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Autore: allanon9    08/09/2010    3 recensioni
Cosa succede se i nostri 5 venissero costretti a passare un intero weekend in una splendida casetta sulla spiaggia di Malibù?
Genere: Commedia, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Eccoci alla fine della storia.

Grazie a tutte le mie fedeli lettrici, chiedo venia se è mancato il movimento, non so se mi spiego, ma non disperate posterò presto qualcosa in cui il movimento spero non mancherà.

Quindi buona lettura e...alla prossima!

Quarta parte

A letto Lisbon non riuscì a prendere sonno, le mille espressioni e i mille umori di Jane le danzavano nella testa senza darle pace.

Adorava il modo in cui riusciva a farla sentire viva, come la sfidava, come la consolava o come la faceva impazzire di rabbia anche, in poche semplici parole adorava Patrick Jane nella sua totalità e questo la spaventava a morte.

Non sapeva come gestire quei sentimenti per il suo consulente, non riusciva nemmeno a darsi una spiegazione logica sul come o quando o perché avesse sviluppato tali sentimenti per lui.

Era talmente diverso da lei: infantile, immaturo, spaccone, menefreghista…ma anche dannatamente affascinante, divertente, bello, dolce, triste...

Sospirò voltandosi per l’ennesima volta nel letto in cerca di una posizione che magari le avrebbe conciliato il sonno, non riuscendoci si alzò e uscì nella veranda.

L’aria fresca proveniente dal mare le riempì le narici rinvigorendola.

“Non riesci a dormire?” le chiese Jane sottovoce.

“No, neppure tu vedo.”

Lui ridacchiò.

“Non è una novità per me. Cosa ti turba?” le chiese scrutandola nel buio.

Lei fece spallucce.

“Ah Lisbon, perché menti? Sai che io riesco a leggerti come un libro aperto.”

Lisbon ridacchiò a sua volta.

“Si certo, come no.”

Jane le si avvicinò pericolosamente, scrutandole gli occhi verdi grandi e smarriti.

“Il tuo dilemma è… hai dei sentimenti per qualcuno che secondo te non li merita. No, non è che non li meriti e che è così differente dal tuo tipo ideale!” le disse con la faccia concentrata come se stesse realmente leggendogli la mente.

Come ogni volta che Jane riusciva ad indovinare i suoi pensieri, Lisbon sulla difensiva, oltre che arrossire, negò.

“Non è vero!”

“Sì è così. Beh, se posso darti un consiglio dovresti parlargli, questo allenterà parecchio la tensione e lo stress a cui la tua mente è sottoposta e migliorerà anche i tuoi mal di testa.” Aggiunse allontanandosi da lei sorridendo sicuro di ciò che aveva appena letto nell’espressione di lei.

“No…io…non è vero che sono tesa.” Continuò lei debolmente.

“Se ti piace negare l’evidenza fai pure Lisbon, ma a me non puoi sfuggire.” Le sussurrò di nuovo troppo vicino.

“Conosco il fortunato?” aggiunse poi sorridendo.

“Non lo so, dimmelo tu, non sono un libro aperto per te?” lo sfidò Lisbon.

Lui scoppiò a ridere.

“Ok, per stasera basta così. Domani ci aspetta un viaggio abbastanza lungo per tornare a casa, faremo bene a provare a riposare un po’.”

“Già. A domani Jane.” Lo salutò lei a disagio.

“A domani.” Rispose lui, ondeggiando sui piedi.

Rigsby e Van Pelt tornarono a casa pochi minuti dopo che Jane si fu ritirato per la notte.

Avevano parlato per un po’ del più e del meno durante la passeggiata, poi lui preso dalla passione l’aveva baciata e Grace non era riuscita a resistergli.

Avevano finito per fare l’amore in riva al mare, come in un film degli anni cinquanta, con le onde che lambivano i loro corpi intrecciati e ora, sentendosi colpevoli come due ragazzini, si baciarono velocemente e ognuno andò nella propria stanza.

