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Autore: chiaki89    08/09/2010    4 recensioni
Sono passati sei anni dall’arrivo dei Volturi. Leah, unica donna fra i licantropi, è sempre più insofferente verso tutto ciò che la circonda, nonostante ci siano stati piccoli miglioramenti.
Ma l’arrivo di un vampiro mai visto nella zona sconvolgerà di nuovo tutto.
Chi è Jeremy? Perché è arrivato a Forks?
Queste domande diventano superflue quando Leah si ritrova costretta con l’inganno a sorvegliarlo quotidianamente.
Ed è l’inizio di una nuova storia, nella quale incontrerete ancora tutti i personaggi che avete amato, e anche qualcuno in più.
“Quando il vampiro platinato si voltò ebbi la soddisfazione di vederlo stupito per un secondo buono. Presi fiato per dare libero sfogo alla mia volgarità ma lui mi precedette con una risata decisamente maleducata.
“E così, quel cosino è un lupo? Avete anche donne-lupo? Ridicolo! Inaudito!” continuò a sghignazzare.
“Ehm, lei è l’unica…” rispose cautamente Jacob, guardandomi.

[…]
Raccolsi un grosso masso di granito e lo scagliai con precisione. Gli staccai di netto un braccio. Mi permisi di rivolgergli un sorriso compiaciuto, consapevole che stavo giocando col fuoco.”
Tratto dal cap.3
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Leah Clearweater, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Harvest Moon'
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INQUIETUDINE

 

 

 

Lo guardai, incapace di dire una parola. Complimenti per l’acume, Joshua. Se non me l’avessi detto tu non avrei mai immaginato che fossi tornato.

“Lee-Lee?”, chiese perplesso, registrando stupito il mio mutismo.

“Piantala di chiamarmi con quello stupido nomignolo. Nessuno mi chiama più così.”, risposi secca.

Lui parve ferito dalle mie parole: si morse il labbro inferiore ed abbassò un attimo gli occhi.

“Scusami, Leah. Non lo sapevo.”. Il suo sguardo di scuse non mi smosse minimamente.

“Bentornato a La Push, Joshua.”, dissi asciutta, mi voltai e salii le scale per andare in camera.

Mi appoggiai pesantemente alla porta, chiudendola. Era un incubo. Joshua che tornava a vivere a La Push. Joshua che mi chiamava Lee-Lee.

Deglutii guardando il soffitto. Gli ultimi ricordi che condividevo con mio cugino risalivano al periodo in cui stavo con Sam.

Joshua aveva accolto le mie prime ammissioni di provare qualcosa per Sam, mi aveva incoraggiata quando mi ero convinta di non avere possibilità ed infine aveva gioito come un fratello con me quando Sam aveva confessato di essere innamorato della sottoscritta.

Joshua non mi aveva mai abbandonato, finché non era stato costretto a partire per seguire la famiglia. Pochi mesi dopo, Sam aveva avuto l’imprinting con Emily, e Joshua non c’era. Io ero troppo orgogliosa per chiedergli aiuto.

E poi c’era stata la trasformazione. Su quella non potevo dire nulla neanche volendo: Joshua, il mio migliore amico, era così uscito dalla mia vita, senza che io facessi nulla per trattenerlo vicino.

Averlo davanti adesso mi suscitava semplicemente troppe emozioni. Mi serviva un po’ di solitudine per elaborarle e sedimentarle. Non mi sarei mai fatta compatire dagli altri.

Joshua mi ricordava i momenti felici passati con Sam e che avevo tentato di seppellire a fondo nella mia mente sotto strati di astio, antipatia ed asprezza. Nella mente mi figuravo mio cugino, munito di una vanga, che dissotterrava e lanciava davanti ai miei occhi i frammenti di ricordi che ora provocavano solo dolore, come cristalli spezzati sotto i piedi.

E poi Joshua era normale. Lui non rischiava di diventare una creatura da film dell’orrore come la sottoscritta: non aveva nessun legame di sangue con il lignaggio dei mutaforma. Lo invidiavo. Eravamo così simili da bambini, tanto quanto eravamo differenti da adulti. I suoi sogni lo attendevano appena girato l’angolo, i miei erano stati distrutti tempo fa, insieme a tutti i sentimenti che potevo provare. Riuscivo ad amare solo la mia famiglia.

