Videogiochi > Final Fantasy VIII
Segui la storia  |       
Autore: Ashbear    01/08/2010    1 recensioni
Rinoa e Squall. Una storia per tutti coloro che non avrebbero mai voluto che la storia d'amore finisse. Nella buona e nella cattiva sorte, questa storia segue i primi quattro mesi della loro relazione. È il viaggio della scoperta, il viaggio che insegna.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rinoa Heartilly, Squall Leonheart
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo IX: Un tempo per crollare ~

28 aprile

Perché era sempre difficile essere forti? Perché non poteva diventare come una seconda natura, con pratica e disciplina? Invece, era qualcosa su cui lavorava duramente ogni giorno, sentendosi come se stesse nuotando contro corrente. Rinoa rotolò nel letto, guardando i numeri al neon sulla sua sveglia. Odiava questo, lo odiava con ogni osso del suo corpo. Ma doveva essere forte nella vita, dato che aveva affrontato cose peggiori di questo.

Forse era così difficile perché parte di lei stava iniziando a sentire un'intima dipendenza dalla presenza di lui. Sospirò, odiando la sensazione di dipendere da qualcuno, soprattutto da lui. Gli sarebbe piaciuto saperlo meno di quanto a lei piacesse ammetterlo. Cercò di convincere se stessa che c'era qualcosa d'altro, e forse era così, forse non aveva semplicemente l'abilità di distinguere tra quei sentimenti in quel momento.

Forse era per questo che doveva succedere.

Negli ultimi mesi si era persa tra gli studenti del Garden. Era diventata una di loro, senza essere 'una' di loro. Con lui via, forse poteva trovare quel pezzo che mancava; eppure, forse, lui che mancava sarebbe stato il pezzo.

Gli ultimi cinque giorni erano stati difficili, la prova più difficile tra loro fino a quel momento. Non era in ciò che lei aveva detto, quanto in ciò che aveva evitato di dire. Non aveva ancora parlato della sua esperienza quella notte da Cid ed Edea. Ad essere onesti, si era allontanata leggermente dai suoi amici... e da lui nel corso dei pochi giorni che erano seguiti.

Quella prima notte, Squall era rimasto per ore, soltanto abbracciandola, e nessuno dei due aveva detto una sola parola. Al mattino presto se ne era andato. Sapeva che se fosse rimasto più a lungo, i pettegolezzi avrebbero raggiunto il Giardino prima della lezione principale. Per come stavano le cose, comunque, si era sparso per il Garden prima di pranzo. Che pensassero quello che volevano... loro due sapevano entrambi la verità. Aveva sentito sussurri e risatine, e li aveva ignorati il più possibile. Non avrebbero mai potuto capire cosa era successo davvero, e quello per lei andava benissimo. Non erano affari loro in ogni caso.

Ovvio, se fosse stata una studentessa del Garden, e una completa estranea per la situazione, avrebbe tratto le stesse conclusioni. Quella era una delle cose che aveva imparato nel corso dell'ultimo anno: non valutare le situazioni dalle apparenze. Raramente era accurato e alla fine portava solo a problemi più grossi. Eppure, non era esattamente quello che aveva fatto, arrendendosi ad Artemisia?

Anche Squall sembrava lasciarle spazio in più, cosa che era la definizione stessa di ironia. Poteva intuire a volte che voleva chiedere qualcosa, ma poi si tratteneva. I suoi occhi portavano più emozione di quanto potesse mai rendersi conto, e lei conosceva una cosa in particolare di cui lui aveva paura. Eppure non importava; lei era ancora lì e con lui, e quindi questo sarebbero state tutte le risposte di cui aveva bisogno, per adesso. Il resto sarebbe arrivato col tempo.

Tempo. Merda. Guardò di nuovo la sua sveglia, stavolta mettendosi un cuscino sulla testa per la frustrazione. A dire il vero rifletté sul gridarci dentro, cercando di allentare un po' di tensione. Ad ogni modo, immaginò che quel gesto avrebbe solo attirato più attenzione. Ne aveva già avuta parecchia dagli studenti.

