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Autore: Mr Black    10/08/2010    4 recensioni
Una what-if che riscrive la fine di Eclipse, stravolgendo poi Breaking Dawn.
Mentre si fa sempre più vicina l'armata di Victoria e dei vampiri neonati, il triangolo amoroso Edward-Bella-Jacob esplode con tragiche conseguenze. Così, Edward e Bella andranno incontro ad un destino radicalmente diverso.
Non faccio altro che ripetere gli stessi sogni ed ormai, francamente, lo trovo pure stancante. Prima - non saprei esattamente dire quanto "prima" fosse - era solo dolore. Il dolore perfetto. Sognare un'eternità radiosa e svegliarsi in un'eternità di buio nero, nerissimo.
Altro che alba dirompente... la mia vita è più una notte polare. Anche di giorno, c'è sempre buio. Il sole non sorge mai.
Il sole non sorgerà mai più.
La storia che la Meyer non ha avuto il coraggio di raccontarvi.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen | Coppie: Bella/Edward, Bella/Jacob
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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PARTE PRIMA: LA SOTTILE LINEA SCURA



 

Il mio riflesso allo specchio.

Ciao, sono Isabella Swan, ma tutti mi chiamano Bella e nessuno ha mai osato fare diversamente. Ho diciotto anni. Mi sono appena diplomata con voti promettenti. Alla festa per il diploma ho visto i miei genitori, divorziati, insieme come vecchi amici. E adesso mi godo le vacanze nella bellissima e grande casa del mio meraviglioso, invidiatissimo ragazzo, Edward Cullen. Ho un mucchio di amici, non ho fretta di diventare grande e voglio solo divertirmi.

Probabilmente, se non avessi scoperto che i Cullen sono dei vampiri, che i miei amici d'infanzia Quileute sono dei licantropi, e che il mondo è pieno di esseri soprannaturali che adorano concentrarsi tutti quanti in una dispersa cittadina dimenticata da Dio come Forks e che ce l'hanno sempre con me, o per un motivo o per un altro, avrei optato per tale presentazione.

Mi chiamo Bella Swan. Il mio ragazzo è un diciassettenne immortale e bello più di un angelo. Il mio migliore amico un licantropo alto due metri. E c'è una pazza di nome Victoria che si è messa a capo di una banda di vampiri neonati pur di farmi le feste. La verità è questa ed il primo passo per risolvere i problemi è riconoscerli. Cazzate da psicoanalisti. Sono davanti lo specchio da almeno dieci minuti, sorrido come se fossi una venditrice porta a porta al suo primo giorno di lavoro – e dunque con un mezzo sorriso che mi trasfigura il viso in una smorfia oscena e ridicola – e mi ripeto continuamente la bella presentazione di cui sopra. Una parte di me si aspetta che prima o poi i problemi spariscano da soli. Sarebbe bello vedere Victoria arrivare, tutta inferocita con quel suo bel portamento ed il suo pellicciotto e poi sparire con un sonoro puf! davanti i miei occhi. Ahimé, la parte maggioritaria e almeno vagamente razionale del mio cervello a colabrodo sa benissimo che le cose non stanno così. D'altronde, non posso tirarmi indietro. Né ho intenzione di farlo. Almeno riconoscetemi la coerenza d'acciaio. Sono una carta moschicida per i problemi ed i guai, ma poi li affronto. Possibilmente li risolvo. Anche se fosse, non rinuncerei per nulla al mondo a tutto questo. Se Victoria vuole farmi fuori, è per far impazzire di dolore Edward, perché sa che senza di me, appunto, impazzirebbe. Edward è entrato nella mia vita – o sono io ad esser entrata nella sua? Bel dilemma – e forse sarebbe stato meglio che non l'avesse mai fatto. Ma è successo, e indietro io non ci torno. Meglio una vita in costante pericolo, ma con Edward al mio fianco, sempre, che una normalissima da adolescente neodiplomata.

Abbasso lo sguardo, spontaneamente, più o meno inconsciamente, verso il mio polso sinistro. Scruto nello specchio, sforzo gli occhi per vedere meglio il braccialetto che mi ha regalato Jacob. Lo guardo ancora un attimo. Poi mi rendo conto che l'immagine che guardo fissa nello specchio non è una fotografia ma solo il mio riflesso, e dunque lascio perdere quell'amabile superficie ben incorniciata – il solito pezzo d'arte dei Cullen, messo lì, in un angolo dell'ingresso, come fosse un ombrello in disuso –, alzo il braccio e mi concentro sul braccialetto d'argento e sul ciondolo a forma di lupo. Esattamente dalla parte opposta, brilla il diamante di Edward. Sospiro. Se esiste un inferno di sicuro non ci andrò perché diventerò una vampira, come crede Edward, ma per come mi sto comportando con lui e con Edward. Già mi vedo in un caldo tribunale infernale pieno di diavoletti pronti a divertirsi con me, ed un giudice grande e grosso che mi accusa del più tremendo e terribile reato d'amore. La giuria impallidisce – può un diavolo impallidire? – mentre viene proclamata la mia condanna. Colpevole. Sì, sono colpevole d'amore. Amo Edward e non ne posso fare a meno. Ma amo anche Jacob, e so anche che se non esistesse il mio bel vampiro non mi staccherei più dalle possenti braccia del licantropo.

Sospiro.

Forse sarebbe più saggio e più salutare afferrarmi a degli appigli sicuri. Uno di questi è la promessa di Edward. Di sposarmi, di rendermi immortale e di amarmi per tutta l'eternità. Una volta conclusa questa storia sarò libera. Addio umana Bella, goffa, attira-guai e debole... benvenuta nuova Bella, regina dei vampiri.

Tsk. Ma nemmeno nei miei sogni le cose vanno così. Sogno sempre d'esser un disastro anche da vampira. E sono terrorizzata dall'idea di uccidere. Inconsapevolmente, inconsciamente, sì, ma ciò non toglie mi faccia sentire uno schifo. Come dire, non posso fare a meno di essere me stessa. Diventerò immortale, ma fino a che punto non sarò più la solita Bella?

Forse dovrei smetterla con tutte queste paranoie davanti lo specchio. Torno a scrutare il mio volto. Che disastro. Questa stanchezza, quest'ansia e questa attesa dell'imminente pericolo mi stanno distruggendo. I Cullen ed i licantropi si impegnano con tutte le loro forze in vista della battaglia, io almeno potrei rendermi più carina ed appetibile per Edward...