Joshua rappresentava tutto quello che non potevo più avere.

Mi abbandonai sul letto, combattendo contro l’angoscia e la tristezza, rifiutandomi di diventare una ragazzina piagnucolante uguale alle tante che avevo conosciuto. Non avrei permesso alla presenza di Joshua di far riemergere la vecchia Leah, quella che aveva sentito il mondo crollarle addosso quando i suoi amori erano evaporati come rugiada al sole cocente, quando il suo corpo e la sua anima avevano subito un cambiamento irreversibile e non volontario.

Ero forte. Ero acida e menefreghista. Non mi facevo problemi a scaricare sugli altri le conseguenze dei miei dolori. Mi ripetevo queste parole come un mantra, tenendo gli occhi chiusi per farle penetrare più a fondo nella mia mente improvvisamente stravolta.

Svariati minuti dopo sollevai le palpebre, osservando attentamente i granelli di polvere che fluttuavano nella stanza illuminata dagli ultimi raggi del sole morente.

Ero di nuovo me stessa. Lo tsunami di emozioni si era calmato. Inspirai a fondo, senza che il respiro mi rimanesse impigliato in gola come era successo prima. Mi alzai dal letto, facendo cigolare le molle, e mi guardai allo specchio. Presi una spazzola e cominciai a pettinarmi i corti capelli. Quel gesto così quotidiano e naturale mi calmò ulteriormente: ero pronta ad affrontare la cena.

 ***

Gli altri tre erano già a tavola quando arrivai in cucina. Mormorai un saluto laconico e mi sedetti all’ultimo posto rimasto libero: quello davanti a Joshua.

Ebbene sì, la dea della fortuna mi odiava. Le avrei volentieri spaccato la cornucopia in testa.

“Ciao Leah. Va tutto bene?”. Mio cugino non sapeva trattenere la lingua tra i denti. Era più o meno la versione ingenua di Jacob.

Gli lanciai uno sguardo penetrante, intenzionata a dissuaderlo da ulteriori domande, e mi concessi di rispondere.

“Sì, va tutto bene.”. Presi la forchetta ed iniziai a mangiare. Il silenzio nella stanza era totale ed opprimente, lo avvertivo dal senso di disagio degli altri. Io invece ero più che felice di quel momento di quiete insperata.

“Sicura che non ci sia nulla che non va?”, insistette Joshua. Il suo tono era sinceramente preoccupato e coinvolto, ma non servì a mitigare l’asprezza della mia replica.

“Ho detto che va tutto bene, quante volte devo ripeterlo?”.

Per favore Joshua, smettila di guardarmi con quello sguardo da cucciolo ferito. Mi irrita soltanto di più. I tuoi occhi sempre ridenti non devono sfoggiare espressioni diverse.

Evitai di dirgli anche queste cose. Non era il caso.

“Hey Josh! Come mai hai deciso di tornare qui a La Push? Mamma non ci ha voluto dire nulla!”. Seth salvò tutti dal momentaneo imbarazzo dovuto alla mia acidità. Non che me ne importasse.

L’altro sorrise, felice di aver trovato un interlocutore più disponibile, e risistemò una ciocca di capelli scuri dietro l’orecchio. Erano più lunghi dei miei. Glieli avrei strappati con grande soddisfazione.

“Mi sono laureato l’anno scorso in legge. Ma avevo nostalgia della riserva, che avevo abbandonato malvolentieri, e tua mamma mi ha fatto casualmente sapere che qui c’era necessità di un avvocato.”.

Bah. Era tipico di Joshua tentare di diventare un eroe della giustizia.

“Davvero? E come hai fatto a saperlo, mamma?”, chiese mio fratello, perplesso. Il solito idiota.

“Charlie.”, sibilai secca.

Mia madre annuì. “Il mio compagno è l’ispettore capo Swan, della polizia di Forks. Mi ha detto che il signor Barks, il loro avvocato d’ufficio, sta per andare in pensione. Quindi ho pensato a te. Il tuo curriculum è notevole, perciò il signor Barks ha subito accettato di prenderti come apprendista per poi lasciarti il suo posto.”.

