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Sei
mesi prima.
Era
una luminosa mattina di Ottobre. Faceva freddo, nonostante il cielo
fosse
terso, di un blu cobalto, e il sole irradiasse la terra con tutto il
suo
splendore.
Era
una giornata importante.
Mi
trovavo davanti alla porta della casa del mio migliore amico Luca, e
stavo
aspettando che mi aprisse.
Dato
che la sua porta era in vetro, ne approfittai per sistemarmi i lunghi
capelli
castano chiaro che, a causa del vento, giacevano disordinati sulle mie
spalle.
Quel
giorno dovevo essere perfetta.
Finalmente
sentii la serratura scattare, e la porta si aprì
velocemente. Dietro di essa
c’era Luca, gli occhi nocciola illuminati da una strana
emozione. Mi sorrise,
complice.
«Anna,
ti aspettavo, entra» disse, facendomi cenno di varcare la
soglia.
Mi
trasmise la sua emozione ed entrai dentro la sua casa, per me
così familiare.
«È
tutto pronto?» gli chiesi, mentre sistemavo il cappotto
nell’appendiabiti.
«Non
ancora» cominciò lui, «Ma Davide mi ha
dato una mano a sistemare il pacchetto
dell’anello». Sorrise, imbarazzato, «Non
sono molto bravo a incartare le cose».
«Posso
vederlo?» l’emozione traboccava dalla mia voce. Un
anello di fidanzamento! Era
sempre stato il mio sogno poterne vedere uno.
Luca
ridacchiò, scuotendo il capo. «Lo vedrai quando lo
aprirà».
«E
va bene!» acconsentii.
Mi
prese per mano, portandomi verso la stanza dove Davide, il mio ragazzo
e
migliore amico di Luca, stava finendo di arricciare il nastro con cui
il pacchetto
dell’anello era legato saggiamente.
Quando
arrivammo il suo sguardo si posò prima su di me, poi su di
Luca, poi sulle
nostre mani giunte. Capii al volo il significato di quello sguardo e
sciolsi le
dita da quelle del mio amico.
Davide
era sempre stato così: assurdamente geloso e possessivo.
Ormai, in tre anni
avevo imparato a sopportare quel lato del suo carattere. Eppure avrebbe dovuto capirlo che
io e Luca eravamo
solo amici. Anzi, lui era come un fratello maggiore, per me, e certe
dimostrazioni d’affetto non mi dispiacevano per nulla.
Ero
sinceramente contenta che di lì a poche ore tutti noi saremo
stati riuniti per
il fidanzamento ufficiale tra Luca e Stefania, la sua ragazza.
Stefania
era quella che io definivo la mia migliore amica. Era alta,
più di me, aveva
lunghi capelli rosso rame, due splendidi occhi verdi e un grande cuore.
Era
molto matura, razionale, potevo raccontarle tutto quello che mi
accadeva, e lei
sapeva darmi una visione globale e ragionata della situazione. Mi
piaceva
proprio e avevo seguito la sua storia con Luca sin dagli esordi.
Ero
molto affezionata a loro, per questo ero contenta che si sarebbero
sposati.
Ormai
stavano insieme da quattro anni, ed entrambi avevano venticinque anni:
erano
più grandi di me di ben cinque anni, eppure, stando con
loro, la differenza si
notava appena.
Davide
posò il pacchetto sulla scrivania di Luca e venne verso di
me.
Mi
diede un leggero bacio sulla guancia, sussurrandomi un carezzevole
“ciao” all’orecchio.
Abbassai
lo sguardo, imbarazzata. Non sapevo perché, ma quel suo tono
possessivo mi
irritava parecchio. Dov’era finito il brivido che avevo
sempre provato?
Gli
mormorai un “ciao”, appena accennato, in risposta.
Mi
scrutò con i suoi occhi d’ambra cercando in me
quello che, lo sapevo, non
avrebbe trovato.
«Come
mai sei qui?» il tono della sua voce aveva una sfumatura
d’ira, anche se non
capivo perché potesse avercela con me.
