Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Segui la storia  |       
Autore: Ellee    21/08/2010    2 recensioni
prologo: il piccolo Bill aveva passato malamente l’ultimo periodo a causa di una serie di disgrazie capitate nella sua famiglia, perfetta agli occhi di tutti. Maltrattato, denigrato ed escluso da tutti, viene considerato diverso, non adatto. Vorrebbe ribellarsi ma è troppo indifeso, ma soprattutto solo. Si, perché il giovane fanciullo è stato emarginato anche dalla famiglia stessa, dal fratello dalla madre ormai in condizioni pietose. Ma arriverà il giorno in cui incontrerà una persona che, con la sua semplicità e determinazione che solo i piccoli hanno, riuscirà ad aiutarlo ad affrontare le difficoltà, i pregiudizi e gli sfortunati eventi che hanno colpito la vita di questo bambino, che è stato costretto a crescere prematuramente..
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Pensava a cosa fare, che decisione prendere. Quelle scene passavano ancora velocemente davanti a quei luminosi e scuri occhi, insieme alla confusione, alla paura. La sua testa gli suggeriva di restare e pensare ad una soluzione, ma il suo cuore vociferava il ritorno, anche se sarebbe stato doloroso. Era difficile badare i sentimenti di quest’ultimo, ma il solo pensiero di non saper cosa sarebbe successo se non fosse tornato a casa lo spaventava, non solo per la sua tenera età.
Dopo aver camminato per kilometri, inconsciamente si ritrovò davanti alla soglia di casa sua. Forse era stata la sua coscienza a condurlo fino a li. Rimase immobile davanti ad essa. Sentiva pure i rumori di Tom che giocava a pallone dentro casa. Stranamente non sentiva Simone sbraitare. Forse era tutto un po’ calmo.
Passarono una manciata di minuti, la decisione del piccolo fu quella di rientrare, anche se sapeva che il fratello avrebbe reagito malamente. Girò la maniglia con la fragile mano e fece per aprirla tirandola leggermente. Avanzò di un passo per entrare, e una pallonata beccò in pieno la gamba destra di Bill. Il piccolo rasta spostò lo sguardo per seguire la direzione della palla e incrociò la figura del fratello. Si incamminò velocemente verso di lui e dandogli uno spintone lo sbattè contro il muro.
-Dove cazzo eri finito eh??- urlò tenendolo fermo al muro.
Il moro non rispose agli attacchi del fratello che, non vedendo una reazione da parte sua lo lasciò cadere a terra. Bill abbassò lo sguardo, nonostante tutto il tempo passato non riusciva a guardare il gemello con quel comportamento, in quello stato.
-Rispondi.. dove sei stato?- Disse Tom con aria apparentemente più calma respirando velocemente.
-Tanto a te che importa? Non importa a nessuno di me.. Nemmeno alla mamma, guardala com’è ridotta! E tu ti comporti da perfetto idiota..-
Sapeva benissimo che una frase del genere avrebbe fatto scoppiare il fratello, che tirò un calcio al moro.
-Già a nessuno frega di te!- urlò alla fine correndo via in camera sua.
Bill rimase fermo sul pavimento, impassibile mentre fissava il fratello allontanarsi. Immaginava che il gemello avrebbe deviato il discorso della madre e della tragica situazione che tutti in quel nucleo stavano passando. Sembrava quasi che non gli importasse, che non volesse mettere tutto a posto. Quasi come se tutto andasse bene, come prima. Sembrava avesse delle bende agli occhi, per coprire la brutta realtà che lo circondava. Tutti vedevano il Tom forte, freddo ed egoista, e affianco a lui un Bill fragile, strano, codardo. Nessuno vedeva la realtà dei fatti, neanche lo stesso Tom voleva credere al suo vero carattere. Era lui il vero codardo, quello che non voleva guardare in faccia i problemi e affrontarli, che lasciava che le cose accadessero e basta. Se solo avesse voluto, avrebbe potuto far qualcosa.
Bill si alzò, voleva cercare di costruire un discorso sensato e privo di disprezzo o tensione col fratello, anche a costo di essere mandato al diavolo da esso. Passò di fianco al divanetto dove la madre Simone era coricata, sembrava priva di sensi, forse colpa degli psicofarmaci.
Percorse la cucina. C’erano ancora i pezzi di vetro di quella bottiglia sul pavimento. Si chinò per prenderne un frammento. Si fece un piccolo taglio. Una goccia di sangue cadde sul tappetino che si trovava vicino al tavolo da pranzo per poi macchiarlo. Mentre cadeva pareva una lacrima, una delle tante che Bill aveva versato in questo ultimo periodo. Si leccò il dito per togliere
Il sangue rimanente che continuava ad uscire nonostante fosse una piccola ferita. Prese un fazzoletto e premette su di essa. Dopo, si diresse verso la stanza. Dopo pochi secondi aprì con decisione la porta della piccola stanza. Tom come al solito stava fumando. Non sembrava neanche un dodicenne, affatto.