Gli occhi di Joshua brillavano di contentezza. Era una persona così trasparente che tutte le emozioni che stava provando si leggevano sul suo viso senza nessuna difficoltà: fierezza, gratitudine, aspettativa.

“Non vedo l’ora di cominciare, Sue. Ti ringrazio tanto per l’opportunità.”.

“Non c’è di che.”, rispose asciutta. Eppure sapevo che anche lei era contenta.

Il tintinnare delle posate tornò a regnare sovrano, inframmezzando il silenzio innaturale. Quando anche l’ultimo boccone di dolce venne spazzolato mi accinsi a tornare in camera.

“Ehm…Leah, posso chiederti una cosa?”. La voce di Joshua era cortese, come sempre, nonostante le mie riposte scontrose di prima.

Annuii sentendomi vagamente in colpa. In fondo non era sua responsabilità se mi ritrovavo a stare attaccata ad un branco di succhiasangue di giorno e fianco a fianco con i miei peggiori ricordi di sera.

“Domani ti va di venire a fare una passeggiata sulla spiaggia, come ai vecchi tempi?”. Il suo sguardo speranzoso mi irritò. Pensava che bastassero degli occhi da cucciolo ed un tono vellutato per farmi diventare improvvisamente una donna tutta zucchero e cortesie?

“No.”. Avevo già fatto qualche passo quando Joshua mi chiamò di nuovo. Che strazio. Stava diventando più appiccicoso delle sanguisughe.

“Allora possiamo fare il giorno dopo?”, insistette.

“No, Joshua.”. Il mio tono era definitivo.

“Per quale motivo? Ti infastidisce il fatto che sia qui?”. Inspirai profondamente, preparandomi a rispondergli di farsi gli affari propri e che sì, non ero contenta della sua presenza a La Push, quando venni interrotta da Seth.

“Leah deve lavorare, per questo non può venire in spiaggia con te.”.

“Oh.”, rispose mio cugino. Parve raccogliere tutto il proprio coraggio e parlò di nuovo. “Alla sera?”.

Spalancai gli occhi, incredula. Perché quello stupido continuava ad insistere? Ci teneva così tanto a scavare nelle ferite non ancora completamente guarite? Oppure voleva solo farmi saltare i nervi, cosa che gli stava riuscendo egregiamente.

Mi voltai e salii le scale senza rispondergli. Lo facevo solo per la mamma, per evitare che si sentisse troppo a disagio ad assistere ad una discussione tra me e Joshua. Un evento davvero mortificante: io mi sarei messa urlare improperi e lui se ne sarebbe stato buono buono in un angolo ad aspettare che avessi finito. Conoscendo mio cugino sapevo che si sarebbe comportato così. Era semplicemente troppo buono.

Sentii, grazie al mio udito sovraumano, Seth che spiegava a Joshua che probabilmente dopo il lavoro sarei stata eccessivamente stanca.

Per la seconda volta nel giro di una giornata mi lanciai sul mio letto. Temevo che il sonno avrebbe faticato ad arrivare, ostacolato da tutto il turbinio di pensieri che girava nel mio cervello. Ma non fu così, per fortuna. Pochi minuti dopo ero già nel mondo degli incubi.

***

La mattinata radiosa faceva a pugni con il mio morale fosco.

Svegliarmi, fare colazione insieme a  Joshua con la prospettiva di passare l’intera giornata insieme ad un vampirastro senza cervello: i brutti sogni che avevo fatto quella notte impallidivano di fronte alla realtà di gran lunga peggiore.

Soffocando uno sbadiglio uscii di casa, seguita dalla voce di mio cugino che mi augurava buon lavoro. Ero ancora troppo intorpidita per sfoggiare al meglio la mia acidità perciò gli risposi con un grazie, benché fiacco. Ero comunque all’apice della mia buona educazione nei suoi confronti.

