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Autore: Thaila    17/08/2010    4 recensioni
Un’infanzia rovinata.
Una vendetta da consumare.
Un titolo nobiliare da dover riscattare.
Alle porte di una Francia che sta cambiando, una donna è alla ricerca della verità.
Nel suo cammino trova però qualcosa a cui non aveva mai pianificato.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

Oscar arricciò il naso. Mordendosi il labbro, inclinò la testa di lato e per qualche secondo osservò l’uomo davanti a lei.
- E’ successo qualcosa, Fabian? – domandò. – Il tuo sguardo è preoccupante. –
Fabian scambiò un’occhiata con i compagni seduti ad un tavolo, disposto in un angolo del rifugio. In quella parte le candele non illuminavano abbastanza, tanto da costringere i loro volti ad essere coperti dalla penombra. Oscar riuscì comunque a leggere nei tre uomini un’espressione enigmatica, la stessa di Fabian.
- Qualcuno mi spiega cosa vi prende? –
Questa volta la domanda non cadde a vuoto. Fabian le si avvicinò immediatamente, le mise una mano sulla spalla e l’accompagnò verso gli altri.
- Congratulazioni. – continuò, indicando una sedia vuota. – Ora siediti. Io intanto vado a prenderti un bicchiere. -
- D’accordo. – rispose Oscar con un tono poco convinto. E seguendo gli ordini di Fabian, si accomodò.
Al suo fianco si fece sentire ben presto Briac che, senza troppi problemi, le diede una sonora pacca sulla schiena, lasciandola priva di fiato. Egli era conosciuto nel quartiere proprio per quel tocco rude e doloroso. Con gli amici lo faceva con affetto, ma quando doveva attaccare qualcuno era in grado di polverizzare l’avversario. Per tale ragione nessuno osava mai contraddirlo, anche perché era un uomo molto permaloso.
- Credevi che non lo avremmo mai scoperto? Il salvataggio del bambino è ormai divenuta una notizia risaputa. Tutti ne sono a conoscenza. Sono quasi convinto che abbia superato i confini della Francia. – le raccontò, scrollando la spalla con violenza. – Sei il nostro piccolo eroe. Devi essere felice e non fare quella faccia. Non mi dirai che adesso sei timido, ragazzo mio? –
Prima che Briac potesse darle un altro colpo, Oscar lo fermò. Il suo pugno si trova a pochi centimetri dal suo seno, e anche se quello era coperto dalle fasce, mancava poco che scoprisse il suo segreto. Forse non si sarebbe accorto di niente nella colluttazione, ma per Oscar la prudenza non era mai troppa.
Il problema poteva però sopraggiungere a causa del suo comportamento: nel fermare Briac non ha poté impedire ad un brivido di correrle lungo la schiena, mentre il respiro diventava affannoso. Le parve di rimanere in quello stato per un attimo di troppo, temendo che gli altri si accorgessero che qualcosa non andava Si guardò allora in giro, scoprendo che i compagni non avevano notato niente. Anzi, apparivano tranquilli e pazienti di sentire la sua risposta.
- No di certo. Sono felice per oggi, questo è chiaro. Però mi sembra strano il vostro atteggiamento. –
- Sei un eroe, ormai. Il popolo crede in te e la nobiltà ti teme. Quando abbiamo iniziato questa avventura non credevamo di arrivare a questo punto, eppure eccoci qui. Certo, è stato un viaggio lungo e difficile, ma ci siamo riusciti. La posizione in cui ci troviamo al momento non ci permette di dormire sugli allori, però ti devi rendere conto che stiamo prendendo potere e abbiamo una certa rilevanza sul pensiero degli altri. Quindi si deve per forza festeggiare. -
Quando Briac pronunciò l’ultima parola, il bicchiere per Oscar fece la sua apparizione. Fabian si fermò per pulirlo al meglio, ma avendo soltanto uno strofinaccio sporco, il risultato non cambiò.
