Polvere e Thestral
Il
mercoledì successivo, Hermione si svegliò all’alba, o almeno così diceva il suo
orologio. Si preparò in fretta, si diresse al dormitorio dei ragazzi, si chinò
su Ron e gli mormorò all’orecchio: “Ci vediamo più tardi” e gli diede un bacio
sulla guancia. Poi si diresse velocemente verso la sala grande, scendendo la
scalinata principale mentre il quadro di Voldemort la osservava minaccioso.
Arrivata al suo solito posto al vecchio tavolo dei Grifondoro prese solamente un
toast e un po’ di succo di zucca. Quello che stava per fare le sarebbe potuto
costare la vita, ma d’altronde con il suo stato di sangue l’avrebbe rischiata
ugualmente anche se avesse soltanto preso un’insufficienza. Pensò moltissimo a
quello che stava per fare. Rifletté sul Ministero francese, sulla sua scarsa
conoscenza della lingua, nonostante fosse stata in Francia più volte in passato,
rifletté su cosa sarebbe successo se avessero fallito il tentativo di salvare
l’amico, il suo migliore amico, che più volte in passato l’aveva consolata,
sorretta, e che ora era lui ad aver così bisogno di aiuto…
Questo
la fece sentire quasi in colpa. Per loro Harry c’era sempre stato, ed ora che
era lui ad aver così bisogno di aiuto aveva dovuto aspettare tre anni per avere
la prima occasione di uscire da quel baratro. Ma con tutti quei mangiamorte
ovunque, quale modo sarebbe stato il migliore? Andare subito a salvare Harry,
rischiando la propria vita e soprattutto la sua, o aspettare di trovare il
momento più adatto e poter scappare quasi indisturbati? Questo parve risollevare
leggermente l’umore della ragazza. Guardò il suo orologio. Erano le otto e
venti. Mancava ancora un bel po’ all’appuntamento con Madame Maxime, così decise
di fare un giro nei giardini. Non appena aprì il portone, un fascio di luce
verde entrò nel castello. Il marchio nero sembrava sempre più minaccioso sulle
loro teste, ma ormai non ci facevano più caso da molto tempo. Il cortile era
deserto, il pendolo del grande orologio della torre rintoccava rumorosamente
ogni secondo. Era quasi angosciante, così Hermione accelerò il passo e superò il
ponte sospeso per arrivare al cerchio di pietre. Quanti ricordi… Un tempo,
davanti ad una di quelle pietre, aveva dato un pugno in faccia a Draco Malfoy.
Chissà che fine aveva fatto ora. L’ultima volta che avevano sentito parlare dei
Malfoy era stato durante una cena di soli mangiamorte in cui avevano origliato
tramite orecchie oblunghe che a Lucius Malfoy era stato nuovamente concesso
l’uso della bacchetta, ma che questo gli era costato il suo immenso maniero.
Adesso anche loro erano contro il signore oscuro? Anche loro adesso combattevano
in segreto? O si limitavano a dire sì e a fare quello che gli veniva detto senza
fiatare e senza dare alcun segno di vita propria? Era strano, si disse Hermione,
che una delle famiglie più antiche e più potenti del mondo magico fosse
costretta ad essere i cagnolini da compagnia di un pazzo. E gli altri
Serpeverde, quelli che non erano rimasti a Hogwarts per punire gli studenti? Che
fine avevano fatto? Erano nella stessa situazione dei Malfoy, gli era stato
tolto tutto? Tremò al solo pensiero di cosa avrebbe potuto fare Pansy Parkinson
se fosse stata a lavorare a Hogwarts, e rise al pensiero di cosa le avrebbe
potuto fare lei se solo avesse provato a toccarla!
Riguardò
l’orologio. Le nove e dieci… mancava ancora molto, ma si diresse comunque verso
la capanna di Hagrid, dove avrebbe potuto parlare e passare il tempo con
l’amico. Ma dentro la capanna trovò una sorpresa-
“Bonjour,
Hermione!” disse Madame Maxime, che aveva aperto la porta, stringendo nella sua
mano immensa quella piccola della ragazza.
“Buongiorno!
Non mi aspettavo di trovarla già qui. Ero passata da Hagrid per salutarlo, ma se
vuole torno tra poco, vi lascio soli un momento…” mormorò, la voce che diventava
sempre più piccola e la faccia rossa.
“Naaah,
macchè! Resta, resta, tanto io e Olympe abbiamo parlato molto, è arrivata qui
ieri sera…” disse Hagrid, un sorriso malizioso che gli dava uno sguardo da
bambino. Madame Maxime fece una strana risatina, e Hermione mormorò: “Davvero,
torno tra poco, non c’è problema”. Ma la mezza gigantessa la fermò e la spinse
verso l’interno, con una delicatezza che poco si addiceva alla sua mole.
“Tranquilla,
Hermione… partiremo immédiatement! Mais… Agrìd, potresti mandarmi trois billywig
chez moi? Mi servono per delle pozioni…” chiese al mezzo gigante. Ovviamente
Hagrid non avrebbe mai rifiutato una richiesta della donna che amava, così
esclamò, gonfiandosi: “Ovviamente! Ti prenderò i migliori billywig di tutta
Hogwarts!” ed uscì di corsa con un retino di metallo.