Appetibile... il mio cervello è un mistero pure per me stessa. Magari nella mia vita precedente ero un attore comico dal sarcasmo al vetriolo. Illuminatissimo Buddha, ovunque tu ti trova, nel caso Victoria dovesse uccidermi fammi rinascere criceto. Te ne prego.

Lasciamo perdere i capelli, và. I poli magnetici dello stesso segno non vanno d'accordo, ed i ciuffi ribelli sono, appunto, ribelli. Tanto, a che serve? Edward è un magnifico leone ed io, bella o non bella, resto comunque una stupida pecora.

Esco fuori casa e il rumore dei miei passi mi accompagna. Mi accoglie l'aria morbida e tiepida del tramonto.

Tra non molto i Cullen torneranno dalla sessione di allenamento con i licantropi. E' sempre uno spettacolo assistere e quando tutta la faccenda è cominciata avevo giurato a me stessa che non avrei mai trascorso un secondo distante da Edward. Eppure eccomi qui sola in questa grandissima casa. La prossima volta mi applico una flebo di caffè. Mi addormento un istante di primo pomeriggio e cosa succede? Tutti se ne vanno, Edward compreso, che si limita a lasciarmi un bigliettino. Non ti ho voluto svegliare, dormivi profondamente! Non sono più abituato alla stanchezza dei mortali... dormi pure, noi andiamo a fare il nostro dovere. Quando ti sveglierai io sarò lì!, aveva detto. Un corno. Mi sono svegliato prima del previsto, evidentemente. Magari Alice ha l'orologio delle visioni sballato di qualche ora. La verità è che il mio inconscio è troppo forte, prepotente ed orgoglioso. Non può fare a meno di urlarmi tutte le mie paure e le mie angosce in sogno. Quando mi sono resa conto che l'ennesimo incubo su Victoria era, appunto, un incubo, mi sono svegliata e a quel punto non ho più voluto riprendere sonno, pur di non ricadere in sogni del genere. Odio il mio inconscio, odio i miei sogni!

Rimango seduta a terra, sull'ingresso, a contemplare il cielo e il mondo circostante. C'è una tale tranquillità... è questa la quiete prima della tempesta? Quanto dovremo attendere ancora? Un paio di giorni? Oppure Victoria ci prenderà alla sprovvista, facendo saltare i nostri piani, e apparirà entro questa sera? Edward, che questa mattina mi ha portato qui, a casa sua, mi ha spiegato con calma e chiarezza il piano e le previsioni di tutti i Cullen. Dovrò rimanere qui tutto il giorno e la sera. Poi, Edward mi riaccompagnerà a casa e domani tornerò di nuovo qui, ma dirò a Charlie che tutti i Cullen sono fuori per il solito week-end lungo di trekking, ad eccezione di Alice, alla quale farò compagnia. E magari troverò un attimo di pace per me stessa e per Edward. La previsione dell'arrivo di Victoria oscilla tra due e quattro giorni. Per quel che ne so io – e vista anche la mia leggendaria capacità di attrarre i guai – potrebbe anche apparire adesso che sono sola. Ed Edward avrà a disposizione un'eternità per rimpiangere di avermi lasciata da sola. E se realmente apparisse adesso? Se fosse successo qualcosa ai Cullen, se fossero stati presi alla sprovvista, mentre io dormivo ignara di tutto? Quasi inconsciamente balzo in piedi, una rapida ed improvvisa scarica di adrenalina galoppa sulla mia schiena.

“Bella! Tutto bene? Sembra che hai visto un fantasma!”

“Emmett?”

“Bella?”

“Alice!”

“Un momento, un momento vi prego.. mi avete fatto prendere un colpo!”. Sospiro. Un gruppo di bellissimi vampiri con espressioni curiose e divertite (Emmett) guarda solo me. “Oh. Siete tornati.”

“Sei sveglia!” mi dice Alice, guardandomi come se avessi fatto qualcosa di spiacevole. “Eppure ho controllato diverse volte... vedevo chiaramente Edward svegliarti!”. Ecco appunto, mi viene da commentare.

“Mi hai tolto il piacere di svegliarti! Che è successo?” La voce calda di Edward mi abbraccia prima delle sue gelide braccia, tra cui mi butto noncurante. “Nulla. Mi sono svegliata da un sogno e non avevo più voglia di dormire.”

“Certo che è proprio strano...” insiste Alice, imbronciata.

“Oh, non farla tanto lunga. Lo sai che Bella è sempre imprevedibile!” Mi lascio dietro le risa di Emmett ed entro in casa, scortata da Edward.

“Veramente Bella è tutto meno che imprevedibile...”

“Come sarebbe a dire?!” dico voltandomi verso Alice.

“Beh, immagino Alice si riferisca alla tua rinomata capacità di attrarre catastrofi!”

“Ah, certo che oggi i complimenti fioccano, eh!”

“Su, ragazzi, basta con questa storia.. entriamo dentro.”

“Scusa, hai ragione, Esme...”

“A proposito, Bella... è andato tutto bene? Qualche avvistamento strano, qualche persona sospetta?”

“No, niente di niente... anzi, è stata una noia mortale senza di voi...” mi volto verso Edward e lo guardo malissimo. Proprio malissimo.

“Ho capito, la prossima volta ti porto con me... se poi ti addormenti nella foresta non lamentarti!”

Chiudiamo la conversazione ed eccoci nell'ampio salotto di casa Cullen. Per un attimo rimango, come al solito, stordita dalla bellezza sfolgorante di questa stravagante famiglia. Sarà nella loro natura, ma quasi spontaneamente sembrano sempre cercare di suscitare più stupore possibile. Li vedo sempre muoversi con grazia assoluta, scegliere le espressioni più corrette, fermarsi in delle pose da fotografia. Ora che li guardo ancora, nel loro salotto, sembrano veramente posare per una foto di famiglia. Rosalie, composta, su una ricca poltrona fa vagare lo sguardo tra i presenti con un'espressione vagamente annoiata, ma molto signorile. Dietro di lei, appoggiato allo schienale della poltrona sta Emmett, ingombrante ed immobile come una statua, eternamente scolpita nella sua espressione divertita. Alla loro sinistra, oltre il caminetto, Alice e Jasper, vicini ma non troppo, seduti sul divano. Accanto a loro Esme, con una mano appoggiata in maniera apparentemente casuale sul tavolo. Al centro del semicerchio, invece, Carlisle, fiero, serio, che parla della prossima mossa. E poi ci siamo io ed Edward, che mi abbraccia stando alle mie spalle –e come sempre, fa uno strano effetto non sentire il suo respiro sul mio collo. Innumerevoli volte mi sono sentita completamente fuori posto in un quadro così perfetto. Ma presto questa sensazione andrà via, entrerò anch'io, a pieno titolo, nel quadro.