- Hai pienamente ragione, Briac. In queste occasioni non posso proprio fare a meno che sostenerti con un buon vino. – disse Olivier all’improvviso, afferrando una bottiglia. - Questo, miei cari compagni, è davvero molto pregiato perché viene direttamente dalle cantine del Duca D’Orleans. Di sicuro sentiremo la differenza dal solito vino scadente che paghiamo nelle bettole! –
 - L’hai rubato dal Duca? Forse non dovevi. – constatò Oscar.
- Da quando ti fai scrupoli? – Olivier strabuzzò gli occhi, non credendo a ciò che le sue orecchie avevano appena udito.
- Da quando quell’uomo ci ha dato questo posto per i nostri incontri. – e per enfatizzare meglio Oscar indicò il luogo dove si trovavano. Osservandolo non si presentava per niente bene: era molto sporco e vi erano volte in cui venivano attaccati da un forte tanfo, impossibile da sopportare nei giorni caldi.  Ciò nonostante, il rifugio apparteneva al Duca D’Orleans e questo lo dimostravano la musica e il chiacchierio che provenivano dai piani di sopra. – Io non mi fido di quell’uomo. Se scoprisse cosa combiniamo qui e chi siamo, ci potrebbe mettere in carcere. Lui non ha davvero alcun problema, ci mette un attimo. Per cui cerchiamo di non provocargli alcun fastidio. Poi ti ricordo che ci sono parecchie persone che vorrebbero vedermi alla forca. –
Le parole di Oscar sembrarono non averlo colpito, il fatto che poi Olivier avesse stappato la bottiglia ne era la prova concreta. A questo punto la ragazza abbandonò ogni tipo di protesta e si  lasciò consolare dall’uomo.
- Ti preoccupi per niente. Molto probabilmente non se ne accorgerà mai. In fondo ha così tante bottiglie a sua disposizione. –
La spensieratezza con cui le rispose ebbe la capacità di trasformare lo sguardo scoraggiato in un grande sorriso. In quei momenti Oscar non poteva fare a meno di notare quanto fossero diversi e quanto adorasse quel lato del suo carattere. A volte avrebbe voluto assomigliargli sotto quell'aspetto e prendere la vita con leggerezza, facendo in modo, che le cose prendano prendessero il suo corso. Anzi, una volta aveva provato a farlo concedendosi qualche bicchiere di troppo, ma il giorno dopo aveva soltanto un dolore lancinante alla testa e il ricordo sfocato. In quella occasione Oscar aveva compreso che quell' atteggiamento non era per lei, però in cuor suo si era chiesta se non si stesse perdendo qualcosa.
- Ben detto. – concordò Briac battendo sul tavolo e riscuotendo Oscar dai suoi pensieri. Poi, l’uomo alzò il bicchiere appena riempito e lo prosciugò in un sorso.
A ruota libera lo seguì anche Olivier, che riempì di nuovo i bicchieri. Ogni volta che finivano di bere i loro commenti non erano altro che elogi sulla buona qualità. E convincendo pure Fabian, ben presto formarono un bel trio.
Lasciando da parte il trambusto, Oscar si voltò dall’altra parte per parlare con il suo migliore amico. Da quando era entrata nel rifugio lui era sempre rimasto in silenzio opprimente e con le braccia conserte a guardare la scena. Tale comportamento era strano da parte sua: Alain era un uomo che si faceva sempre sentire. Di solito teneva un’espressione strafottente e la parola facile quando stava in compagnia perché, come è risaputo da tutti, adora parlare e ascoltare le storie degli altri.
- Che ne pensi? –
Lo sguardo dell’amico passò dalla donna ai compagni d’avventura, per poi ritornare su Oscar. Trattene il fiato e finalmente cominciò a parlare.
- Intendi loro o quello che hai fatto oggi? –
- Per loro, sì. – gli rispose seccata, comprendendo cosa non andasse in lui. La domanda che le aveva appena rivolto era stata alquanto chiara: gli dava fastidio quello che aveva fatto nelle vesti del cavaliere nero.  