Sin da quando Rinoa era tornata a Balamb, aveva saputo che questo giorno sarebbe stato inevitabile. All'inizio non sembrava un problema così grande, ma mentre il momento si avvicinava sempre più, temeva anche di più la sua partenza. Di nuovo, cercò di pensare che la separazione non significava niente... Potevano passare otto settimane lontani a occhi chiusi... giusto? Diavolo, lo avevano fatto per diciassette anni, che cos'erano poche settimane in più?

Tre ore - mancavano tre ore alla sua partenza per Trabia. Parte di lei voleva correre alla sua stanza e implorarlo di rimanere, ma sapeva che era la parte egoista di lei a parlare. Non avrebbe mai agito sulla base di quei desideri. Quello non significava comunque che non pensasse di farlo.

Tutto questo non portava da nessuna parte. Espirando frustrata, la giovane donna inquieta si alzò a sedere nel letto. Gettò da parte la coperta, mentre si strofinava gli occhi cercando di mettere a fuoco ciò che la circondava. Sentì un forte grugnito dal fondo del letto; guardando vide Angelo che si scuoteva la pesante coperta dalla testa. La cagnetta guardò irritata la padrona, prima di posare la testa sulle zampe davanti.

"Scusami piccola, non ti ho vista."

Posando i piedi sulle mattonelle fredde, Rinoa borbottò ad alta voce per non essersi mai comprata uno scendiletto. Era un rituale quotidiano imprecare quando i piedi nudi incontravano il pavimento di ceramica, ed ogni giorno giurava che la prossima volta che sarebbe andata a Balamb avrebbe comprato un tappeto. In qualche modo l'acquisto le sfuggiva sempre, o spuntava qualcosa di più pressante. Basta. Si fece un appunto mentale: la settimana successiva sarebbe andata a comprare uno stupido tappeto.

Alzandosi, si sentì come se avesse dormito rannicchiata in una scatola. L'effetto del voltarsi e rivoltarsi si stava manifestando, e ogni muscolo sembrava aver partecipato alla maratona più lunga del mondo. Fece l'errore di guardarsi allo specchio, e avrebbe potuto giurare che la stava fissando la sorella gemella di Medusa. I suoi capelli avevano preso vita propria, e i cerchi scuri sotto gli occhi erano più pronunciati del naso di Geezard. Sarebbero state otto lunghe settimane.

Trovando finalmente forza interiore, o forse era un travolgente bisogno di una forte tazza di caffè, si trascinò nel bagno. L'acqua calda della doccia sembrò finire entro i primi due minuti, lasciandosi dietro come promemoria un qualcosa che si sarebbe potuto a malapena definire tiepido. Tipico. Dopo alcuni giri di caffeina, la giovane donna si sentì un poco più parte del mondo dei vivi. Si mise più fondotinta del solito, cercando di contrastare gli effetti causati dalla mancanza di sonno. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era che Squall capisse che non aveva dormito bene nelle ultime notti. Doveva essere forte, o almeno recitare bene la parte.

L'orizzonte ceruleo catturò la sua attenzione mentre prendeva un altro sorso di caffè. Avrebbe dovuto essere nuvoloso e piovoso, era così che andavano sempre le cose nei film. Quando un protagonista parte o è giù di morale, il tempo misteriosamente rispecchia l'umore dell'attore. Ma no, oggi solo sussurri di cirro erano sparsi nel cielo splendente. Secondo lei, le condizioni esterne non avrebbero dovuto essere da meno a un monsone.

L'immobilità dell'aria fu spezzata quando il suono di qualcuno che bussava echeggiò nella stanza. Rinoa quasi lasciò cadere la tazza, dato che il suono la spaventò, facendola sobbalzare involontariamente. Rabbrividì tra sé e sé il dolore mentre il contenuto della tazza fuoriusciva dal bordo, e il suo corpo si tese. Arrabbiata, sbatté la tazza contro la scrivania troppo velocemente, rompendo la maniglia di ceramica. Con tutta la sua volontà, cercò di non urlare mentre l'irritazione raggiungeva il limite. Senza menzionare le dita pulsanti che si strinse nella mano sinistra. Il lato positivo di quella mattinata era che solo due dita soffrivano di ustioni di primo grado. Be', per lo meno ora aveva qualcosa di diverso su cui concentrarsi oltre a Squall che partiva... sfortunatamente, era il dolore di dita scottate.

