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Autore: Nil_Yeol    10/09/2010    6 recensioni
porto il tuo palmo a contatto con la mia bocca e inizio a leccare avidamente i rivoli di sangue succhiando anche la punta fredda delle tue dita e chiudendo gli occhi per godere appieno di quel sapore inebriante. Sento un gemito strozzato provenire dalle tue labbra livide, così cesso la mia dolce tortura e poggio delicatamente il viso sulla tua spalla per sussurrarti parole di miele all’orecchio.
- Non tremare piccolo angelo, sono qui per aiutarti… - e con una mano sfioro la tua guancia pallida e fredda - …ma in cambio del mio aiuto…dovrai darmi le tue ali .-
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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HUMAN DEMON




Dedicata ad una persona speciale, che condivide con me il concetto dell’insanabile insoddisfazione umana e che qualche giorno fà
mi ha commosso con i suoi discorsi pessimisti ( che io adoro…lo sai vero?)
sulla nostra amicizia destinata a finire…la mia sfida sarà dimostrarti che sbagli… ma questo lo abbiamo già stabilito…
vero Honda?



Una folata di vento gelido scuote le fronde delle imponenti querce, uniche spettatrici del lento ed inesorabile declino della tua misera vita, e il tuo esile e gracile corpo viene scosso da un ennesimo doloroso fremito;
ti accasci a terra ormai stremato e la tua fronte madida di sudore tocca il terreno umido e fangoso,
respiri a fatica e vedo le tue candide mani dalle dita lunghe e affusolate graffiare il terriccio, lasciando dei piccoli solchi allineati, e chiudersi a pugno stringendo, con la poca energia rimastagli, un mucchietto di terra.
Le mie morbide labbra si schiudono inevitabilmente in un sorriso diabolico, un sorriso che sà di piacere e di vittoria: in fin dei conti vi riducete sempre così voi esseri umani…avete continuo bisogno di aiuto e questo perché siete perennemente insoddisfatti di voi stessi e di ciò che vi circonda, quello che avete non vi basta mai, siete delle creature desideranti e masochiste,
che si distruggono per raggiungere la meta tanto agognata, soffrono in modo indicibile, ma quando raggiungono l’obbiettivo prefissato si sentono terribilmente vuote e tristemente sole.
Faccio qualche passo nella tua direzione piccola creatura indifesa e vedo i tuoi occhioni sollevarsi imploranti sulla mia figura, mentre dal palmo della tua mano sinistra continua a sgorgare il caldo nettare scarlatto con cui mi hai invocato a te;
porto il tuo palmo a contatto con la mia bocca e inizio a leccare avidamente i rivoli di sangue succhiando anche la punta fredda delle tue dita e chiudendo gli occhi per godere appieno di quel sapore inebriante.
Sento un gemito strozzato provenire dalle tue labbra livide, così cesso la mia dolce tortura e poggio delicatamente il viso sulla tua spalla per sussurrarti parole di miele all’orecchio.
<< Non tremare piccolo angelo, sono qui per aiutarti… >> e con una mano sfioro la tua guancia pallida e fredda << …ma in cambio del mio aiuto…dovrai darmi
le tue ali .>>
Lecco languidamente la tua tempia per poi scendere sul collo sottile e tu rimani rigido e immobile come una statua, probabilmente troppo spaventato per dire qualcosa di sensato;
un risolino divertito e canzonatorio prende vita dalla mia gola e mi alzo con un movimento lento e fluido allontanandomi di qualche metro per sedermi su una roccia davanti a te.
I miei occhi cerulei si assottigliano ammirando la tua immagine debole e tremante e con voce profonda e sensuale cerco nuovamente di rassicurare il tuo animo sconvolto.
<< Perché tremi?? Sei stato tu a chiamarmi o sbaglio? >>
Aspetto paziente una risposta che però non arriva così continuo tranquillo il mio monologo.
