Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: Galexireb    28/08/2010    3 recensioni
Beh, all'inizio erano i Poteri dell'Asse...
Poi, per contrasto, si sono aggiunte le Forze Alleate...
Ma nell'era odierna, una Nuova Alleanza si affaccia sul fronte internazionale, con l'obiettivo: iniziare la loro storia.
Questa è la storia dell'Alleanza Invincibile.
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Yuri | Personaggi: Allied Forces/Forze Alleate, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nota dell’autore: FINALMENTE! O_O incredibile ma vero, finalmente la titanica impresa di trovare il tempo per finire quest’annoso “Chapter 1” l’ho trovato! Non mi sembra neppure vero… Anticipo da subito che il contenuto di QUESTO capitolo descrive persone realmente esistenti, e famose, ma in modo molto poco definito, in modo da lasciare solo intendere la loro esteriorità. Avviso anche che, per riuscire a proseguire con il racconto, ho escogitato alcuni stratagemmi, che verranno elencati successivamente X°D ciò potrebbe creare qualche problema nei/nelle fan accaniti/e, che potrebbero urlare «No, no, RUSSIA NON PUÒ essere preso!!!!!1ONE!!1ELEVEN!! ò.ò». Perciò, abbiate la pazienza di prendere ogni idea per quello che è ù.ù Hetalia è una parodia, ed io li ho parodizzati solo un altro pochetto.

A coloro che hanno recensito: Un ringraziamento mio particolare va a quei pochi che hanno commentato il mio lavoro, sebbene l’inizio, non molto avvincente rispetto al resto X°D della saga…
A Black_Thunder: regioni… semi-stati… “piccoli paradisi finanziari evadenti il fisco” ù.ù XD sì, è molto più che varia… ma ancora non è finita ^^
A la Crapa: Sebbene tu odii a morte Sicilia per non essere semplicemente un braccio di Lovino (o il culo, come una volta dicesti X°D) apprezzo che ti piaccia l’iniziativa, e le varie idee che ti ho portato davanti ^^ grazie per l’attenzione!
A Linktroll: Io adoro la mia Michaila °w° e i fratelli Karmi sono alcuni dei più espressivi… Per quanto riguarda Pio, la Crapa ed un mio amico sanno già qualcosa… ma ti assicuro che seguirà gli scopi che avresti voluto X°D

ULTIMO AVVISO: È stato citato, all’inizio del capitolo, un determinato avvenimento realmente accaduto, al quale la Crapa, Linktroll e tanti altri hanno partecipato: l’Hetalia Day a Palermo, il 7 Agosto 2010. Ho chiesto al Gruppo Hetalia se potevo citarli, ed hanno accettato senza remora alcuna ^^ vi ringrazio tutti, davvero di cuore!

Dedico il capitolo ad una mia carissima amica… Elisa ^^ <3






Chapter 1 – Vittoria o Sconfitta?






Tokyo

07/08/10 – 10:57


«Sezione H in Area 3. Fase 1 completata»
«Ricevuto: Fase 1 Sezione H completata»

Sardegna posò il walkie-talkie nella borsetta, attendendo l’arrivo del Grande Creatore.
In contemporanea con alcuni pseudo-staterelli saltellanti nel Foro Italico di Palermo, in Giappone si viveva la guerra.
Una guerra silenziosa, una missione segreta da portare a termine ad ogni costo.
Per la libertà di tutti.
Peter e Rooke giocavano animatamente alla morra cinese, incuranti della situazione. Filomena si girò verso di loro, intravedendoli appena, nascosti tutti e tre dalla grande ombra di un condominio giapponese. Erano così spensierati, privi di problemi…
Sorrise placida, e disse «Ragazzi, è l’ora della fase 2!»
Gibilterra, mostrando il palmo aperto all’amico, girò il viso verso la giovane ragazza «Proprio adesso?»
«Sì, adesso!» completò Sealand, indice puntato verso la strada che si intravedeva da dietro il palazzo «Forza, Rooke! Facciamo la nostra parte!»
Filomena, un po’ in colpa, dette un bacio sulla fronte a entrambi, sussurrandogli «Appena sterza, correte via…» Erano minuti cruciali, tutto si sarebbe deciso in pochi attimi. Prego, ad occhi chiusi, che i due non si facessero male, e li osservò voltare la spalle al palazzo e raggiungere la strada…


