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Autore: Cymbaline    10/09/2010    1 recensioni
Uno scrittore in fuga dalla realtà. Un giornalista cinico riluttante ad abbandonarla. Un giovane musicista sull'orlo della notte, e suo fratello, che ha il sole negli occhi. E una ragazza dallo sguardo di caleidoscopio. Il tutto, nell'irreale labirinto di luce della città di Alumina.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Due settimane prima

 

La sua coscienza stava cercando di nascondersi sotto strati e strati di sogni ancora incompiuti, sottraendosi alle forze esterne che la spingevano a riaffiorare in superficie. Rimase per qualche minuto in uno stato di semicoscienza, cercando disperatamente di affondare di nuovo nell'informe groviglio del sonno. Ma la sua mente, minuto dopo minuto, si scrollava lentamente di dosso il torpore, fino a quando non fu costretta a riemergere nella realtà.

La prima cosa che Raphael de Vries percepì, appena sveglio, fu il freddo delle coperte nel letto. Isabelle doveva essersene andata già da un pezzo, e doveva essere mattina inoltrata. Che ore erano?

Si voltò su un fianco, e, per guardare la radiosveglia sul comodino, fu costretto a socchiudere gli occhi, lasciando che la luce liquida del mattino si frantumasse tra le sue ciglia. Le nove e mezzo, constatò, non appena i suoi occhi furono in grado di distinguere le cifre sul display.

Il caffè che Isabelle aveva lasciato per lui sul comodino conservava ancora una leggera traccia di tepore. Raphael si erse al di sopra del mucchio delle coperte e allungò pigramente il braccio per prendere la tazzina. Una misera tazzina, che non sarebbe bastata neanche a fargli recuperare l'energia sufficiente ad alzarsi dal letto, probabilmente, eppure ne aveva bisogno, appena sveglio, come aveva bisogno dell'aria che respirava.

Un cliché scontato, quello della dipendenza da caffeina, pensò ironicamente, portandosi la tazzina alle labbra.

Al diavolo i cliché scontati, fu il pensiero che gli affiorò alla mente nel momento in cui l'amaro intenso del caffè non zuccherato, appena tiepido, gli accarezzò le papille gustative. Certo, non gli avrebbe dato la forza necessaria a trascinarsi immediatamente fuori dalla coperte, ma almeno aveva l'effetto benefico di restituirgli la lucidità.

Per esempio, che aveva fatto la sera prima per essere così stanco?

Ah, già, aveva scritto.

Che strano.

Sì, i ricordi stavano lentamente riaffiorando, tanto da lasciargli ricordare che, come al solito, era rimasto fisso davanti a quel dannato computer fino alle quattro. Sì, riconosceva anche i segni dell'essere stato seduto così a lungo: fitte penetranti alle spalle e un torcicollo straziante, che, nonostante una nottata – o per lo meno, qualche ora – di riposo, gli avevano ancora lasciato degli strascichi fastidiosi.

Un rapido sguardo fuori dalla finestra rivelò un cielo grigiastro, coperto da stralci di nuvole smorte che non promettevano certo una buona giornata. Tanto peggio.

Sospirò, abbandonandosi di nuovo sul cuscino e fissando il soffitto bianco. Cercò di ricordarsi se la sera precedente, almeno, avesse fatto un buon lavoro o si fosse limitato a scrivere qualcosa di innegabilmente e spudoratamente commerciale per la redazione.

Ah sì, era quell'articolo in cui sputtanava il presidente accusandolo di...

Bene, era qualcosa di decisamente commerciale, sospirò, buttando giù l'ultimo sorso di caffè ormai freddo, con l'effetto di farne cadere una goccia sulle lenzuola immacolate. Rimase a fissare la macchiolina che si allargava, più scura, poi leggermente più sbiadita ai bordi. Meditabondo, passò il polpastrello sulla stoffa fino a coprirla.

Qual è stato l'ultimo articolo decente che ho scritto?

Decise che era una domanda troppo difficile per essere fatta di mattina presto.

 

Quando riuscì ad alzarsi dal letto, erano le dieci passate. Quando riuscì a ragionare lucidamente erano passati un'altra mezz'ora e un altro caffè. Non appena recuperò le risorse mentali sufficienti, agguantò il primo della pila dei giornali sul tavolo – un altro dei discreti doni mattutini di Isabelle – e si mise a leggere.