Raggiungendo infine la porta, sentì il bruciore delle dita calmarsi velocemente mentre fissava occhi azzurri.

"Squall?" Non era sicura del perché suonasse come una domanda, dato che era ovviamente lui, ma la mancanza di sonno stava avendo la meglio su di lei. Appoggiandosi allo stipite, sorrise, nascondendo le dita ferite dietro la schiena. Ora sperava solo di poter mascherare quanto stanco fosse il suo corpo, senza nominare i pensieri che le annebbiavano la mente.

"Hey."

"Hey," rispose lei dolcemente... le sue abilità di conversazione parlavano da sé, in quel momento. Sembrò esserci una pausa imbarazzata prima che lei continuasse infine, "quindi, ehm... fatto le valigie?"

"Sì, non ho tante cose."

"Penso di no..."

Le parole le sfuggirono, seguite da un altro momento di silenzio. Questa volta fu il Comandante a rompere la lunga pausa.

"Colazione?"

"Eh?"

Si schiaffeggiò mentalmente da sola sulla testa dopo quella risposta intelligente. Sai Rinoa... colazione è un sostantivo che significa il primo pasto del giorno. Cavolo, di' qualcosa prima che ti dia la definizione...

"Colazione... è cibo... cibo che si mangia al mattino. Ne vuoi un po'?" Stava cercando di essere serio, anche se il suo tono echeggiava di sarcasmo scherzoso.

"Sì!" rispose lei velocemente, quasi interrompendolo sulle ultime parole. Ora era passata dal sembrare un'imbecille al sembrare completamente disperata. "Ho bisogno di qualche minuto."

"Vuoi che aspetti qui o ci vediamo alla mensa?"

"No, rimani!" Grandioso, ora sembrava un'imbecille, una disperata e gli dava ordini come faceva con Angelo. "Voglio dire, per favore, rimani. Mi serve solo un minuto per pulire questo casino."

"Non ho dormito molto la notte scorsa."

"Nemmeno io." Grandioso, l'idea di cercare di nascondere quella cosa era appena volata fuori dalla finestra. Continuò a muoversi verso i pezzi di ceramica frantumata. Forse lui avrebbe ignorato le sue ultime parole o tutte le parole che aveva detto da quando aveva aperto la porta.

"Rinoa?"

"Sì?"

"Siamo..." Fece una pausa, insicuro sul come esprimere chiaramente i suoi pensieri, o impaurito dalla risposta che lei avrebbe potuto dare. "Siamo a posto?"

"Cosa?" Voltando velocemente la testa verso di lui, Rinoa smise di pulire la tazza distrutta.

"Voglio dire... Dio, non lo so." Si fece scorrere una mano tra i capelli, con gli occhi fissi a terra. Davvero non sapeva come dirlo, ma aveva bisogno di sapere una cosa prima di partire. Si stava lentamente mangiando i suoi pensieri, e quel poco sonno che aveva avuto era stato imbottito di colpa.

Lui non ebbe realmente bisogno di dire nulla, ovviamente lei aveva capito cosa voleva dire. In tutta onestà, fu sorpresa che fosse lui a introdurre l'argomento. Una certa parte di lui sembrava... be', quasi spaventata. Loro sarebbero stati 'a posto', questa era solo una cosa che lei doveva lasciarsi alle spalle. Riesaminando ogni aspetto della sua vita fino a quel punto, si sentiva in qualche modo... be', molto 'infantile' a volte, in mancanza di un termine migliore. Come qualcuno potesse sentirsi più anni di quelli che aveva e allo stesso tempo infantile era un paradosso, per lei.

"Rinoa, posso parlare col preside. Farò a meno di partire se preferisci così."