<< Suvvia scricciolo!!! Non devi avere paura di me! Io sono qui per aiutarti! >>
Scosto una dispettosa ciocca ramata che solleticava il mio naso e accavallo le gambe in modo provocante. << Sei un po’ giu di morale per via della tua vita poco emozionante…diciamo pure pietosa…e hai pensato bene di rivolgerti alla…
com’è che la chiamate voi?? Magia nera? >> Appena senti questa parola il tuo viso diviene bianco come il gesso e una lacrima solitaria scende giu lungo la tua gota.
Mi rialzo sbuffando per mettermi in ginocchio di fronte a te e con un dito porto via quella fastidiosa goccia salata.
<< Non piangere, non ce n’è motivo. Hai fatto bene a rivolgerti a me, io sono l’unico in grado di aiutarti.>>
Sollevi di poco lo sguardo e finalmente mi permetti di ascoltare la tua voce flebile e delicata.
<< No…io.. n-non dovevo…tu sei…sei…un demone! >>
Sorrido per l’ennesima volta, intenerito dalla tua innocenza.
<< Usi la parola demone come fosse un dispregiativo ma forse non sai che questo termine in greco antico ha anche il significato di divino…puoi considerarmi un inviato del tuo Dio se preferisci…e poi ormai sono qui,
perché non approfittarne? Ho visto quanto sia triste e noiosa la tua esistenza…io posso cambiarla, posso renderti più felice… >>
Il tuo viso si illumina improvvisamente e il vento scuote ancora le foglie degli alti alberi e le fiamme delle candele che hai posto intorno a te per preparare un altare degno alla mia invocazione.
Pongo due dita sotto il tuo mento per osservare meglio il tuo volto provato dalla stanchezza e la perdita di sangue.
<< Se sono qui è perché mi hai voluto e forse questa è l’unica scelta giusta che tu abbia preso fino ad ora…con me otterrai tutto ciò che vuoi…chi vuoi… in cambio chiedo una piccolissima cosa…una cosa davvero insignificante
e naturalmente il pagamento avverrà a lavoro compiuto, quando sarai del tutto soddisfatto del mio operato.>>
Mi guardi un po’ confuso, poi sbatti le palpebre come per riprendere contatto con la realtà e ti rivolgi a me con tono incantato, artificiale.
<< Cos’è che vuoi in cambio?>>
La mia faccia quasi si deforma in un’espressione mefistofelica mentre pronuncio queste parole: << la tua anima >>
Sbarri gli occhi scioccato ma lo stupore dura poco, un attimo dopo sei stretto a me in un gesto disperato, con le mani tremanti che afferrano la manica del mio cappotto, nel tuo sguardo non c’è più esitazione.
<<Accetto! >>

*****



I raggi del tiepido sole mattutino filtrano dalle fessure della tua persiana e si depongono delicati ma invadenti sui tuoi occhi ancora chiusi.
Ti sento mugolare infastidito da quegli ospiti inattesi e ti volti dall’altra parte nascondendo il volto tra le morbide coltri del tuo letto.
Nessuno oserebbe anche solo immaginare che una creatura angelica come te si sia avvicinata tanto agli inferi ospitando sotto il suo stesso tetto l’essere più diabolico dei gironi infernali.
Faccio qualche passo verso di te e scosto un poco le coperte che celano il tuo viso ancora placidamente addormentato:
tutto in te ispira dolcezza, il tuo naso piccolo e delicato, le tue labbra rosee e soffici e la tua perenne espressione innocente e fanciullesca nonostante tu sia un ragazzo di ormai diciannove anni.
Sfioro con la punta delle dita la tua morbida chioma castana e piegandomi leggermente mi accosto con la bocca al tuo orecchio.
<< SVEGLIA BELLADDORMENTATO, CI ASPETTA UNA FANTASTICA GIORNATA DI SCUOLA!!!>> Le mie urla avranno come minimo svegliato anche gli inquilini del piano di sotto
ma in compenso tu ti tiri su scattante come una molla.
Ti volti lentamente nella mia direzione e i tuoi caldi occhi color cioccolato incontrano i miei, glaciali come sempre.
<< Allora sei qui? >> lo sussurri appena e io stento a sentirti nonostante sia a pochi centimetri da te.
