Serie TV > Garo
Segui la storia  |       
Autore: Botan    11/09/2010    4 recensioni
“Là dove c’è luce, si annida sempre l’oscurità, nera come pece. Fin dai tempi antichi, gli esseri umani hanno conosciuto la paura dell’oscurità. Ma un giorno, grazie alla spada di un cavaliere capace di fendere le tenebre, gli esseri umani ritrovarono la luce della speranza.”
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
E’ passato all’incirca un anno dalla mia brutta disavventura

                                       Incubo

                                         #14

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

E’ passato all’incirca un anno dalla mia brutta disavventura. Ma ancora oggi, di notte ogni tanto ho degli incubi. Quando ciò accade, mi sveglio di soprassalto, la fronte è sudata, il respiro convulso, e dentro di me una sensazione d’angoscia mi pervade. Mi sembra sempre che una di quelle creature sia sotto il mio letto, o accanto alla finestra. Sebbene io abbia cercato di dimenticare, so che non è possibile cancellare per sempre la realtà.

Una volta aperte le porte di quel mondo, non si può più richiuderle.

 

 

 

 

 

Aveva un abito a quadretti, lungo fino alle ginocchia, che si annodava in vita tramite un nastro di cotone. Era di un giallo tenue, abbastanza delicato, così come il cerchietto che portava nei capelli lunghi e neri. Ai piedi era completamente scalza, non aveva né scarpe né calzini, ma nel luogo in cui si trovava non faceva freddo. Tra le mani una bambola di stoffa con i capelli arancioni ed il volto sorridente le teneva compagnia. Si guardò intorno, con fare spaesato, ma la luce in quel luogo era talmente fioca che non riuscì a vedere quasi nulla. Capiva solo che il pavimento doveva essere di pietra, così come le mura, perché la sua pelle ancora acerba e delicata ne poteva percepire il gelo. All’apparenza sembrava un grosso stanzone quadrato. Non c’erano né mobili, né ornamenti attaccati alle pareti, e neppure porte. Sì, era una stanza senza nessuna via d’uscita. C’era una finestra, una soltanto. Si avvicinò ad essa,  alzandosi in punta di piedi cercò di sbirciare all'esterno con fare curioso, fanciullesco. Ma ciò che si rifletté nei suoi occhi, quando fu sufficientemente vicina a quelle gelide lastre, portò le sue manine ad aprirsi di botto, e quella bambola di pezza le cadde a terra.

 

 

 

 

 

Giunto ai piedi di un ospedale, Kouga osservò dal basso verso l’alto la struttura. Aveva cinque piani, e non era stata costruita da poco. Lo sottolineavano i segni di un intonaco ormai spento e rovinato.

Entrò, salì le scale e diede inizio alla perlustrazione dei diversi ripiani.

Stava cercando qualcosa. Una bestia demoniaca, per la precisione.

Fu subito attratto da un reparto in particolare, perché consigliato da Zarba. L’andito era illuminato da fioche lampadine fissate alle pareti mediante appositi sostegni di metallo simili a vecchie lampade. La fiochezza di quelle luci era dovuta al fatto che fosse ormai notte inoltrata.

Entrò in una stanza, la porta era aperta, c’era un lettino soltanto. Una bambina teneva gli occhi chiusi, dormiva profondamente a pancia in su, con il capo adagiato sopra al cuscino. Aveva all’incirca sei anni, ed accanto a lei, messa sul panchetto di una sedia, si trovava una bambola di stoffa con i capelli arancioni.

All’apparenza tutto sembrava tranquillo. Fece per lasciare la camera ma una voce lo fermò di balzo.

- Aspetta – disse Zarba, per fare in modo che si fermasse- E’ qui. – fece, e Kouga si guardò rapidamente intorno. A parte quella bambina, la camera era vuota, spoglia. Un Orrore non sarebbe passato di certo inosservato, eppure, a detta dell’anello la creatura doveva trovarsi proprio lì.

Kouga guardò meglio, restava solo un posto in cui rivolgere lo sguardo. E quando lo fece, quando fissò la piccola paziente con aria quasi scettica, la voce di Zarba fugò ogni suo dubbio. – Hai capito proprio bene, Kouga… L’Orrore è in quella piccola umana.

