Capitolo
3
“Segui il tuo cuore !”
I
genitori di Austen arrivarono pochi minuti dopo . La madre
iniziò a piangere ,
mentre il padre fissava il corpo inerme del figlio . Sul suo volto era
stata
posta una mascherina . I medici avevano detto che si sarebbe ripreso
completamente , ma che ora era stordito e che avrebbe dovuto passare
qualche
giorno in ospedale . La madre di Austen si prese il mio numero di
cellulare
,giusto per potermi tenere informato delle condizioni del figlio e mi
lasciò
andare .
Stavo
andando alla fermata dell’autobus quando cominciai a pensare
.Ogni passo che
poggiavo mi sembrava un passo verso il patibolo . Ciò che
aveva detto Austen
era vero , e non sapevo se volevo rivederlo . tutto mi diceva di
sì ma tante
altre cose mi allarmavano facendomi cambiare idea .
Non
pensavo di andare in ospedale . Prima si sarebbe dimenticato di me ,
prima
avrebbe smesso di soffrire . Non volevo imprimere nella sua mente la
mia
immagine , e né io volevo che nella mia mente si imprimesse
la sua . Non dopo
quello che aveva detto . La confusione era ammessa in quel momento , ma
non
avrebbe dovuto dire quelle parole , o almeno avrebbe dovuto trattenersi.
Non
riuscivo più a riflettere , a pensare lucidamente a
ciò che mi stava intorno a
ciò che provavo e che non aveva intenzione di lasciarmi .
Cosa potevo
pretendere da me stesso ora ? Di lasciare perdere tutto come avevo
sempre fatto
? No questo mai , tradendo me , aveva tradito anche ciò che
c’era tra di noi.
Anche il più piccolo filo che si era creato tra i nostri due
cuori si era
spezzato per come si era comportato , anche il più piccolo
sentimento stava per
sparire , trattenuto da quella voglia matta di pensare che non fosse
vero
niente .
Improvvisamente
mi squillò il cellulare , tentai di trovarlo , e infine lo
riuscii a prendere
dentro una delle varie tasche del mio giaccone . Lessi il nome sul
minischermo
al di sopra del telefono e lessi il nome di mia zia Betty. Preso da un
po’ di
curiosità nel leggere quel nome , poiché ci
eravamo sempre scritti per
comunicare , aprii immediatamente il mio telefono e risposi :
-
Pronto?
-
Justin sono Betty - aveva una voce seria . Strano per lei . di solito
quando
parlava con me era sempre gentile, non lasciava mai trasparire alcun
segno di
preoccupazione , ma in quel momento qualcosa mi diceva che
c’era da
preoccuparsi . Quando zia Betty parlava in quel modo non poteva
assolutamente
essere successo niente di bello.
-
Dimmi Zia Betty - la invogliai , preoccupato
-
Vieni subito in ospedale
-
Perché ? - chiesi , ma forse conoscevo già la
risposta
-
Il nonno è peggiorato , non gli resta molto
Come
se mi avessero gettato un secchio di acqua gelata mentre dormivo ,
tutto ciò in
cui avevo sempre creduto era scomparso . Adesso anche il nonno doveva
andare
via , non bastava mio padre , adesso anche il nonno non sarebbe
più stato qui
se avessi avuto bisogno , neanche lui sarebbe stato qui quando sarei
diventato
grande , quando avrei capito cosa era il mondo . Non potevo pensarci .
Dovevo
salutarlo , dovevo dirgli che gli volevo bene , dovevo fargli sentire
la mia
presenza , che gli
ero vicino. Non avrei
accettato di non vederlo per un’ultima volta .
Presi
immediatamente l’autobus , cercando di non urtare nessuno .
Svuotai la mia
testa da ogni pensiero che non fosse il nonno . Eliminai
temporaneamente Austen
dalla mia vita per pensare unicamente alla mia famiglia , a quella che
non mi
aveva mai abbandonata , che non mi aveva mai fatto mancare nulla , che
mi era
sempre stata vicina .
Arrivai
subito di fronte all’ospedale , una struttura bianca enorme .
Di fronte
all’entrata vi erano delle rose , bellissime piante di rose
che rendevano
incantevole il luogo . Non contemplai a lungo il paesaggio , in quel
momento
non sarebbe servito , mi precipitai alla reception e chiesi alla
signorina che
era di turno:
-
Scusi , sto cercando Ignacio Suarez
-
Lei è un parente?- chiese in modo del tutto formale
-
Sono il nipote
-Bene
controlla la lista
La
stanza del nonno si trovava nel reparto di cardiologia al secondo piano
. Nello
scorrere l’elenco con i nomi ordinati in ordine alfabetico ,
notai che un piano
più in su , nello stesso ospedale , era stato anche portato
Austen - Non potevo
crederci , era una persecuzione . Anche se avevo preso la decisione di
non
pensare più a lui non
riuscii a
trattenere l’istinto a fare delle domande :
-
E di Austen che mi dice come sta ? - domandai timidamente
L’assistente
lesse l’elenco ed una volta capacitatasi di chi fosse mi
domandò :
-
E’ un parente ?
-
Sono un amico
-
Non ti preoccupare Austen sta bene , ha soltanto un leggero trauma
cranico ,
niente di allarmante .
