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Autore: Sara Saliman    04/09/2010    3 recensioni
"Non c'erano Goblin a brulicare per la stanza, questa volta, non c'erano risatine che facessero vibrare le ombre, nè tuoni fuori dalla finestra. Nessun temporale aveva spalancato le imposte con una folata di vento. Ma lui... al chiarore che entrava dall'esterno, lui costituiva la stessa visione allucinata di allora." A cinque anni dagli eventi narrati nel film, una minaccia grava sul Labirinto e sui suoi abitanti. Jareth e Sarah sono costretti a collaborare: lui per il bene del Labirinto, lei per la salvezza dei propri amici. Ma, come sempre, nulla è come sembra!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Ovviamente: Questi personaggi non appartengono a me ma ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, per il solo divertimento di chi vorrà leggerla.



Dicono che c'è un tempo per seminare
e uno che hai voglia ad aspettare
un tempo sognato che viene di notte
e un altro di giorno teso
come un lino a sventolare.

I. Fossati




L'oscurità era così profonda da darle l'impressione che, se l'avesse contemplata troppo a lungo, le avrebbe risucchiato via ogni brandello di coscienza.
Chiudere gli occhi fu una forma istintiva di difesa, come protendere le mani per aggrapparsi a qualcosa mentre sentiva la realtà disgregarsi.
Fu un istante, ma le parve durare una vita o persino un'eternità, come fosse sospeso in una sfasatura tra due mondi.
La vertigine e la nausea che le strinsero lo stomaco parlavano di ombre danzanti, di specchi più reali delle immagini che riflettevano, di volti senza dimora e pianure vegliate da divinità senza occhi.
Poi, rapida com’era comparsa, l'oscurità si diradò: lei lo sentì contro la pelle, la sensazione fisica di qualcosa che si lacerava, come se avesse affondato la mano dentro una ragnatela.
Si ritrovò in ginocchio, un pavimento freddo sotto i palmi aperti delle mani, senza ricordare il momento in cui le gambe le avevano ceduto.
Riaprì gli occhi e sollevò lo sguardo.
Il re dei Goblin era una sagoma scura davanti a lei, gli stivali piantati per terra e una camicia di seta che biancheggiava nell'ombra. Era silenzioso e sembrava fissarla dall'alto in basso, ma nella sua immobilità c'era qualcosa di innaturale.
Sarah si alzò in piedi. Il re non si mosse, ma la ragazza indietreggiò istintivamente.
La sua schiena andò a sbattere contro qualcosa, contro qualcuno che si trovava dietro di lei. Due mani calarono sulle sue spalle esercitando una certa pressione: non tanto da farle male, ma abbastanza da tradire una velata minaccia.
Sarah sentì un viso che si chinava sopra la sua spalla, due labbra di seta che le sfioravano l'orecchio, ma non riusciva a voltarsi, non riusciva a staccare gli occhi dal re dei Goblin, immobile nell'ombra come una sagoma di cartone.
L'uomo dietro di lei parlò.
-Devo ringraziarti, Sarah Williams. Senza di te tutto questo non sarebbe stato possibile.-
La sua voce sapeva di tombe scoperchiate e segreti troppo orribili per essere rivelati.
-Questo? Questo cosa?- balbettò Sarah.
Come in risposta alla sua domanda, una luce divampò dal nulla, illuminando in pieno il re dei Goblin.

Sarah si premette una mano alla bocca per soffocare un grido.
Il suo vecchio nemico non era in piedi, non proprio: era incatenato al muro da grossi bracciali di ferro. Il suo petto sembrava sottile nella camicia di seta, stranamente indifeso senza il pendente che lei gli aveva sempre visto al collo.

Il capo reclinato all'indietro, il re aveva il volto devastato: qualcuno gli aveva conficcato dei chiodi negli occhi.
Come se l'ultimo tassello di un puzzle fosse tornato a posto, Sarah identificò finalmente l'odore dolciastro che gravava nell'aria: era sangue, il sangue del sovrano del Labirinto.
Finalmente, come liberandosi da un incantesimo, l'aria che aveva nei polmoni trovò la strada per la sua gola e Sarah gridò con tutto il fiato che aveva in corpo.