Al ragazzo mancò il respiro per una manciata di secondi, una sensazione d’inquietudine lo colpì prepotentemente.  

Non aveva mai affrontato una simile situazione. Lui era un cacciatore di Orrori, per cui il suo compito era quello di eliminarli, ma in tutto l’arco della sua carriera, non aveva mai ucciso un bambino posseduto da uno di loro.

Provò dentro di sé una frustrazione lancinante, eppure lui doveva portare a termine quella missione. Era il regolamento. Non poteva fare altro, e per questo il cuore gli si strinse fortemente in petto.

Posò la mano, tremante, sull’ansa della spada, e si apprestò a tirarla fuori del fodero. Quel movimento fu interrotto ancora una volta dal Madougu: - Non si trova nel suo corpo- gli disse cogliendolo di sorpresa, cosicché il giovane Cavaliere arrestò la mano. – E’ nei suoi sogni.

 

- Nei suoi… sogni? – ripeté l’umano, era pressoché esterrefatto. E Zarba sapeva anche il perché.

 

- E’ vero- appuntò, come se si fosse ricordato di qualcosa- questo per te è il primo “Signore dell’Incubo”.

 

- Signore dell’Incubo? E’ un Orrore?

 

Zarba annuì. - Si manifesta solo nei sogni delle persone, inducendole al coma. Se controlli la cartella clinica di questa piccola umana, scoprirai che in realtà non sta semplicemente dormendo. – Il discorso della guida mistica gli fece afferrare la cartella appesa ai piedi del letto di quella piccola paziente. Effettivamente, la bambina era stata ricoverata due giorni fa, e non aveva più riaperto gli occhi.

 

Kouga provò l’impellente bisogno di fare una domanda soltanto:

- Si può ancora salvare?     

 

Zarba trattenne il fiato, lo rilasciò in seguito per parlare. – Certo, tuttavia il metodo è assai rischioso.

 

- Qual è? – gli chiese ugualmente, dimostrando in questo modo di voler andare fino in fondo.

 

- Si chiama “la procedura del Cavaliere Dormiente”. Consiste nel legare entrambe le estremità di una particolare corda dal colore rosso come il sangue, ai polsi sinistri della persona addormentata e del Cavaliere Mistico che andrà a salvarla, in questo modo egli verrà indotto al sonno. E’ pericolosa in quanto il Cavaliere si ritroverà intrappolato nello stesso incubo dell’umano dormiente, ed avrà soltanto 99.9 secondi a disposizione per sconfiggere la creatura, ma se in questo lasso di tempo egli non dovesse farcela, rimarrebbe intrappolato lì… per sempre. – Ciò che gli aveva rivelato Zarba, non era di certo una prospettiva allettante.

Tuttavia, se voleva salvare quella bambina, non poteva tirarsi indietro.

Nonostante l’anello glielo avesse sconsigliato, Kouga si ritrovò ben presto nel palazzo del Cane da Guardia del Nord. La corda per mettere in pratica la procedura, si trovava in quel luogo.

Il guardiano vestito di bianco fu d’accordo con Zarba, per cui non si dimostrò disposto a cedergli l’oggetto. Perlomeno, non al primo tentativo.

- Avresti dovuto eliminare quell’umana, anziché venire da me e farmi una richiesta così assurda. – gli disse con durezza, ma Kouga non si fece intimorire dal tono di quella voce.

 

- E’ solo una bambina! – replicò, con caparbietà. Era convinto che non sarebbe mai stato capace di ucciderla, soprattutto se c’era una remota possibilità di poterla salvare. – La prego, mi lasci provare. – disse infine, con un tono faticosamente implorante.

 

- Perché lo fai?

 

A quel punto il ragazzo lo guardò dritto negli occhi. Sapeva già cosa dire. E con fierezza lo disse. – Perché i Cavalieri Mistici salvano le persone. Non le lasciano morire.

 

 

 

 

   

                                                                                       ***       

 

 

 

 

 

Kaoru si era alzata da poco. Si guardò allo specchio, non aveva una bella cera.

