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Autore: Amalia89    09/08/2010    0 recensioni
Una Rosalie diversa, non ricca sfondata, non vanitosa… Una Rosalie che conosce i problemi di una vita senza lusso né sfarzi, una Rosalie, che scoprirà quanto una sola scelta sbagliata, possa rovinarle la vita.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rosalie Hale
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Prestate dieci secondi del vostro tempo a questa piccola comunicazione

Prestate dieci secondi del vostro tempo a questa piccola comunicazione.

Ho scritto e portato a termine il mio primo vero libro. Ma prima di mandarlo alle case editrici, ho bisogno che questo gruppo  http://www.facebook.com/topic.php?topic=17118&post=94369&uid=121296971160#!/group.php?gid=121296971160 arrivi ai mille membri. Né mancano solo 190!!

In tanti mi hanno già aiutato ed ora ho bisogno di voi per realizzare il mio sogno! Lo userò come “prova” che sono già conosciuta sul web. Siete sparse nei diversi siti in cui pubblico e mi piacerebbe che vi ritrovaste tutte lì dentro. Spero davvero che possiate darmi una mano.

Grazie mille in anticipo!

 

Per rispondere brevemente a dindy80: Credo sia troppo facile raccontare di storie che hanno sempre un lieto fine… Volevo stupirvi, prendervi in contropiede e con i tuoi commenti mi hai dimostrato che ci sono riuscita. Non sono drammatica in questo periodo, solo mi va di uscire dai miei schemi… Di dimostrare a me stessa ed a chi non crede in me, che posso essere versatile. J. Un bacione. Amalia.

 

Ci vediamo al fondo per i saluti!

 

 

 

 

 

Capitolo 4

 

 

 

Quanto tempo era passato? Ore? Giorni? Settimane? Mesi?

In qualunque caso, troppo.

La gola bruciava come mai aveva fatto, sentivo il mio corpo debole e i miei sensi attutiti.

Il dolore che mi logorava, mangiandosi tutto ciò che avevo dentro, pezzettino dopo pezzettino, non si era attenuto nemmeno per un secondo.

Ed ero felice, stavo soffrendo come meritavo, almeno questa mia preghiera era stata esaudita.

Pioveva a dirotto, l’acqua picchiettava sulla mia pelle, producendo un tonfo sordo. Era come se sbattesse sulla roccia.

Non mi ero mossa da quella posizione, avevo scoperto d’essere in grado di restare immobile come una statua per giorni, non dormivo e respirare per me, non era fondamentale.

Avevo provato a trattenere il fiato, ad andare in apnea per perdere i sensi ma niente…

Nonostante mi trovassi a molta distanza dal centro abitato, potevo sentire le ruote degli pneumatici scorrere sull’asfalto, i gabbiani stridere sul mare, i piedi delle persone cozzare nelle pozzanghere.

Quello era senz’altro il mio peggior incubo.

Il tempo passava e la mia mente era attraversata da continue immagini, frammenti della mia vita umana.

La prima volta che Ariel mi strinse la mano, la prima volta che non sapendo che ero sua sorella, mi aveva chiamata mamma. I suoi sorrisi e quegli immensi occhi blu, ereditati da mio padre che mi fissavano sempre con orgoglio e fiducia, una fiducia che io non avevo onorato.

Un’immagine disgustata apparve sul mio volto e strinsi più forte i pugni già serrati.

Ero talmente immersa nel mio dolore che non mi ero accorta dell’avvicinarsi dei due umani.

«Dai Stive! Non fare lo scemo». Cinguettò una voce femminile, scoppiando poi in una sciocca risata.

«E dai, perché devi farmi aspettare ancora? Qui non ci vede nessuno». Rispose la voce roca e profonda di un uomo.

Perché quelle due tonalità non mi erano nuove?

«Andiamo ancora un po’ più avanti e poi…».

Oddio! Alzai il capo all’improvviso ricordando a chi appartenessero.

La ragazza era Kim e lui, Stive era il mio ragazzo!

Quindi, oltre a tutta la mia popolarità, si era presa anche il mio uomo e lui, non ci aveva messo poi molto a rimpiazzarmi.

Una nuova ondata d’ira, s’impadronì del mio corpo, il veleno m’inondò la bocca ed i muscoli si tesero, pronti per balzare addosso a quei due essere immondi.

Nonostante tutto, non mi mossi, volevo che fossero loro a notarmi per primi, volevo vedere il terrore invadere ogni cellula dei loro schifosi corpi.

Tenni il viso sollevato e trattenni il respiro, non volevo ucciderli prima del tempo.

Kim, tirò a sé Stive, sbattendolo conto il muro. Le loro labbra si scontrarono, in un bacio pieno di lussuria e prepotenza.

Risi, anche se più che una risata, dalla mia gola uscì un suono gutturale.

Entrambi sussultarono, voltandosi nella mia direzione.

«Ho disturbato qualcosa?». Chiesi, fingendomi mortificata.

Stive sbarrò gli occhi, fissandomi incredulo.

«Rosalie?». Chiese, in un sussurro.

«Contento di vedermi Stive?». Domandai con voce mielosa.

Arretrò di qualche passo, probabilmente il suo istinto di sopravvivenza gli stava suggerendo la cosa più giusta, scappare il più lontano possibile da me.

Al contrario, Kim rimase dov’era, scrutandomi altezzosamente, perfino il suo istinto era stupido ed ottuso.

«Credevano tutti che ti avessero rapita». Osservò placidamente.

«Non mi sembri dispiaciuta all’idea». Puntualizzai, calcando su ogni parola.

Lei alzò le spalle, in segno d’indifferenza.