*Ok… la sezione H e la S sono in posizione. Il furgone sta raggiungendo l’Area 1… La stanza I è pronta… manchiamo solo noi!*
Lia, nascosta in un angolo buio della Sala Conferenze, estrasse la sciabola, in attesa. «Sereno, sei sicuro che arriverà qui?»
Il ragazzo, senza voltarsi a guardare l’interlocutrice, fissando l’entrata, nascosto da una sedia, disse un freddo «Sì», per poi sprofondare di nuovo nel silenzio.
Sicilia fissò, nel buio, il compagno d’arme. *Mi mette i brividi questo…*
Sospirò. Il piano stava procedendo come stabilito. Gli altri stavano già passando all’azione. E lei, unica insieme a San Marino in grado di maneggiare una spada, attendeva nervosa l’arrivo del Giappone, che non sarebbe arrivato prima di un paio d’ore.
*Speriamo vada tutto bene…*


*And so… let’s go!*
L’aria di quella mattina fresca e soleggiata di inizio agosto ritemprava tutti coloro che sostavano sotto il magnifico astro che riempiva di calma e felicità ogni giapponese nei dintorni.
In mezzo alla strada, fiero, camminava un uomo, fermandosi ogni venti secondi per fissare un particolare oggetto che attirava la sua attenzione. Sorriso stampato indelebile sul volto, occhiali con montatura in titanio ultraleggeri, e bellissimi occhi azzurri che scrutavano curiosi la vita giapponese. Tutto gli interessava di quella cultura, poiché molto estranea alla sua.
«Aiuto! Per favore, QUALCUNO MI AIUTI!»
Le orecchie drizzarono come quelle di un cane da guardia svegliato nel cuore della notte. Il giovane si voltò di scatto, pronto a muoversi nella direzione di quella richiesta d’aiuto.
«Aiuto, ve ne prego!»
Non c’era alcun dubbio: era di un eroe che avevano bisogno.
E si da il caso che…
«IOOOOOOO SARO’ L’EROOOOOOEEEEEEEEE!!!!!» urlò, lanciandosi verso la ragazza che chiedeva aiuto.
Corse una decina di secondi, fermandosi davanti ad una giovane ragazza triste, dai capelli eterei, bianchi come il latte, in ginocchio sulla strada, accanto ad un grosso furgone che stava facendo retromarcia.
Captato il pericolo, il prode corse verso di lei e la oltrepassò, intento a vedersela con il mostro meccanico. Sembrava avere mille occhi e cento braccia, una sfida difficile per l’eroe, ma che avrebbe superato tranquill…
«Ehm… signore?»
Alfred, girandosi di scatto, con le mani sul tubo di scappamento della Bestia, osservò la ragazza che, spaesata, cercava di capire cosa stesse facendo. Stupito, si sistemò il giubbotto di pelle addosso, dicendo «Signorina, non è questo il vostro problema?»
Michaila, ingenua, rispose timidamente «Ehm… non esattamente…». Si gratto la nuca un po’ vergognata, cercando di non far capire all’americano l’inganno.
Lui, baldanzoso e pieno di energie, si avvicinò a lei e le chiese «E quale sarebbe allora? Dimmelo, e lo risolverò! Perché IO sono l’EROE!»
Antartide, carina e gentile, alzandosi da terra gli spiegò il problema: «La realtà è che il mio datore di lavoro si è arrabbiato con me… e mi ha lanciato una sfida: se avessi finito tutto il cibo all’interno di questo furgone, avrei tenuto il posto…»
«Ci peeeeenso io!» urlò, lanciandosi all’apertura del furgone. Con una mano, la ragazza frenò America, continuando «Il problema è che io sono vegetariana… e non posso mangiare quella roba! Mi aiuterà?»
Jones, senza neppure farselo chiedere, le sorrise e, carico di energie, aprì d’un colpo la saracinesca, vedendone il contenuto.
Un urlo solo si sentì, ad almeno mezzo chilometro di distanza:
«HAMBAAAAAAAAAAAAAGAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!»