Forse il solo sentirlo pronunciare quelle parole era tutto ciò di cui aveva bisogno in quel momento. Non gli avrebbe mai chiesto di 'fare a meno di partire', ma lui che si offriva di farlo confermava solo la sua importanza nella sua vita. Parte di lei era felice, sapendo che i suoi desideri avrebbero avuto la precedenza sul suo lavoro. Ma questa di sicuro non era una delle volte in cui l'avrebbe chiesto, se mai l'avrebbe fatto. Se fossero arrivati a quello, lui non avrebbe mai dovuto chiedere, nel suo cuore avrebbe già saputo la risposta.

"Squall, certo che vai... mi mancherai, ma starò bene." Sorridendogli si alzò, e gli mise saldamente le braccia intorno alla schiena. Per la prima volta, era lei a prendere l'iniziativa di un contatto fisico ravvicinato. Prima era sempre stato lui a guidare qualsiasi cosa che fosse remotamente intima. Forse era buona cosa che lei si sentisse abbastanza a suo agio, senza la paura che lui si ritraesse.

Le loro labbra si toccarono dolcemente alcune volte, prima di incontrarsi con più sicurezza. Lui esitò un momento, non per la sensazione, ma solo per quanto stava iniziando a piacergli questa sensazione una volta estranea. Muovendo le mani, fece scorrere le dita tra i capelli di lei arrivando alla nuca. Sembrava solo che non potesse averla abbastanza vicina mentre si stringeva più vicino al suo corpo. Prima che lui se ne rendesse conto, lei era contro il muro, usandolo per qualsiasi supporto potesse offrire.

Fu allora che lo colpì la consapevolezza di come, per alcuni minuti, non poteva fare niente dato che era completamente perso, come intossicato da lei. Lo spaventava. Aveva sempre mantenuto il controllo, e ora si sentiva come se stesse perdendo quell'abilità, almeno in un aspetto della sua vita. Fu lui a interrompere il momento, ritraendosi solo un poco. Gli occhi di lei contenevano un miscuglio di tristezza e preoccupazione.

"Squall?" Il suo tono era dolce, e si stava chiedendo se avesse fatto un errore.

Lui rimane in silenzio, ancora cercando i suoi occhi, prima di ammettere, "mi mancherai anche tu."

Il sorriso di lei tornò mentre il suo giovane cavaliere faceva scorrere la mano tra i suoi capelli, memorizzando la loro struttura, la sensazione di seta che gli danzava sulle punte delle dita.

"Vuoi parlare?"

"No," rispose lei dolcemente, "non ancora. Per favore non pensare che sia per colpa tua, onestamente è per colpa mia."

"Non importa di chi è, fa male comunque." Lui si fermò, chiedendosi se dovesse approfondire, ma lei non aveva bisogno di sentire ciò che sapeva già. "Per favore, chiamami quando vuoi, giorno o notte."

Mordendosi il labbro inferiore, lei annuì a segnalare che aveva capito, senza dire un'altra parola sull'argomento.

Alla fine lui tolse la mano dai suoi capelli, sistemandone una ciocca consistente fermamente dietro l'orecchio. "Adesso, Rinoa, vuoi andare a fare colazione?"

"Sì." La sua voce era poco più che un sussurro.

Lei iniziò ad allontanarsi, ma notò che lui era rimasto piantato nello stesso punto. La mano che non le aveva lisciato i capelli le teneva la sua, le dita che si impossessavano dei pochi preziosi momenti che avevano da condividere. Proprio mentre stava per aprire la bocca per chiedere cosa non andasse, lui attirò gentilmente il suo corpo verso il proprio. Allungandosi, le diede un dolce bacio sulle labbra. Non era appassionato come il primo, ma la sensazione toglieva comunque il respiro; il dolore delle bruciature era stato del tutto dimenticato in momenti così perfetti.

