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Autore: Vì Cullen    28/08/2010    7 recensioni
-Bella, ti prego-, ci riprovò con sguardo implorante.
-Edward, basta-, sussurrai senza staccare gli occhi dal pavimento.
Il silenzio regnò per qualche istante.
-Lo sapevo-, dissi lentamente, -sono sempre stata come tutte le altre per te-
Se fossi stata umana probabilmente avrei avuto gli occhi rossi dalle troppe lacrime che ne uscivano.
-Bella...-, cominciò, ma lo interruppi.
-Non serve che ti scusi, ho capito-, mormorai con un sorriso.
Dovevo lasciarlo andare...
All'improvviso si mise ad urlare.
-Grissino, Bella, mi lasci parlare?! Per me sei importante, non vedo altre che te dal primo momento in cui sei entrata in mensa, il mio primo giorno qui! E mi fa letteralmente impazzire-, continuò ansante, -che tu sia sinceramente convinta che io non ti voglia-
-E allora dimostramelo!-, gridai anch'io con voce spezzata.
-Come?! Mi sono praticamente dichiarato qui davanti a te!-
Le mie riflessioni durarono l'esatto tempo di un battito del suo dolce cuore.
-Baciami, Edward-
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Buon giorno a tuttiii!!! Come va? Tutto bene?

Sono stranamente euforica oggi, senza capirne il perchè, e quindi posto il capitolo 3!

Godetevelo e...beh, ci vediamo di sotto!

 

 

Ma prima rispondo alle recensioni:

Lullaby89: sì, Carlisle ed Esme lo aiuteranno molto, ma ci sarà un'altra persona che conosciamo molto bene a farlo tornare...beh...insomma, normale! Bella? arriverà!

Stecullen94: ecco il terzo capitolo, spero ti piacerà! Baci

DiamondDior: eh sì, credo siano molto frequenti situazioni di questo genere...cioè, Edward soffre molto, amava molto i suoi genitori e li ha persi all'improvviso!

Melucchia: io non ti dico niente!! in effetti sarebbe molto interessante, anche perchè non vi ho avvertito che sono tutti umani! comunque per sapere cos'è Bella non ci vorrà ancora molto, non preoccuparti!

 

CAPITOLO 3

Erano due giorni che vivevo in quella casa, e mi sentivo più sereno. Ogni tanto il mio sguardo era catturato dal pianoforte, in soggiorno, ma non mi ci volli avvicinare mai; avevo paura di ritornare a soffrire ancora, perché da due giorni, da quando ero arrivato, era diverso. Esme e Carlisle erano due persone d’oro, si preoccupavano per me e cercavano di capire i miei bisogni. Non potevo suonare: se avessi ricominciato sarebbe stato come tradire mia madre, visto che ogni sera, quando era viva ed ero felice, suonavo sempre per lei.

La sera prima Carlisle mi aveva chiamato nel suo studio, una bellissima stanza, grande, e piena di libri. Voleva parlarmi.

-Allora, Edward, come va?-

-Bene, grazie. Perché mi hai chiamato? Devi parlarmi di qualcosa?-, avevo chiesto, confuso.

-Beh, dobbiamo parlare della tua istruzione. Siamo a gennaio, e mi piacerebbe che tu frequentassi il secondo quadrimestre alla Forks High School. Esme ci tiene particolarmente-, mi aveva proposto, guardandomi intensamente.

-Oh-, non me l’aspettavo. Nessuno mi aveva parlato di andare a scuola, quando stavo dalle altre famiglie. Stavo nella mia stanza tutto il giorno e basta, anche se, quando vivevo a Chicago con i miei, mio padre aveva assunto un insegnante privato, il quale mi aveva insegnato tutto, anche le cose adatte, appunto, al penultimo anno di scuola superiore. A mio padre piaceva vedermi studiare, diceva sempre che grazie alla mia intelligenza sarei diventato importante. A quel pensiero il mio cuore tremò.

-Come faccio con i libri, il materiale? Io non ho niente!-, avevo detto. Non mi dispiaceva l’idea di andare a scuola. Erano gli studenti a farmi paura. Erano anni che non mi mescolavo con così tanta gente in una sola volta, e ciò mi spaventava.

Carlisle aveva sorriso, e mi aveva assicurato che avrebbe pensato lui a tutto, dovevo solo accettare. E così accettai. Lo facevo per mio padre.