Sfogliò le pagine pigramente, aspirando con soddisfazione il profumo del terzo caffè, godendosi il fruscio della carta che gli era così familiare. Un articolo di cronaca. Un articolo di politica. Un altro articolo di politica. Tutti pezzi di bravura dei suoi colleghi, ineccepibili, per carità, ma degni di ammirazione solo per chi non avesse assistito ai retroscena della loro composizione. La maggior parte erano scritti a tavolino, senza la minima partecipazione. Raphael non capiva perché si ostinasse a rimanere abbonato anche al giornale filo-governativo. Sbuffò d'impazienza, leggendo l'ennesimo resoconto positivo della conferenza tenuta dal ministro degli interni il giorno precedente, e cambiò giornale. Prese l'ultimo della pila, volutamente, sapendo che era quello in cui scriveva lui stesso. Un trafiletto in prima pagina gli strappò un sorrisetto compiaciuto: ecco qual era l'ultimo articolo decente che aveva scritto. Un lavoretto fresco fresco, di appena un paio di giorni prima.

L'isola che non c'è ~ Raphael de Vries

Passatemi la licenza poetica – perché Alumina si trova ancora ben salda sulla terraferma, lo sappiamo bene – ma è difficile trovare un nome più appropriato per definire questo piccolo paese sorto dal nulla, che nella sua insignificanza apparente rappresenta una sfida al governo. Sfida ovviamente – e palesemente – ignorata.

Cercando di soffocare quel sentimento lievemente compiaciuto che sentiva invadergli il petto – andiamo, non era certo la prima volta che vedeva il suo nome su un giornale! - sfogliò le pagine del quotidiano fino ad arrivare alla quarta.

Per quanto quello che in precedenza era il rifugio di poche decine di persone si stia lentamente trasformando in un vero e proprio paese a sé, il nostro governo fa finta di niente. Per loro, come del resto per la legge dello Stato, Alumina non esiste. Eppure continua a proliferare, contando ora diverse centinaia di abitanti.

Alumina, no, non è mai esistita. Neanche all'inizio, mezzo secolo fa, quando, per protesta, un gruppo sparuto di poche decine di pacifisti si insediò in un piccolo paese semi-disabitato e iniziò a vivere in nome del loro ideale di pace e fraternità. Neanche allora Alumina esisteva. In un' unica occasione, è esistita: quando i suoi abitanti annunciarono di voler tagliare qualsiasi contatto con l'esterno e lo stato eliminò loro qualsiasi assistenza sanitaria e umanitaria.

Eppure, un paese senza scuole, senza dottori, senza servizi è riuscito a sopravvivere fino ai nostri giorni. Dovrebbe essere un incubo, ma, di fatto, è per i suoi abitanti una vera e propria isola felice.

Abitanti che non esistono, neanche loro, davanti alla legge. La maggior parte dei colonizzatori originali di mezzo secolo fa è scomparsa, e l'esistenza dei loro figli, mai registrati ad un'anagrafe, è ben lontana dall'essere riconosciuta.

Ma nonostante lo stato continui ad ignorare questo problema, preso da altri ben più gravi, non possiamo fare a meno di porci delle domande. Quanto ancora continueremo ad ignorare questo problema – perché di problema si tratta? Come fanno, queste centinaia di persone, a sopravvivere? Certo il mercato nero non può bastare, soprattutto per determinati beni di consumo. Ma è difficile indagare sul campo, visto che gli abitanti dell' ”isola” ammettono pochissimi stranieri all'interno della loro società, e disponiamo di pochissime testimonianze dirette...

Raphael smise di leggere -quel pezzo lo sapeva a memoria- e si lasciò sfuggire un sospiro soddisfatto. No, l'articolo non era male, ma era soprattutto l'argomento ad interessarlo.

Il punto era che non sapeva ancora bene come porsi nei confronti di quella società così assurda. Da una parte era innegabilmente scettico sulle loro reali condizioni di vita, dall'altra ne era incuriosito. Se solo avesse trovato un modo, una scusa per andare...

...Avrebbe trovato un mucchio di hippies sballati, regrediti ad uno stadio semi-primordiale di civiltà, pensava, sdegnata, la sua parte razionale – che non mancava mai di mettere becco nei suoi affari, del resto.

Eppure il paradosso rimaneva. Da una parte, la società moderna sta andando in declino, minata alle basi, pur essendo regolata da leggi valide. Dall'altra, sembra proprio l'assenza di un qualsiasi apparato politico e legislativo a garantire la sopravvivenza di Alumina.