Van Pelt si coricò cercando di non far troppo rumore, ma Lisbon era sveglia.

“Spero che non te ne pentirai Van Pelt, per il tuo bene e anche per il mio.” Le disse guardandola dritto negli occhi.

“Staremo attenti questa volta capo, te lo giuro.” Rispose la ragazza con la voce tremante.

“Dormi ora.” Le disse Lisbon girandosi dall’altra parte.

Le era sembrato di essersi appena addormentata quando dei rumori provenienti dalla cucina la svegliarono, spingendola ad alzarsi, guardò fuori dalla finestra, era ancora scuro ma già il chiarore dell’alba tingeva l’orizzonte.

Piano e con la pistola in pugno si diresse verso i suoni che l’avevano disturbata.

“Lisbon!” gridò quasi Jane con le mani alzate, appena la vide puntargli l’arma addosso.

“Gesù Jane, avrei potuto spararti.” Disse lei mettendo via la pistola.

Lui abbassò le mani e se ne passò una nei capelli arruffati, con il risultato di arruffarli ancora di più.

“Non riesci a dormire?” gli chiese Teresa sedendosi al tavolo.

“Stavo dormendo veramente, ma ho avuto un incubo e…Ma tu perché sei qui?” ritorse cambiando discorso.

Lei lo guardò negli occhi e sorrise.

“Cambi discorso Jane? Ok, quando ero piccola e facevo brutti sogni, la mamma mi preparava del latte caldo col miele, diceva che aiutava a dimenticare l’angoscia e faceva tornare il sonno.” Il sorriso di Lisbon era così dolce nel ricordare quell’episodio, che Jane sentì il cuore stringersi ma non sapeva bene se per la tenerezza che lei gli ispirava in quel momento, o per il dolore di condividere il suo senso di perdita.

“Vuoi che te lo prepari Jane?” gli chiese con la voce morbida.

Jane rimase a fissarla perso nella dolcezza del suo viso, sbattendo le palpebre come se stesse svegliandosi da un sogno.

“Ehm…no grazie Lisbon, ho paura che nulla possa conciliare il mio sonno, però apprezzo il tuo interessamento.” Le rispose piano, sedendosi accanto a lei.

Lei fece spallucce.

“Io ci ho provato. Jane…” disse poi sporgendosi un po’ verso di lui.

“Perché non provi a raccontarmi il tuo incubo, condividerlo potrebbe aiutare.”

Lui scosse la testa testardamente.

“No. Non voglio raccontarti niente, era solo uno stupido incubo tutto qui.” Disse lui alzandosi e allontanandosi da lei.

“Hai la maglietta che si può strizzare e lo sguardo di un animale spaventato, non occorre essere te per capire il tipo di sogni che ti tormentano.”

Jane alzò gli occhi al cielo e sospirò forte.

“Se li immagini non chiedermi di parlarne allora, per favore.”

Lisbon rimase senza fiato nel vedere lo sguardo di Jane.

Dolore, paura, rabbia erano mescolati insieme nell’azzurro verde di quegli occhi dandogli l’aspetto di un bambino sperduto, solo.

Il cuore di Lisbon accelerò i battiti mentre si alzava per raggiungerlo.

“Scusami non intendevo girare il coltello nella piaga, volevo solo che tu ti aprissi un po’, dici sempre di fidarti di me ed ho pensato che magari volessi confidarti. Quando sarai pronto, io sarò lì per ascoltarti.”

Gli diede un leggero bacio sulla guancia resa ruvida dall’accenno di barba che cresceva e quasi scappò nella sua camera chiudendo la porta dietro di se.

Jane si toccò la guancia con tenerezza, avrebbe tanto voluto sapersi aprire con gli altri come pretendeva che loro facessero con lui, ma non nè era capace, non più.

Si sedette con la testa tra le mani, a volte aveva l’impressione che con la sua famiglia fosse morta anche la sua umanità.