- Allora non ce ne sono. –
- Come? Va bene. Se stasera vuoi fare il sostenuto, allora stai pure lì. –
- Pazzo. Sei stato un vero pazzo. Quando uno dei miei commilitoni me lo ha detto quasi non ci credevo. Anzi, mi sembrava una cosa quasi impossibile e da veri incoscienti. Si può sapere cosa ti passava per la testa? –
La rabbia di Alain esplose. Era dal pomeriggio che voleva sfogarsi e ormai non riusciva più a resistere. Il tono di voce che usò non colpì soltanto Oscar, ma sorprese pure gli altri uomini che smisero di festeggiare per assistere alla litigata. Non era una scena inconsueta per loro, ma quella volta rimasero in disparte dal momento che non erano d’accordo con l’opinione di Alain. Gli avevano anche fatto notare la cosa prima che Oscar arrivasse, quindi per loro era una discussione era già chiusa, seppellita.
- Avevo buoni motivi. –
- Farti uccidere? -
- Senti, io sono stanco. Oggi mi hanno già rimproverato, perciò risparmiati. - il buon umore di Oscar si era ormai appannato e le parole di Rosalie ritornarono a riempirle la testa. Quelle erano già abbastanza pesanti per conto loro, se poi ci si aggiungeva anche la paternale da parte del suo migliore amico avrebbe potuto scoppiare all’istante.
Alain per tutta risposta scosse la testa, mentre un sorriso amaro si fece spazio sulle sue labbra. In fondo non poteva fare niente di diverso. Conosceva troppo bene il temperamento di Oscar e ancora meglio aveva intuito le sue parole: quando si metteva in testa qualcosa, nulla era in grado di fargli cambiare idea. Per quella ragione avevano sempre avuto problemi ad instaurare un  dialogo e  lo avevano dimostrato quelle tante volte in cui erano arrivati alle mani. Ma da quando era a conoscenza del suo segreto, Alain non aveva più tentato di provocarla: lui era il primo ad affermare che una donna non si deve mai toccare, eppure aveva fatto tutto il contrario negli anni precedenti e ora si pentiva amaramente in colpa. Lei, dal canto suo, non gli aveva mai detto niente, neanche dato un indizio sulla sua vera identità e questo aveva peggiorato molto sullo stato d’animo di Alain, che non riusciva a comprendere il motivo per cui l’amica aveva tanto taciuto. Da quando si conoscevano si erano sempre detti tutto, anche la cosa più insulsa. Ma se una sera non si fosse ubriacata, il grande segreto non lo avrebbe mai scoperto. E in tal caso lui non sarebbe mai riuscito a comprendere cosa stava perdendo: Oscar era una donna meravigliosa, capace di riempirgli le giornate. Peccato che lei non lo sapesse e, andando avanti di quel passo, forse non lo avrebbe capito mai. In fondo, per quanto potesse sperare, Oscar non lo avrebbe mai visto come un uomo.
A volte Alain pensava di aver sbagliato a non averle detto niente quella mattina dopo la sbronza, perdendo in quel modo la sua grande occasione. Ma ancora come quel giorno, la reazione di Oscar alla scoperta della conoscenza di Alain rimaneva un mistero.
- Dovresti dare retta a Rosalie. –
- E tu smetterla. –
- Suvvia ragazzi, non fate così. – disse Fabian, mettendosi in mezzo per poter versare il vino nei loro bicchieri. - Rilassate i vostri nervi con questa bontà che non avete ancora assaggiato. A forza di litigare non sapete neanche cosa vi state perdendo. –
- Hai ragione, Fabian. – abbozzando un timido sorriso Oscar beve il primo sorso, lanciando poi uno sguardo gelido verso Alain. - Spero che tu non ci abbia convocati per farmi una ramanzina. –
- Non soltanto. Anche se non te lo meriti, volevo dirti che il tuo desiderio si è avverato: dopodomani  arriverà un carico d’ armi. –
- Giusto quello che ci serve. – constatò Fabian.   