Quella frase, nel paragrafo finale del suo articolo, gli era costata parecchie riflessioni. Alzandosi e andando a sciacquare soprappensiero la tazzina sporca, pensò che se avesse suscitato riflessioni in qualcun altro oltre a lui, il suo mal di schiena per le troppe ore passate davanti al computer non sarebbe stato invano.

 

Raphael!”

Jules, il caporedattore gli venne incontro, non appena Raphael varcò la soglia dell'ufficio.

Abbiamo pubblicato nel numero di oggi il tuo articolo, hai visto?”

Sai che novità, lavoro qui da cinque anni e ogni mattina vedo...”

Il caporedattore ebbe un moto d'impazienza. “Sì, sì, sottilizza finché ti pare. Ovviamente sai di che articolo sto parlando.”

Quello in cui ho commentato le foto del pres...”

No, non quell'articolo... non ti sopporto, quando fai così” sbuffò Jules. Raphael sorrise, non riuscendo a trascorrere il suo autocompiacimento. Sì, la vanità era decisamente uno dei suoi difetti. “Dai, non arrabbiarti. L'articolo su Alumina l'ho letto stamattina. Come ti è sembrato?”

Jules si strinse nelle spalle. “Un azzardo, come sempre” commentò, asciutto.

Ottimo” esclamò Raphael in tono leggero. “Era quello che volevo che fosse.”

Un azzardo che non servirà a niente.” Il caporedattore scosse la testa, poi aggiunse: “Se non a crearti problemi.” E ad un gesto di insofferenza del giornalista rincarò la dose. “Quanto pensi possa fregare alla gente di una storia di cinquant'anni fa?”

A me sembrava molto attuale, invece, visto che un gruppo di hippies rimasti al '68 si è installato in questa nazione e intende rimanerci fino a quando qualcuno non si decide a sbatterli fuori.”

Questo è quello che vuoi? Sbatterli fuori?”

No, assolutamente.”

Jules lo fissò negli occhi, con un'espressione mista di sfida e scetticismo. Lavoravano insieme da quando Raphael aveva iniziato a scrivere nel giornale, e, dopo diversi anni, poteva dire di annoverarlo tra le persone più vicine a lui. Gli piaceva quell'alone di amicizia e di calore che emanavano a volte i suoi occhi scuri, circondati da piccole rughe. La barba arruffata lo faceva sembrare più vecchio di quanto in realtà non fosse e contribuiva a dargli quell'aspetto un po' informale – l'aggettivo immediatamente inferiore a “trasandato”.

Sì, Jules gli piaceva, decisamente, nonostante caratterialmente fosse il suo opposto. Il suo senso della limitazione e dell'autocontrollo funzionava fin troppo bene, al contrario di quello di Raphael. Per non parlare dell'umiltà, che, se nel caporedattore si articolava in un sentimento quasi cristiano, in lui, doveva ammetterlo, era quasi totalmente schiacciata dal peso dell'orgoglio.

Non voglio sterminarli, se è questo che intendi, Jules” osservò. “Voglio solo... osservarli. Analizzarli da vicino.”

Il silenzio da parte dell'interlocutore lo incoraggiò a proseguire. “Se ci pensi, se davvero fossero contenti della loro vita sarebbe un paradosso. Noi ci siamo affannati per millenni a cercare la legge, la legge giusta, la legge migliore... e ora questa gente viene a dirci che senza legge si vive meglio. Perlomeno,” aggiunse “senza le leggi del nostro stato, che noi abbiamo sempre considerato inviolabili e giuste.” precisò.

Tu ci credi?”

A cosa?”

Al fatto che senza legge, o con la loro legge, vivano meglio di noi.”

Raphael lasciò che la domanda di Jules cadesse nel silenzio per una significativa manciata di secondi. Poi rispose, conciso.

No, non ci credo.”

E allora...?”

Mi domando semplicemente come facciano a sopravvivere.”

Jules si strinse nelle spalle. “Onestamente, abbiamo già abbastanza problemi senza doverci preoccupare anche dei loro.”

Hai ragione anche tu. Però...”

Ho come l'impressione che prima o poi andrai a dare un'occhiata di persona.” Jules lanciò all'amico un'occhiata in tralice, con quello sguardo speciale indirizzato sempre solo a lui, simile all'atteggiamento di condiscendenza bonaria e ironica riservato ai bambini. Raphael si strinse nelle spalle, con un sorriso.

   
 
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