Carlisle ha cominciato commentando positivamente gli sviluppi dell'allenamento con i Quileute: la contingenza di lottare insieme contro lo stesso nemico, che sembrava frustrante, all'inizio, si era rivelata fruttuosa a stringere ulteriormente l'alleanza. Soprattutto, malgrado qualche caso particolare, i più giovani non si erano fatti alcun problema a collaborare con il nemico giurato. Tutto vero. Seth, ad esempio, mi sembra abbastanza affezionato ai Cullen. Forse è la giovanissima età, o magari, proprio perché è il più piccolo, e dunque privo di pregiudizi, è più aperto e disponibile nei confronti dei vampiri. Anche Jasper, poi, ha detto la sua. Un'alleanza necessaria, utile e stimolante, l'ho sentito dire. Poi sono passati a parlare di tattiche, a indicare punti strategici e quant'altro. Tra uno sbadiglio e l'altro mi allontano sempre di più con la mente dalla discussione. Mi abbandono del tutto all'abbraccio freddo di Edward, finché un nome attira la mia attenzione. Alzo la testa, mi muovo di scatto, quasi do una gomitata a Edward. Jacob. No, non va affatto bene. Il solo sentire pronunciare il suo nome da Carlisle mi ha fatto venire un infarto. Per di più, Edward l'ha capito benissimo. Chi ha bisogno di poteri di telepatia con una come me?

“Hai capito Bella?”

“Co-come? Mi sono persa un attimo...”

“Bella, mi rendo conto che questo è molto oltre le tue capacità, ma è di te che stiamo parlando...” mi dice Rosalie, aprendo bocca per la prima volta nella discussione. Lascio perdere e chiedo a Carlisle di ripetersi.

“Questa sera verrà Jacob, qui. Secondo Alice, Victoria e i neonati sono stati molto più veloci del previsto. Tu resterai qui, Esme ti presterà qualcosa da mettere per la notte. E' troppo pericoloso permetterti di tornare a casa, di sera, e farti spostare di nuovo, domani mattina. Dobbiamo accelerare i tempi: tu e Jacob partirete proprio domani. Jacob starà sempre insieme a te, così potrà coprire con il suo odore il tuo, come avevamo stabilito.”

“Ah... non pensavo che... di già... Quindi rimango qua? E Charlie?”

“Ci andrà Billy.” Mi dice Edward, soffiandomi le sue parole nelle orecchie, senza smettere di tenermi abbracciata. “Ho parlato con Jacob, prima, è tutto sistemato. Se Billy non riuscirà a convincere Charlie a spostarsi, questa sera, rimarrà lui a casa vostra. E in ogni caso domani andranno a La Push.”

“Purtroppo dobbiamo agire il più rapidamente possibile.” Interviene Alice. “Come hai visto prima, quando si parla di un paio di giorni, o, peggio, ore, le mie visioni non sono proprio precise. Meglio non farci trovare impreparati, comunque vada.”

“Ma pensavo Victoria arrivasse tra almeno tre, quattro giorni!”

“Quello che pensavamo tutti... e speravamo, anche.” Ancora Carlisle, la voce seria, bassa, controllata al massimo da non far trasparire un briciolo di preoccupazione.

“Non hai nulla da temere, Bella.” Interviene Jasper. “Andrà tutto come previsto. Dobbiamo solo anticipare un po'. Meglio così, no? Meglio agire che aspettare ancora...” Come al solito, non so se sono solo le parole di Jasper a rincuorarmi, o è colpa del suo grande potere da vampiro. A ben vedere, però, forse le sole parole sarebbero bastate. In fondo ha ragione. Non ne posso più di aspettare. Almeno affrontiamo la cosa subito.

“Quindi, come deciso, Jacob questa sera verrà direttamente qui. Domani mattina voi due farete un po' di giri a vuoto, nella foresta, mentre noi ci impegneremo nell'ultima sessione di allenamento. Qui rimarranno Esme ed Alice, per precauzione.”

“Ed Edward?”

“Io vado con loro, Bella.” L'espressione cordiale con la quale mi risponde mi irrita più del fatto mi abbia appena annunciato di lasciarmi di nuovo da sola. Peggio: sola con Jacob. Eppure gliel'avevo detto: conosco i miei limiti, e so che non potrò sopportare di rimanere distante da te, di nuovo.

“Edward ci serve come tramite con Alice. Rimarremo vicini abbastanza per permettere ad Edward di leggere il pensiero e le visioni di Alice, in caso di pericolo.” Ha senso. E la cosa mi infastidisce ancora di più. Questa storia comincia a stufarmi sempre di più. Per fortuna grazie a questi imprevisti la faccenda verrà chiusa già domani. O almeno, me lo auguro. Carlisle riprende a parlare, discute con Jasper ed Emmett del loro programma, domani mattina, ed io riprendo a scivolare dentro me stessa. Poi, Edward mi stringe più forte, come per ricordarmi che malgrado tutto lui è ancora qui, insieme a me.

“Hai tutti i motivi per avercela per me...”

“Appunto.”

“Non credere mi diverta al pensiero di te e Jacob da soli per una mattinata intera.”

“... ma non puoi farci niente. Uff...”

“Lo sai. Stiamo lavorando per te. Prima di tutto la tua incolumità.”

“E se il pericolo fosse Jacob?”

“Jacob non è un pericolo... lo sai benissimo. Siamo in una situazione critica ed io sono nella situazione di doverti lasciare per tutta la mattina... e poiché proprio devo farlo, preferisco affidarti a Jacob.”

“Non ha senso!”

“Sì che ne ha, e lo sai. Ma se può farti stare meglio, beh, prenditela con me tranquillamente perché non sono riuscito ad escogitare niente di meglio. E sai che avrei voluto trovare una sistemazione migliore.”

“Uff... con te non si può nemmeno litigare!”

“Lo devo prendere come un complimento?”

“Dici.. dici sempre le cose giuste! Le parole assolutamente esatte, ecco!”

“Direi che questo sia un complimento, almeno...”

“Mi stai facendo passare la voglia di arrabbiarmi!”

“Ed è un male?”

“Guarda che non ho ancora accettato di andare con Jacob!”

“Come se tu avessi scelta!”

“Se avessi un minimo di possibilità di scegliere, mi rifiuterei, ovviamente!”