*~*~*~*~*

Posando nuovamente la testa sul cuscino, guardò le onde che si infrangevano sul lato della nave col portellone. Il modo in cui le punte bianche facevano schiuma, lasciando piccoli mulinelli nella loro scia. Non poteva evitare di ricordare il profumo dell'aria salata al loro primo appuntamento a Balamb. Il modo in cui gli aveva riempito i sensi insieme a tutto ciò che era lei - il suo shampoo alla fragola, la sua lozione alla gardenia, e il minuscolo indizio di vaniglia nel suo profumo.

Sospirò per l'irritazione; non riusciva a credere a ciò che stava diventando. A un certo punto, aveva pensato che tutti i SeeD maschi le cui ragazze li lasciavano partire tra addii pieni di lacrime sembravano deboli nei loro compiti. In che mondo perverso e malato due persone con quel tipo di vita avrebbero trovato felicità tra la carneficina? Era una debolezza, un'infatuazione adolescenziale che li distoglieva da ciò per cui erano veramente lì, il loro scopo nella vita, il loro scopo come SeeD.

Ora era cambiato tutto, anche qualcosa di elementare come il suo 'scopo nella vita'. La SeeD non era più il suo dovere più prezioso; strano come le cose possano cambiare in un solo anno. Almeno non doveva far soffrire chi lo circondava con un addio pieno di lacrime; il loro, al contrario, era stato celebrato in privato, in un meraviglioso silenzio. Non poteva pensare a nulla di più adatto, e meno doloroso, per chiunque, incluso lui stesso.

Chiuse gli occhi mentre ricordava la sensazione della sua pelle liscia, e il modo in cui le aveva asciugato le lacrime che lei cercava disperatamente di non versare. Sì, normalmente avrebbe considerato un difetto il piangere, ma poco prima, in quel momento, stava cercando di impedire che le sue lacrime si formassero nei suoi occhi. Lei gli aveva sorriso, annuendo e basta. In cambio, tutto ciò che aveva potuto fare lui era annuire a sua volta. Se fosse riuscito a costringersi a sorridere... allora l'avrebbe fatto. Ma non sembrava naturale, quindi aveva semplicemente fissato lo sguardo su di lei. Aveva memorizzato ogni bellissimo lineamento, e ogni difetto, ma ciò che vedeva tra la bellezza e i difetti era solo perfezione.

Il dondolio della nave gli aveva ricordato il conforto che aveva sentito quando l'aveva presa tra le braccia; come l'aveva tenuta stretta solo fino a pochi minuti prima di partire. Aprì gli occhi bruscamente, mentre cercava di convincersi che era solo per due mesi - otto, brevi settimane. Non era come quando le aveva detto addio alla Dimora della Strega. Quello era sembrato per sempre, e non voleva sentirsi mai più in quel modo.

Guardò alcuni gabbiani giocare a quello che sembrava un gioco d'inseguimento aereo, prima di ripensare agli ultimi secondi passati con lei quel giorno. Dopo essersi separati, le loro labbra si erano incontrate ancora una volta, e poi aveva lasciato la sua stanza. Non si era guardato indietro. Aveva voluto, ma non l'aveva fatto. Come avrebbe potuto? La prima volta che si era guardato indietro, erano già al molo del Porto di Balamb, e il Garden non era nulla più che una macchia distante.

Ed eccolo ora, seduto otto ore dopo, a sentire l'unione di ogni onda con il movimento in avanti dell'imbarcazione. Cercò di trovare la bellezza nel tramonto del crepuscolo, ma mentre si avvicinavano a Trabia incontrarono cieli coperti e una leggera spruzzata di neve. Guardando l'orologio, sperò che le ore passassero velocemente, una volta che avesse potuto andare da qualche parte e fare qualcosa - be', sarebbe stato meglio che star seduto da solo a non fare niente.

"Yo, Squall."

Poteva rimangiarsi l'ultima frase? Niente da solo sembrava migliore, al momento.