Placido e tranquillo, il freddo stato euro-asiatico entrò nel Palazzo Nazionale della Dieta Giapponese, seguendo la strada che il suo rivale gli aveva riferito.
Camminava lento, sotto il gran peso e calore dei suoi indumenti indubbiamente invernali, disegnati per proteggere dal freddo delle zone artiche delle proprie regioni vitali. *Chissà se questa volta riuscirò a convincere Nihon-san a lasciar perdere le Curili…* si chiese, sereno, muovendosi in direzione della Sala Conferenze.
Le iridi viola, fisse solitamente davanti a sé, si spostarono rapidamente in un angolo alla sua destra, all’entrata di un grigio corridoio lontano dalla sua destinazione ultima.
Sul grigio pavimento, un giallo girasole sembrava sorridergli, steso all’entrata di quella formale via. Si fermò. Squadrò per un attimo il fiore, ma poi, giulivo, si chinò e lo prese.
«Che bello!» disse, accennando ad un sorriso e strizzando gli occhi. Fu allora che notò un altro girasole, una decina di metri più avanti all’interno del corridoio. Si avvicinò, e, prendendo anche questo, notò che ogni decina di metri all’incirca, un girasole era stato posizionato. «Sono per me?» chiese al primo girasole che aveva preso, cercando di capire dove finisse la scia.
Cominciò a prendere i vari fiori posizionati lungo lo stretto corridoio. Guardava per terra, in attesa del nuovo bellissimo fiore, il suo preferito.
Arrivati a quota dieci, arrivò di fronte ad una porta. «Altri girasoli, ne voglio altri!» disse, giulivo, aprendo la porta ed entrando nella stanza successiva.
All’interno di essa, lo scenario era così descrivibile: una stanza grigia non molto grande, a destra e a sinistra due grandissime scie di bianca neve che lasciavano libero un passaggio largo poco più di un metro, che puntava dritto verso dieci grandi scatoloni addossati alla parete di fronte la porta.
Curioso, e desideroso di altri fiori, il grande Russia si avvicinò lento e felice verso gli scatoloni, mirandone l’interno.
*Fase 2 Sezione I: completata!* pensò Abraham, mirando la scena da un buco nel muro.
«VOOOOOOOOOODKAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!!!!!!!! <3»


«Amelie, pronta?» chiese Mage, in ginocchio dietro l’angolo della casetta.
La ragazza fece un segno con la testa, e, decisa, suonò il campanello.
Pio fece un segno, dall’altra parte del viale, segnalando di essere pronto ad agire.
La porta, poco dopo, si aprì rapidamente, mostrando alla giovane Corsica la vista di un giapponese, non molto alto e grassottello, i lunghi capelli, il baffo e il pizzetto neri, e due spessi occhiali di fronte i piccoli occhietti che si intravedevano appena fra le palpebre.
«Ehm… Shirohata-sama?» chiese lei, timida, trovandosi di fronte all’uomo, più basso di lei di almeno una ventina di centimetri, accennando ad un sorriso.
Mage non si fece pregare. Con l’agilità di un ninja, corse silenzioso sul retro della casa, raggiungendo l’entrata di servizio. Nel frattempo, Pio si muoveva, il più furtivo che la sua lunga veste papale gli consentisse, muovendosi di muro in muro lungo le case adiacenti, cercando di raggiungere senza farsi vedere una delle mura della casa di Bob.
«Cosa posso fare per lei, signorina?» chiese lui, squadrando da capo e piedi la bella Amelie, che non sapeva se essere imbarazzata o offesa dal suo sguardo. «Sono venuta qui in veste ufficiale…»
Mentre diceva queste parole, Mage ruppe bruscamente la fragile catena che teneva chiusa la porta sul retro, penetrando nella casa.
«…per presentare…» continuò la giovane, sorridendo, cercando di distrarre l’uomo, e tirando fuori un più che voluminoso pacco di fogli dalla borsa a tracolla «…la richiesta formale per l’integrazione del Character di Korea nell’anime di Axis Powers: Hetalia!»
Città del Vaticano raggiunse il muro est, e intravide, spiando dalla finestra, lo stato del Macao dirigersi imperterrito in direzione della porta d’ingresso.
Il proprietario di casa, sorpreso, porse la mano alla signorina, chiedendole di esaminare i fogli. Bob Shirohata aprì il contenuto, mirando la sfilza di firme presentate dai fans. Era il momento: il cinese gli arrivò alle spalle, colpendolo alla schiena col gomito. Il direttore, spaventato e dolorante, si volto per mirare il suo assalitore. Fu allora che la Corsica si ritrasse, lasciando spazio al Vargas che, con il Pastorale, colpì in testa il nipponico.
Pochi secondi di coscienza, per poi cadere a terra, sul pavimento di casa, totalmente privo di sensi.