                                                                                                  *

La sveglia suonò, e mi svegliai di soprassalto. Mi guardai attorno, non capivo dov’ero. Alla fine realizzai che ero nella mia stanza, disteso sul mio letto, e che quella mattina sarei dovuto andare a scuola.

Avevo fatto un sogno stranissimo, non lo ricordavo bene, non era nitido nella mia mente. Ero a scuola, non so quale scuola fosse, anche perché non la ricordavo, ma avevo la sensazione di essere a scuola. All’improvviso avevo visto una sagoma camminare verso di me. Ero quasi sicuro fosse una ragazza, ma non ricordavo i suoi lineamenti. Arrivata davanti a me, mi fissava. Stava lì a fissarmi, e proprio perché mi fissava la fissavo anch’io. Ricordavo solo un particolare di lei: gli occhi. Erano meravigliosi, grandi, dolci ma allo stesso tempo ardenti. Il colore mi aveva molto colpito, non ricordavo di aver mai visto nessuno con gli occhi di quel colore.

Mi alzai traballante e per poco non mi schiantai contro l’armadio, che era più vicino di quanto credevo. La maggior parte dei miei vestiti erano troppo permeabili per Forks, ma trovai comunque un paio di pantaloni neri, una maglietta bianca e una giacca scura. Andai in bagno e mi preparai, ero agitato, ma fingevo tranquillità per non pensarci troppo.

Scesi a fare colazione, in casa non c’era nessuno, Carlisle ed Esme uscivano sempre presto per andare a lavorare, Carlisle in ospedale, Esme diretta al negozio gestito da lei, appena fuori Forks. Sul tavolo della cucina trovai un biglietto.

“Spero davvero che il tuo primo giorno trascorra serenamente, e senza complicazioni. Appena arrivo a casa mi racconterai tutto, ovviamente! Buona giornata, ti voglio bene. Esme”

Quel biglietto, com’era prevedibile, mi fece venire un groppo in gola, che ricacciai subito, non era il momento di sentimentalismi. Visto che ero troppo agitato, saltai la colazione, e mi diressi spedito verso il garage. Carlisle mi aveva detto che la Volvo, nuova, la potevo usare io, visto che Esme odiava guidare e lui aveva la sua Mercedes.

Fu difficile per me trovare la scuola; mi ci fermai solo per il cartello che indicava “Forks High School”, perché vista da una persona appena arrivata in città sarebbe sembrato un gruppo di palazzi bassi e rossi tutti uguali. Parcheggiai davanti al primo edificio, la segreteria, ed entrai. Al bancone era seduta una donna imponente, rossa di capelli, con un cartellino appuntato sulla maglietta con scritto “Miss Cope”. Appena entrai mi guardò incuriosita, per poi rivolgermi uno sguardo che non capivo. La fissai, e arrossì. Cosa aveva?

-Buongiorno-, dissi, e vidi il suo viso diventare ancora più rosso, ma questa volta la ignorai.

-Sono Edward Masen-

I suoi occhietti si accesero, balbettò qualcosa che con capii e mi diede alcuni documenti da far firmare ad ogni professore. Con voce insicura mi augurò buona giornata, ed io uscii. Appena fuori dalla stanza mi guardai da capo ai piedi per vedere se c’era qualcosa che non andava, ma non trovai nulla di insolito.

Controllai l’orario, alla prima ora avevo inglese. Risalii sulla Volvo e cercai il parcheggio riservato agli studenti, lo trovai seguendo il flusso delle auto che iniziavano ad arrivare. Trovai un posto libero, e mi stupii nel vedere che non c’erano auto che davano nell’occhio. Mi guardai un po’ intorno, ancora chiuso in macchina, e presi un respiro profondo. Con la mano sulla portiera, mi bloccai, lo sguardo fisso su tre auto che arrivavano in quel momento. La prima era una jeep gigante, ma comunque bellissima, aveva un fascino particolare. La seconda era una BMW rossa fiammante, decappottabile, stupenda, ma un po’ troppo appariscente. La terza… la terza era meravigliosa, un Aston Martin nera, lucida, perfetta. Non so quanto tempo stetti lì a fissare quell’auto, che per di più aveva anche i finestrini oscurati, così non potevo vedere il conducente.