- Dobbiamo quindi brindare anche per questo. – commentò allora Olivier, facendo l’occhiolino a Briac.
- Davvero interessante. – Oscar portò una mano a coprire la bocca e socchiuse gli occhi, per poi lasciare allo schienale della sedia il compito di sorreggerla. Il cervello nel frattempo era entrato in azione. – Il tempo per pensare ad un piano è poco, ma datemi qualche minuto e penserò a qualcosa. -

Bernard setacciò l’intero palazzo prima di trovare in soffitta quello che stava cercando. Se non fosse stato per il suggerimento di una cameriera, non avrebbe mai provato a salire. Ormai non lo faceva da anni. L’ultima volta che lo ha fatto era pressappoco un bambino, convinto di trovare un tesoro tra i vecchi cimeli della casa. Ma anche se il tempo è passato, sembrava che nessuno avesse cambiato la situazione del posto: il disordine rendeva difficile rintracciare qualsiasi cosa mentre la polvere regnava sovrana. Quell'elemento solleticò abbastanza le narici di Bernard che, non riuscendo più a trattenersi, starnutì pesantemente.
- Salute. – gli disse André accorgendosi della sua presenza.
- Grazie, ma quando puliranno qui dentro? –
- Non credo che lo faranno mai. –
- Allora ricordami di non venirci mai più. – e dandogli tale compito, riprese a starnutire.
André sorrise. Mosse il capo in segno di approvazione, ma con la convinzione che se lo sarebbe dimenticato nel giro di pochi secondi, abitualmente succedeva sempre così, e rimanendo accovacciato a terra, continuò a frugare all’interno di un baule.
- Si può sapere cosa stai facendo? –
- Cerco una cosa. –
- Lì dentro? –
- Sì, perché sono convinto di averlo visto da queste parti. -
- In tal caso ti do una mano. -
- Tranquillo, non serve. Ho appena trovato quello che mi serviva ed è anche meglio di come me lo ricordavo. – gli risponde compiaciuto, guardandolo per la prima volta. Ma alzando lo sguardo, ricevette una grande batosta: gli oggetti che gli erano stati d’intralcio durante la ricerca, ora si trovavano sparsi per il pavimento, rendendo lo scenario alquanto disordinato. Per di più non si ricordava neanche di aver preso in mano così tante cose.
- Almeno lascia che metta in ordine. –
- Non è giusto. Ho fatto io tutto questo, quindi metto a posto io. Sul serio, non sentirti in colpa. –
- E’ il mio lavoro. – gli ricordò – Sono pagato per questo. –
- Lo vuoi tenere ancora? – lo minacciò scherzosamente.
Allora Bernard alzò le mani in segno di resa. Fece qualche passo indietro, calpestando qualcosa di soffice. Guardando attentamente sotto la scarpa, si accorse di aver calpestato l’orlo di un vestito. A differenza di tutto il resto, quello era disteso con cura su una poltrona. L'abito era azzurro tenue e aveva pochi fronzoli. Erano particolari molto semplici che spiegavano chiaramente a chi apparteneva quell’abito, se non dell’unica donna che avesse vissuto in quel palazzo: la madre di Andrè. A dir la verità, Bernard l’aveva conosciuta poco, ma il suo carattere comprensivo e gentile non lo avrebbe potuto mai dimenticare. Molte volte lo rivedeva in Andrè, e in quelle occasioni era contento di essere l’attendente di un nobile.
- Tu non mi hai ancora detto cosa ci fai qui. – gli domandò Andrè, cercando una compagnia mentre si spingeva nell’arduo lavoro di pulizia.
- Ti stavo cercando per avvisarti che tua nonna è venuta a trovarti. –
- Cosa? –  a quel punto Andrè si voltò di nuovo verso l’amico, sbarrando gli occhi e facendo cadere quello che aveva preso in mano. – Da quanto è arrivata?-
- Una mezz’oretta circa… -
Senza perdere altro tempo, Andrè raccolse quello che poteva e lo gettò nel baule. Poi prese i tessuti che aveva faticosamente trovato e scappò dalla soffitta, seguito in silenzio da Bernard. Ben presto raggiunsero il salone.