“Bien,
adesso che siamo da sole, possiamo partire. Se Agrìd mi avesse vista andare via
così…” e tirò fuori da una tasca del cappotto un sacchetto viola. Prese la
bacchetta, accese il fuoco e porse il sacchetto ad Hermione, che mormorò tra sé:
“Polvere volante”.
“Sì,
Hermione! – disse Madame Maxime – Questa è polvere volante. Non possiamo andare
directamonte al Ministero francese, ma arriveremo ad un camino sul confine, poi
potremo volare fino al confine della Francia e smaterializzarci direttamonte
davanti al minister”. Detto questo, prese un foglietto dal cappotto e disse:
“Devi dire che vuoi allé a Clifton Crescent in Folkestone. Ti spiegherò tutto
quando saremo là!” e porse a Hermione il foglietto.
Una volta che lo ebbe imparato a memoria,
e le ci volle molto poco, si avvicinò al camino, prese una manciata di polvere
volante e la gettò nel fuoco, che divenne verde smeraldo.
“Clifton
Crescent, Folkestone!” e si buttò tra le fiamme. Con un risucchio piuttosto
rumoroso, la ragazza venne inghiottita in un vortice di fuoco e cenere. Tenne
gli occhi e la bocca chiusi, i gomiti ben serrati lungo il corpo, pronta
all’urto imminente con il camino verso cui si dirigeva. Ma quando arrivò
dall’altra parte si accorse di essere caduta sul morbido. A quanto pareva,
Madame Maxime aveva fatto un incantesimo al pavimento di parquet di quella che
era indubbiamente una casa appartenente ad un mago. Le pareti erano in pietra,
con delle torce, e il tutto si sposava perfettamente con il pavimento di parquet
scuro, molto bello. Si allontanò dal camino proprio mentre stava per comparire
Madame Maxime, che atterrò anche lei sul morbido. Prima però che Hermione
potesse fare domande, la donna la portò velocemente fuori.
“Questa
– mormorò – è la maison di un monjamorte. Per questo ho usato questa maison come
luogo di partenza: è la più viscina al confine e non è controllata. Se ci
fossimo smaterializzate saremmo state rintracciate facilmente, ed è meglio non
rischiare anche se non stiamo facendo niente di illegale, tecnicamente, n’est
pas?”. Hermione annuì in silenzio, poi chiese timidamente: “Perché Hagrid non
voleva che usasse la polvere volante?”. Con sua grande sopresa, Madame Maxime
rise forte prima di rispondere: “E’ solo una delle sue manie. Il pense que je me
sporchi il vestito se je usa la polvere volante”. Hermione sorrise, poi si
guardò intorno. Si trovavano in una via a forma di arco. Di fronte a loro c’era
un enorme prato, in fondo al quale si vedevano molti alberi. Si incamminarono
proprio sull’erba, e Hermione dovette camminare più velocemente per poter
seguire i passi più grandi della signora che l’accompagnava.
“Più
giù c’è la mer. Troveremo dei Thestral ad aspettarsci. Tu puoi vedere Thestral,
ouì?” chiese alla ragazza, che annuì. Dopo la battaglia di Hogwarts, non avrebbe
mai dimenticato tutti quei cadaveri, quei volti conosciuti che adesso non poteva
più vedere. Il pensiero di quelle persone la rattristì moltissimo. Lupin, Tonks,
Fred Weasley… una lacrima solcò il volto di Hermione, ma Madame Maxime non se ne
accorse.
“Già
si sente la risacca de la mer…” mormorò, chiudendo gli occhi e respirando a
pieni polmoni. In quel punto della Gran Bretagna il marchio nero si vedeva molto
meno. In lontananza si vedevano i raggi del sole che uscivano dalle nuvole, e
ancora più avanti c’era uno strano bagliore blu intenso. Camminarono per
mezz’ora quasi, finchè raggiunsero una spiaggia piuttosto lunga e ampia. Il mare
era grigio, le onde alte almeno tre metri, ma quella luce lontana rendeva tutto
più bello di quanto potesse apparire in realtà. Madame Maxime notò lo sguardo di
Hermione, che si perdeva nel blu lontano, e disse: “Non sei più abituata alla
luce, ora che siete nelle tenebre, ouì?”. Hermione lasciò cadere un’altra
lacrima, poi entrambe si diressero verso i Thestral, chiusi in un recinto
invisibile ai babbani. In poco tempo, le due erano sui cavalli scuri, e con un
piccolo movimento di gambe i cavalli spalancarono le ali e si librarono nel
cielo. L’aria in movimento era fresca, frizzante, un toccasana per le varie
ferite che Hermione riportava sul volto. Madame Maxime fece sollevare il suo
Thestral più in alto, sopra le nuvole, e lo stesso fece Hermione col suo. Sotto
di loro si intravedevano a malapena le onde altissime. Dall’alto sembrava un
enorme lenzuolo grigio tutto pieghe, e l’aria si faceva sempre più fresca e
sempre più piacevole. Ma dopo soltanto un chilometro, mentre volavano sopra la
manica, Madame Maxime si fermò bruscamente e gridò: “Dissennatori! Nous ne
possiamo pas passare da la mer! Giriamo di là, à gauche, e passiamo dal tunnel!”