Dopo essersi lavata e rivestita, scese di sotto, e il maggiordomo, ai piedi delle scale intento a lucidare il passamano di legno, la fermò prima ancora che potesse discendere nella hall.

- Buongiorno signorina Kaoru! – disse cordialmente. La ragazza si lasciò sfuggire uno sbadiglio, poi si grattò la testa con fare assonnato.

 

- Buongiorno anche a lei, Gonza. – replicò a stento, con le palpebre calanti e la voce ancora impastata dal sonno.

Non aveva trascorso una bella nottata, e a dire il vero, aveva riposato malissimo. Il gentile maggiordomo non fece domande a riguardo, tuttavia la trattenne per farle sapere una cosa: - C’è qualcuno che vi sta aspettando nel soggiorno.

 

L’espressione strutta sul viso dell’artista parve scemare. Fu rimpiazzata da un profondo stupore.

- Qualcuno… che aspetta me? – replicò, e a dire il vero sembrava essere sì intontita, ma non più dal sonno. Era la prima volta che riceveva una visita, lì in quella villa.

 

- Mi ha detto di essere un vostro amico, ma non gli ho chiesto il nome. – spiegò Gonza, e successivamente attraversando di corsa la hall lei si recò in soggiorno.

Varcata la soglia dell’enorme stanza, sul divano, esattamente seduto nel posto più amato da Kouga, intravide la sagoma dell’ospite inatteso. Quest’ultimo sollevò di scatto il capo, dopodichè si alzò e l’accolse con un benevolo sorriso.

 

- Ikuo?! – replicò Kaoru, fissandolo con enorme stupore. – Chi…

 

- … mi ha dato il tuo indirizzo? – concluse l’altro, pensando che l’amica volesse chiederle quello. Tirò dalla tasca dei jeans un affare bianco, piccolo ed ovale. – L’altro giorno, nella vecchia casa hai dimenticato il cellulare. Nella rubrica c’era il tuo domicilio, e così eccomi qua! – spiegò con enfasi, facendo ancora un sorriso.

 

Lei si sbatté una mano sulla fronte: - Ecco dov’era finito! Che sbadata…! – dichiarò infine, con una punta di imbarazzo nella voce. Poi si avvicinò all’amico – Grazie! – spiccicò, ricambiando il sorriso. Lo aveva cercato praticamente ovunque, ma senza risultati. Alla fine si era perfino rassegnata all’idea di doversene comprare uno nuovo, malgrado l’aggeggio bianco non fosse ancora da buttare.

 

- Gli artisti hanno sempre la testa tra le nuvole! – scherzò Ikuo, giusto per trarla dall’impaccio, poi la scrutò in viso con un’attenzione millimetrica – Sembri stanca… Non hai riposato stanotte?

 

Kaoru scosse il capo ed emise un sospiro profondo. – Ho dormito malissimo. – fece, ricordando la pessima nottata sull’orlo dello sfinimento. Poi chiarì in seguito – Un incubo.

 

- Di che genere?

 

- Spaventoso! – asserì all’istante, e nel richiamare alla mente quella fattispecie di sogno angoscioso, si sentì raggelare dalla testa ai piedi. – Ad ogni modo, preferisco non parlarne. – Come avrebbe potuto raccontare ad Ikuo di aver sognato un gigantesco Orrore dalla faccia aggrinzita e le zanne sporgenti che la voleva divorare? No, proprio non se la sentiva.  

Il giovane Shiota alzò le braccia come per dire “ok, come vuoi tu!”, successivamente le abbassò per prenderle la mano.

La guardò in viso, con un’espressione così gentile che avrebbe rasserenato chiunque e cancellato ogni sorta di incubo, e le mise il cellulare esattamente al centro del palmo. Si trattenne, ma di proposito, per guardarla ancora un pochino. Faceva fatica a staccarle gli occhi di dosso. Nonostante Kaoru avesse un aspetto non proprio riposato, per Ikuo quella giovane donna era sempre meravigliosa.