Al sicuro tra l’ombra degli alberi imponenti della riserva mi spogliai, legando il mio vestito alla caviglia con una cordicella. Un tremito inizialmente lieve e poi più violento mi scosse. I tonfi delle mie zampe potenti risuonarono poco dopo nella foresta, trasformandomi in una macchia argentea e sfocata per qualunque umano mi avesse incrociata. Il vento che mi scompigliava il pelo si stava portando via tutte le preoccupazioni, lasciando la mia mente serena.

Almeno finché non arrivai a casa Cullen.

Mi fermai ad una distanza di sicurezza, attendendo la mia palla al piede. Lui uscì quasi trotterellando, con un gran sorriso sul volto di marmo e scuotendo convulsamente la mano in un saluto da bambino delle elementari.

Alzai gli occhi al cielo, rinunciando ad ogni rappresaglia. Con lui era inutile e ormai l’avevo capito: preferivo risparmiare le energie per qualcosa di meglio.

“Ciao lupacchiotta! Oggi dove si va?”. Lo osservai un attimo, critica.

Il suo sorriso era lievemente teso, gli occhi spalancati un po’ più del dovuto e le labbra umide per il veleno.

Sbuffai pesantemente. Pensava che non mi sarei accorta che stava morendo di sete?

Caccia, pensai.

“Caccia”. La voce di Edward veniva da dentro la casa. Beh, un po’ d’aiuto non aveva mai fatto male. Mi aveva risparmiato la scocciatura di mimargli la risposta o, peggio ancora, di trasformarmi per dirgliela. La sanguisuga ossigenata annuì entusiasta.

Lo seguii di malavoglia durante tutta la battuta di caccia, constatando nuovamente la sua abitudine di controllare le prede per evitare che gli danneggiassero i vestiti.

Il mio pensiero volava più spesso del dovuto verso La Push e verso mio cugino. Non potevo farne a meno: le preoccupazioni premevano insistentemente contro la barriera della mia coscienza, impossibili da ignorare.

“Sei distratta.”. La voce di Jeremy mi riscosse. Accidenti, era grave se persino lui si accorgeva che la mia mente non era perfettamente presente.

Sollevai il muso in un gesto sprezzante. Che si facesse gli affari propri.

“È successo qualcosa? Sono un ottimo ascoltatore, sai?”. Lo guardai fugacemente, tenendo il naso puntato all’insù, poi ridacchiai facendo un suono raschiante con la gola. Lui, un ottimo ascoltatore? Ha! Divertente.

“Non sto mentendo. E ogni tanto potresti anche parlarmi, lupacchiotta!”, sghignazzò.

Scossi il muso, scocciata dalla sua insistenza e dalle sue insinuazioni. Io avrei dovuto chiacchierare amabilmente con lui? Forse in una realtà parallela. Forse.

“Insomma, non ti ho mai sentito parlare con qualcuno! Le uniche parole che ho sentito uscire dalla tua bocca erano insulti e frasi intrise di rabbia. Ma lo fai solo con i vampiri o anche con le persone?”, chiese, stranamente senza malizia.

Tuttavia la mia pazienza era già a livelli minimi.

Ringhiai forte, rabbiosa, facendogli capire che probabilmente non era il caso di insistere su certi argomenti. Tipo i rapporti interpersonali.

Lui mi osservò un attimo, come a valutare la motivazione di tanta furia. “Sicura di non voler parlare?”, domandò ancora, cautamente.

Gli feci freddamente cenno di proseguire: l’idiota mi osservò un attimo ed infine, con una saggezza che mi stupì notevolmente, decise di lasciar perdere. Cominciava ad imparare.

***

Tornammo alla base alcune ore dopo, in anticipo sulla tabella di marcia. Era stato lui ad insistere: diceva di voler vedere la partita di un qualche sport insulso ed io ero stata ben lieta di accontentarlo. Dalle occhiate che mi lanciava però temetti che quello fosse un gesto carino per permettermi di tornare a casa prima. Insomma, un gesto di cortesia.

Sperai che non fosse così: mi dava i brividi.

Rosalie mi venne incontro non appena uscimmo dalla boscaglia.

“A domani.”, mi salutò Jeremy, e ci lasciò sole. Dovetti constatarlo: il suo buonsenso stava aumentando. Una scocciatura in meno per me.

“Ehi Leah.”.

“Rosalie.”.