«Devo
aiutare Luca con i preparativi, Stefania e gli altri saranno qui tra
qualche
ora.» ressi il suo sguardo. Perché accidenti mi
stavo giustificando? Non ne
avevo bisogno.
Davide
annuì, poi mi passò accanto, uscendo dalla camera
di Luca.
Lo
vidi sparire dalla porta.
Da
quanto tempo era che non mi abbracciava più?
Da
quanto non mi faceva sentire la persona più importante della
sua vita?
Da
quanto era che non mi guardava con occhi innamorati?
Abbassai
lo sguardo ancora una volta, cercando di trattenere le lacrime. Non
volevo
scoppiare a piangere di fronte a Luca.
«Anna...»
Finalmente,
il mio migliore amico mi chiamò. Alzai gli occhi, puntandoli
sui suoi,
nocciola.
Sentii
una fitta al cuore, come se una lama ghiacciata lo avesse trapassato
per un
breve, lungo attimo.
Stefania
era così fortunata... Ma si sapeva, io non avevo mai avuto
una grande fortuna
con gli uomini.
Sospirai,
e con tutta la mia buona volontà gli rivolsi un sorriso, per
quanto debole e
tirato potesse essere.
Non
volevo parlare a Luca della mia degradante storia con quello che avevo
creduto
l’uomo della mia vita.
«Sto
bene.» mentii, allargando ancora di più il falso
sorriso.
Le
sopracciglia di Luca si corrugarono, ed assunse
un’espressione triste.
Sussultai: ma che stavo facendo?
«No,
Luca! Non essere triste per me, è tutto okay,
davvero!» esclamai, scuotendo le
mani in avanti, «Devi pensare a Stefania e a quanto sarete
felici insieme...»
Mi
sfuggì un singhiozzo. Cos’era tutta la tristezza
che provavo? Una leggera,
piccola stilla salata abbandonò il giaciglio dei miei occhi,
per scivolare con
velocità sulle mie gote arrossate.
In
meno di un secondo mi trovai stretta tra le braccia di
Luca.
Luca...
Cominciai
a piangere. Erano lacrime di invidia. Perché anche io non
potevo essere felice
come loro?
Il
mio migliore amico mi carezzava i capelli con dolcezza. Le sue braccia
mi
infondevano un calore davvero piacevole.
«Anna,
sei una ragazza speciale. Troverai qualcuno degno di te.»
disse così, mentre mi
posava il palmo caldo della mano sul mio viso coperto di lacrime. Mi
scostai da
lui, e i nostri sguardi si incrociarono.
Lui...
sapeva tutto? Cosa gli aveva detto Davide della nostra storia? I miei
occhi si
riempirono di muto sgomento, mentre mi scrutava con estrema dolcezza.
Mi
carezzava il viso, dolcemente, e al tocco delle sue dita delicate
sentivo la
mia pelle ardere. Era da troppo tempo che qualcuno non mi trattava con
così
tanta premura, sembrava quasi che non ne fossi più abituata.
Suonò
il campanello, e mi staccai bruscamente dalla sua stretta. Mi
guardò per un’ultima
volta, poi anche lui uscì dalla porta.
Osservai
la sua stanza, poi mi sedetti sul letto, il cui materasso
sprofondò sotto i
miei cinquanta kg.
Sapevo
bene che avrei dovuto essere felice per Luca e Stefania, ma proprio non
ci
riuscivo.
Non
facevo che pensare a Davide e alla sua freddezza. Ormai
l’unico modo che aveva
per dimostrarmi il suo amore erano le sue eterne scenate di gelosia.
Eppure...
Eppure,
ci eravamo amati così tanto...
No,
non era giusto. Perché doveva finire così?
Ricordo ancora la prima volta che ci
eravamo incontrati: al mare di notte, il rumore della risacca sugli
scogli, il
profumo della salsedine e la luna piena, alta nel cielo. E io e lui,
freschi d’amore,
avevamo visto l’alba nascere.
Soppressi
una nuova crisi di pianto.
Mi
facevano così male quei ricordi, eppure ero stata
così convinta che l’avrei
amato per tutta la mia vita.