Da quegli occhi color nocciola scaturiva un calore rasserenante, cullante. I tratti del viso addolciti, delicati, sinuosi, sembravano confermare ogni cosa. Inoltre, Kaoru aveva dentro di sé una luce che avrebbe illuminato il cuore di qualsiasi uomo.

Sì, ne era consapevole Ikuo che sarebbe rimasto lì, immobile come una statua, a contemplarla per tutto il giorno.  Dovette smettere al più presto per un semplice motivo che oltretutto aveva anche un nome ed un cognome: Kouga Saejima.

Entrato all’improvviso nella stanza, subito l’attenzione gli ricadde addosso.

Fermo sulla soglia della porta, il Cavaliere osservava Ikuo con un’espressione che avrebbe fatto impallidire perfino il più intrepido dei ragazzi.

Kaoru voltò di scatto le spalle, e staccandosi involontariamente dall’amico cercò con gli occhi lo spadaccino.

Anche il signorino Saejima aveva un’aria stanca. Era come se fosse stato fuori tutta la notte, e non c’era realtà più vera di quella. Tuttavia, il ragazzo trattenne per poco l’attenzione su di lei. Tra i due c’era ancora la cosiddetta “aria di tempesta”. La stessa che li aveva fatti litigare come bambini, due sere prima.

Dal “giorno del tangram”, come lo aveva definito anche Zarba. Non avevano fatto altro che tenersi il muso, giravano per casa senza neppure rivolgersi parola, né tanto meno mezza occhiata. 

 

Ad ogni modo, il principale obbiettivo di Kouga era uno soltanto.

- Che ci fa lui qui? – Il quesito gli uscì con irruenza. Oltretutto, era arrabbiato. Eccome se lo era.

 

- Mi ha riportato il cellulare che avevo perso. – si affaccendò a spiegargli Kaoru, ma subito dopo la voglia di sapere l’avvinse – Sei stato fuori tutta la notte, non è così? – domandò all’istante, nonostante avesse capito già tutto. Più che una domanda, la sua era una ramanzina bella e buona.

 

Kouga aggirò completamente l’argomento, non la degnò neppure di un’occhiata. Per lui era come se Kaoru, lì, non ci fosse mai stata. Inoltre non smetteva di togliere lo sguardo da Ikuo, e quest’ultimo, con una certa sfrontatezza, si mise a fissarlo nel medesimo modo.

Se lì non ci fosse stata lei, forse tra i due non sarebbe finita a buon termine.

Ikuo raccolse la propria giacchetta dal divano e se la rimise indosso.

- Forse – premise, avviandosi all’uscita- è meglio che vada. – concluse. Sapeva di non essere benvoluto, e non aveva tutti i torti.

Quasi per dispetto Kouga si allontanò da lì senza aggiungere neppure una parola.

 

Kaoru rimase interdetta da ciò, non sapeva bene cosa dire al giovane Shiota, però sentiva l’obbligo perlomeno di scusarsi.

- Perdonalo- disse in tono mortificato, chinando un po’ il mento – ultimamente è intrattabile. – gli confidò, e poi, scortando l’amico verso l’uscita, concluse – Grazie ancora per il cellulare!

 

L’altro sorrise. – Figurati! – esclamò, come se il comportamento sgradevole di Kouga non lo avesse turbato per niente. O almeno, così sembrava.

Quando il giovane artista sparì, la ragazza fu presa completamente da un moto di stizza improvvisa. Percorse la hall muovendosi velocemente, il suono dei suoi passi echeggiava lungo tutto l’androne, infine raggiunse lo studio, e la sua voce fece tremare ogni cosa.

- Si può sapere che ti è preso?!

 

Gonza sussultò, contrariamente a quello che fece Kouga. Seduto alla scrivania, recitò la parte dell’indifferente, e questo a Kaoru non piacque proprio. Gli andò di fronte e si piazzò lì. In questo modo lui le avrebbe dovuto degnare per forza uno sguardo, ciò nonostante continuò a tenere gli occhi fissi sulle pagine di un libro. Kaoru sbatté entrambe le mani sul tavolo così forte da far vibrare quei fogli. A quel punto, per il figlio di Taiga fu pressoché impossibile evitare di fissarla.