-
Quanto tempo starà qui ? - chiesi impaziente
-
Lo dimetteranno domenica prossima , giusto fra una settimana . Il
medico ha
detto che vorrebbe tenerlo sotto controllo nel caso vi siano delle
complicazioni
-
Grazie
-
Di nulla - rispose gentilmente
Corsi
verso l’ascensore , ma lo trovai occupato . Non avevo voglia
di aspettare ed
ogni piano che si illuminava sul contatore dell’ascensore era
come uno spillo
che veniva infilzato nel mio cuore. Decisi di prendere le scale per
fare prima
e durante quei due piani di salita decisi che non sarei andato a
visitare anche
Austen , non per il momento almeno . ci avrei pensato prima per bene e
poi avrei preso una
decisione sul da farsi .
Arrivato al secondo piano riconobbi immediatamente la coda di cavallo
di mia
madre in fondo al corridoio . In ogni stanza che oltrepassavo
c’era tanta
sofferenza , chiusa a chiave in modo che non potesse uscire , che non
potesse
lenire anche gli altri . Le porte di vetro non lasciavano trasparire
neppure
un’immagine . Tutto sembrava rivolto verso di me . Una volta
arrivato in fondo
al corridoio abbracciai mia madre e mia zia che avevano le lacrime agli
occhi .
Mia madre prese la parola :
-
Hai un altro po’ di tempo per salutarlo !
Cominciai
anche io a piangere , non so quante volte lo avevo fatto quel giorno ,
ma
almeno questa volta era giustificato . Mi voltai verso Bobbie e vidi
che anche
lui singhiozzava , e continuava a ripetere :
-
Vorrei che non fosse mai accaduto
Entrai
nella sala , e vidi mio nonno letteralmente intubato con gli occhi
semiaperti ,
lui girò debolmente la testa , inquadrando il mio viso
piangente . Poi accennò
ad un sorriso e mi fece segno di avvicinarmi . Mi avvicinai al suo
letto e mi
sedetti sulle coperte bianche con pallini a pois verdi .A quel punto
continuai
a piangere silenziosamente tentando di non farmi sentire . Lui prese la
parola
e debolmente mi disse :
-
Come è andata con Austen ?
-
E’ finita letteralmente in tragedia nonno - risposi
trattenendo un singhiozzo
-
In che senso ?
-
L’ho lasciato e lui è stato investito da un
autobus , peggio di così non poteva
assolutamente andare .
-
Come sarebbe a dire peggio di così ?
Spalancai
gli occhi , leggermente sorpreso dalla sua domanda , ma cercai in tutti
i modi
di non distogliere l’ascolto da lui e di creare
quell’intesa che ci aveva
sempre caratterizzati .
-
Dove è finito il ragazzo che ha un cuore da leone ? Che ha
il coraggio di
affrontare tutto e tutti senza preoccuparsi delle conseguenze ?
Dov’è finito il
Justin che conosco? Dove è finito mio nipote ?
Dov’è andato Justin ? Tu sei qui
, accanto a me con il tuo coraggio e la tua voglia di lottare , non
lasciare
perdere tutto soltanto per il giudizio altrui ! In che occasione te ne
sei
importato ? Reagisci Justin
-
Ma è difficile
-
Lo so figliolo , lo so . La vita non è bella se qualche
volta non è difficile .
So che adesso ti sembrerà tutto confuso , tutto ti
sembrerà strano , ma non
demordere , fallo per me . Fallo per chi ha sempre creduto in te .
Segui il tuo
cuore !
Mi
accarezzò una guancia , mi asciugò le lacrime con
il suo dito , mi guardò negli
occhi e sorrise , ma lasciò comunque che una lacrima
spuntasse dai suoi occhi .
A quel punto gli domandai:
-Perché
piangi ?
-
Perché sono felice , felice di sapere che sei te stesso .
Felice di vedere
l’uomo che sei diventato . non cambiare mai Justin .Non
lasciarti abbattere ,
vivi i tuoi sogni , segui il tuo cuore . Ti voglio Bene
figliolo .
Accasciò
la testa sul cuscino , lo sguardo perso nel vuoto . Cercai di
rianimarlo
toccandolo più volte sul braccio ,ma fu tutto inutile , mi
portai una mano
davanti agli occhi e cominciai ad urlare :
-
NO! NONNO NO!
Ero
disperato . Perché era andato via ? Perché non
poteva restare ? Aveva superato
attimi peggiori , perché non poteva superare anche questo?
Non potevo
accettarlo e continuai a chiamarlo finché Bobbie non
entrò nella stanza ,
accompagnato da alcuni infermieri , e non mi portò fuori ,
tra le braccia di
mia madre e della Zia Betty. Lui , alto e robusto ci strinse forte ,
tutti e
tre . Forse avevamo solo bisogno di un abbraccio in quel momento di
solitudine
, in quel momento in cui la speranza ci aveva abbandonato , dove tutto
sembrava
buio, dove niente era più come prima , in un mondo in cui
avremo solo voluto
piangere . Ci stringemmo tutti forte , mentre Bobbie ci teneva insieme
io , mia
madre , e Betty lanciammo un pianto disperato verso il cielo e pregammo
di
prendersi cura di lui.