non credere che appartenesse a me.
Boccheggiavo in cerca d’ossigeno, sbarrai gli occhi e
strinsi le mani attorno alle lenzuola nelle quali ero avvolta.
«Basta!». Gridai ancora, preda del
dolore.
«Mi dispiace cara… Era l’unico modo per salvarti». Una voce
gentile, delicata mi raggiunse.
Voltai la testa nella sua direzione, continuando ad
ansimare.
Incontrai il volto di una donna dai capelli color del
caramello. Era bella e… pallida.
«Ahhh!». Per quanto mi sforzassi, non riuscivo a contenere
le urla.
Perché non perdevo i sensi? Fin dove poteva arrivare la mia
sopportazione?
Un altro fruscio ed una nuova
presenza comparve nella stanza.
«Vai Esme, resto io con lei». Una
voce maschile, più marcata e seria.
«Okay, speriamo finisca presto». Fu la risposta della donna
che a quanto pareva, si chiama Esme.
«Rosalie. Sono Carlisle Cullen. So
quello che stai provando, ci sono passato prima di te, ma tieni duro, la
trasformazione è quasi finita». Si sedette di fianco a me e continuò a
sussurrare parole per me prive di significato, per tutto il tempo.
Mi disse che loro erano vampiri e che era stato proprio uno
di loro ad aggredirmi per strada. Che l’unico modo per salvarmi era stato
quello di mordermi e di conseguenza, di trasformare anche me.
La mia mente era confusa ed avvolta
dalle fiamme che in quel momento, divoravano il mio intero corpo.
Presto non fui più in grado di pensare lucidamente e quando
credetti d’essere nuovamente sul punto di morire, il fuoco cominciò a
ritirarsi.
Potei sentire il sollievo nelle mie mani e nei miei piedi,
non appena il calore mi diede tregua.
Passarono pochi minuti o forse ore e finalmente, riaprii gli
occhi, chiusi nel tentativo di riuscire a controllarmi.
Sbattei le palpebre un paio di
volte, prima di sollevarmi lentamente. Mi trovavo in uno stanzone bianco, pieno
di vetrate, dalle quali potei scorgere solo alberi e prati.
Notai anche le increspature del vetro e i sottili fili di
polvere che volteggiavano nell’aria.
Presi un respiro profondo ed al mio
olfatto, arrivarono molti odori differenti.
Erba, gelsomino, mare, lavanda, miele, lillà e sole. Voltai
il capo, seguendo la traiettoria di quei profumi.
Fu allora che li vidi.
La donna dai capelli color del caramello che mi aveva assistita durante la mia trasformazione, Esme, e due uomini,
uno biondo con gli occhi dorati e l’altro era molto alto, i capelli rossicci
scompigliati e anch’esso, aveva le iridi di quel colore così strano, che non
avevo mai visto. Era una cosa che accomunava tutti e tre.
Aggrottai le sopracciglia, non riuscivo a far ordine tra i
miei pensieri era tutto troppo confuso.
«Rosalie, sono Carlisle… Ti ho
spiegato che cosa siamo e cosa stavi diventando. Ricordi?».
L’uomo biondo mi parlò per primo.
E così, era lui ad avermi trasformata
in una… vampira? Non era possibile.
E poi, come sapeva il mio nome?
«Avevi i documenti addosso e sì, è lui che ti ha trasformata». Il ragazzo rossiccio,
rispose alla mia domanda muta.
Avevo forse parlato ad alta voce?
«No. Leggo nel pensiero. Comunque,
io sono Edward». Rispose ancora, sorridendo.
Sgranai gli occhi. Leggeva nel pensiero?
Carlisle si fece avanti cauto, inginocchiandosi davanti a
me. Ogni suo movimento era calcolato e attento, come se potessi aggredirlo da
un momento all’altro.
«Sei una vampira Rosalie. Ed ora, dovrai fare attenzione a molte cose». Disse,
scrutandomi attentamente.
«Non devi mai esporti alla luce del sole, né mostrare i tuoi
poteri in pubblico».
«I miei poteri?». Chiesi, parlando per la prima volta.
Mi portai le mani alla bocca, di chi era quella voce? Di
certo non mia!
«Sei molto forte e veloce e… Il tuo aspetto, così come la
tua voce, sono cambiati». Mi spiegò, facendo un cenno
con la mano verso lo specchio che si trovava alla sua sinistra.
Mi alzai titubante, sentendomi… diversa.
Avevo una strana percezione del mio corpo, lo sentivo più
agile e… letale.
Riflettei la mia immagine ed un
gridò scappò dalla mia bocca.