<< Certo che sono qui, e dove altrimenti? >>
Sembri ancora un po’ confuso, e do la colpa di questa tua poca perspicacia al sonno che ancora annebbia la tua testolina, ma non posso fare a meno di lanciarti un’occhiata infastidita e risponderti alterato:
<< Fino a prova contraria io e te abbiamo stretto un patto, mi pare quindi ovvio che come minimo ti stia incollato come la tua ombra.>>
Scuoti la testa per svegliarti un po’e spingendo le coperte ai piedi del letto ti metti a sedere con le gambe al lato del materasso mentre io mi faccio indietro per lasciarti spazio.
Mi guardi ancora una volta sconvolto poi finalmente apri la bocca nel tentativo di dire qualcosa di sensato.
<< Si, lo ricordo…solo non pensavo ti saresti presentato a casa mia. Come faccio a spiegare la tua presenza a mia madre? >>
Metto le mani sui miei fianchi stretti e inarco un sopracciglio ben curato mostrando la migliore faccia da schiaffi del mio repertorio.
<< E tu credi che uno come me non abbia pensato a una cosa del genere? Ma non farmi ridere, ho previsto tutto scricciolo:
tua madre ora è convinta senza ombra di dubbio che io sia il tuo piccolo cugino venuto da Osaka, il quale, dopo aver perso i genitori in un grave incidente, –povero cucciolo- è stato accolto a braccia aperte dall’amorevole famiglia Uke. Che te ne pare? >>
Pronuncio le ultime parole con un sorrisetto strafottente dipinto sul volto piccolo e dai lineamenti infantili e tu continui a fissarmi immobile, nel tuo sguardo ora però leggo consapevolezza.
Ti tendo una mano e tu l’afferri prontamente per farti leva e alzarti in piedi, poi faccio qualche passo verso la porta trascinandoti con me.
<< Avanti Yutaka, ora che ci sono io le tue monotone giornate scolastiche acquisteranno finalmente un po’ di colore! >> ti traino ancora per un po’ finché non ti inchiodi bloccando anche me;
sei magro da far invidia a tutte le modelle che solcano la passerella ma in quanto a forza non sei messo niente male e la cosa mi stupisce piacevolmente
– non dovrò faticare troppo per renderti un po’ meno inetto e infondere nella tua mente deboluccia un po’ di fiducia in te stesso.-
Mi volto e sollevo lo sguardo all’altezza del tuo che è stranamente fermo e impassibile e quando parli anche la tua voce è insolitamente sicura, priva di incertezze.
<< Come devo chiamarti? >>
Sussulto leggermente per la sorpresa –e io che mi immaginavo chissà quale dura sentenza…- sorrido dolcemente lasciando la tua mano adagiando il mio corpo minuto sullo stipite della porta.
<< Chiamami Takanori.>>

La colazione per fortuna trascorre velocemente e senza particolari intoppi, anche se la costante presenza della mano rattrappita di tua madre sulla mia testa
–da quanto ho capito è un gesto che usate spesso per dimostrare affetto…che idiozia-
mi irrita parecchio;
mi scompiglia i capelli per la tredicesima volta nell’arco di un quarto d’ora e io, nonostante dentro di me stia imprecando anche in aramaico, le rispondo con un sorriso timido e innocente, calandomi perfettamente nei panni dell’orfanello dolce come un agnellino.
Tu mi osservi attentamente mentre sollevi la tazza di latte bollente e la porti alle labbra, quasi ti aspettassi di vedermi saltare al collo di quella donna irritante e farle saltare la testa come un tappo di champagne;
senza volerlo finisco per ridere immaginandomi la scena e sputacchio qua e là qualche briciola di biscotto.
<< Tutto bene Takanori? >> ancora quella donna con la sua voce smielata, devo ammettere che però un po’ ti somiglia, lo stesso fisico asciutto e l’espressione perennemente gentile stampata su una faccia pulita e apparentemente serena.