“Scommettiamo che se anche avessi la possibilità della scelta riuscirei a convincerti?”

“Edward Cullen!! Ti odio!!”

“Oh, sì, mi odi tantissimo...” Ed ovviamente non mi dà nemmeno il tempo di rispondere. Le sue labbra congelate si appiccicano alle mie, procurandomi una serie di brividi di diversa natura. Mi lascio andare al suo bacio. Ogni volta è come baciarlo per la prima volta. E non potrò mai pensare di doverlo baciare un'ultima volta. Ne avrò sempre bisogno. Sempre. Anche nell'eternità, rimarrà forse l'idea di un bisogno impossibile, infinito.

Per tutto il resto della serata mi sento strana. Ho come uno strano sapore in bocca. Un retrogusto che mi è rimasto impresso. Se la mia anima è una lastra di vetro, è come se qualcosa ci fosse rimasto appiccicato. Piano piano, lentamente, il mio maledetto inconscio si fa strada dentro di me. Si muove dalle sue oscure profondità, viene a galla, insieme al sapore amaro della consapevolezza. Cerco di respingerlo, ma è tutto inutile. Ormai non posso sfuggire al pensiero che, sì, ciò che mi lega a Edward è essenzialmente dipendenza. E lo stesso, temo, vale anche per lui. Era ovvio e scontato sin dall'inizio. Per lui era sempre stato un fattore di bisogno e dipendenza. Ed anche per me. Edward Cullen era stato un'ossessione, un chiodo fisso, poi un bisogno ed infine un'abitudine. E rimane pur sempre una dipendenza. L'ho detto io e l'ha ripetuto pure lui mille volte: sarebbe stato meglio non incontrarci. Se non fossi mai arrivata a Forks non solo non mi ritroverei in pericolo, ma nemmeno in dipendenza di Edward, con crisi d'astinenze annesse e concesse. Avrei dovuto capirlo quando è andato via, poco dopo il mio compleanno. Ma se non fossi mai arrivata a Forks non avrei mai rivisto Charlie... non avrei conosciuto i Cullen, ormai mia nuova famiglia, non avrei rivisto Bill e Jacob...

Ed è con un tempismo melodrammatico da film che mentre sfoglio l'album della mia memoria alla ricerca dei ricordi più preziosi condivisi con Jacob, il mio licantropo preferito dal pelo fulvo mi si piazza davanti. Ed io, che sono un'imbranata, con l'abitudine di camminare guardando i miei piedi e di farmi confondere dai miei pensieri, inciampo su di lui e cado... o quasi, perché le sue forti braccia mi fermano a pochi centimetri da terra.

“Se non conoscessi la tua incapacità a camminare in linea retta, direi: oh, Bella, non sapevo che il solo vedermi ti facesse cadere ai miei piedi!” Un secondo. Un paio di istanti. Giusto il tempo di realizzare ed accettare che quello che ha detto effettivamente non è frutto della mia fantasia malata.

“JACOB!!!!! Tanto per cominciare, mettimi giù!” E il pavimento ritorna sotto i miei piedi. “Sei il solito!!” Aggiungo, con una smorfia.

“Anche tu, da quel che vedo.” E scoppia a ridere.

“Mi raccomando, domani, vedi di fare attenzione!” Domani? ... Ah, già. Domani. “Hmmm... vedo che sei entusiasta del programmino di domani mattina, eh?”

“Tu sicuramente avrai fatto i salti di gioia.”

“Oh, Bella, stiamo lavorando tutti per te!” E' un modo poco carino per ricordarmi che tutto quello che sta succedendo è solo per colpa mia?

“Questa l'ho già sentita, grazie.”

“Ciò non toglie sia vero.”

“Infatti.” Aggiunge una voce maschile alle mie spalle.

“Ciao Edward.”

“Jacob.” Sorride educatamente. Che personaggio... “Allora, che fate qui impalati? Jacob, Carlisle ti vorrebbe parlare... giusto due parole su domani.”

“Certo, certo, arrivo!” Mi sorride e si sposta verso il salotto. Io rimango a guardarlo andar via. Edward mi rimane a fianco, in perfetto silenzio, fermo, immobile. A volte mi capita di dovermi ricordare della sua presenza a lato o dietro di me. Non noto i suoi spostamenti e ci finisco addosso un sacco di volte.

“Guardalo! Sta scoppiando di gioia!” Faccio notare, mentre Edward scivola leggiadramente davanti al mio viso.

“Secondo il copione, dovrei essere geloso. Ma lo trovo inutile, e so anche che a te non importano molto le scenate di gelosia. Dunque, ritrovandomi nella situazione di dover rispondere e di accontentarti, scelgo di dirti: logico, è con te che deve trascorrere la mattinata. Chi non sarebbe altrettanto felice?” Rimango spiazzata un istante.

“Basta. Ci rinuncio!”

Sbuffo, giocosamente, e muovo qualche passo verso il salotto. Poi mi fermo ed aspetto che Edward mi raggiunga. Mi tocca per dieci secondi e per quei dieci secondi di contatto freddo mi sento bene, ogni cosa è scomparsa, mi dimentico pure di quei pensieri e quelle titubanze sul mio amore per Edward. Bisogno o non bisogno, io amo Edward, amo ogni singolo istante in cui la mia esistenza sfiora ed incontra la sua. E non m'importa di nient'altro. Nemmeno di morire, forse. Mi lascio guidare verso il salone, Carlisle e Jacob discorrono tranquillamente. Sento pronunciare loro i nomi degli altri licantropi, Seth, Quil, Sam, persino Leah, tutti pronti e assolutamente disponibili a collaborare, tutti pronti e scattanti e desiderosi per l'azione. Edward si introduce nella discussione, ed eccomi, una ragazza, sola, a contemplare tre maschi parlare di battaglie ed azione.

“Non ci stai capendo niente, eh?” Mi volto a sinistra, verso la fonte della voce. Rosalie è ora seduta sulla sua poltrona. Come al solito non mi ero accorta del suo passaggio. “E' naturale...” aggiunse, come se non si aspettasse una mia risposta.

“E tu?” chiedo d'un tratto. Mi guarda perplessa. Ho davvero preso alla sprovvista Rosalie?

“Io cosa?”

“Oh, scusa, non volevo chiederti se ci capissi qualcosa anche tu o meno. E' che... mi chiedevo... diverte anche te così tanto?”

Diverte?”