«Qui Sezione S. Abbiamo completato la missione. Portiamo l’ostaggio alla Base.»
«Perfetto, ricevuto.»
Filomena posò di nuovo il walkie-talkie, e mirò di nuovo la strada.
I piccoli Kirkland avevano svolto la loro missione: facendo finta di giocare in mezzo alla strada, avevano causato un incidente a catena che aveva bloccato quella sezione di quartiere. I bambini erano nascosti poco lontano, contro il muro di un palazzo in fondo alla via, in attesa del soggetto.
«Finalmente mi considereranno tutti!» disse Peter sistemandosi il cappello da marinaretto sui biondi capelli «Alla facciaccia di tutti!»
Rooke sorrise, cingendogli una spalla contento. «Sei tu qua l’eroe!» disse, chiudendo gli occhi, e giocando appena con il colletto della divisa dell’altro «Secondo me avresti anche potuto affrontare Russia da solo!»
Peter abbassò lo sguardo, un po’ imbarazzato. «Sono ancora piccolo per affrontarlo…»
Il sole illuminò la triste lacrima del piccolo staterello, sapendo che era una delle tante che aveva versato negli anni. Gibilterra avvicinò la mano, e con un dolce movimento gliela strappò via dal viso, lasciandola ferma sul polpastrello del suo indice. «Un giorno, sarai tanto forte da battere chiunque tu vorrai, anche il mondo intero!»
Sealand spostò lo sguardo verso l’amico, gli occhi umidi e luccicanti «Grazie..!»
La ragazza, poco lontana, abbozzò un dolce sorriso alla vista dei due. Poco oltre la loro postazione, in mezzo alla strada, vide fermarsi una bicicletta nera.
*Non può che essere…*
«PETER!!! È lui, in bicicletta! Vai, è il momento!»
Il ragazzino, udendo il segnale, prese la mano di Gibilterra e si mosse verso la prima citata vettura a due ruote. Sopra di essa, un ragazzo, che non poteva avere neppure trent’anni: orientale, dai corti capelli castano scuro e spessi occhiali squadrati di fronte i piccoli occhi a mandorla. Era vestito in modo insolito: pur essendo estate, indossava una polo azzurra, sotto un pesantissimo maglione blu. Era iniziato Agosto, e lui sembrava fermo a Natale.
«Signore, signore! Ma lei è il Signor Himaruya?» fece Sealand, fingendosi il più angelico possibile, avvicinandosi ad un palmo di naso dall’uomo, fermo sulla bicicletta, bloccato dalle macchine.
Hidekazu, un po’ annoiato, girò lo sguardo lentamente verso i due, squadrandoli dall’alto al basso.
Guardò il primo a sinistra, e pensò *Fanatico di Hetalia, suppongo!*, abbozzando ad un sorriso, e rispondendo alla precedente domanda «Sì, sono proprio i……»
Non finì in tempo la frase che il suo occhio destro, seguito dal sinistro, si posarono come due grossi monoliti sopra il marinaretto. Non sospettò alcun cosplay stavolta: era semplicemente stupefatto dalla presenza del ragazzino. Era identico a come in passato se l’era immaginato, era lui in carne ed ossa, non era un ragazzino in veste da personaggio dell’anime. Sentiva che era lui.
Sardegna, notando la reazione dell’altro, si avvicinò lenta ai tre, fingendosi una normale passante.
«Ma… tu sei proprio… tu sei…!» fece balbettante il disegnatore giapponese, con gli occhi luccicanti da fangirl mentre il suo cuore urlava, facendolo rimbombare nella gabbia toracica, un potente *KYAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH*
«Sì! Sono io, Sealand!» fece l’altro, puntando il pollice destro verso se stesso, mentre la giovane Sardegna li raggiungeva.
La ragazza, porgendo priva di paura o timidezza la mano al Grande, disse decisa «Tutti noi desidereremmo che venisse alla nostra Base!» chiuse gli occhi, dolcemente, e attendendo la risposta dell’altro.
Himaruya, senza farsi pregare, lasciò la sua bicicletta lì dov’era, mentre le auto tornavano a circolare, e seguì i tre in direzione della Baia…