Ad attenderli c’è una vispa vecchietta con un coperta di lana sulle gambe e una tazza di porcellana in mano. Il contenuto era un dolce infuso orientale, una vera delizia  per il palato: di solito non lo apprezzava, preferendo prendere il the. In tale circostanze trovò del tutto lecito porgere i proprie complimenti alla graziosa cameriera che glielo aveva portato per riscaldarla da quella giornata uggiosa. Ma l’espressione estasiata durò finché non si accorse che Andrè l’aveva raggiunta.   
- Nonna! E’ un vero piacere vederti, come mai ci hai fatto una visita a sorpresa?- le domandò avvicinandosi, mentre Bernard decise di rimanere sulla soglia.
- Perché l’unico nipote che ho non mi viene più a trovare. – lo rimproverò con severità, trattenendosi dal desiderio di picchiarlo con il ventaglio.
- Hai perfettamente ragione e di questo mi dispiace, ma ho avuto molto da fare. Lo sai che altrimenti sarei venuto a trovarti. –
- Lo so. – ammise, abbozzando un sorriso. Adorava fin troppo Andrè per poter rimanere arrabbiata per un altro secondo di più. – Ho ricevuto le notizie riguardanti i tuoi impeccabili successi. Sono convinta che tuo padre sia molto orgoglioso, non abbiamo dubbi, ma ricordati in futuro che ci sono pure io. –
- Non lo dimenticherò. Spero che vorrai cenare con me stasera, in modo che possa scusarmi del mio comportamento. –
- Non resto per cena. – esclamò a bruciapelo.
- Non mi dirai che hai fatto così tante ore di viaggio per dirmi soltanto questo e poi andartene? – chiese scettico, trovando il comportamento della nonna alquanto strano.
- Certo che no. Io voglio rimanere per un po’ di tempo. –
A sentire tale notizia, il cuore di Andrè si colmò di felicità. Non poteva chiedere di meglio che avere qualcuno in casa, oltre all’amico di sempre. E poi avevano così tante cose da dire, avrebbe finalmente avuto modo di recuperare il tempo perduto a causa del lavoro.
- Ne sono felice, nonna. – e sedendosi nella poltrona vicino, le prese la mano, tracciando piccoli cerchi sul dorso. – Sarà bello passare del tempo con te. –
- Anche per me, povera donna, che si è sentita tanto sola. -
- Lo credo, finché ti rifiuti di tenere una dama di compagnia!– la rimproverò con affetto.
- Perché dovrei averne una, se tutti i miei amici e familiari sono qui? –
- Forse perché sono impegnati? In fondo non è una novità. Te l’ho sempre ripetuto e dopo la mia poca presenza i questi giorni, come puoi non darmi ragione? Dai, questa volta devi darmi retta. Vedrai che ne troveremo una. Lo so che hai gusti difficili, ma ci sarà qualcuna adatta per te. –
- Dopo aver avuto a che fare con te, nipote mio, qualunque ragazza è adatta. –
- Sì, ci credo. Allora accetti? – chiese speranzoso.
- Ci penserò. –
- Va bene. Ti do del tempo, poi prendiamo una decisione definitivo definitiva. –
Nonna e nipote si guardarono sorridenti, felici di prendersi in giro. Ad entrambi era mancato tutto quello scambio di battute. Ma prima che potessero continuare, Bernard tossì, ottenendo la loro attenzione. Dalla postazione in cui si trovava aveva riconosciuto la voce del padrone provenire dall'atrio, e dal momento che sembrava strano averlo già in casa, si preparava ad avvisare André.
- Ehm, scusatemi vostra signoria… -
- Suvvia, non fare così Bernard. Ti conosco da quando eri bambino, si può sapere perché mi dai ancora del voi? – gli  ricordò la nonna. - Qui non serve, vero Andrè? – proseguì, cercando conferma nel nipote.