<< Si zia, tutto bene. >> le rispondo con una vocina da bimbo grattandomi la nuca imbarazzato, dentro però mi sento morire…è una fatica fare il moccioso patetico e imbranato…un vero schifo…
Ancora una volta incontro il tuo sguardo inquisitore ma stavolta in tutta risposta socchiudo gli occhi fino a renderli due fessure e tiro fuori la lingua in una smorfia provocatoria.
<< Smettila di fissarmi bel brunetto.>> lo sussurro appena, affinché solo tu possa sentirmi, poi mi alzo da tavola per prepararmi al mio primo giorno da liceale: so già che mi divertirò tantissimo.


Ti lascio qualche istante per indossare a tua volta l’uniforme scolastica e nel frattempo osservo la mia immagine allo specchio:
non sono niente male con i pantaloni neri, leggermente troppo lunghi ma abbastanza stretti per essere quelli di una divisa, l’elegante camicia bianca, che con disinvoltura lascio aperta per i primi due bottoni,
e una leggera giacca, anche questa nera come i pantaloni.
Faccio un giro su me stesso, pienamente soddisfatto di ciò che mostra la lastra riflettente, poi mi volto per ammirare l’effetto che quell’abbigliamento ha su di te.
Certo non potevo pretendere di trovare di fronte ai miei occhi il dio della sensualità e dell’erotismo –per quello ci sono già io- ma decisamente il ragazzino impacciato e precisino, con giacca e camicia completamente abbottonate, che in questo momento mi fissa allibito, non può essere considerato nemmeno un uomo…
forse un’ameba…
<< Ma Cristo Yutaka!!! Vuoi spiegarmi come diamine ti sei conciato?? Che cazzo è quella roba che hai spalmato sulla testa? Sembra che una vacca ti abbia appena leccato i capelli!! >>
Passi una mano tra la tua chioma gelatinata e abbassi la testa senza sapere cosa rispondere.
Quando hai implorato il mio aiuto avevo dato per scontato il fatto che fossi un adolescente sfigato e bisognoso di attenzioni ma non mi aspettavo di certo un tale imbranato!!!
<< Yuta-chan io so che sotto quella tonnellata di gelatina, dietro quell’atteggiamento goffo, da perfetto imbecille, e…oh misericordia!!! Dove hai tirato fuori quegli occhiali da secchione?? >>
quella era davvero l’ultima goccia, non avrei mai potuto sopportare un tale oscenità su quel volto tanto carino: quei fondi di bottiglia dovevano sparire.
Così mi avvicino a te a grandi passi e dopo aver afferrato –diciamo pure strappato- quell’orrenda montatura, la spezzo con due dita.
<< Ecco, così abbiamo eliminato il problema alla radice.>> mi accarezzo il mento con due dita, compiaciuto del lavoro svolto e senza nemmeno ascoltare le tue proteste ti spingo con forza fino al bagno,
ti faccio entrare senza troppi complimenti, e chiudo la porta alle mie spalle.
Quando usciamo, dopo poco più di quindici minuti, sei decisamente un’altra persona:
i tuoi capelli, prima imprigionati in quella trappola gelatinosa, ora ti incorniciano morbidamente il viso sottile, rimanendo leggermente umidi dopo il lavaggio;
gli occhi che di solito nascondevi dietro quei fanali, possono finalmente aprirsi al mondo e incantarlo con il loro taglio allungato, tipico di ogni ragazzo orientale,
ma che a te conferisce una dolcezza particolare, accentuata dalla sottile linea di matita nera che ti ho costretto a mettere.
Ti guardo dall’alto in basso, analizzando ogni centimetro del tuo corpo fin troppo perfetto –come può un ragazzo tanto bello essere infelice e insoddisfatto di se stesso?-
poi sbottono completamente la giacca e mi accingo a fare altrettanto con la camicia, quando la tua mano intercetta la mia bloccandola sulla tua gola.