È
incredibile quanto tutto possa cambiare in un solo attimo.
Sulle
labbra avevo ancora il sapore del nostro primo bacio, e se mi
concentravo ero
certa che avrei potuto sentire sulla le sue mani calde e dolci che
percorrevano
la mia pelle nuda...
Chiusi
gli occhi, lasciando che le lacrime mi inondassero il volto di
un’amara
consapevolezza; mi abbracciai, cercando di donarmi quel calore che mi
mancava.
Davide...
dopotutto, speravo ancora in noi.
Passò
qualche ora e io non cambiai posizione. Guardavo la porta, in attesa
che Davide
venisse da me ad abbracciarmi e dirmi che il nostro sogno di
un’intera vita
assieme non era ancora giunto alla sua triste conclusione.
Ma
mi sbagliavo.
Ormai
l’oscurità era filtrata tramite le persiane della
finestra, e mi inghiottì.
Erano
passate diverse ore, e non avevo smesso di piangere. Dovevo avere un
aspetto
terribile, e probabilmente mi ero persa tutta la festa.
Molto
egoisticamente pensai che non mi importava.
Cosa
potevo avere dalla felicità altrui? Non potevo certo trarne
vantaggio per la
mia, svanita nel nulla più completo.
Chissà
se sarei mai riuscita a ritrovarla...
Mi
asciugai il volto, alzandomi e sedendomi sul letto. Dal vociare esterno
capii
che era tutto già cominciato.
Il
mio sguardo si posò sulle luci della città, e
riflettei se raggiungere i miei
amici sarebbe stata una scelta saggia.
Mi
alzai in piedi. Sì, dopotutto era sempre meglio che stare
sdraiata a piangere
in un letto. Tempo sprecato.
Allenai
il viso per distendersi in un eventuale falso sorriso di convenienza, e
decisi
che ero pronta.
Accesi
la luce del corridoio e mi passai la mano sui lunghi capelli,
preoccupata di
averli spettinati.
Man
mano che mi avvicinavo alla porta del soggiorno, il vociare si
intensificava,
così mi sveltii e quando la raggiunsi, dopo un breve
sospiro, la aprii.
Mi
bastò uno sguardo per capire che ero arrivata giusto in
tempo.
Tutti
i miei amici erano disposti attorno a Stefania e Luca.
Senza
fare rumore, e badando che nessuno si accorgesse di me, scivolai nel
salone e
mi aggiunsi alla folla di amici.
Mi
feci spazio sgomitando, non potevo perdermelo. Riuscii ad arrivare in
prima
fila e osservai meglio la situazione: Luca era inginocchiato davanti a
Stefania
che, in piedi, lo guardava con occhi colmi di emozione.
Per
un attimo fui tentata di mettermi ad urlare.
Era
un insulto alla mia tristezza, accidenti! Non era giusto, mi ripetevo
nella mia
mente, mentre Luca le porgeva la scatoletta.
«Aprila»
le intimò, la voce che tremava. Disgustosamente romantico.
Storsi il naso,
anche se sapevo di non essere corretta nei confronti dei miei due
migliori
amici.
Stefania
afferrò la scatoletta e la rimirò per qualche
istante, poi prese il nastro e lo
svolse, facendo attenzione a non ferirsi.
Scartò
la scatoletta con quella che a tutti parve un’estrema
lentezza, poi aprì il
cofanetto blu cobalto e trattenne il respiro.
«Luca...»
mormorò, con le lacrime agli occhi.
«Vuoi
sposarmi?» Le domandò lui, alzandosi in piedi e
infilandole un anello di
brillanti nell’anulare sinistro.
Stefania
annuì poi si gettò tra le sue braccia.
Mentre
tutti applaudivano, il mio sguardo fu catturato da quello di Davide.
Inespressivo.
Freddo.
E
in quell’istante capii che lui non avrebbe mai fatto nulla
del genere per me.
Le
lacrime ripresero a sgorgare a fiotti e, sgomitando, lasciai quella
casa.