“Sì, insomma... qui sembra che siano tutti quasi divertiti. Come se si trattasse di un gioco! Nessuno sembra aver preso seriamente la cosa. Eppure Jasper l'ha detto, che non sarà un gioco da ragazzi, e che con i licantropi dalla nostra parte siamo fondamentalmente in parità! Io... non lo capisco! Victoria è me che vuole. Eppure io sto qui, in disparte, mentre gli uomini si preparano alla guerra...” Rosalie ride un istante, con grazia, è una risata molto signorile. Da diva hollywoodiana, veramente.

“Immagino sia roba da... vampiri. L'eternità è lunga e noiosa... pur di svagarti, di trovare interesse per qualcosa... pur di trovare uno stimolo ad andare avanti, ecco, ti aggrappi a qualunque cosa.”

“Ed è lo stesso anche per te?” Forse la rapidità e l'incisività della mia domanda non sono appropriate, ma... ormai ne voglio sapere di più. E' raro avere conversazioni con Rosalie. Di certo è un tipo che evita le conversazioni di circostanza. Quando decide di parlare, in genere va dritto alla questione.

“Avrei preferito annoiarmi da mortale. Ma indietro non si può mai tornare, no? E nell'immortalità non si può morire. Nemmeno di noia. Meglio avere uno scopo, che non averlo. Vedi, io non giudico. Non sono una che giudico. Non m'interessa quale sia lo scopo. Se sia buono o cattivo. L'importante è averlo.” Mi rendo conto che questa conversazione sta sfuggendo al mio controllo. Non riesco nemmeno a capire esattamente dove vuole arrivare Rosalie. Sembra quasi volermi dire che per lei restare o passare dall'altra parte le è indifferente.

“Ti capisco. Sul serio. Sono rimasta umana per un po' di tempo, ed ho continuato a rimpiangerlo per molto di più. Capisco la tua reazione. E' normale. Per questo, ti dico ancora una volta: non farlo. Non diventare immortale.”

“Non è esattamente il genere di consiglio che volevo.”

“Mi dispiace, ma... tu non hai chiesto consigli ed io non ne ho dati. Ho solo detto quello che penso, tutto qua.”

“Ehi, ragazze, di che discutete, così prese?” Grazie, Edward, per avermi sottratta a questa discussione. Ricordati, Bella: la prossima volta che ti fa innervosire, ripensa a questa conversazione con Rosalie.

Edward, Edward, Edward... sai, Edward, credo esistano dei momenti preziosi e particolari in cui una ragazza diviene consapevole realmente di amare ed essere amata. Per me, adesso, è un po' così. Ti guardo parlare con la tua bella sorella, e già una parte di me pensa di ritrovarsi eccezionalmente davanti una delle tante coppie patinate del mondo plastificato e magico dei VIP. Ma è solo un pensiero passeggero dovuto all'abitudine, alla consuetudine di trovarmi davanti il tuo viso e di rimanere sempre stupita della tua bellezza, sempre come se fosse la prima volta. Ma è solo un pensiero, appunto, perché con tutta me stessa io so, in questo preciso istante, di appartenerti. Io ti appartengo, Edward. Quando inciampo e quando rido. Quando mi faccio male e quando stringo i denti e trascino me stessa oltre i miei limiti. E tu mi appartieni. Sì, ora posso dirlo senza paura e senza ombra di dubbio alcuno. Tu mi appartieni. Mi appartengono i tuoi baci freddi, le tue grandi e perfette mani. Mi appartengono i tuoi occhi, la sola parte di te che tradisca sempre le tue emozioni. Mi appartiene il respiro che ha lasciato il tuo corpo troppi anni fa. E mi appartiene la tua anima. Sì, Edward, la tua anima è mia. E se veramente esiste un Inferno per quelli come te, stai certo che prima o poi farò visita a qualche diavolo, laggiù, e mi riprenderò la tua anima.

“Allora, andiamo?”

Ed è con una nota quasi di fierezza, di orgoglio e di totale devozione per quello che siamo, insieme, che prendo la tua mano e ti seguo.

“Sì, andiamo pure all'Inferno.” Ti dico, e non importa se non capisci perché. Grazie a Dio i miei pensieri sono solo per me.

Il buio avanza. Io non ho più paura.

Sono in cucina e l'acqua fresca del rubinetto mi bagna un polso.

“Vediamo un po'.. Bella?”

“Arrivo!”

Chiudo il rubinetto e mi asciugo rapidamente le mani con una tovaglietta che lancio verso il tavolo. Ovviamente la mia mira fa schifo e la tovaglietta cade a terra.

“Lascia stare, faccio io!” dice la voce di Jacob fuori la portata della mia vista. Mormoro un grazie e mi sposto verso Esme, intenta a sistemare le lasagne.

Forse è un po' tardi per cucinare, ma a chi importa? Di certo non ad un gruppo di vampiri, più un licantropo ed un'umana che si preparano per una grande battaglia contro un esercito di infoiati vampiri neonati comandati da una vampira super sexy e pazza furiosa. Il punto è che parlando, ripassando il piano per la millesima volta e così via s'è fatto tardi. E alla buon'anima di Esme è venuto in mente che oltre i vampiri, che di certo non conoscono regolarmente la consuetudine della cena, c'erano almeno due individui possibilmente affamati. In effetti, un certo languorino avevo cominciato a sentirlo, ma voglia di mangiare proprio zero. Ero lì, a sentire tutti quei piani, a sforzare il mio cervello di semplice e nemmeno troppo comune ragazza di diciotto anni a capire le tattiche giuste per sfuggire alla morte, ero lì a sentirmi comunque pronta ad affrontare il mio destino, incoraggiata dall'amore di Edward: chi avrebbe mai pensato a qualcosa di così ovvio come preparare la cena? Esme, chiaramente. E così, con la scusa di insegnarle ancora una volta la mia versione delle lasagne – non perché non fosse capace, ma soltanto per mettermi a mio agio e distrarmi – siamo finite entrambe a lavorare in cucina. Prepara il soffritto, cucina la carne, prendi il pomodoro...

“E tu che ci fai qua?” chiedo a Jacob, magicamente comparso alla mie spalle appena in tempo per raccogliere la tovaglietta caduta.

“Sono stato attratto dall'odorino di quello che preparate! E' così buono che l'avrei sentito anche a La Push, probabilmente.”

“Non è niente di che, scommetto che semplicemente sei mortalmente annoiato e anche abbastanza affamato.” Replico, mentre stendo uno strato di tritato nella teglia. “Non mettercene troppo, o peserà sulle sfoglie di pasta.” Dico inoltre a Esme, attentissima ai miei consigli.