- Glielo ripeto sempre. Anche prima l’ho fatto, ma è testardo come te. – le confessa, incitando Bernard a continuare. - Che stavi dicendo? –
-  Credo che tuo padre sia ritornato a casa. –
- A quest’ora? – domanda scettico.
- Che succede? – si intromette la nonna. – Dov’è il problema? –
- Mio padre non è quasi mai a casa. Se adesso si trova qui, vuol dire che è successo qualcosa. Nemmeno quando sta male lascia il suo lavoro. –
Mentre Andrè illustrava tale considerazione, in lontananza si poteva sentire la sua voce grossa rimbombare nel corridoio. Adesso non aveva davvero alcun dubbio. Essendo ormai preparato, Andrè non si scompose quando l’uomo fece la sua apparizione, tanto meno nel constatare che aveva un bruttissimo aspetto: l’arrabbiatura aveva sempre avuto la capacità di evidenziare i lineamenti duri del viso. Poi sembrava che non avesse dormito abbastanza, vista la presenza delle borse sotto gli occhi.
Ruggendo qualche parola incomprensibile, il padre gettò i guanti in una poltrona e si avvicinò alla credenza dei liquori. Quando si voltò, si accorse della donna anziana. – Madre, cosa fate ci fate voi qui?–
- Vengo a trovare gli unici uomini della mia vita. –
- Spero che non sia stato un brutto viaggio. – le domandò per educazione, ritornando a pensare alla sua condanna e dimostrando di non essere interessato ad ascoltare la sua risposta.  
- Non come vedervi adesso qui, che avete figlio mio! –
- Sono infuriato. – e nel dirlo prese finalmente il cognac e se lo versò. – Non si può andare avanti in questo modo! –
- Di cosa parlate, padre? – intervenne André.
- Mi hanno derubato dei fucili. Erano nuovi, di buona fabbricazione e quei soldati non sono neanche riusciti a portarmeli alla reggia. – gli raccontò, bevendo un sorso. – Incapaci. -
- Come hanno fatto a derubare un carro sorvegliata da numerosi uomini? – chiese Andrè con scetticismo. Gli uomini di suo padre erano stati ben addestrati ed erano forti, quindi non riuscì ad immaginarsi la scena.
- Domandalo al cavaliere nero e alla sua banda. A quanto pare hanno fatto un imboscata e i miei uomini ci sono cascati. –
- Il cavaliere nero? -  ripete la nonna. – E chi è questa persona? –
- Un ladro, un farabutto… uno che deve essere eliminato. – la mano dell’uomo  strinse con forza il bicchiere, provocandogli una crepa.
- D’ora in avanti non sarà più un problema. – dichiara Andrè con convinzione. Mai come quel giorno era stato deciso a risolvere il nuovo incarico. Inchinandosi, schioccò un bacio sulla mano della nonna. – Se ora mi scusate, io ho una cosa da finire. Ci vediamo a cena. –
Non aspettando la risposta dei presenti, Andrè uscì con l’intenzione di raggiungere la propria camera. Ma prima che potesse salire la scalinata venne fermato da Bernard.
- Tu hai un piano, vero? –
- Certo che sì. – gli sorrise, alzando in mano un pezzo di stoffa nero. – e pensandoci bene, credo che avrò bisogno del tuo aiuto. –

Continua…

Si è fatto attendere, ma ecco il terzo capitolo della storia.
Mi scuso con tutti i lettori per averci messo così tanto tempo, non era mi intenzione, ma questa volta cercherò di rispettare l'impegno.
E poi ringrazio tutti coloro che hanno letto il capitolo precedente e lo hanno recensito, esponendomi la loro opinione e segnalato gli errori commessi. Se trovate ancora qualcosa che non quadra avvertitemi pure, ma per il resto spero che vi sia piaciuto. Arrivederci.

  
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