 

- Sto lavorando. – dichiarò accidioso. Ma l’altra non volle sentire ragioni.

 

- Non me ne importa niente! – tuonò, e tremava quasi per la rabbia- Non sei stato affatto cortese nei riguardi di Ikuo!

 

- Io non ho fatto niente.

 

- Lo hai praticamente costretto ad andarsene! – era ormai sull’orlo dell’esasperazione, prese giusto un po’ di fiato e tornò alla carica – Dove sei stato stanotte? Perché non ti sei ritirato a casa? Avresti bisogno di riposare, anziché dare la caccia a quelle orrende creature…!

 

- Lo farò non appena avrò portato a termine il mio compito. Adesso non posso. – La risposta fu praticamente inamovibile. – Tu piuttosto… ti faccio notare che se non ti sbrighi, arriverai tardi al lavoro.

 

La pittrice gettò di scatto un occhio all’orologio.

- Ma è tardissimo! – disse in preda all’esasperazione. Poi, prima di filare via, non poté impedirsi di sputare fuori ancora un’ultima sentenza: - Faremo i conti quando torno. E vedi di farti trovare!

 

 

 

 

 

                                                                                          ***      

 

 

 

 

 

Gonza, dopo un rovistare incessante, finalmente aveva trovato il libro giusto. Quello in cui c’erano le parole da pronunciare durante il rituale del Cavaliere Dormiente. Il buon uomo, infatti, avrebbe dovuto recitare in lingua Makai a gran voce una frase che successivamente avrebbe indotto l’individuo a dormire.

Quando finalmente mostrò il libro a Kouga, questi commentò che finalmente il tempo di entrare in azione era giunto.

Così, dopo aver preso il necessario, si avviarono verso l’uscita della villa.

Il maggiordomo prese il cappello nei pressi dell’entrata, e se lo portò in testa. Ma quando Kouga fece per aprire il portone, a sorpresa si scontrò con Kaoru, di ritorno dal lavoro.

 

- Hey! – reagì prontamente la ragazza, trovandosi faccia a faccia con lui.

 

- Non ho tempo adesso per litigare. – La frase di Kouga fu detta seduta stante, con una certa fretta.

 

E la giovane Mitsuki, presa da uno scatto di rabbia, replicò con qualcosa che dopo le fece desiderare di non avere mai detto: - Tu non hai mai tempo per me! – quelle parole finirono dritte, come una freccia che centra in pieno un bersaglio apparentemente irraggiungibile, nel cuore del Cavaliere. Un gelo pesante discese tra i due. Perfino Gonza si sentì tremendamente a disagio.

Zarba avrebbe voluto esprimere come suo solito la propria opinione, ma pensò bene per una volta tanto di tacere.

Kaoru desiderò di rimangiarsi quella frase all’istante, ma ormai l’aveva detta. Successivamente vide Gonza incappottato e a quel punto si trovò quasi costretta a chiedere: - Dove state andando? 

 

Kouga ignorò la domanda, tuttavia fu il maggiordomo a darle una risposta, poco prima di mettersi in strada.

- Torneremo questa sera, signorina. – le fece sapere, ed infine, con fare frettoloso concluse – Ho già preparato il pranzo. E’ nel forno, dovrà solo riscaldarlo.

E mentre scendeva i gradini di pietra dell’abitazione, Kouga spudoratamente aggiunse: - Cerca di non dare fuoco alla casa.

 

Proprio come c’era da aspettarselo, lei si innervosì pericolosamente, ma non poté fare altro che lanciargli una linguaccia alle spalle. Dopotutto, lui non l’avrebbe mai vista.

 

 

 

 

 

                                                                                      *** 

 

 

 

 

 

Gonza si levò il soprabito e lo appoggiò su una sedia insieme al cappello. Accostandosi ai piedi del lettino, guardò Kouga in viso con uno sguardo inquieto, come a dirgli “possiamo cominciare, ma…”.  

 

- Signorino… - disse, con l’intonazione di chi avrebbe voluto portare una persona a riflettere.

 

- Non mi tirerò indietro.