“Bene, un punto alla signorina Swan, allora.”

“Jacob, puoi darmi una mano?” chiede Esme.

“Perché no.” Dice lui, con aria da tenebroso vagamente annoiato. Lo guardo con la coda dell'occhio uscire dalla cucina con una pila di piatti. Come al solito, anche se siamo solamente in due a mangiare tutti i Cullen non si fanno problemi ad accompagnarci a tavola. Ed Esme, soprattutto, non perde l'occasione di usare il suo prezioso servizio.

“E' proprio carino da parte sua, non trovi?” mi chiede Esme, mentre infilo la teglia di lasagne nel forno.

“Cosa?”

“Parlavo di Jacob.” Dice lei, radiosa.

“Beh, come dire, Victoria è un pericolo comune, è una buona occasione per rinsaldare il patto con i lupi, etc etc... no?”

Esme ride e non capisco perché. E' una serata che Jacob fa la sceneggiata – tanto sappiamo benissimo perché è così felice – e già mi sento abbastanza presa per il culo dal destino. Se poi si mette a ridere pure Esme...

“Veramente parlavo dei piatti.”

“Oh.” Eggià. Che sono stupida! Nascondo il mio imbarazzo volgendo le spalle alla donna, mi chino e mi concentro sul forno.

“Sembra proprio che questa vicinanza stia facendo bene un po' a tutti. Nessuno si lamenta più della puzza, ad esempio. Penso sia un'ottima cosa.”

Già, Esme ha ragione, come al solito. Non manca mai di vedere il lato positivo delle cose. Mi viene un'illuminazione e mi alzo di scatto. Pessima idea: sbatto violentemente contro la fila di armadietti, in alto.

“Bella! Ti sei fatta male? Vuoi del ghiaccio?” Nemmeno finisce la domanda e me la ritrovo a fianco, con un sacchetto di ghiaccio in mano. Prendo il ghiaccio e lo appoggio delicatamente sulla testa, poi le rispondo: “Tutto bene, puoi stare tranquilla. La solita imbranata...” Esme mi lancia uno sguardo denso di amore e compassione, quasi un'espressione materna, poi si rimette a rassettare tutti gli utensili e le pentole usate. Io torno alla mia illuminazione. In quell'anno e poco più di conoscenza dei Cullen ho scoperto molte cose sui vampiri. Tra i vari dettagli, mi ha sempre affascinato la cosa dei poteri speciali. La telepatia di Edward, la chiaroveggenza di Alice, la forza di Emmett e l'abilità empatica di Jasper. E anche – ricordo, con una nota di amarezza – il super-fiuto di James e l'arte della fuga di Victoria. Carlisle non sembrava avere super poteri particolari, ma aveva dalla sua un autocontrollo stupefacente. Esme invece non spiccava per alcuna dote particolare. Certo, rimaneva pur sempre una vampira, bella e letale, anche lei straordinaria nel combattimento, alla pari di Alice o Carlisle, ma non aveva strane doti paranormali. A meno che... e questa è l'illuminazione che mi ha fatto scattare, procurandomi un bel futuro bernoccolo. Forse il talento di Esme è vedere sempre quell'immancabile e spesso nascosto risvolto positivo di ogni cosa, anche la più negativa.

Questo pensiero mi rincuora improvvisamente. Mi sento pervadere di calore e sicurezza, e sono sicura che non è del tutto opera di Jasper. Dura tutto il resto della serata. A tavola non manca nessuno. Io mangio la mia porzione di lasagne e riesco a persuadere Esme di essere decisamente sazia. Jacob quasi mangia tutto quel che rimane. Ridiamo, scherziamo. Emmett e Jacob sono una bella coppia di comici. Edward non mi lascia mai un istante la mano e va bene così. Finché Carlisle fa notare che si è fatto decisamente tardi per una certa ragazza umana che domani mattina deve svegliarsi presto e camminare nella foresta per tutta la mattinata. E così inizio a sparecchiare, e mi seguono Esme ed Alice. Insisto con Jacob per farlo rimanere seduto a tavola. E così mentre mi allontano sento il licantropo scherzare ancora una volta con Emmett, facendo ridere Jasper ed Edward.

“E' stata una bella serata, vero?” dice Alice. Io lascio i piatti sporchi nel lavello, mentre Esme rimette a posto quelli puliti.

“Direi di sì.” Rispondo semplicemente, abbozzando un sorriso.

“Ci voleva, per rilassare un po' i nervi. Troppa tensione non fa bene!” Dice Esme, ancora con quello sguardo da madre apprensiva. Mi mette un po' a disagio. Renee è sempre stata una madre straordinaria ed eccezionale, per essere un genitore unico, ma non è mai stato tipico di lei un tale atteggiamento apprensivo. Quand'ero bambina magari lo era, ma da adolescente sono sempre stata io quella apprensiva nei suoi confronti. Mi sorprendo, quasi, nel pensare al mio rapporto con mia madre, a volte rovesciato, ma comunque speciale.

“Mi raccomando, Bella, vedi di riposare bene, questa notte.” Aggiunge la donna.

“Sta' tranquilla... sono sicura Edward non la terrà impegnata a lungo!”

“Alice!” E le due scoppiano a ridere, guardandomi. Evito una qualunque risposta e le seguo ritornare nell'ampia sala da pranzo. I ragazzi si alzano e lasciano la tavola. Edward mi raggiunge immediatamente al mio fianco, in silenzio. Carlisle intanto mi ripete il programma per l'ultima volta. Sveglia alle sette, colazione, e poi si parte. Pur essendo l'ennesima volta che me lo sento ricordare, non riesco a evitare un brontolio nervosissimo allo stomaco. Edward manifesta la sua presenza abbracciandomi da dietro. Sono qui, tra le braccia di Edward, l'unico posto in cui non mi stancherei mai di trovarmi. Eppure domani saremo separati per un'intera mattinata. Io, Jacob, la foresta. Già, Jacob. E a proposito...

“E Jacob? Dove dorme questa notte?”

“Oh, tranquilla, io rimango fuori, trasformato. Faccio la guardia e mi tolgo dai piedi.”

“Che bravo, il nostro cagnolino da guardia!” Scherza Emmett.

“Come?!” E anche Jacob poi si mette a ridere. Ahhh... uomini.

“Bene, questo è tutto, ci vediamo domani mattina, allora. Edward, Bella, buonanotte.” Saluto Carlisle ed Esme, che mi rivolge un ultimo sorriso, prima di allontanarsi insieme al compagno. Alla mia destra Jacob ed Emmett continuano a scherzare.