-NO!-
Sarah sollevò il capo così bruscamente che i capelli scuri, raccolti sulla nuca con una matita, le si sciolsero sopra le spalle.
Dall'altra parte del tavolo, Adrian sollevò gli occhi dal libro e sogghignò.
-Buon giorno, bella addormentata.- Si passò due dita sul mento, coperto da un filo di barba.- Anzi, forse dovrei dire buona sera.-
Sarah sbattè le palpebre e si guardò intorno, intontita. 
Le ombre avvolgevano gli alti scaffali di legno, si allungavano indolenti sulle coste ossute dei libri.
La ragazza emise un mugolio.
-Ti prego, dimmi che non mi sono di nuovo addormentata in biblioteca!-
-Se vuoi non te lo dico, però è quello che hai fatto.-
Sarah fece per stropicciarsi gli occhi ma si fermò in tempo, ricordando di avere il mascara.
-Quanto ho dormito?-
-Non più di dieci minuti.-
Adrian chiuse il libro con uno scatto secco, che risuonò nella sala in modo un po' sinistro.
-Prima che tu me lo chieda: non ti ho svegliato perchè sembravi davvero distrutta. Anche se in effetti non so se ti ho fatto un favore: sembravi nel bel mezzo di un incubo.-
-Sì, ne faccio spesso ultiamente.-
Sarah recuperò la matita e si affondò le mani nei capelli, disfacendo quel che restava del suo chignon.
-Comunque la prossima volta svegliami: la biblioteca non è un dormitorio.-
Il ragazzo ebbe uno sbuffo di derisione.
-E chi vuoi che se ne accorga? Siamo soli in questo labirinto!-
Sarah trasalì.
-Come, scusa?-
-Ho detto...-
-Hai detto labirinto. Perchè proprio quella parola?-
Adrian si protese da sopra il tavolo e spalancò gli occhi castani. -Perchè...- scandì con voce cavernosa -Anni di giochi di ruolo lasciano il segno!-
Sarah arricciò il piccolo naso.
-Ah-ah, divertente, davvero.-
Adrian sbuffò, scostandosi dalla fronte un ciuffo ribelle: un gesto assolutamente inutile, visto che i capelli tornarono come prima non appena ebbe rimosso la mano.
-Be', per oggi chiudiamo i libri, signorina Williams.-
-Dai, sono appena le...-
-...le sette. Di un venerdì pomeriggio. Studiare a quest'ora è contro la mia religione.-
Sarah roteò gli occhi.
-Capirai che tragedia: tu sei ateo!-
Adrian allergò le braccia.
-Donne, sempre a fissarsi sui dettagli!-
Prima che lei potesse ribattere, Adrian cominciò a raccogliere gli appunti sparsi davanti a loro e ad infilarli dentro lo zaino. Dopo un istante di esitazione, Sarah aprì la borsa e cercò di farci entrare il quadernone.
-Qualcuno mi spiega perchè prima ci stava e adesso no?-
Capovolse la borsa. Ne uscirono un ombrello pieghevole, una bustina con i trucchi e un vecchio libro dalla copertina rossa.
Un piccolo oggetto rotolò fino al bordo del tavolo, e la ragazza lo afferrò al volo.
-Oh, ecco dov'era il mio rossetto!- esclamò, infilandolo nella tasca dei jeans.
Con la coda dell’occhio, vide Adrian protendersi verso di lei.
-Mmmh? E questo cos'è?-
Prima che Sarah potesse fermarlo, il ragazzo si era impadronito del libriccino dalla copertina rossa e se lo rigirava fra le mani.
-"Labyrinth"?-
La ragazza scattò in piedi.
-Ridammelo!-
Adrian lo trasse fuori della sua portata e lo aprì. Sfogliò con delicatezza le pagine ingiallite.
-Nani, gnomi... E' un libro per bambini?-
-No, è una favola! Sono due cose molto diverse.-
-La protagonista si chiama come te.- Adrian cominciò a leggere a mezza voce. -"Vorrei tanto che il re dei Goblin..."-
Sarah si allungò sul tavolo e gli premette una mano crontro la bocca.
-Non. Dirlo. -