«Sta andando alla grande, signore! Ancora un piccolo sforzo, ed il mio lavoro sarà salvo!»
Il Prode era rapido nei suoi movimenti, movimenti incrocio fra la grazia di un ballerino e… e… quella di un camionista nordamericano. La sinistra, agile, fendeva il cartone con abilità, e privava della carta le vittime. La destra, rapida e famelica, sembrava addentare quel caldo pane, per trascinarlo a forza all’interno delle fauci affamate del Nostro America, arrivato ormai in fondo al camion.
Era concentratissimo, tanto che il colesterolo che circolava nelle sue vene sembra colare, vivido e giallo, dalla fronte e dalle rosse guance di Alfred, stanco e sul punto di arrivare alla sazietà, ma non per questo scoraggiato dal salvare la signorina Antartide dai finti guai. Avrebbe continuato ad oltranza fino alla fine!
Era concentratissimo, tanto che mangiava da una buona mezz’ora, che aveva ingurgitato una decina di centinaia di BigMac (rigorosamente del Pagliaccio*), e che non si era accorto di essere rinchiuso in un camion in movimento verso la Base dell’Alleanza insieme alla ragazza.
Il giovane eroe cominciava a rallentare. Il ritmo cominciava a deteriorarsi, e lo stomaco era sul punto di implorare pietà. Ma l’Animo del Grande America teneva duro, e muoveva, seppur più lentamente, le letali mani lungo le scatoline degli hamburger. La timida ragazza, seduta spalle al muro di ferro ad un paio di metri di distanza, guardava fra l’inorridita e l’entusiasta la pila di cartone che si accumulava sempre più. Ormai, più di cinque sesti del camion era sgombero dagli hamburger, ma circa la metà era sommerso da ciò che ne era rimasto.
Il bottone nei pantaloni di America lottava per la vita, cercando di tenere duro al colosso di lardo che sempre più si avvicinava dall’alto, spingendolo. Infine, neanche lui poté sopportare lo shock, scagliato con velocità fuori dall’umano verso una scatola di sinistra, che volò dritta nella mano sinistra di America, che, con i pantaloni praticamente a terra, e con Michaila visibilmente imbarazzata, continuò imperterrito l’abbuffata.
Mancava poco. C’erano solo una decina di hamburger alla meta. Le sue forze venivano meno, ed il sonno post-pranzo cominciava a calare rapido sulle sue palpebre. Doveva completare la sua Missione: perché un Eroe combatte l’Ingiustizia fino alla morte, o al ricovero in ospedale.
Ne mancavano nove: poteva farcela.
Otto: sempre più vicino.
Sette: il camion si fermò, senza che lui se ne accorgesse.
Sei: Michaila creò, un po’ riluttante, un varco fra le scatole di burger alle spalle di America.
Cinque: scagliò con poca forza residua il cartoncino alle sue spalle, colpendo in testa Antartide.
Quattro: sapeva già di aver vinto la battaglia.
Tre: il grande Nemico stava per essere sconfitto.
Due: la sua bocca non rispondeva ai comandi, ed aprirla era uno sforzo immane. Riuscire poi a respirare, era un optional.
Uno: fra poco sarebbe finita. Si giocava il tutto per tutto: non respirando, quella era una lotta ‘o la Vita o la Morte’.
Zero.
Quando ebbe ingoiato anche l’ultimo, difficile Hamburger, si lasciò andare, respirando a pieni polmoni l’aria satura di colesterolo, ed addormentandosi di colpo non riuscendo a finire la frase «L’Eroe ha trionf…zzzzzzzz»
Groenlandia, Malta e Antartide si avvicinarono senza problemi all’Americano, svenuto dalla Folle Battaglia.
Michaila, tenera, si avvicinò all’orecchio di America sussurrando dolce «Hai vinto, Eroe…»
Senza alcuno scrupolo, Groenlandia prese il braccio sinistro, le ragazze quello destro e sporco di formaggio, e senza tanti complimenti trascinarono fuori l’Hamburger Vivente per rinchiuderlo nella Base.