“Emmett? Basta giocare! Su, andiamo!” Nel sentire le parole secche di Rosalie il vampiro si ferma subito e la segue rapidamente. Sussurro un saluto e rimango imbambolata a seguire con lo sguardo Rosalie, seguita fedelmente dal ragazzo, che sale le scale verso il piano di sopra, con la solita grazia perfetta.

E così rimaniamo io Edward e Jacob. L'immancabile e irriducibile triangolo.

“Jacob.”

“Edward.”

Con la solita controllata educazione i due si salutano. Se non fosse che tra 24 ore potrei pure essere morta, troverei tutto questo alquanto divertente. Come due gentiluomini che si porgono ossequi prima di sfidarsi. Edward indietreggia di qualche passo e poi lo vedo fermarsi.

“Ti aspetto di sopra.” Senza aspettare una mia risposta mi sorride e poi sparisce rapidamente su per le scale.

Io amo il mio ragazzo. Non credo esista su questo pianeta un ragazzo più buono ed altruista di lui. Talmente buono e generoso che finisco col sentirmi sempre in colpa. Sempre.

“E allora... domani ci aspetta una bella giornata, eh?” Dico, per spezzare il silenzio. Jacob si incammina verso l'ingresso di casa ed io lo fiancheggio.

“Immagino si possa dire anche così...” dice lui, sorridendo. Che conversazione stupida.

“Dillo che non vedi l'ora!” lo incalzo. Lui non mi risponde e mi rilancia un sorriso enorme. Come a dire: non è ovvio?

“In fondo questa brutta faccenda non è poi così brutta, dai.” Lo stesso discorso di Esme. Ripesco dalla mia memoria le sue esatte parole e le uso per rispondergli.

“Già. Almeno avete smesso, tutti quanti, di lamentarvi della puzza.”

“Cose che non puoi comprendere, Bella... buon per te!”

“Bah... uomini...”

“Sì, beh, più o meno.” Ridiamo. Lo vedo aprire la porta, con delicatezza, con lentezza. In casa entra l'aria frizzante della sera e non nascondo un brivido.

“Su, vai.” Lo guardo perplesso, non rispondo. “Vai dal tuo uomo, coraggio.”

“Mi lasci andare così? Strano. Mi aspettavo chissà quale scenata...”

“Ehi, che scenata ti aspettavi?! Non faccio mica melodrammi, io!” Sì, come no, penso... “Comunque, sì, ti lascio andare dal tuo Edward,” quasi rido per come imita la mia voce nel pronunciare il nome, “tanto so benissimo che poi torni sempre da me!” E con estrema velocità mi sorride, blatera un ci vediamo e si chiude la porta dietro, lasciando me, instupidita, semi-infreddolita, davanti una porta chiusa.

Non so se Jacob avesse avuto da tempo l'intenzione di dire quella frase, o se si trattasse di qualcosa di assolutamente imprevisto e spontaneo. Non so nemmeno se sua intenzione fosse colpirmi oppure se l'avesse detta senza nemmeno pensare alle mie possibili reazioni. Rimane comunque il fatto che mi ha sconvolta. Punto.

Per una buona parte della notte continuai a rimuginare su quella frase. Ti lascio andare, tanto so che alla fine torni sempre da me. Sul momento avevo fatto ricorso a tutte le mie forze alla mia volontà per cancellare quello scambio di battute, o quanto meno nasconderlo sotto un tappeto immaginario. Volevo solo concentrarmi su quello che sarebbe seguito. Ovvero risalire le scale, raggiungere il bagno, prepararmi per la notte e addormentarmi con Edward a vegliare su di me.

Eppure, sento già che il mio piano è destinato completamente a fallire, grazia ad una serie di piccoli ma significativi imprevisti. E' da giorni ormai che mi ripeto di sentirmi pronta. Pronta per Edward, in ogni senso ed in ogni circostanza. Pronta a diventare una vampira, ad amarlo per sempre, da mortale e da immortale. Cominciando a tutti gli effetti da mortale. Ho passato gran parte della mia adolescenza a lasciarmi scivolare addosso, come se fossi una parete ostile, sentimenti affettivi di ogni sorta. Edward è stato il primo e l'unico ad amarmi e conquistarmi e tormentarmi e a volere nient'altro che il mio amore. Un amore, sia specificato, puramente spirituale e platonico. Forse un contrappasso? Hai diciotto anni, per tutta la tua adolescenza sei stata circondata di ragazzi che da te volevano una cosa sola. Finalmente ne trovi uno diverso e poi ti ritrovi tu stessa a desiderare qualcosa che lui non vuole – perché non può, sostiene Edward – proprio darti. Ma io non mi sono mai sentita più sicura e pronta e certa di volerlo. Essere un'unica cosa con Edward, imprimere il nostro amore sul nostro corpo. E non m'interessa se io sono una mortale debole e fragile e lui un vampiro bellissimo e resistente come un blocco di marmo splendente. Io voglio fare l'amore con Edward, fosse l'ultima cosa che faccio da viva, punto.

Soprattutto ora che il pericolo incombe sempre di più.

Tuttavia, è tutto cambiato. Non è la notte da soli che avevo immaginato. Non c'è romanticismo, ma solo la disperazione di voler rimanere insieme, a tutti i costi, di fronte ad un pericolo mortale. E soprattutto, a rovinare il quadro che credevo perfetto c'è una crepa che minaccia di aprirsi sempre di più. Una crepa chiamata Jacob Black.

Dio... è la notte ideale per fare l'amore con il mio ragazzo per la prima volta e non posso fare a meno di tormentarmi. Dovrei preoccuparmi a come convincere quel vampiro ostinato a lasciarsi andare, ma non ci riesco. Attraverso il corridoio buio che mi porta al bagno, ricordo e rivivo tutte le volte che da bambina camminavo spaventatissima al buio. Ecco qual è il problema, forse. Il buio. Quando la luce sparisce e quel che rimane è solo buio, ogni cosa appare diversa. Di giorno era certa di sapere quello che volevo. Adesso le tenebre sono calate sulle mie convinzioni e non so proprio più nulla.

Nel grande bagno di casa Cullen tengo accese tutte le luci, come a voler scacciare vie tutte le oscurità della mia anima, in agitazione dopo lo scambio di battute con Jacob. Mi lavo i denti con cura. Per un attimo, casualmente, il mio sguardo si posa sullo specchio e vedo il viso del licantropo. Sbuffo, riempiendo l'aria di bolle di dentifricio e scaccio quell'immagine dalla mia testa.