 

Il maggiordomo calò lo sguardo, sospirò, poi sollevando la copertina del libro che stringeva tra le mani, cercò la pagina giusta. Dopo averla trovata, si tirò sul naso gli occhialini, pronto a dare inizio al rituale.

Kouga si era legato la corda rossa al polso sinistro, mentre l’altra estremità a quello della piccola addormentata. Poi, sedendosi accanto al letto, chiuse gli occhi in attesa che Gonza pronunciasse la tanto fatidica frase.

Quando l’uomo scandì la prima strofa, al ragazzo sembrò di trasformarsi in pietra. Sentì che il suono di quelle parole lo stava portando via, in un mondo fatto di sogni, ma a volte, in una società come quella in cui egli viveva, anche di incubi.

E quando finalmente il giovane Saejima poté riaprire gli occhi, scoprì in realtà di trovarsi proprio all’interno di uno sconvolgente incubo.   

Tutto attorno a lui era oscuro. Lo stanzone era spoglio, gelido, spettrale. Sulle pareti danzavano con fare alternante una miriade di ombre dai contorni mostruosi. E quell’unica finestra che c’era, affacciava nel vuoto più totale, lasciando intravedere uno scenario apocalittico di crudeltà e desolazione.

 

Il lupo dorato dell’Est, unica fonte di luce in mezzo a quella fitta oscurità, intravide rannicchiata in un angolino la povera bambina.

Fece per avvicinarsi, ma qualcosa appena sbucato dal suolo afferrò con dispetto la sua caviglia.

Garo si voltò, estrasse con rapidità la spada, e da quel preciso momento in poi, iniziò una battaglia che doveva terminare in 99.9 secondi.

Non un in più.

Altrimenti Kouga sarebbe rimasto intrappolato in quel lugubre posto. E per sempre.

 

La Zanna Dorata cercò di non sprecare il suo tempo, e si lanciò a capofitto nella battaglia.

 

- Vai di fretta, Cavaliere? – lo schernì l’essere, nero come l’inchiostro, ad accezione degli occhi interamente gialli. Non aveva una forma propria. Nel senso che, con molta probabilità egli ne poteva assumere qualunque, traendo spunto dai peggiori incubi della preda di turno.

E infatti, riuscendo a leggere nel cuore del suo avversario, con stupore la creatura assunse una forma in particolare: quella dello stesso Garo. Il Garo malvagio, però. 

 

Il Cavaliere Mistico ebbe un istante d’incertezza che gli costò caro. La creatura gli si scagliò addosso, gettandolo al suolo lo immobilizzò e lo trattenne lì.

- Io sono il signore dell’Incubo, e conosco tutte le tue paure più grandi. – gli sibilò all’orecchio. Rise con perfidia mentre sempre di più si accostava a quella maschera d’oro.

 

Garo lo respinse con la forza. Perlomeno, ci provò. L’essere aveva una consistenza piuttosto molle, per cui non riusciva, per quanto si sforzasse, ad avere su di lui un’ottima presa. Gli sembrava quasi di stringere tra le mani un mucchio di nebbia. – Sei solo un debole se ti servi delle paure altrui per poter vincere!  

 

La risposta del cosiddetto Orrore dell’Incubo giunse come un coltello dalla lama acuminata che centra il suo bersaglio e lo trapassa: - Dimmi, intrepido Cavaliere, a quanti piccoli esseri umani riuscirai a salvare la vita? Arriveranno dieci, centomila Orrori dopo di me che non ti daranno mai tregua. E cosa farai a quel punto? Non potrai proteggere per sempre coloro che ami, prima o poi dovrai fare delle scelte importanti, che cambieranno irrimediabilmente il corso della tua vita, e per te sarà quello il vero incubo! – Le parole dell’essere furono di un’efficacia devastante. Kouga si sentì inspiegabilmente nervoso. L’agitazione prese il sopravvento in lui tant’è che le dita sembrarono passare attraverso il corpo della bestia.

Più era agitato, più non riusciva a mantenere la concentrazione.   

Zarba oltretutto gli ricordò una cosa fondamentale: - Siamo agli sgoccioli, Kouga. Non ti rimane molto tempo.

 

Doveva darsi una mossa. E anche alla svelta.