<< Basta, mi sento già abbastanza in imbarazzo.>>
Ti guardo poco convinto ma decido di lasciar correre –ci vuole pazienza…un po’ per volta…-
<< Va bene, allora andiamo, sono curioso di conoscere i tuoi amici.>>


Appena varcato il grande cancello d’entrata, con l’enorme edificio scolastico che mi si staglia davanti in tutta la sua cupa maestosità, sento l’inconfondibile odore di adolescenti in subbuglio,
quel misto di euforia ed eccitazione, di frenesia e terrore puro.
Mi guardo intorno incuriosito dalla miriade di esemplari di ragazzini che mi si presentano:
vi sono quelli pienamente convinti che la loro carriera scolastica sarà costellata da continui successi e momenti di gloria e che quindi se ne vanno in giro con lo sguardo fiero e l’andatura cadenzata,
come seguissero il ritmo di una musica udibile solo alle loro orecchie;
quelli completamente disinteressati, che se ne stanno appoggiati a qualche albero a fumare sin dal primo giorno di scuola, canne dall’odore intenso e dolciastro
e infine dei ragazzini molto simili al mio Yutaka, isolati, con le spalle curve e lo sguardo inevitabilmente rivolto verso il basso…degli sconfitti in partenza per intenderci.
Mentre attraverso il vialetto al fianco del mio bel brunetto, vedo diversi studenti voltarsi nella nostra direzione.
Alcuni guardano incuriositi te Yutaka, probabilmente sorpresi dal tuo cambio di look, molti altri invece tengono il loro occhietti insignificanti incollati alla mia figura:
dei caproni simili probabilmente non sono abituati a scorgere tanta bellezza tutta in una volta quindi è logico vederli scaldarsi tanto al mio passaggio.
Quello che proprio non sopporto però è un gruppetto di imbecilli che ci fissa dal portone di ingresso e ridacchia senza un motivo apparente;
assottiglio gli occhi rendendo il mio sguardo improvvisamente truce e allungo il collo verso di te chiedendoti chi siano quei quattro dementi.
<< Sono Seguchi Soma, Hideki Kaiba e rispettive ragazze; sono in classe con me dal secondo anno e godono di una certa fama qui a scuola.
Il padre di Hideki è il proprietario di un’importante industria di giocattoli mentre i genitori di Seguchi lavorano nel mondo dello spettacolo come manager e produttori. >>
Roteo gli occhi esasperato: degli spacconi che imitano gli studenti cretini dei college americani erano proprio ciò di cui avevo bisogno.
Saliti i pochi gradini prima dell’ingresso, mi dirigo spedito verso la porta ma uno dei due blues brothers mi si para davanti in tutta la sua schiacciante altezza;
alzo gli occhi sulla sua faccia tonda e rosea come quella di un suino e gli lancio un timido sorriso.
<< Buongiorno…>> comincio con voce molto calma <<…scusami dovrei passare >>
Come da copione il bestione interpreta divinamente la parte del mentecatto di turno, e con una spinta mi fa sbattere contro il tuo petto.
<< Ma guarda un po’ chi abbiamo qui, il fidanzatino di Uke!!! Ti sei fatto così carino per il tuo ragazzo vero Yuta-chan? >> la sua voce suona alle mie orecchie come un grugnito e a peggiorare la situazione arrivano le risatine squittenti
delle due sgualdrine alle sue spalle.
Mi faccio di nuovo avanti riacquistando la posizione eretta e fronteggio quell’animale senza esitazione.
<< Che c’è grassone? Non sarai mica geloso? >> un ghigno taglia perfettamente a metà il mio viso che ora perde la sua apparenza infantile e delicata.
<< Cosa hai detto nano da giardino?>> pronuncia queste parole quasi ringhiando –il mio commento deve averlo decisamente offeso-
poi si avvicina a me fino a quando la punta del mio naso non sfiora il suo enorme stomaco.
Improvvisamente una mano stringe il mio braccio e mi tira indietro; sono stato colto di sorpresa tanto che mentre vengo trascinato sento la testa gettarsi all’indietro per lo scossone.
Mi volto verso di te Yutaka e quello che vedo mi lascia ancora più basito:
la tua mano è ancora serrata intorno al mio avambraccio e le tue labbra sono strette, quasi tirate, in un’espressione nervosa e tesa.