Sdraiato sul suo letto, il suo viso scattò appena sentì il rumore della porta aprirsi.
-Ah, sei tu..- disse con aria annoiata. –Che vuoi ancora bamboccio?-
Bill cercò di sopportare anche questo ennesimo insulto, non era il tipo che perdeva la calma facilmente a differenza del fratello.
-Oh, non sei partito con un insulto. È successo qualcosa di bello mentre ero via?- chiese in modo sarcastico per allietare leggermente il discorso. Era una domanda così falsa e stupida, pure per Bill. Come se in quel momento potesse succedere qualcosa di minimamente sopportabile e bello.
-Spiritoso, davvero.- Fece un ultimo tiro per poi spegnere la sigaretta nel posacenere che strabordava di mozziconi. –Su spara. Approfittane, dato che non ti ho ancora mandato a fanculo.- Buttò fuori il fumo dalla parte del fratello che diede un piccolo colpo di tosse.
-Senti.. vedi di non arrabbiarti, voglio parlare seriamente con te. Ricordi l’anno scorso quando tutto andava bene?- guardò il fratello con aria interrogativa e triste facendo un passo verso di lui.
-Vai avanti.- Il giovane rasta abbassò lo sguardo con aria malinconica e voltò il viso verso l’altro lato.
-A me piacerebbe tanto che tutto tornasse come prima. Ma se prima non facciamo qualcosa noi, come pretendiamo che tutto questo accada? Che tutto questo male cessi? So che lo vuoi anche tu Tom!- fece un respiro profondo attendendo la risposta del gemello.
-Bill sei un ingenuo. Tu pensi che tutto questo potrà mai finire? Tu sei pazzo.. sei completamente fuori!- Alzò il tono di voce come per attaccare il moro.
-Solo un po’ Tom.. si può.- Disse prima di essere interrotto dal rasta.
-No Bill! NO che non si può!- Rispose con un suono di voce rotto e spezzato. –E ora esci, ti prego.- Aggiunse con un groppo in gola.
Era la prima volta dopo tanto che vedeva Tom così. Più tranquillo, sensibile. Era questo il vero Tom, ma non era del tutto lui. Il vero Tom non avrebbe mai gettato la spugna senza neanche provare a lottare. Non avrebbe mai detto “NO” per tentare di essere felice.
Bill uscì dalla stanza senza dire una parola. Sapeva che quello era il momento giusto per andare. Suo fratello doveva riflettere, doveva restare solo. Unicamente in questo modo sarebbe riuscito a pensare alle sue parole. Leggeva nei suoi occhi il pentimento per aver rotto leggermente la sua corazza da duro e impassibile. Ma Bill, anche se non aveva ottenuto ciò che voleva da lui, era comunque felice, perché finalmente era riuscito a vedere il vero lato del suo gemello dopo così tanti mesi.
Tornò in salotto dove si trovava Simone, che sembrava essersi leggermente ripresa. Sentendo i passi del figlio si girò verso di lui, impassibile, con aria stanca e straziata. Bill le passò davanti fingendo indifferenza. Non aveva proprio voglia di litigare in quel momento. Accese la TV e si sedette sul divano dove a pochi centimetri di distanza si trovava la madre.
Tirò un sospiro e fece zapping per i vari canali. Nulla di interessante.
-Dove sei stato?- Chiese improvvisamente la donna.
-In giro..- Rispose il moro con aria fredda e distaccata.
-Mi dispiace Bill.- Disse con voce flebile senza guardare il figlio negli occhi.
-Anche a me.- Ribattè con un nodo alla gola e gli occhi lucidi. Si sentiva soffocare a vedere gli occhi ormai spenti della madre. Sembrava priva di vitalità.
Si alzò, spense la TV e andò in bagno a farsi una doccia calda. Era quello che ci voleva dopo una notte passata al freddo e al gelo.
Passò un’intera giornata, nessuna discussione o maltrattamento quella volta, forse perché era domenica e tutti dovevano ancora riprendersi dal ritorno di Bill. Di solito il giorno dopo tornava tutto come prima. Un vero casino.


Il mattino del Lunedì avvenire arrivò presto. Lunedì. Il che significava giorno di scuola. L’incubo per il piccolo Bill ricominciava. Veniva schernito già a partire da quando saliva sul pullmino della scuola. Stava sempre nei primi posti della vettura, dove non si sedeva nessuno. Gli altri si sedevano in fondo, a fare fracasso e urlare. Tra questi c’era anche suo fratello Tom.
Bill fissava fuori dal finestrino il paesaggio passare davanti ai suoi occhi, come ogni mattina. Da dietro arrivavano insulti, nubi di fumo e qualche pallina di carta. Il viaggio verso scuola sembrava durare un’infinità, nonostante ci volessero 10 minuti per arrivarvi. Il bus parcheggiò davanti ad essa come tutte le mattine, e Bill era sempre il primo a scendere con bulletti a seguito. Uno degli amici del gemello gli diede uno spintone facendolo capitombolare a terra. Era Marcus, uno dei tanti “amici” di Tom.