Mi squadrò con aria critica, passandosi distrattamente le dita nei lunghi capelli biondi.

“È successo qualcosa?”, chiese con la sua voce musicale.

Era diventato uno sport chiedermi la stessa cosa, per caso? Prima il succhiasangue platinato, poi lei. Avevano forse un collegamento mentale a me sconosciuto?

Scossi la testa, infastidita. “Non è successo nulla.”. Almeno con lei decisi di prendermi il disturbo di dare una risposta.

I suoi occhi ambrati si strinsero per il sospetto. “Non me la bevo, lupastra.”. Ghignò in modo poco elegante, come faceva sempre -e solo- con me. Guai se la sua immagine da perfetta dea bionda piena di grazie si fosse rovinata.

Il suo atteggiamento mi fece sorgere un sorriso spontaneo. Quella succhiasangue maledetta.

“È tornato mio cugino.”, cedetti.

Il suo splendido visino esibì un’espressione perplessa. “E?”.

“E basta.”

Cominciò a battere nervosamente a terra il piede fasciato da una scarpa col tacco a spillo. Il rumore era peggio di un martello pneumatico nelle mie orecchie. Capitolai.

“E va bene!”, sbuffai seccata. “Mio cugino Joshua era il mio migliore amico. Mi è rimasto accanto da quando avevo cinque anni fino a poco prima che Sam mi lasciasse. Okay?”.

Rosalie smise di muovere il piede e sospirò. “Fammi indovinare. Ricordi che ritornano, ferite che si riaprono ed impressioni di una Leah passata che non riconosci e non vuoi riconoscere.”.

La sanguisuga aveva il dono di saper riassumere tutto perfettamente e, cosa non da meno, di capirmi. Annuii, quasi sperando in un discorso accorato per tirarmi su il morale. Ma ormai la conoscevo troppo bene. Non era da Rosalie fare cose del genere.

Scosse i fini capelli, come introduzione al discorso, poi mi piantò il suo sguardo dorato addosso e sfoggiò un cipiglio severo.

“Bella codarda che sei. Sei sconvolta perché le tue memorie stanno tornando a farti visita sotto forma di tuo cugino. Sei patetica.”.

Inspirò a fondo, facendo una pausa durante la quale mi chiesi se dovevo sentirmi offesa o se, come al solito, gli insulti erano il modo di Rosalie per confortarmi.

“Tu stai scappando dal passato senza avere alcuna intenzione di guardare al futuro. Sei bloccata nella  mente tanto quanto lo sei nel corpo. Dovresti chiederti se questo è il modo migliore di vivere, Leah.”. Il suo sguardo si era leggermente ammorbidito ora. “Forse è arrivato il momento di affrontare davvero il tuo passato, chi lo sa? In ogni caso non è da te lasciarti inquietare così tanto, devi dimostrare quello che sei! Una vera dura. ”. Benché le ultime parole fossero state pronunciate con un velo di derisione le apprezzai comunque, e capii le intenzioni di Rosalie.

Le feci un cenno di saluto e mi voltai per tornare a casa, fingendomi offesa. Dopo un centinaio di metri ci ripensai.

“Ehi, succhiasangue!”, gridai rivolta alla sua schiena.

“Sì, cagnaccio?”, ribatté con grazia, guardandomi.

“Grazie.”. Incurvai un lato della bocca all’insù e lei imitò il mio gesto.

Poi ripresi la mia corsa e mi diressi verso la riserva. Senza smettere di correre mi tolsi il vestito e lo legai alla caviglia. In un attimo ero trasformata. Ora sì che potevo volare liberamente.

 

 

 

 

 

 

 

*Note dell’autrice*: come promesso ecco il capitolo! Ho temuto di non fare in tempo a causa di un paio di problemi e invece, eccomi qua!

Spero che il capitolo vi piaccia, è abbastanza lento ma d’altronde è un capitolo di transizione. Ogni parere è più che ben accetto! Sia positivo che negativo!

Finalmente sono riuscita ad introdurre come si deve il personaggio di Joshua e anche il rapporto Leah/Rosalie che, purtroppo, ancora non avevo avuto occasione di inserire.