Adrian sollevò lo sguardo: l’espressione che le vide in faccia dovette lasciarlo interdetto, perchè chiuse il libro senza discutere e glielo restituì.
Sarah lo fece rapidamente sparire nella tasca interna del soprabito.
-E' uno dei libri della mia infanzia.- si sentì in dovere di spiegare. -Be', non solo dell'infanzia, per la verità. Ho continuato a rileggerlo fino ai quindici anni, circa.-
-Dovevi amarlo molto: per poco non mi saltavi alla gola!-
Sarah arrossì, imbarazzata.
-Be', c'erano un sacco di personaggi assurdi e la protagonista si chiamava come me, ma era molto più coraggiosa. Quando leggevo quel libro fingevo di essere lei. Mi faceva dimenticare quanto mi sentissi fuori posto nella nuova famiglia di mio padre.-
Adrian annuì, insolitamente serio.
-Capisco.-
Ed entrambi sapevano che era vero.
Il ragazzo indicò il libro.
-Lo porti sempre con te?-
Sarah strinse le spalle, finendo di rimettere le cose dentro la borsa.
-No, anzi, non lo vedo da anni. Ero convinta di averlo perso, invece la settimana scorsa l'ho trovato per caso in fondo ad un cassetto. Devo averlo portato con me quando ho traslocato, ma non me lo ricordavo.-
- Potresti regalarlo a Toby. Sarebbe carino dargli qualcosa che è stato tuo.-
-Meglio di no.- tagliò corto Sarah.
Adrian si alzò e mise lo zaino in spalla.
-Senza offesa, ma sembra quasi che quel libro ti faccia paura.-
Sarah si sistemò la borsa a tracolla e mise a posto la sedia.
- In un certo senso è così. Quando ero più piccola, quel libro per me era molto reale.-
-Be', per reale che fosse, che ci sarà di così spaventoso in una favola per bambini?-
Sarah gli sorrise senza convinzione.
-Lui.-
Adrian sgranò gli occhi.
-Lui chi? Jareth, il terribile re dei Goblin?-
-Non chiamarlo per nome, per favore.-
-Perchè?-
-Nelle fiabe i nomi hanno un potere.- spiegò Sarah.
-Dai, Sarah, hai davvero paura di un personaggio inventato?-
Nessuna risposta.
-Oh, insomma! Che avrà avuto di così terribile?-
Lei si accigliò, chiedendosi se sarebbe stata in grado di spiegarlo.
-Lui… non somigliava a nessuno che avessi mai conosciuto. Riusciva a distorcere ogni parola, ogni desiderio. Era capace di avere accesso ai tuoi sogni più intimi e di farteli vivere come fossero reali, ma cercava di intrappolarti in essi. E anche se tu sapevi di essere in pericolo e cercavi di uscire dalla trappola, una parte di te desiderava soltanto restarci dentro e non venirne più fuori.-
Adrian fischiò tra i denti.
-Un tipo divertente, insomma.-
Sorprendendo persino se stessa, Sarah scoppiò a ridere.
-So che sembra assurdo, ma lo era veramente! Quando voleva, sapeva davvero essere divertente.-
Le tornò in mente il sogno, il volto sfigurato e gli occhi...
Si strinse le braccia al petto, scossa da un brivido.
-Sarah, tutto ok?-
Adrian protese una mano verso il suo viso, ma la ragazza si scostò prima che lui arrivasse a sfiorarla.
-Va tutto bene. Sono solo un po' stanca.-
Adrian serrò le labbra. Non la contraddisse, ma Sarah capì che non le credeva.
-Se c'è qualcosa che posso fare...-
-Chiederò.- gli assicurò lei, distogliendo lo sguardo. -Dai, andiamo via. Fa freddo qui dentro.-
Adrian annuì, serio.
Uscirono in strada, si salutarono.
Sarah si avviò verso casa senza voltarsi indietro, la borsa che le sbatteva contro il fianco e il volto del re dei Goblin ancora davanti agli occhi.
   
 
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