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Autore: kayak chan    04/09/2010    2 recensioni
Due piccole shot ispirate all'album American Idiot, legate tra loro dal momento che raccontano, quello della distribuzione della Novocaina, la prima dal punto di vista di St. Jimmy, la seconda da quello di Jimmy.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Innanzi tutto ringrazio veramente di cuore 409inMyCoffeeMaker per la bellissima recensione e i complimenti *-* sono felice che la mia storia ti abbia fatto pensare, è una delle cose più belle che potessi dirmi!!!! E aggiungendo la storia tra i preferiti mi hai fatta veramente volare in alto sulla mia scala dell'autostima! Grazie tantissime!! *-*
Un ringraziamento anche a tutte le altre persone che hanno letto, sperando che vi sia piaciuta e che vogliate leggerne anche questo che non è un vero seguito, cambia il punto di vista e (spero) anche un po' lo stile e l'atmosfera, ma questo sta a voi giudicarlo. La verità è che, come già detto, sono due cose diverse legate solo dal momento in cui si ambientano.
Questo è quello che ero partita con l'idea di scrivere. Non è una song-fic, le parole non sono riportate nel testo, è solo ispirata alla canzone "Give me Novacaine".
Bene, non mi dilungo oltre, spero vivamente che vi piaccia e se non è così...pace, ma in ogni caso sarò felicissima di sapere la vostra opinione ^-^
Un Bacione                   Ceci 


********************

Guardo la polverina bianca nella mia mano, la mia ancora di salvezza giornaliera. Con questa riesco a dimenticare tutto: la fottuta sensazione di prigionia e frustrazione che provo ogni momento, la merda che mi circonda e mi soffoca, i ricordi del posto da cui provengo, da cui sono scappato, che continuano a perseguitarmi.
È come tornare bambini, quando il presente è un susseguirsi di eventi uno più importante dell’altro e ciascuno copre il precedente, finchè il passato non rimane solo un confuso carosello costellato di piacevoli sensazioni che coprono quelle più brutte, riequilibrando il tutto a favore della serenità.
E quando il semplice scorrere del tempo non basta, finchè sei bambino c’è sempre quell’ingrediente magico, quel qualcosa che riesce sempre a far pendere l’ago dalla parte giusta, così insospettabile nella sua semplicità.
Per me era il bacio della buona notte.
Non ricordo neanche l’ultima volta che mia madre me l’ha dato, ma so che l’ha fatto. Sento questa sensazione, riguardando nel mio passato, anche se non riesco più legarle un immagine. E tutte le volte che cerco di recuperarla provo sempre lo stesso senso di fittizio calore e falsa sicurezza, perché il tempo dei baci della buona notte è finito da tempo.
-Dammi un lungo bacio della buona notte e tutto andrà bene-
Sussurro queste parole a fior di labbra, mentre rovescio la polverina sulla lingua. Il sapore è acre, il primo impulso è sempre quello di sputare. Non è più il tempo dei baci della buona notte, quando l’oblio e la calma filtravano attraverso un qualcosa di piacevole, ora bisogna soffrire un poco per giungere al piacere. Prima, inevitabile, dura, fottutissima lezione di vita, a cui prima o poi tutti sono costretti ad asistere.
Sempre che di piacere si possa parlare, poi. La sensazione di appagamento provocata dall’oblio è gradevole, ma falsa, lo riesco a percepire anche sotto l’effetto di questa magica polverina.
La sento scendere nella mia gola, lenta. È una carezza seducente, fatta da una mano con lunghe unghie affilate che graffiano la carne lasciando scorrere sottili scie di sangue.
Eppure è proprio in questo che risiede il piacere, nella sensazione di debolezza e abbandono, di se stessi, del mondo. Il piacere è nell’accasciarsi a terra e non percepire alcuna minaccia, nel potersi lasciare alla mercè del mondo perché semplicemente il mondo non esiste, non più. Proprio come un bambino, a cui il solo calore di un bacio porta via qualsiasi preoccupazione, lasciando la strada spianata all’oblio del sonno.
Io non dormo, non è il buio ad avvolgermi ma una sottile nebbiolina, che appanna gli occhi e sfuma i contorni e i colori. L’effetto è lo stesso, l’unica differenza è che così posso percepire ciò che accade attorno a me. Non sento i rumori, sono ovattati, ma posso vedere delle macchie muoversi. Tante figure indistinte accasciate come me, una sola in piedi in mezzo a noi e un’altra, appena apparsa alla porta. L’unica non sfocata.
È tipico il suo arrivare in ritardo. Tipica la sua camminata decisa, incurante. Tipicamente suo, straordinario per noi altri, che ci ammassiamo imploranti qui ben prima dell’orario stabilito. Eppure non c’è sprezzo in lei, non mentre si dirige verso di me, non mentre si china e mi sfiora la fronte coi suoi capelli. Non sento più i miei muscoli indolenziti, il freddo pungente che penetra dalle fessure, l’umidità che trasuda dalle pareti, il pavimento duro sotto di me e la scomoda parete dietro la mia schiena, ma il tocco dei suoi capelli sulla mia pelle genera un impulso elettrico che arriva nitido al mio cervello.
-Dammi un lungo bacio della buonanotte e tutto andrà bene-
Sospira, rassegnata. Non ce l’ho fatta, ho ceduto di nuovo.
-Quanto vorrei che fosse così facile, Jimmy-  
Anche la sua voce giunge nitida alle mie orecchie e un altro impulso elettrico mi attraversa il cervello sentendo il suo respiro caldo sulla tempia. Un’intera scarica mi colpisce invece quando le sue labbra la sfiorano. Posso percepirne la morbidezza intaccata dal freddo dell’aria, la forma sinuosa  interrotta da una minuscola cicatrice sul lato destro. Sento l’esatto variare della pressione delle sue labbra sulla mia pelle. Tutto di lei mi arriva chiaro, anche sotto l’effetto di questa polverina. Perché lei è l’unica cosa che veramente conti, l’unica per cui potrei lottare, con cui potrei lottare.
Le labbra abbandonano la mia pelle, la sua figura si alza e riprende a muoversi, va a cercare anche lei la sua dose di oblio, finalmente, esce dalla mia visuale.
Tutto ciò che mi rimane davanti agli occhi è uno squallore grigio, emblema dei miserabili. Se lei dovesse sparire non potrei combattere per così poco.
Il segno umido sulla mia tempia diventa di ghiaccio a contatto con la fredda aria che mi circonda, gelando a poco a poco tutto il resto del corpo. Se lei dovesse sparire non troverei neanche la forza di combattere ancora.


  
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