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Autore: clacli87    03/08/2010    1 recensioni
Stiamo parlando di uno dei personaggi meno esplorati della saga di Twilight, Leah Clearwater, la storia è di lei che tratta, di come è diventata quello che è e di come evolverà nel tempo affidandosi solo a se stessa, tra mille problemi e novità. Leah si avvicina alla scrittura, ma quando si scrive c'è sempre un motivo e lei ne ha uno più che valido! Spero vi piacerà! Ma perchè nessuno commenta? è così brutta? Ditemelo se è terribile!
Genere: Comico, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Leah Clearweater
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga, Più libri/film
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Caro diario,

“it’s a new day, it’s a new life”, come diceva una canzone famosa di non mi ricordo chi.
Credevi che scherzassi quando dicevo di volermi prendere un periodo di vacanza a tempo indeterminato?
Beh, l’ho fatto davvero, infondo anche una donna lupo ha bisogno di riposarsi un po’, di starsene per conto proprio, non so se capisci cosa intendo… comunque sembrano essere tutti favorevoli a non vedermi per un qualche tempo e se mai il branco avesse bisogno di me sanno dove trovarmi.
Perciò sorridi diario, siamo a Los Angeles, la città dove accadono i miracoli, forse qui riuscirò davvero a ritrovare me stessa.
Il sole splende alto nel cielo, non c’è nebbia o pioggia e a dirtela tutta fa proprio caldo, soprattutto per una che ha una temperatura corporea al di sopra della norma, ma mi ci abituerò, ho affrontato per mesi vampiri e ancora vampiri, vuoi che non riesca a sopportare un po’ di caldo? Sono una Tosta io!
Forse ti chiederai cosa ci fa un tipo come me in una città come questa, beh a dirti la verità la scelta è stata ispirata dal mio simpatico e “adorabile” fratellino, erano giorni che Charlie mi ospitava a casa sua per cercare una meta adatta sul computer della mia sorellastra (chiamare Bella in questo modo mi dà ancora i brividi, forse perché lei è un vampiro ed io un lupo, boh!) ed ecco Seth uscirsene con una frase del tipo:
“Sai Leah, fossi in te me ne andrei a Los Angeles, con tutti questi angeli, magari qualcuno riesce a farti un esorcismo come si deve!”
Naturalmente le sue parole hanno scatenato un ruggito per così dire non molto fine, ma nonostante ciò Seth non ha potuto non ridere della sua battuta e purtroppo per me anche mia madre e Charlie si sono uniti alla sua risata.
Trascurando le prese in giro e i commenti successivi Seth non aveva tutti i torti, mi serviva proprio una “botta di vita”e Los Angeles faceva proprio al caso mio, una grande città i cui problemi principali sono eliminare la malavita organizzata e gestire il traffico e non cacciare i vampiri dalla metropoli.
Perciò eccomi qui diario, seduta su una panchina dell’ Echo Park , con un enorme cono gelato nella mano sinistra, te sulle gambe e la penna nell’altra mano e mi sento bene, non esistono vampiri, non esistono lupi, non esiste Sam, ci siamo solo io, tu e il sole.
Ma le novità non sono finite, dato che non potevo permettermi di restare in albergo per sempre, ho dovuto cercare un lavoro e penso di essere stata abbastanza fortunata, dopo vari colloqui che mi hanno impegnato per alcuni giorni, ho ottenuto un lavoro in prova al “Southwest museum of the American indian”, a volte avere del sangue indiano ti facilita la vita, altre volte invece come ben sai scopri che le leggende del tuo popolo sono la realtà e allora si complica tutto.
Ma tornando a noi, ti dicevo che domani comincerò a lavorare come guida e sono davvero emozionata, ho sempre amato la storia, è una cosa che è parte di me e poter raccontare ciò che so ai visitatori mi rende davvero felice ed entusiasta.
L’unico problema sarà tenere a bado i miei geni dell’acidità, dato che sono in prova mi conviene essere gentile e cordiale con tutti e calarmi nella parte della ragazza di paese, cosa non da poco, anche perché nel caso mi arrabbiassi rischierei di trasformarmi e così addio segreto e addio Leah, quindi speriamo bene!
E’ passata solo una settimana da quando sono arrivata in città e la sento già come una seconda casa, ma devo ancora ambientarmi per bene, sono sola qui, non conosco nessuno… pensa che in questi giorni sono uscita dall’albergo solo sabato sera.
A dirtela tutta l’uscita di sabato è stata abbastanza singolare… non ho mai fatto molta vita mondana e per il primo weekend di libertà mi sembrava il caso di festeggiare, fare qualche cosa di diverso, perciò ho preso l’elenco telefonico e scorrendo con il dito avanti e indietro sui nomi di bar e pub ho scelto quello che mi piaceva di più “Molly Malone’s pub”.
Già il nome faceva pensare ad uno di quei vecchi pub in legno in stile western, ma all’interno era ancora meglio delle aspettative…
Al centro della sala c’era un grande tavolo da biliardo dove dei ragazzi per niente raccomandabili stavano giocando, tutt’intorno alle pareti vi erano i tavoli e le panche al di sopra delle quali erano affissi dei manifesti d’epoca, sul lato destro c’era una porta che conduceva al bagno e un’altra che portava alle slot machines e nelle vicinanze c’era il lungo bancone dietro cui erano esposte diverse bottiglie di liquori.