Con fare gioioso, il Grande Russia portava vicino a sé la decima scatola di bottiglie di Vodka, tranquillo e sereno, rinchiuso in una grigia stanza fredda e inospitale.
«Questo beve l’alcool come se fosse acqua!» notava stupefatto Sion, proferendo a bassa voce la sua considerazione.
«Mi pare ovvio, è Ivan! Che ti aspettavi?» rispose Lola sottovoce agli altri. Si sistemò una ciocca di capelli che le era finita sul volto, e tornò a guardare dal proprio buco.
Il russo era lì, in ginocchio, circondato da scatoloni pieni delle vacue bottiglie che erano state precedentemente sue vittime. Accanto a loro, dieci girasoli lasciati cadere vicino alla fredda neve, testimoni di quell’incontro fra la creazione umana (la Vodka) e il Divino (la possibilità che un essere ne tracanni nove scatole senza cadere KO).
Il Dominatore, il più vasto stato del mondo, il Temibile e Terribile Ivan… non sembrava più tanto tremendo, vedendolo con gli occhi chiusi muovere alla cieca la mani in cerca della sua fida amica, sempre pronta a giungere alla sua destra. Col sorriso stampato in faccia, stappava la bottiglia e beveva, senza alcun ritegno, la водка del suo stato, il nettare alcolico della sua patria, non lasciando nella bottiglia la traccia di una goccia.
Il Braginski, ormai arrivato all’ultima bottiglia della cassa, stava cominciando a demoralizzarsi: era finita. *Oh merda, è semplicemente brillo!* pensò Israele guardando lui rigirarsi l’ultima bottiglia fra le mani.
«Credo sia il momento della Fase 3» sottolineò allora, indicando la Madre Russia. I due alleati concordarono. Si avvicinarono lentamente alla porta e, tirandola, la aprirono.
Ivan, che guardava ancora l’ultima bottiglia di Vodka, fu sorpreso dal sentire il rumore di una porta che si apriva. Si girò, cercando la fonte del rumore, ma notò che non era stata ad aprirsi la porta da cui era venuto, ma un’altra che non aveva, nella fretta di cercare altri girasoli, neppure notato, alla sua destra.
Si alzò in piedi, alto come una montagna, e si mosse in quella direzione. Sembrava essere vuota anch’essa, ma appena guardò meglio, notò ciò che sperava.
Senza perdere il minimo attimo, si scagliò verso il fondo sala, stappò la bottiglia che teneva ancora in mano e tracannò un lungo sorso. Aveva davanti a sé ancora da bere parecchie altre bottiglie, in quei freddi scatoloni in mezzo alla nuova stanza. Non notò neppure i tre che si erano nascosti dietro la porta, da quanto era eccitato all’idea della sua adorata “figlia”.