"Sì." Non guardò l'uomo che si sedeva accanto a lui; il Comandante sperò solo che forse l'esperto di arti marziali avrebbe portato altrove il suo entusiasmo... tipo fuori bordo. Squall colse il suo errore; anche se aveva pensato le parole, non le aveva intese davvero. Erano pensieri come quelli che lo aveva messo nei guai, come prima cosa. Zell era lì solo per cercare di essergli amico, e non importava quanto Squall lo avesse ignorato; il suo compagno di squadra non perdeva mai le speranza, e non prendeva mai le azioni sul serio. Un po' come faceva Rinoa... Squall ridacchiò tra sé, chiedendosi come avrebbero preso i due il fatto di essere paragonati.

Il Comandante sospirò, decidendo di provare ad essere un po' meno... be', Squall. Il suo tono si addolcì mentre si voltava verso il suo compagno. "Sì, Zell?"

"Hey, il capitano dice che dovremmo raggiungere il porto di Trabia in meno di un'ora. Sono un po' nervoso nell'andare là... voglio dire, eravamo là l'ultima volta, proprio dopo tutto quello... ma stavolta... la realtà avrà preso il sopravvento. Ho parlato con Selphie, e ha detto..." L'esperto di arti marziali si fermò, rendendosi conto che Squall non aveva tagliato corto come avrebbe fatto di solito. Anzi, il Comandante sembrava ascoltare davvero. "Ehm... sì ok, comunque Trabia, Selphie ha detto..." Questo cominciava a confonderlo. Doveva chiederlo e basta. "Squall, ma mi stai ascoltando?"

"Sì."

"Sì, ho visto... c'è qualcosa che non va?" Zell desiderò averci pensato su un po' di più, sentendosi all'improvviso un po' in imbarazzo. "Non volevo dire quello che m'è uscito. Sono solo sorpreso, ecco tutto. Uhm... non importa, in realtà sono venuto qui per darti una cosa. Selphie me le ha date stamattina, perché non riusciva a trovarti. Pensava che potessero piacerti."

L'esperto di arti marziali estrasse una busta dalla tasca della giacca. Un momento di confusione passò sull'espressione solitamente impenetrabile del Comandante. Accettò la busta, chiedendosi cosa mai potesse avere Selphie per lui. Aprendo il pacchetto, trovò svariate fotografie lucide.

Era notevole; non aveva mai avuto fotografie di lei. Non che non ne volesse, semplicemente non aveva mai pensato di chiedergliele, o di prendere l'iniziativa di scattarne una lui. Sarebbe sembrato... fuori luogo. C'erano svariati scatti della festa di compleanno di Zell di tutto il gruppo, alcune di lei, e alcune di loro due e basta. Quelle spiccavano particolarmente, ai suoi occhi. Non aveva mai visto loro due insieme; era una sensazione piuttosto travolgente... eppure una con cui sembrava essere stranamente a proprio agio.

L'ultima fotografia era Rinoa seduta sulle sue ginocchia, la testa che riposava sulla sua spalla. Non ricordava nemmeno che Selphie avesse scattato quella fotografia. Quella notte si era sentito intrappolato quasi tra due se stesso - parte di lui si preoccupava di come le loro azioni venissero percepite dagli altri, mentre l'altra parte voleva rimanere così per sempre. Non si era accorto di quanto a lungo avesse fissato la fotografia, fino a quando una voce accanto a lui fece un commento.

"Sì, anche a me piace quella, più di tutte."

Il biondo si chiese se avrebbe fatto meglio a non commentare la fotografia, ma gli piaceva davvero. A volte si trovava a stare troppo attento a quel che diceva con il Comandante nei paraggi. Zell era una persona che parlava dal cuore, ed era una cosa difficile da cambiare a volte. Quindi invece di alzarsi e andarsene semplicemente, come avrebbe fatto solo poco tempo prima, aggiunse un'ultima cosa. "Squall, se hai bisogno di parlare con qualcuno, so che non sono lei o cose così... ma ci sono se hai bisogno di qualcuno."

"Grazie," rispose Squall, e lo intendeva davvero.

*~*~*~*~*

Si girava e rigirava; era mai possibile essere così stanchi eppure ancora svegli? A quale punto sarebbe semplicemente svenuta per la stanchezza? Se non fosse stata così esausta avrebbe buttato la sveglia lontano nella stanza, ma era inutile, dato che avrebbe dovuto comprare un'altra sveglia... Be', allora forse si sarebbe ricordata di comprare un tappeto al negozio.