Il posto metteva i brividi, sembrava uno di quei locali della mafia su cui ogni tanto usciva un film, ma non era abbastanza terrificante da spaventare me, che avevo provato cos’era il vero pericolo.
Mi recai verso il bancone e chiesi al barman un boccale di birra scura e sorseggiando quella specie di intruglio cominciai a giocare a freccette, ero situata alla massima distanza e una per una tutte le freccette che lanciavo si scagliavano precisamente al centro del quadro.
Sentivo gli occhi attorno a me fissarmi curiosi, allibiti, scioccati,, forse era troppo per una donna qualunque, ma loro non sapevano che io ero Leah Clearwater.
Immersa nel gioco e compiaciuta dagli sguardi dei presenti non mi accorsi subito che al piano inferiore stava accadendo qualcosa, me ne resi conto solo da un rumore di vetri rotti, ero convinta che fosse abbastanza forte da essere udibile anche per gli umani nel pub, eppure non si scomposero di una virgola, sembrava che la loro curiosità d’un tratto fosse scomparsa, mentre la mia al contrario si era accentuata.
Decisi che dovevo scoprire cosa stava accadendo, feci finta di entrare in bagno, ma sicura che nessuno notasse la mia velocità varcai la porta adiacente, quella da cui sembrava che provenissero i rumori, subito a destra c’era la sala per le slot machines, proseguendo in avanti invece delle scale conducevano al piano inferiore.
Lo scantinato sembrava uno di quelli che si vedono nei film degli orrori, con macchie di umidità dappertutto e ganci pendenti dal soffitto, percorrendo il lungo corridoio i rumori si facevano sempre più vicini ed assordanti, mi ritrovai infine davanti ad una porta socchiusa, dietro la quale una luce si accendeva in alternanza, accompagnando le grida acute di dolore.
Non ci pensai due volte, fu come se il mio braccio avesse volontà propria, si poggiò sul legno umido della porta e la spalancò completamente, rendendomi visibile.
C’erano due uomini in canottiera robusti e massicci, che stavano massacrando con calci e pugni un ragazzo che era a terra, ripiegato su se stesso, c’era sangue dappertutto, sia fresco che non e l’odore era marcio, l’aria viziata ti entrava dentro i polmoni e ti impediva di respirare.
Riuscii a vedere il volto del ragazzo, in una frazione di secondo prima che i due energumeni vedessero me, era davvero particolare, la pelle era mulatta, simile alla mia, aveva gli occhi leggermente a mandorla e i lineamenti delicati, nonostante le protuberanze causate dai colpi.
La mia nuova vista ultra perfetta mi stava facendo perdere nei dettagli di quel volto così singolare senza mettere a fuoco i due tizi che ormai si erano accorti di me.
“E tu chi diavolo sei?” disse il primo uomo, mentre con passo fiero mi avvicinavo verso il ragazzo “Non penserai mica di poterci fermare” disse l’altro facendo risuonare una somma risata, non sapeva in che guaio si stesse cacciando, ma presto se ne sarebbe accorto.
“Non vi sto chiedendo il permesso, lui ora verrà con me e voi non gli darete mai più fastidio”
Avevo deciso che avrei portato al sicuro il ragazzo e nessuno avrebbe potuto impedirmelo, vennero verso di me con una spranga di metallo in mano, agitandola a destra e a sinistra sorridenti ed orgogliosi di ciò che stavano per farmi.
Li lasciai avvicinare il più possibile e aspettai che uno di loro si scagliasse per primo contro di me, a quel punto sfruttai la mia velocità per piombargli alle spalle e cercando di non trasformarmi presi le armi che avevano in mano e le scaraventai a terra, poi con una mano afferrai il collo di uno e lo sollevai da terra, mentre con l’altro braccio immobilizzavo l’altro energumeno e dissi “Non vi conviene mettervi contro di me, ed i miei amici e lui è un mio amico, ora lo sapete, quindi signori addio.”
Li lasciai cadere a terra, erano più che scioccati non si spiegavano come avesse potuto una donna per di più neanche tanto muscolosa fare una cosa del genere, sfruttai la loro confusione per prendere il ragazzo e fuggire dall’entrata secondaria.
Non era ben cosciente quando lo portai in macchina, sbatteva le palpebre ma non parlava e poi una volta sulla vettura aprì gli occhi a quel punto gli dissi:
“Bentornato tra noi! Non serve che mi ringrazi, ho fatto quello che ho potuto!” mi aspettavo un qualche segno di gratitudine, dopotutto gli avevo appena salvato la vita. “Ma.. ma che cosa hai fatto? Ferma la macchina!” all’inizio non capivo cosa dicesse, di cosa stesse parlando, comunque accostai la vettura al marciapiede mentre lui continuava a parlare.
“Io non dovrei essere qui, non dovrei... mi hai rovinato l’esistenza. E’ colpa tua se sono qui!” fu con queste parole che mi resi conto che avrebbe preferito morire e non riuscivo davvero a capire perché, ma allo stesso tempo nella sua voce sentivo l’eco della disperazione.
Scese dalla macchina barcollando e quando mi offrii di aiutarlo mi gridò contro dicendo: “No! Lasciami andare!” Ed io non sapendo che fare lo lasciai andare.
Ero uscita per prendere una birra e sperimentare nuove cose e mi ero ritrovata a fare i conti con un matto che voleva morire, a volte la vita è proprio strana diario…
Io ora ti saluto, domani c’è il primo giorno di lavoro e non vorrei arrivare tardi perciò...
Notte mio caro compagno di avventure!
   
 
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