Una calda goccia di sudore cominciò a scendere dalla fronte della ormai sempre più preoccupata Rosalia.
Non riceveva notizie dai suoi compagni da ormai un’ora, per non essere scoperta nel caso fosse arrivato il bersaglio. Era in ansia, e la sciabola tremava nella sua mano.
Nascosta dietro una sedia, si trovava alla sinistra della Sala Conferenze, in silenzio, ed in attesa dell’ultimo obiettivo. Dall’altra parte, nascosto nel buio, c’era San Marino, che guardava con occhio sognante la sua rossa lama, una spada che non vedeva l’ora di cozzare contro un’altra.
Lei se la cavava, con la spada: in più di un’occasione aveva visto la sua terra colpita da qualcuno, o occupata da qualcuno, e spesso e volentieri, insieme al fratello Romano, aveva combattuto fianco a fianco i vari invasori. Kopis, gladio o scimitarra alla mano, si metteva a combattere, anche se incapace, nel tentativo di vincere il suo avversario.
L’altro era invece… *Beh, diciamo semplicemente che lui è un’arma vivente…* pensò fra sé e sé, notando il sadico luccichio in fondo alla stanza degli occhi di Sereno.
La porta, d’improvviso, si aprì la porta della Sala alla sua destra, lentamente. Strinse forte l’impugnatura della sua arma, cercando di intravedere qualcosa da dietro la sedia. Il compagno fece lo stesso, ritto in piedi, avvolto dall’oscurità.
Nella stanza entrò finalmente, da solo, il loro nemico. Il pacifico Giappone, tranquillo, si muoveva in veste formale all’inizio della Sala, cercando con lo sguardo qualcuno. Aveva già immaginato che America, conoscendolo, non sarebbe arrivato in tempo, intento a salvare un dolce gattino da un arbusto, ma era davvero curioso di sapere perché Russia non fosse già là, onnipresente com’era.
Sicilia si mise in punta di piedi, pronta a scattare al segnale. Aveva pochi istanti per poterlo cogliere di sorpresa, perciò doveva approfittare della situazione quando avrebbe abboccato all’esca.
Honda guardò bene attorno, notando, nel grande Tavolo al centro della Sala, Tavolo privo di sedie atto a mostrare piantine o progetti, e ben visibile da ogni sedia, posta in cerchio in alto attorno ad esso, un libro. Curioso, si avvicinò ad esso.
Ad ogni passo la lunga katana dormiente veniva lievemente sballottata a destra e sinistra, mentre il giovane Kiku si muoveva verso il misterioso oggetto.
Appena fu a portata visiva, il ragazzo constatò di cosa in realtà fosse…
Imbarazzato, mormorò fra sé e sé «Ehm… Chi avrà lasciato questo Hentai qui?», guardandosi spaventato attorno.
Constatato che non c’era nessuno a guardarlo, con la coda dell’occhio, cercò di guardare l’interno della prima pagina, guardandosi furtivo a destra e sinistra sperando non fosse uno scherzo. Quando vide però le mutandine della protagonista del manga in fondo alla pagina, mentre il bacino della stessa stava dieci centimetri sopra, ogni dubbio scomparve, rivelando l’animo perverso del ragazzo.
Lia attendeva da troppo, e la tensione era palpabile, tranciabile con un coltello. Fu allora, quando sentì il movimento secco della pagina che veniva voltata dall’arrapato nipponico, che scattò. Senza farsi pregare, si alzò in piedi, saltò la sedia davanti a sé e saltò dall’alto in direzione di Giappone, spada anella destra, urlando con quanto fiato aveva in gola. Avvertito il pericolo, quest’ultimo lasciò cadere il manga e, incurante dell’epistassi nasale in corso, mise la mano destra sull’elsa della sua spada e la estrasse appena in tempo per parare il colpo della ragazza.
Dall’altro lato, Sereno, maledicendo la ragazza, salì sulla sedia, e, vermiglia alla sinistra, cominciò a scavalcare i vari banconi della Sala, lento e spavaldo.
Sicilia attaccava con furia il nemico, non lasciandogli tregua. Era un combattimento immobile, fermi davanti al tavolo, una danza di spade, fra sciabola e katana, intercalato dai gemiti di sforzo del giapponese e dalle urla d’ira della giovane Vargas.
A movimentare la cosa, fu San Marino: arrivato al luogo della battaglia, alzò con la sinistra la spada e tagliò a metà, di netto, il Tavolo, calciando via le due parti a destra e sinistra. Kiku, vista la via di fuga, si mosse nel parare i vari colpi in quella direzione, incurante di come essa si fosse creata, ed inconsapevole della presenza del cavaliere.
Lia allora, vedendo lui muoversi verso una possibile fuga, tentò un affondo alla spalla, ma l’avversario fu più veloce e lo schivò in tempo. Non lottavano da nemmeno un paio di minuti, e sembravano reduci da una guerra di ore.