Amava Lisbon, ma finché la sua anima non avesse ottenuto la sua vendetta su Red John non poteva fare nessuna mossa con lei, non meritava un uomo spezzato come era lui.

Guardò l’ora. Le cinque, avrebbe fatto una nuotata prima di partire, forse l’avrebbe aiutato a liberare la mente dai dolorosi ricordi che questo weekend aveva riportato a galla.

Uscì nell’aria fresca del mattino non ancora spuntato e si diresse sulla spiaggia.

Il vento proveniente dall’oceano era pungente e Jane si strofinò gli occhi che gli bruciavano per la salsedine.

Sbatté più volte le palpebre per liberarsi dal fastidioso bruciore e, toccandosi gli occhi, scoprì essere causato dalle lacrime.

Si sedette sulla spiaggia, si sentiva girare la testa e gli pareva che qualcuno gli stesse affondando un coltello nel cuore. Portò le ginocchia al petto e vi seppellì il viso, soffocandovi i singhiozzi.

Era stanco: stanco di non dormire, stanco di sentire solo il vuoto dentro di se, stanco di dover rinunciare ad amare una donna meravigliosa come Lisbon, stanco di rincorrere un beffardo, crudele e sfuggente serial killer, stanco di sentirsi così in colpa.

Si alzò e si tuffò in mare, l’acqua fredda lo colpì come un pugno nello stomaco, con vigorose bracciate cominciò a nuotare annullando i pensieri che gli turbinavano nel cervello.

Nuotò per una buona mezz’ora finché i suoi muscoli doloranti non cominciarono a protestare, solo allora uscì dall’acqua e si avviò verso il cottage.

Si fece una doccia, si vestì col completo grigio scuro e  la camicia azzurra e preparò una veloce colazione per i suoi colleghi.

Si sentiva meglio, era sempre così che succedeva: aveva un incubo, si svegliava sudato e spaventato, i muri di protezione sgretolati come dopo un terremoto, provava a scacciare la tristezza senza successo (con o senza la presenza di Lisbon non c’era differenza), poi si lasciava andare all’autocommiserazione piangendo come un bambino e quando era stremato si faceva una doccia e si sforzava di andare avanti rimettendo in piedi il muro che lo proteggeva.

Rigsby e Cho si alzarono per primi e dopo aver bevuto il loro caffè e mangiato le loro ciambelle, si andarono a preparare.

Le due donne invece uscirono dalla loro camera già pronte.

“Grazie per la colazione Jane.” Disse Lisbon guardandolo di sbieco.

Lui le sorrise tranquillo.

“Di niente. Allora…” disse battendo insieme le mani “Andiamo?”

Tutti annuirono e prese le loro valigie si avviarono ai taxi che Cho aveva chiamato per portarli all’aeroporto.

“Tutto ok?” gli chiese Lisbon trattenendolo per una manica prima di entrare nel secondo taxi con lui.

“Sto bene. Dopo di te.” Disse facendola passare davanti a lui.

Lei annuì leggermente.

I loro corpi si sfiorarono appena entrando nel taxi ed entrambi rimasero senza fiato.

Sarebbe stata dura tenere a bada i sentimenti che provavano l’uno per l’altra, ma entrambi erano consapevoli di non essere pronti per affrontarli.

Forse col tempo, dopo Red John, Jane sarebbe tornato a vivere dandosi una possibilità e Lisbon era disposta ad aspettare che il cuore del suo biondo consulente smettesse di sanguinare.

Il sentiero verso quel cuore lei aveva provato a tracciarlo la notte prima, l’importante era non perderlo di vista.

La costa sabbiosa di Malibù si snodava davanti agli occhi di Jane come un lungo serpente dorato.

Un sorriso gli increspò le labbra piene, il profumo di Lisbon invase i suoi sensi rendendolo sicuro di una cosa: avrebbe lottato per lei anche a costo della sua vita, qualunque cosa fosse successa, stavolta ci sarebbe stato per la donna che amava.

  
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