 

In quello stesso attimo, nella stanza di quell’ospedale la bambola di pezza della bambina cadde a terra. Gonza la raccolse, la rimise seduta al suo posto, e poi guardò Kouga con profonda apprensione.

- Sbrigatevi, signorino. – disse con un filo di voce, mentre fissava sulle lancette dell’orologio lo scorrere incessante del tempo.   

 

In quell’incubo, con il fiato sul collo, a quel punto bastava fare una cosa soltanto: afferrare di pugno la spada, e porre fine al combattimento. Ma affinché la lama trafiggesse il nemico, occorreva riacquistare la concentrazione, altrimenti la Garoken gli sarebbe passata solo attraverso.

La Zanna d’Oro ripensò al volto assopito della bambina, e nello stesso attimo udì una voce in mezzo a quelle tenebre.

- Non ti arrendere! – sentì a chiare lettere. Girò il capo e vide la piccola umana in piedi in un angolo che lo incitava a reagire, a non arrendersi. Una luce chiamata “speranza” albeggiava nei suoi occhi. Guardandola, Garo fu sicuro di una cosa: non avrebbe mai permesso a quella luce di spegnersi per sempre.

A sorpresa, l’Orrore dell’Incubo avvertì una fitta allo stomaco. Fu nel chinare lo sguardo, che si rese conto di essere oramai finito. La Garoken lo aveva trafitto in pieno, infilzandolo come un grosso spiedino. L’essere riacquistò la sua forma indefinita, creata per lo più da ombre divergenti. Prima di sparire per sempre, ebbe la sfacciataggine di emettere una risata gracchiante.

E poi, il nulla.

 

 

 

 

 

                                                                                     ***

 

 

 

 

 

Kaoru passeggiava nervosamente nella hall della villa. Di tanto in tanto gettava la solita occhiata all’orologio che le stava sul polso, e poi sbuffava. Non vedeva proprio l’ora di fare quattro chiacchiere con “lui”. Detestava lasciare le cose in sospeso, e poi… sì, c’era anche dell’altro. Voleva in qualche modo scusarsi per via di quella frase detta involontariamente poco prima che Kouga partisse. Forse, vista la reazione di quest’ultimo, pensò che non era stata affatto cortese.   

In quello stesso istante il portone si aprì di botto. L’artista attirata dal rumore mosse il capo nella direzione giusta, presa dall’entusiasmo, ma quando vide rientrare solo Gonza, la scintilla nei suoi occhi si spense di colpo.

 

- Dov’è Kouga? – fu la prima cosa che chiese. 

 

Gonza si tolse paltò e cappello e li ripose con cura nel guardaroba: - Il signorino aveva bisogno di fare due passi.

 

Kaoru inarcò le sopracciglia. – Come mai?

 

- Quello di stasera non è stato un combattimento facile.

 

- Gli è forse accaduto qualcosa? – la figlia di Yuuji fu presa dall’agitazione.

 

- No signorina, state pure tranquilla! – la rassicurò Gonza, poi finalmente si decise a spiegare come stavano per davvero le cose – Intendevo dire a livello psicologico, non fisico. Sotto quel punto di vista lì, non è stato facile. – il buon uomo si ricordò improvvisamente di una cosa - Ah… prima che me ne dimentichi… Il signorino mi ha chiesto di riferirvi che fareste meglio a non aspettarlo alzato, dormire bene e a sufficienza la notte è una cosa fondamentale se si vuole iniziare bene la giornata.  

 

Kaoru fissò esterrefatta il maggiordomo Kurahashi, come in cerca di una conferma. – Lo ha detto davvero lui? – stentava veramente a crederci.