Se solo pensavo a quelle che, fino a poco tempo prima, avevo reputato parole così brutte da distruggermi, mi veniva da ridere.

Tutto era banale ed insignificante paragonato al dolore della perdita di mia sorella.

«Immaginavo che fossi finita a fare la stracciona sotto qualche ponte ma…». Si fermò, facendo scorrere il suo sguardo su di me. «Non credevo di certo che saresti arrivata ad un livello tale di degrado». Aggiunse acidamente.

Risi di nuovo, non potevo fare a meno di farlo. Quella sciocca ragazzina non sapeva con chi aveva a che fare, non più.

Mi sollevai lentamente e, prima ancora che se ne potesse accorgere, andai alle spalle di Stive, posizionando una mano sul suo mento e l’altra sulla sua tempia.

«Questo, è per avermi tradita senza pudore e per esserti comportato da vero bastardo». Gli spezzai il collo, sussurrandogli all’orecchio i miei ultimi pensieri.

Subito dopo, mi voltai verso Kim, la quale arretrava tremante.

«Ora non fai più la gradassa, vero?». Domandai, avvicinandomi a passo umano.

«Che- co-cosa sei?». Domandò tremante.

«Il tuo destino… Sono la tua punizione divina, sono ciò che ti meriti». Risposi ringhiando.

La desideravo, volevo il suo sangue ma non avrei ceduto, dentro di me non ci sarebbe stata nemmeno una goccia di lei, della sua pietosa essenza.

«Scusami Rose, mi dispiace io…». Cominciò ad implorarmi ed era musica per le mie orecchie.

«Io, non volevo ferirti… scu-scusa. So quanto male ti ho fatto è…». Stava parlando decisamente troppo.

In meno di un secondo, fui anche alle sue spalle, scostai i suoi capelli da un lato e tirai la sua testa sulla mia spalla.

«Nessuno riuscirà più a farmi del male; vincerò il dolore con la rabbia. Ed inizierò proprio da te, adesso ». Sussurrai, prima di afferrare il suo collo con una mano e di stringere.

Non mi fermai, fino a quando non udii il Tac, sotto le mie dita.

La lanciai a diversi metri da me, per non farmi tentare. La mia mente non fece nemmeno in tempo a realizzare quello che era accaduto che l’ennesimo rumore, attirò la mia attenzione.

Apparteneva ad uno della mia stessa specie, ad un vampiro, lo potei capire dalla delicatezza con la quale piombò davanti a me.

Istintivamente, feci un balzò all’indietro e scoprii minacciosamente i denti.

Fissavo una vampira minuta, con i capelli neri, sparati ovunque e gli occhi dorati, come quelli dei Cullen.

«Non attaccarmi. Mi chiamo Alice Cullen…». Disse, sollevando le mani in segno di resa.

Guardò i corpi delle mie vittime e subito dopo, riportò lo sguardo su di me, era severo e carico di risentimento.

«Non è così che si vive!». Aggiunse ringhiando.

«Ma che cosa vuoi? Piombi qui e mi dici che cosa devo o non devo fare? Io ho fatto la mia scelta e non m’interessa se quel che ho deciso non ti piace!». Urlai rabbiosa.

«Hai fatto quella sbagliata. Non ti è bastata la morte di tua sorella a dimostrartelo?». Quelle parole mi ghiacciarono. Come faceva a sapere di Ariel?

Abbassai appena la guardia, scrutandola sospettosa.

«Non è necessario che tu ti nutra di umani. Vieni con me, torna da Carlisle, ti insegneremo tutto quello che avresti dovuto imparare un mese fa». Continuò sul mio silenzio.

Come potevo tornare indietro? Come potevo ricominciare a vivere dopo quello che avevo fatto?

«Ti sto dando la possibilità di rimediare. Ariel non c’è più, ma tuo padre sì».

A quelle parole, sbarrai gli occhi.

C’era davvero un modo per salvargli la vita?

Forse avrei potuto vivere per quello. Certo, non avrei mai rimediato a quel che avevo fatto ma almeno, non avrei abbandonato anche lui.

Tuttavia, restava un problema.

«Come faccio a sapere che posso fidarmi di te?». Domandai sulla difensiva.

Mi guardò per qualche secondo, prima di avvicinarsi a me lentamente, non mi mossi e lei arrivò ad un palmo dal mio volto.

«Guardami negli occhi Rosalie. Non ti mentirei mai. Io posso vedere nel futuro e ti ho vista… Datti una seconda possibilità, dai a me, la possibilità di dimostrarti ciò che dico».

Parlò con un tono di voce fermo, serio.

Sì, potevo fidarmi di quella ragazza, potevo dare a mio padre una seconda possibilità, dovevo farlo.

Senza aspettare una mia risposta, saltò sul muretto, si voltò a guardarmi ancora per un istante, prima di cominciare a correre verso nord.

Guardai un’ultima volta quello che era stato il mio nascondiglio, i corpi di Kim e Stive ed onestamente, non mi pentii d’averli uccisi.

Subito dopo, cominciai a correre, seguendo la scia di Alice.

Incredibile quanto una sola scelta, fosse stata in grado di cambiarmi la vita, ma se la prima che avevo preso, mi aveva portata in un baratro di morte e disperazione, ero sicura che quella che avevo appena fatto, alla fine, sarebbe risultata la migliore della mia intera esistenza.

 

 

 

 

 

The End…

 

 

 

 

Anche questa piccola storiella è terminata. Grazie a chi l’ha seguita, letta ed alle due persone che l’hanno commentata. Certo, mi sarebbe piaciuto sapere il parere di tutti… ma non si può avere tutto.

Vi saluto e grazie ancora!!

Bacioni.

Amalia.

 

 

 

 

 

  
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