San Marino apparve quindi alla sinistra di Sicilia, rendendo per il giapponese le cose difficili. Rosalia con la sciabola, e Sereno con la spada nella mancina, tenuta in modo particolare, ovvero con il mignolo rivolto verso la lama, cominciarono ad attaccare senza sosta l’avversario, lasciandolo privo di una tregua. Quando non colpiva la ragazza, l’altro sferrava decisi montanti, tentando di deconcentrare l’avversario ed abbassare la sua capacità di difesa.
Consapevole del fatto che non avrebbe retto a lungo, l’asiatico strinse più forte la spada, e passò al contrattacco: muovendosi rapido e letale, utilizzava quel prolungamento del suo braccio con precisione, e costringendo i due Alleati alla difesa.
Rosalia non sentiva più la mano destra, dalle forti sollecitazioni dell’avversario, e allora azzardò a tentare una difesa con la sinistra. Nel tentativo di passare l’arma all’altro lato, Kiku caricò un colpo da destra, disarmando improvvisamente la ragazza e scagliando lontano l’arma.
Approfittando dell’attimo, il giapponese scattò di lato, schivando per caso un colpo di Sereno, cercando di raggiungere la sciabola nemica. Sicilia, tremante e spaventata, si lanciò anch’essa verso di essa…
Inutilmente. Giappone aveva preso l’arma e ora la puntava verso la ragazza. Lei, poco distante, guardava intimorita la nuova minaccia. Da predatore, ora era diventata preda…
Fissò paurosa gli occhi del giapponese, puntati su di lei come le due spade che teneva in mano, e udendo il tono poco minaccioso di lui urlare «Chi sei?! Che stai facendo?!»
Fissò ancora quegli occhi, finché essi tutt’a un tratto caddero all’indietro nelle orbite. Vide lo stato cadere in ginocchio, e poi supino per terra, colpito alla testa da un gomito di Sereno.
Ansimò per cinque minuti buoni, prima di cominciare a pensare a cosa fosse effettivamente accaduto. Sembrava che l’adrenalina avesse lavato via tutti i ricordi del combattimento: la sua mente era annebbiata e poco lucida.
Sereno le si avvicinò, lento, riponendo la spada dietro la schiena. I suoi occhi scarlatti la fissavano, calmo, dall’alto, e lei non poté fare a meno di alzare lo sguardo verso l’altro Vargas, continuando ad ansimare. «Bella battaglia, ben combattuta…» disse lui, un po’ freddo, asciugandole con due dita la fronte imperlata di sudore e fatica. Lei, timida e stanca, rispose con un balbettante «Ehm, beh… grazie, sì, cioè…». La interruppe lui, ponendole l’indice sulle labbra, e dicendole con tono severo «La prossima volta, Sorellina, tu stai ferma, ed al resto ci penso io. Sono stato chiaro?»
Lei, imbarazzata, non sapeva se scusarsi, togliere quel morbido polpastrello dalle sue labbra, oppure… non lo sapeva neppure lei. Il Caso volle, per fortuna, che il walkie-talkie cominciasse ad emettere i sibili sintomo di una missione compiuta, a pochi metri da lei, nella borsa dimenticata nel suo nascondiglio.
Scostandosi dal parente, si avvicino alla borsa, e frugandovi dentro, estrasse lo strumento e lo attivò, sentendo solo un chiarissimo «¡Somos los Campeadores!». La risposta di Lia fu una «Lola, che è successo? Aggiornamenti!»
«Abbiamo Russia, lo stanno trascinando gli altri due…». Un suono simile ad un “fanculo, aiutaci” di sottofondo alle emissioni del walkie-talkie dimostrava inequivocabilmente che Sion stava trasportando un grande peso «…e il resto delle Sezioni hanno completato la missione! Ce l’abbiamo fatta, Lia, CE L’ABBIAMO FAT…!!!»
Sicilia spense d’improvviso il walkie-talkie. Era bloccata, immobile, con la bocca spalancata e gli occhi fissi davanti a sé, verso un freddo e grigio muro della stanza. Sereno, avvicinandosi, con Giappone privo di coscienza sulla spalle, si avvicinò alla giovane e le disse «Ci siamo riusciti..!» Rosalia sorrise. E senza neppure voltarsi, gli rispose, stremata, ma tremendamente felice:

«Sì… questo è un nuovo inizio!!!»








*La citazione non è puramente casuale. Non propongo né promuovo alcun tipo di impresa, pubblicizzandola. È semplicemente un omaggio alla ragazza a cui ho dedicato questo capitolo, superfedelissima di quel determinato marchio, e dei suoi Hamburger. E soprattutto, perché la controparte X°D non ne aveva di abbastanza grossi da offrire ^^’’’

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Galexireb