La luce della luna pioveva dentro dalle tende aperte, illuminando l'intera stanza con uno splendore bluastro. Si voltò di nuovo sulla schiena, guardando il soffitto. Il soffitto sembrava avere migliaia di puntini stampati su ogni piastrella. Se lo fissava abbastanza a lungo, l'immagine sarebbe diventata tridimensionale, e sembrava quasi che fossero corpi celestiali che macchiavano l'orizzonte dello spazio. Grandioso, ora allucinava quasi di essere nello spazio, e questo non era mai un buon segno.

Dal comodino, il telefono squillò, interrompendo il suo viaggio nell'universo tridimensionale del soffitto. Allungandosi, Rinoa si sistemò i lunghi capelli dietro le spalle, prima di afferrare la cornetta. Parte di lei iniziò a immaginare il peggio, data l'ora della telefonata, e la cosa si rifletté nella sua voce.

"Pronto?"

"Ciao."

"Squall, è tutto a posto?"

"Sì, scusa, non avrei dovuto chiamare."

"No, no, no... per favore." Fece un respiro profondo, calmandosi. "Sono felice che tu l'abbia fatto. Ero solo coricata, non riuscivo a dormire." Decise di non rivelare i dettagli del suo psichedelico esame delle piastrelle del soffitto.

"Nemmeno io."

"Davvero?"

"È così sorprendente?"

"Un po'..." Le parole le mancarono mentre si allungava oltre la sveglia, afferrando un oggetto posizionato con attenzione sull'altro lato. Poco prima quella sera aveva memorizzato ogni dettaglio, fino a quando la colpa l'aveva costretta a riporlo. Ora fissava di nuovo la fotografia di loro due insieme; Selphie le aveva dato le sue copie quel pomeriggio. Con un dito, tracciò la linea della sua mandibola sulla fotografia, sorridendo a quanto felici sembrassero quella notte. Anche se lui avrebbe rifiutato di ammettere che 'felice' esisteva nel suo vocabolario.

Rinoa poteva sentirlo respirare all'altro capo; entrambi rimasero in silenzio per un momento. Si chiese se anche lui poteva sentirla respirare; doveva... dato che sembrava diventare più alto ad ogni secondo che passava. Doveva spezzare il silenzio prima che le sue emozioni diventassero troppo da sopportare.

"Come... come vanno le cose lì?"

"È un casino. Io - io non so proprio come facciano."

"Lo fanno perché devono."

"Sembrano tutti così allegri, anche date le circostanze."

"È una forma di chiusura... continuare dal passato." Si fermò; le sue stesse parole riecheggiavano quelle che voleva dire, ma in qualche modo non aveva trovato il momento giusto. Ma lì, nell'immobilità, era più facile affrontare qualcuno dei suoi demoni. Forse lui era a migliaia di chilometri di distanza, ma in qualche modo sembrava che fosse proprio accanto a lei. Lo guardò negli occhi, quelli stampati su carta. "Squall?"

"?"

Prima che potesse fermarsi, le parole sembrarono fluire dritte dal suo cuore. "Quella notte ho - ho visto mia madre... e l'ho vista morire - di nuovo."

Si fermò, scioccata dalla sua stessa ammissione. Forse aveva bisogno di dirlo ad alta voce, così che entrambi potessero andare avanti. Guardò un'altra volta la fotografia, trovando una certa pace nei lineamenti di lui.

"Ho visto i suoi ultimi respiri, e ho visto il suo sangue che smetteva di scorrere con i miei stessi occhi. Caraway se ne è semplicemente andato, di nuovo, lasciandomi con degli estranei. Mi ha... semplicemente lasciata lì... avevo solo cinque anni. Poi ho sentito te, e le cose che pensavi di me... come ero sempre tra i piedi, come ero irritante. Ma sai cosa capisco, adesso? Avevi ragione. Forse la cosa più difficile da affrontare per me non è come ti sei comportato tu, ma come mi sono comportata io, e-"

Lui sapeva dove stava andando a parare. Stava per dare la colpa a se stessa, e lui rifiutava di stare lì seduto indolente e permetterle di giocare con i suoi pensieri. La interruppe, non con rabbia, ma parlando comunque con forza.