Temevi per la loro vita…o per la mia?
<< Lui è mio cugino Takanori, per favore lasciatelo stare.>>
Quel bifolco sposta lo sguardo su di te, poi scoppia in una risata sguaiata e volgare, seguito a ruota da quella specie di sorcio della sua fidanzata.
<< Ma che bella notizia!!! Un altro componente della tua bella famiglia Yutaka!! E dimmi un po’ anche a questo piccoletto piace essere strapazzato dai ragazzoni? >>
Digrigno i denti disgustato e profondamente infastidito da quel pallone gonfiato, mi scrollo di dosso la tua mano e vado contro di lui spingendolo e facendo cadere il suo flaccido sedere in terra.
<< Senti idiota, capisco che il grasso accumulato anche nel cervello non aiuti un povero menomato mentale come te,
ma vedi di chiudere il becco se non vuoi rendere ancora più evidente quanto la natura sia stata crudele con te. >>
Il ciccione si alza da terra inferocito, con il viso paonazzo e la fronte solcata da profonde rughe.
<< Che cazzo hai detto frocetto!!? >>
Faccio un sorriso sghembo e con un mano –anche se un po’ nauseato all’idea, lo ammetto- sfioro la guancia del ragazzo-maiale.
<< Sto cercando di dirti che non eri presente quando hanno distribuito l’intelligenza…
che sei un mentecatto in poche parole.>> e con due schiaffetti su quella gota rossa concludo il mio discorso.
Spero che questo sia stato di insegnamento anche a te Yuta-chan: non devi permettere a nessuno di metterti i piedi in testa, tanto meno a degli inetti simili.
Mi giro nella tua direzione e ti sorrido facendo con la mano il segno della vittoria ma in un attimo la tua faccia,
prima solo leggermente stupita, si trasforma in una maschera di terrore.
Con la coda dell’ occhio vedo il bestione, ormai in piedi, che solleva su di me il pugno dove stringe un enorme sasso;
in una situazione normale lo avrei già fatto in mille pezzi solo per aver osato sfiorarmi ma con lo sguardo di centinaia di ragazzini che nel frattempo si sono radunati intorno a noi,
non posso certo mostrare le mie capacità, così decido di incassare il colpo nel miglior modo possibile.
L’impatto è doloroso anche per uno come me –in fondo sono pur sempre costretto all’interno di spoglie umane- e sento distintamente un copioso rivolo di sangue scendere lungo la mia tempia destra;
barcollo facendo qualche passo indietro, con la testa che gira vorticosamente e la vista annebbiata.
Purtroppo metto un piede in fallo essendomi dimenticato dei gradini alle mie spalle e sento il mio corpo cadere nel vuoto.
Chiudo gli occhi di riflesso e sento la tua voce Yutaka mentre urli il mio nome e proprio quando quasi percepisco l’inevitabile e rovinosa caduta,
questa viene attutita da un paio di braccia muscolose che mi afferrano per la vita e un ampio petto che accoglie la mia testa dolorante.
Schiudo gli occhi e quello che vedo è solo una cresta di capelli biondissimi e un viso piccolo e tondo con una bizzarra benda sul naso.
<< Attenta testolina buffa, potresti farti male.>>





Allora, allora,allora…primo capitolo della prima long-fic della mia vita…se devo essere sincera, non so proprio cosa dire…
in realtà potrei anche evitare di scrivere questa noticina perché in fondo non c’è molto da spiegare;
come avete letto ho pensato ad una storia decisamente al di fuori della realtà, quindi in un certo senso sono tornata alle origini dato che la mia prima fic parlava di shinigami
e questa di demoni e più avanti anche di qualcos’altro^^ (vedrete…)
Comunque scrivo queste poche righe solo per ringraziare chi ha letto e chi recensirà, perché qualunque sia il commento lo leggerò con enorme piacere,
anche se dovesse essere una lista infinita di critiche…speriamo di no però ^^”
Bene quello che dovevo dire, l’ho detto, grazie anticipatamente a tutti. Un bacio


Misa

  
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