Mi riscossi e scesi dalla Volvo, cercando di non dare nell’occhio. Quasi tutti gli studenti si erano voltati a guardare l’arrivo delle tre auto misteriose, ma molti di loro avevano l’espressione scocciata, probabilmente assistevano a quella scena tutti i giorni; così potei entrare nel palazzo di inglese senza essere notato. Fui uno dei primi ad entrare, mi presentai al professore, che non si perse in presentazioni, e mi assegnò il posto in ultima fila. Quando gli studenti cominciarono ad arrivare, tutti mi notarono e iniziarono a fissarmi. Anche quando cominciò la lezione avevo l’impressione di essere costantemente analizzato in ogni mio gesto. A circa metà lezione, bussarono alla porta, ed entrò una ragazza minuta, magrissima, con i capelli neri, dello stesso colore degli occhi,  tutti sparati. Era pallida, e aveva delle occhiaie sotto gli occhi, come se per tutta la notte non avesse chiuso occhio.

-Scusi prof, ho avuto un contrattempo in segreteria-, si scusò con il professore, mentre veniva verso di me, senza degnarmi di uno sguardo.

-Okay, ma la prossima volta non interrompere più-, le rispose il professore, severo.

La ragazza si sedette nel posto vuoto accanto a me, all’improvviso mi guardò, come se si accorgesse solo allora della mia presenza. I suoi occhi neri fissarono i miei, verdi, per un secondo, per poi puntarsi sul professore.

Al termine della lezione, durante la quale mi ero sentito perennemente osservato dal resto della classe, la mia vicina di banco si girò verso di me-

-Ciao, io sono Alice! E tu?-, aveva una voce acuta da soprano, sembrava stesse cantando.

-Piacere, Edward-, mi presentai, e sentii gli occhi di tutti addosso. Alice li ignorò.

-Qual è la tua prossima lezione?-

Controllai.

-Educazione civica, col professor Jefferson-, intanto ci eravamo alzati ed eravamo usciti dall’edificio di inglese.

-Oh, io adesso sono in palestra… ma se vuoi ti mostro la strada!-, disse con entusiasmo.

Cercai di sorridere e le dissi di non preoccuparsi.

-Va bene, allora ci vediamo in giro-, mi salutò e girò i tacchi, allontanandosi con una falcata veloce, da atleta. Non avevo mai incontrato una persona del genere, ma chi era?

Notai che molti studenti mi stavano fissando, così mi riscossi e mi diressi verso la prossima lezione, che fu noiosa, sapevo già tutto. Così passò la mattinata. Quando giunse l’ora di pranzo, una ragazza completamente diversa da Alice, quella della prima ora, mi venne incontro. Era bionda, con qualche sfumatura rossiccia nei capelli, e indossava una minigonna più adatta ad una serata in discoteca che ad un normale giorno di scuola, con sopra una maglietta attillata e molto scollata.

-Ciao-, mi disse con un sorriso malizioso.

-Io mi chiamo Tanya. Tu sei Edward, quello nuovo, giusto?-, domandò fissandomi con uno sguardo a dir poco sfrontato.

-Sì-, risposi senza particolari sfumature nel tono di voce.

-Posso accompagnarti in mensa?-, mi chiese battendo le ciglia.

-Credo di potercela fare, a trovarla-, cercai un modo carino di rifiutare.

-Ma io volevo accompagnartiiii…dai Ed!-, a quelle parole rimasi scioccato, ma mi arresi e annuii.

Lei non mi diede neanche il tempo di alzarmi dalla sedia che si era già avvinghiata al mio braccio con una morsa degna di uno squalo e mi trascinava verso la mensa, dove mi presentò ad alcuni suoi amici. Non riuscii a memorizzare nessuno dei nomi, li dimenticavo un secondo dopo averli sentiti.

Tutta la situazione era davvero assurda.

Stavo lì, tra persone che a malapena conoscevo, una ragazza che mi urlava nell’orecchio da una parte e altri cinque che mi ponevano domande su domande riguardanti la strana coppia che mi aveva inspiegabilmente adottato.

Con lo sguardo percorsi la mensa. Una classe era evidentemente in ritardo, stava entrando in quel momento. Voltai di poco la testa, e rimasi folgorato.

 

Cos'avrà visto Edward?? Ihihih!

Sono entrati nuovi personaggi nella storia...Alice, Tanya...

E intanto, per la vostra gioia, vi anticipo che il prossimo capitolo sarà un pov Bella!! Contente??

 

Ora, una domandina per voi... qual è il personaggio della saga che avete più apprezzato (a parte Edward, Bella, il can...cioè, Jacob, e Bree)?

 

Recensite, fatemi sapere se ciò che sto scrivendo vi piace o vi fa pena!!

Baci, Vì

  
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