"Rinoa, forse sei stata irritante, forse a volte sei stata infantile... ma non smettere mai di essere te stessa. Ora come ora, darei qualunque cosa per essere irritato da te. La tua integrità è rara in questo mondo - i momenti infantili, i momenti maturi, i momenti in cui siamo noi e basta... è stato l'equilibrio delle qualità ad affascinarmi, è tutto quello che sei tu, Rinoa Heartilly."

Sì fermò, cercando di assorbire le parole che aveva appena pronunciato. Parte di lui non era sicura di cosa avesse appena detto, data l'ora della notte e le emozioni che gli annebbiavano la ragione. Ma sapeva per certo una cosa - tutto quello che aveva detto erano fatti. Non come le mezze verità che Artemisia le aveva permesso di vedere. Desiderava solo che lei avesse sentito le altre cose che gli attraversavano la mente in quei giorni lontani... poi si rese conto velocemente che 'quei' pensieri potevano essere altrettanto imbarazzanti.

"Rinoa, se mi dici cosa hai sentito, o visto, te lo spiego... per favore. Fidati di me, non è come pensi. Niente-"

Questa volta toccò a lei interromperlo. "Squall, lo so. È questo il fatto - lo so. Penso che il problema fosse credere in me stessa. Ma adesso lo faccio, e credo in noi. Squall Leonhart, non importa cosa ho visto, mi fido di te con tutto il cuore."

"Grazie." Le parole gli si spezzarono in gola, e Rinoa non aveva mai sentito tanta insicurezza nella sua voce.

"Squall, io..." iniziò, e si fermò velocemente.

Perché? Perché diavolo non poteva semplicemente dire io ti amo? Tre piccole parole che sapeva essere vere, ma che non riusciva ancora ad ammettere con lui. Era perché erano al telefono, perché non poteva davvero guardarlo negli occhi? Era perché non l'aveva mai detto a nessun altro prima, ad eccezione dei parenti di sangue? Forse lo aveva detto ai suoi amici per scherzo, o per caso nel parlare. Non aveva detto a un altro essere umano che lo amava in oltre tredici anni, e mai per questo tipo di amore. Quello che sentiva per lui quel giorno, il giorno dopo, per sempre.

Quindi, invece, tutto quello che riuscì a mettere insieme fu, "Squall, mi manchi davvero, davvero tanto." Sì, forse aggiungere il secondo 'davvero' avrebbe reso chiaro il concetto. Sì maledì tra sé e sé un'altra volta; sembrava che più diventavano intimi, più lei si trovava la lingua legata.

Con sua sorpresa, lui non rise, né fece commenti inopportuni. "Rinoa, mi manchi anche tu." La sua voce era così tenera, eppure rassicurante, mai esitante nella risposta.

"Addio," aggiunse lei, dolcemente.

"No, mai addio. Buonanotte per adesso, ci sentiamo presto.."

"Buonanotte."

Fu la sua voce questa volta a rompersi per l'emozione. Riattaccò la cornetta e rimise la fotografia accanto alla sua sveglia. Sorrise guardando la sua immagine mentre posava la testa sul cuscino. "Ti amo, Squall," aggiunse, perché solo la fotografia e il suo cane la sentissero. Ma non importava, lo aveva detto, e sapeva che era vero. Cosa più importante, sapeva che lui la amava, anche se ci sarebbe voluto un po' di tempo prima che lui riuscisse a dire quelle parole.

Chiuse gli occhi, e per la prima volta in cinque notti, dormì pacificamente.

*****
Nota delle traduttrici: grazie a Little_Rinoa che me li ha segnalati, nei capitoli 4 e 7 sono stati levati un po' di imbarazzanti errori di battitura XD Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Final Fantasy VIII / Vai alla pagina dell'autore: Ashbear