-Guarda che mezza sega! Tom come fai ad avere un tale sfigato come fratello?!- Disse con una grassa risata mentre dava dei calci ala cartella del piccolo Kaulitz dagli occhi truccati.
Il gemello biondo fece una piccola risata di scherno e se andò con il resto del gruppo. Bill ricordava ancora quando Tom lo difendeva dai cretinetti della scuola. Ora invece era dalla loro parte. Provava un tale odio verso quei ragazzi. Se lo erano portato via, lo avevano cambiato in malo modo.
Rabbia, tanta rabbia. Era così immerso nei suoi pensieri che era ancora a terra. Ad un certo punto, una ragazzina dai lunghi capelli biondi si avvicinò a lui.
-Hey tu, che ci fai li per terra? Non dev’essere molto comodo immagino!- Fece un sorriso e tese la mano verso di lui come simbolo di aiuto. Il ragazzino si rialzò da solo, senza afferrare la mano della piccola. Vide i suoi occhi luminosi e chiari abbassarsi.-Se non volevi il mio aiuto bastava che lo dicessi eh..- Disse facendo una smorfia. –Comunque lo so come ci si sente ad essere trattati male da quelli. Ma non sentirti una merda! Penso che sarà peggio della vecchia scuola qui.- Sospirò guardandosi in torno. –Comunque io sono Elena.. In caso ti fosse rimasto ancora il senso dell’udito. Ciao!- la campanella suonò e la biondina si diresse verso l’entrata lasciando il moro davanti al cancello principale da solo, immobile.
Si sentì subito uno schifo per essersi comportato così male con lei. Era la prima volta che una persona lo aiutava e per lui ara davvero strana. La scuola era grande, chissà se l’avrebbe mai più rivista.

Dopo qualche minuto si decise ad entrare nell’istituto. Si diresse verso la classe con aria abbattuta e aprì la porta. Erano già tutti dentro e a giudicare dal caos, il professore non era ancora arrivato. Passò in mezzo ai compagni di classe che si trovavano sulla soglia della porta per raggiungere il suo posto in prima fila, come sempre. I banchi erano messi due a due ma vicino a lui non c’era nessuno. Ad inizio anno tutti si erano già scelti i compagni di banco, e lui ovviamente era rimasto solo. Ma ormai era abituato a questa situazione.
Dopo cinque minuti, tutti i ragazzi si sedettero ai loro posti. Era arrivato il professore che guardò malamente tutta la classe.
-Pensate che sia stupido? Vi vedo ancora in piedi la prossima volta e vi beccate una bella nota di classe, non sto scherzando.- Disse fissando insistentemente il gruppo in fondo alla classe dove si trovava anche Tom.
Tutti stettero in un assoluto silenzio.
-Bene. Oggi c’è una nuova compagna di classe, arriva direttamente da Berlino, si è trasferita da poco. Vedete di non far fare brutta figura alla classe, anche se dubito fortemente che siate capaci di stare tranquilli.- L’uomo fece un sospiro di rassegnazione e fece entrare la ragazza.
Appena entrò, Bill fece un’espressione sbalordita e incredula. Era la stessa ragazza che aveva incontrato fuori da scuola, quella che lo aveva aiutato, o almeno ci aveva provato.
-Presentati pure.- Riferì il professore alla nuova alunna.
-Mi chiamo Elena eh.. vengo da Berlino, si.. – la piccola si guardò in torno e vide davanti a lei lo stesso strano ragazzino che aveva incontrato proprio all’entrata. Di fianco a lui, un banco vuoto. Rimase un attimo in silenzio vedendo il piccolo li da solo.
-Puoi scegliere il posto che vuoi, c’è un banco li vicino ala finestra e.. uno qui, se proprio vuoi.- disse il professore tossendo leggermente. Anche gli insegnanti trovavano Bill strano. Il ragazzo abbassò lo sguardo intimidito per evitare quello della bionda.
-Credo che mi siederò qui!- Fece per indicare il posto vicino a quello del moro.
-Ricordati non si può cambiare posto fino alla decisione dell’insegnante. Quindi se proprio sei sicura..- L’uomo fissò la ragazzina come per convincerla a cambiare idea, ma ella non ne volle sapere.
Sedette vicino a Bill e poggiò la sua roba sul banco.
-Ci si rivede eh.- Disse al ragazzino ritirando il labbro inferiore e annuendo.
-Senti volevo.. volevo scusarmi per il mio comportamento di 'sta mattina. Sai non sono abituato a.. ad essere aiutato ecco.- balbettò diventando rosso in viso.
-Non ti preoccupare, non è la fine del mondo.- Rispose la bionda dando una pacca sulla spalla al Kaulitz moro.
Il ragazzo sorrise. Questo nuovo incontro lo aveva reso in qualche modo felice e lo aveva fatto evadere, anche se per poco, dalla realtà che lo circondava.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: Ellee