e girò velocemente a sinistra. Hermione la seguì per venti minuti sulla costa,
nascoste dalle nuvole, finchè videro la ferrovia sparire sotto un tunnel che
passava in fondo al mare. Scesero di quota quel tanto che bastava per rimanere
nascoste ed avere una buona visuale del luogo, poi scesero in picchiata verso il
tunnel e a tutta velocità vi si infilarono. Entrarono dalla parte in cui i treni
si dirigevano verso la Francia per essere sicure che nessun treno potesse
colpirle frontalmente. Dopo dieci minuti però un rumore alle loro spalle le
costrinse a voltarsi.
“Qu
est-ce que c’est quella luce?” chiese Madame Maxime poco più avanti.
“E’
un treno!” gridò Hermione. Un treno si stava dirigendo verso di loro a tutta
velocità. La ragazza tirò fuori la bacchetta, la puntò dietro di loro, mormorò
qualcosa di incomprensibile a causa del fischio del treno alle loro spalle e un
enorme getto di fuoco partì dalla sua bacchetta. Madame Maxime fece la stessa
cosa e usarono i getti per andare più veloci. Sempre più veloci, finchè
finalmente trovarono l’uscita da quel lunghissimo tunnel. La luce del sole quasi
accecò Hermione, non più abituata a vedere tanto splendore. Poteva finalmente
rivedere tutti quei meravigliosi colori. Il mare cristallino, con l’azzurro del
cielo riflesso su di esso, la neve che nel nord della Francia poteva liberamente
cadere, il freddo, il gelo, quel gelo che tanto mancava agli studenti di
Hogwarts. E in quel bianco così candido si intravedevano degli alberi, alcuni
senza più foglie, altri, sempreverdi, che mostravano le loro sfumature di verde.
Tutto questo agli occhi delle persone del luogo appariva come normale, ma chi
viveva nel mondo magico in quei periodi lo riteneva lo spettacolo più fantastico
che la natura potesse regalare. Dopo pochi minuti di volo, Madame Maxime e
Hermione atterrarono in una spiaggia bianchissima dove c’era un recinto simile a
quello che era stato messo dall’altra parte della Manica. Salutarono i Thestral
con una carezza e si smaterializzarono. Quando la solita sensazione soffocante
di essere infilati in un tubo di gomma finì, Hermione pensò che si fossero
perse. Erano in qualcosa di stretto e buio, che odorava di legno. Madame Maxime
si sporse leggermente in avanti e mormorò: “Ok, via libera!” e uscì dalla
parete. Hermione rimase a bocca aperta, ma fece subito altrettanto e si accorse
che non era una stanza minuscola: era un albero. La preside rise allo sguardo
attonito della ragazza, e si diresse dall’altra parte di quella che sembrava una
piazza piuttosto grande. Si guardò intorno e quello che vide quasi le tolse il
fiato.
“No,
non ci credo… questa è Parigi! E quella è…” balbettò. Maxime sorrise di nuovo.
“Ouì,
Hermione, quella è Notre Dame de Paris, e il Minister est qui vicino!”. Dopo
pochi minuti arrivarono dall’altra parte della piazza, e si fermarono di fronte
ad una statua. Rappresentava due uomini, uno dei quali a cavallo che reggeva un
lungo bastone. Madame Maxime vi si avvicinò appoggiò la bacchetta su una delle
lastre del piedistallo e mormorò alcune parole in francese. Dopo poco, alcune
lastre si spostarono, rivelando una scaletta a chiocciola illuminata da fate che
svolazzavano allegre. Hermione seguì la preside, scendendo sempre più in basso,
finchè raggiunsero una porta. Madame Maxime la aprì e rivelò ad Hermione il
meraviglioso Ministero della Magia Francese.
Note
dell’Autore:
Finalmente il momento tanto atteso si avvicina. La nostra Hermione è finalmente
arrivata al Ministero della Magia francese per avere un Giratempo e poter
finalmente salvare l’amico. Pochi capitoli quindi ci separano dal salvataggio, e
intanto si delinea sempre più il profilo psicologico dei vari personaggi. In questo capitolo ho deciso
di approfondire la personalità di Hermione inserendo alcuni dei suoi pensieri
prima di partire per la Francia con Madame Maxime, parlando del senso di colpa
per aver lasciato Harry tanto a lungo chiuso in quella prigione più psicologica
che fisica, menzionando alcune “vecchie glorie” di Hogwarts e del mondo magico
ed il suo desiderio di sapere se anche loro stessero combattendo. Questo aspetto
verrà presto approfondito, ma al momento concentriamoci sul Ministero di Notre
Dame e lasciamoci invadere dalla sua bellezza e dal suo profumo di
lavanda.
Relly