Ringrazio tutti coloro che hanno aggiunto la storia alle seguite, alle preferite o a quelle da ricordare! Non potete immaginare quanto mi rendiate felice!

Un grazie speciale a quelli che hanno recensito, mi risollevate il morale quando la mia autostima si va a nascondere qualche metro sotto terra!

E, ovviamente, un grandissimo ringraziamento anche a tutte le persone che semplicemente leggono silenziose questa fanfiction senza pretese.

Grazie a tutti, davvero.

Il prossimo capitolo, salvo imprevisti, verrà pubblicato il 23 settembre, così mi faccio un piccolo regalo di compleanno da sola! Al prossimo aggiornamento!

 

Forse (e dico, forse!) vi chiederete dov’è finito lo spin-off che avevo promesso. È qui dentro al mio computer e non riesco a trovare il coraggio di pubblicarlo. Lo so, sono da compatire. Un giorno (ancora abbastanza lontano) racimolerò il coraggio di farlo, presumo. Alla prossima!

 

Risposte alle recensioni:

 

@  vannagio: come al solito (e spero che rimanga sempre così) grazie per i complimenti! Penso di poterti dare una spiegazione per il fatto che salto sulla sedia quando leggo le tue recensioni decisamente lusinghiere: io NON ritengo di scrivere bene. Al massimo in modo mediocre e grammaticalmente corretto, ma giusto perché faccio anche la beta-reader. Riguardo alle mie capacità sono pessimista in modo cronico.

Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto, adesso entriamo nella parte introspettiva (la mia preferita) e quindi diciamo che è più difficile “gestire” Leah: è un gran sollievo sentirti dire che per ora vado ancora bene!

Riguardo al rapporto Leah/Sue appoggio il tuo pensiero: Leah deve aver pur preso da qualcuno! ^_^ E mi fa anche piacere che approvi la mia interpretazione del loro rapporto!

Comunque stavolta non mi hai fatto saltare dalla gioia sulla sedia, proprio no. Mi hai sparato direttamente nell’iper-spazio, mia cara! Alla prossima! Baci!

 

@  LittleMissCullen23: un genio? IO? Dai, non esageriamo! Anche se ammetto con tutta onestà che il complimento mi ha fatto più che piacere!

Sono felice che tu stia addirittura amando questa storia: anche io la amo davvero e ci sto riversando grandissimo impegno. E mi rende contenta oltre ogni immaginazione il fatto che essa riesca ad incontrare anche l’apprezzamento di una vampirofila come te!

Mi fa anche piacere che tu sbavassi dietro a Jeremy, lo faccio pure io! Ma la signorina Clearwater proprio non vuole vedere, che spreco…

Vorrei tanto poter dire di conoscere di persona Leah, la costringerei a diventare una delle mie migliori amiche! Senza riuscirci, ovvio. Nessuno obbliga Leah Clearwater a fare qualcosa contro la sua volontà! ^_^

Al prossimo capitolo, spero! Baci!

 

@ Autumn Reace: Ciao carissima autrice di “Rising moon”! ^_^

Meno male che mi capisci riguardo all’estasi da scrittura! Diciamocelo, ho fatto una bella gaffe! Ma son perdonata, vero?

Dunque, il ruolo di Joshua in questa storia verrà delineato meglio dal prossimo capitolo, ma già questo dovrebbe introdurre a grandi linee questo tenerissimo personaggio (avrai capito che mi piacciono le cose tenere, no? XD). L’imprinting per la signorina Leah temo di doverlo escludere, a mio parere lei non può averlo se seguiamo ciò che ha detto la Meyer…perciò no, Joshua non sarà l’imprinting di Leah. Questo piccolo spoiler posso concederlo.

Ameresti una Leah/Jeremy? °_° Penso che tu non sia l’unica, anche se per ora nessuno ha ancora scritto una cosa simile nelle recensioni! Purtroppo non posso dirti proprio nulla riguardo ai prossimi sviluppi, non vorrai mica rovinarti la sorpresa! Se ci sarà qualcosa di sorprendente!

Al prossimo aggiornamento, spero! (sicuramente al tuo prossimo ci sarò!)

Baci!

 

 



   
 
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