Sembravo una Dea! Ero già una delle
ragazze più belle del quartiere ma ora… Era tutto diverso.
La mia pelle era color dell’avorio, liscia e perfetta. Il
mio corpo, sembrava scolpito in una pietra, i miei
capelli erano seta e le labbra, rosee e perfette.
«Oddio! I miei occhi!». Urlai quando vidi il rosso cremisi acceso.
Mi ricordavano… Gli occhi del mio assassino!
Mi voltai di scatto verso quella strana famiglia ed Edward, si acquattò emettendo un ringhio d’avvertimento.
Carlisle aveva le mani sollevate nella mia direzione ed Esme
era arretrata.
Ricordavo il volto di chi mi aveva ucciso, così come mi
ricordavo che cosa mi aveva portato via! La mia vita, la mia famiglia. Come
avrebbero fatto ad andare avanti senza di me? Chi avrebbe insegnato ad Ariel
l’italiano, la matematica e la geografia.
No! Lei non avrebbe fatto la mia stessa fine! MAI!
«Devo tornare dalla mia famiglia!». Dissi seria.
«Non puoi». Fu la risposta secca di Carlisle.
Risi, senza ilarità.
Chi era quell’uomo per impedirmi di riabbracciare mio padre
e mia sorella?
«Non sai ancora niente sulla tua
natura. Prima devi nutrirti, non correre inutili rischi». Edward provò ad
avvicinarsi.
Ed il mio petto vibrò, lasciando
uscire dalle mie labbra serrate un ringhio minaccioso.
Quasi mi stupii, era stata una cosa naturale, non l’avevo
pensato né comandato al mio corpo.
Deglutii la saliva che mi aveva inondato la bocca, sentivo
uno strano bruciore in gola, era fastidioso, ma non potevo pensarci ora, io
dovevo tornare da Ariel e da mio padre.
«E’ veleno, non saliva». Puntualizzò ancora il rosso.
«Smettila di leggermi nel pensiero!». Gridai, acquattandomi.
Mi sentivo adirata, una strana ed
incontrollata rabbia si stava prendendo gioco di me.
Tutti e tre si misero sulla difensiva, ero in svantaggio,
non potevo di certo battermi con loro.
A quanto avevano detto, ero diventata molto forte, ma non
sapevo usare il mio corpo come macchina da guerra, né sapevo fin dove potevano
arrivare le loro capacità.
«Non provarci… non costringerci a reagire». Mi avvertì
Edward, facendo un passo nella mia direzione.
Sorrisi, capendo come potevo fare per riuscire a fuggire. Il
rosso poteva prevedere tutte le mie mosse, solo se le pensavo. Avrei dovuto
abbandonarmi all’istinto, non volevo fare del male a nessuno. Ma non potevo permettere che mi tenessero lontana dai miei
affetti.
Edward sbarrò gli occhi sorpreso ed
io, approfittai di quel momento di distrazione per scattare in direzione di
Esme.
Mi mossi ad una velocità tale, che
non ebbi nemmeno il tempo d’accorgermene.
Avevo fatto appena in tempo a pensare a quella mossa che
subito, il mio corpo l’aveva compiuta.
Sorrisi, soddisfatta di quello che ero in grado di fare.
Avvolsi la donna nel mio braccio e strinsi, cercando di
controllare la mia forza.
«Non voglio fare del male a
nessuno. Lasciatemi solo andare». Sibilai,
avvicinandomi alla vetrata.
Lo sguardo di Carlisle era preoccupato e subito, abbandonò
la posizione d’attacco. Edward non cedette con altrettanta facilità, teneva i
suoi occhi puntati nei miei e non sembrava voler mollare.
«Edward…». Al richiamo di Carlisle, tornò in posizione
eretta ma non rilassò i muscoli.
Tenendo sempre stretta e me la donna, diedi un calcio alla
vetrata mandandola in frantumi.
Mi azzardai a guardare verso il basso e vidi che ci
trovavamo almeno a quattro metri da terra… Chissà se mi sarei fatta male.
In tal caso, ne avrebbero sicuramente approfittato per
uccidermi, ma dovevo rischiare.
«Non sai quello che stai facendo». Provò ancora Carlisle.
«Grazie». Mi limitai a rispondere, prima di lasciar andare
Esme e di lanciarmi in una folle corsa.
Toccai terra delicatamente, senza provocarmi alcun dolore.
Tirai un sospiro di sollievo e, muovendomi ad una velocità inaudita, mi diressi verso casa mia,
sferzando il vento come un fulmine.
Dovevo tornare dalla mia famiglia, non sapevo come ne quando, ma li avrei raggiunti, riportando tutto alla
normalità.