Faccio appello alle mie convinzioni, tutte. Le parole di Jacob possono risuonarmi dentro quanto vogliono, io non mi tirerò indietro. So cosa voglio, so che posso ottenerlo e dunque stringo i denti e combatto contro i miei demoni. E quello che voglio è questo. Volare verso la camera di Edward. Tenere la luce spenta e fare massima attenzione a non inciampare ovunque – e maledizione, questa stanza è troppo grande per pensare di camminarci al buio. Raggiungere Edward sul suo letto e poi semplicemente lasciarmi divorare. Dai suoi baci, dalle sue carezze, dai suoi meravigliosi sussurri, dal suo intero essere. Eppure, mentre mi lascio cullare da tutto ciò che di lui amo incondizionatamente, quella frase non smette di risuonare in un angolino buio della mia mente.

La finestra è socchiusa apposta per far entrare un gentile soffio di aria fresca. Mi solletica i capelli. Io sono distesa sulla mia schiena, Edward incolla le sue dita sul mio viso, sulle mie labbra, e mi sussurra parole rassicuranti sulla giornata di domani. E intanto nel buio vedo il viso di Jacob che mi ripete quella frase.

Ascolto nel silenzio il ticchettio dell'orologio. In genere lo odio, ma cerco di concentrarmi solo sulle labbra di Edward che sfiorano continuamente con le mie. La sua lingua gioca e solletica la mia ed io mi sento piena di lui e del suo amore. Eppure so che malgrado voglia tutto questo duri in eterno, prima o poi finirà. Prima o poi mi addormenterò e quando mi sveglierò sarà mattina ed allora ci sarà solo Jacob, e Victoria, e tutto il resto.

Le dita di Edward sulla mia pelle. Mi attacco con violenza a quest'immagine. Ma per quanto il nostro amore abbia un sapore dolcissimo, non posso ignorare quel retrogusto amaro che l'accompagna sempre.

Io amo Edward e lui ama me. Dovremmo vivere di questo e mandare al diavolo le incertezze e le nostre oscurità. A parlare è la Bella che ha visto un tramonto spettacolare ed indimenticabile. Che ricorda con ostinazione il suo primo bacio. Un bacio freddo ed unico al mondo.

Eppure c'è stato un tempo in cui la luna è scomparsa dal cielo ed io mi sono sentita... persa, vuota, abbandonata, ferita, spezzata, umiliata, stupida, vigliacca. Perché essere donna significa finire col prendersela spesso e volentieri con se stessa, ed io inoltre sono una che amplifica spesso e volentieri la portata delle emozioni devastanti. E questa è la voce della Bella aveva perso se stessa, salvo poi ritrovare la via di casa grazie ad un amico speciale piovuto dal cielo.

Edward strofina le sue labbra fredda sul mio collo. Trasalgo al contatto. E se Edward potesse rabbrividire, sicuramente sarebbe un unico grande brivido, vista la pericolosità del suo gesto. Ma non me ne curo, perché so che in questa stanza non c'è niente che possa farmi male, a parte qualunque oggetto su cui possa inciampare o andare a sbattere. Il mio corpo è pieno di desiderio e di mille altre cose, e mentre Edward mi bacia ancora una volta io cedo all'oceano del mio maledettissimo inconscio. L'oscurità è illuminata e tutto mi diviene chiaro. Vedo la spaccatura oscena che trasfigura la mia coscienza e che lacera l'amore imponente che ho sempre provato nei confronti di Edward.

Una sottile linea scura che si allarga e inghiotte tutto nella sua voragine.

C'è una Bella che ama la notte, che non teme l'oscurità e che quasi masochisticamente ne sfida le pericolosità. Fredda nei confronti dei rapporti umani, ha trovato un amore glaciale nel contatto, ma rovente nell'intensità. Vissuta in una zona morta e grigia della vita, è risorta baciando un vampiro che risplende sotto la luce diretta del sole. E di fronte alla possibilità della scelta non si è tirata indietro ed ha mangiato il frutto del peccato, perché lui le ha promesso la mela avvelenata dell'immortalità.

C'è un'altra Bella che dal buio e della notte si è strappata via. Odiando se stessa e la gravosa assenza che percepiva dentro di sé, ha cercato e trovato il suo opposto. Il vuoto freddo di Edward era stato sostituito dall'immenso ed appagante calore di un licantropo dal pelo fulvo. Jacob Black era stato tutto in poco tempo: un amico d'infanzia, un confidente, un punto d'appoggio, un aiuto sempre presente e fedele, un conforto sicuro, ma soprattutto, era sorto come un macigno pronto a tappare quel buco osceno nella sua anima a brandelli.

Mio bellissimo amatissimo Edward. Una mia mano si incolla ai tuoi capelli e non vuole saperne di andarsene via. Mi seggo sulle tue gambe incrociate e ti avvolgo la schiena con le mie. Le mie dita, con esasperante lentezza, scivolano lungo il tuo viso fino a posarsi sulle tue labbra glaciali e perfette. Tu mordicchi il mio indice ed io sospiro di piacere, poi lo tolgo rapidamente e raggiungo le tue labbra, la tua lingua ruvida. Io ti bacio e finalmente, mio carissimo Edward, lo so.

L'eclissi sono io.

Quando sto con te è così che mi sento, intrappolata in una magnifica e triste eclissi. Da un lato la sfolgorante bellezza del sole. Dall'altro, l'ombra desolante gettata sulla terra.

“Sei solo tu a tenermi unita, Edward...” mormoro ad un tratto, riprendendo fiato dai suoi sfiatanti baci. Lui mi guarda, il viso dipinto in un insieme di emozioni diverse, perplesso e divertito ed eccitato e tremendamente, maledettamente innamorato di me.

Il tempo scorre inesorabile. La finestra continua a soffiare l'aria dentro la camera. Piano piano, con lentezza, io ed Edward ci stacchiamo. Piano piano, con lentezza, mi convinco a dargli un ultimo bacio, prima di mettermi a dormire veramente. Piano piano scivola tutto via. L'eccitazione, il calore, i miei pensieri mi scivolano di dosso. E quel che rimane è solo un dubbio atroce. Che la frase che gli ho detto non sia un'affermazione, una convinzione, ma solo una speranza. E che la sua negazione possa essere ovunque in agguato, pronta ad emergere dalle mie profondità per stupirmi e sconvolgermi e persuadermi alla resa.

Il tempo scorre inesorabile. La finestra viene chiusa. Il vento s'arresta e la mia coscienza pure.

  
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