 

- Certamente! – Gonza sorrise bonariamente. – Anche se vi può sembrare una persona distaccata e poco incline al dialogo, in realtà lui tiene molto a voi. A dire il vero… beh, forse non dovrei neppure dirvelo perché so che non gli farà piacere, ma… - esitò un attimino, ma alla fine si convinse che forse rivelare certe cose avrebbe fatto solo bene – Spesso, quando rincasa la sera verso il tardi, mi chiede sempre di voi ancor prima di sfilarsi il soprabito. La mattina mi domanda se avete fatto colazione, e poi quando vado a fare spese, anche in quel caso il primo pensiero è rivolto a voi nel momento in cui mi dice “assicurati che non le manchi niente”.  – Gonza, mentre raccontava ciò, rammentava con piacere tutte le volte in cui Kouga gli ribadiva quelle cose. E anche Kaoru, senza neppure nasconderlo, nel sentire ciò si sentì estremamente felice.

Kouga si prendeva cura di lei anche quando non c’era. E poi capì che, infondo, anche se in maniera silenziosa, lui era presente più che mai nella sua vita.

 

 

 

- Tira un bel venticello stasera, non trovi?

 

- Già.

 

- Questo posto mi fa ricordare la battaglia con Dantalian e le prove che hai dovuto affrontare per recuperare l’anima di Kaoru. Fu uno sconto davvero peculiare.

 

Kouga se ne stava seduto su uno dei tanti gradini che formavano una lunga scalinata fatta di gelida pietra. Il luogo era lo stesso, come ricordato da Zarba, dove in passato la ragazza ricevette la propria anima in precedenza rubatale dall’Orrore illusionista, nonché perfetto imbroglione.  

- Comunque, ottimo combattimento. Hai affrontato il tuo primo Signore dell’Incubo in una maniera dignitosa.

 

- Dignitosa? Intendi dire che mi sono meritato la sufficienza?

 

- Beh, direi di sì. Tuo padre la prima volta fece anche di peggio. Sconfisse quella creatura solo 5 secondi prima che il tempo finisse. Con più esperienza la tecnica cresce, perciò si migliora. Dopotutto, tu sei ancora un ragazzino, hai ancora tanto da imparare!

 

Kouga gli lanciò un’occhiataccia.

- Non sono più un ragazzino. – disse seccato, con la fronte corrucciata quanto bastava a fargli capire che doveva tenere a freno la sua linguaccia e piantarla di trattarlo ancora come un moccioso.

 

- Beh – premise il Madougu, facendosi una sana risata - Per me lo sarai sempre!

 

- E tu per me sarai sempre il solito chiacchierone. – replicò a tono il ragazzo. Come a volersi prendere una rivincita. – Cerca di tacere, sono venuto qui per restare da solo. 

 

A quel punto l’anello trasse un profondo sospiro: - Temo che tra non molto non lo sarai più. – E subito dopo, quella previsione diventò magicamente realtà.

 

Si udirono un rumore di passi provenire dall’alto. Kouga si girò, e fu in quel preciso momento che si vide con calma avvicinare da una persona.

La squadrò con attenzione, ma ancora di più con meraviglia. Era stupito, sì, di vedere Kaoru proprio davanti a sé.

- Cosa ci fai qui? – fu la prima cosa che le chiese.

 

- Gonza mi ha detto che eri uscito a fare due passi, e siccome non mi andava di aspettarti a casa, ho preferito venire da te. Ho forse sbagliato? Se vuoi stare un po’ da solo, posso andarmene.

 

- No, va bene. – le rispose - Come sapevi che ero qui?

 

A quel punto la ragazza si sedette giusto qualche gradino sopra di lui, poi alzò le spalle con uno scattino, come a dire “non so”. – Ecco, mi ricordavo di questo posto, era da tanto che non passavo più di qui, così ho deciso di venirci stasera, probabilmente perché speravo di trovarti. Solo questo!

 

Il Cavaliere ritornò a fissare lo spazio dinnanzi a sé.

- Se sei venuta per proseguire quella lite, sappi che adesso non mi va.

 

Kaoru scosse il capo: - Niente litigi, tranquillo! So che hai avuto una serata non facile.

 

- Te lo ha detto Gonza?

 

- E chi sennò? – s’intromise subito Zarba, con una certezza più che assoluta.

 

- So che questa volta l’Orrore ha preso di mira una bambina. – commentò la mora, e al sol pensiero per un attimo rabbrividì.

 

- Già. Si era insidiato nei suoi sogni trasformandoli in incubi.

 

- Per fortuna che sei intervenuto subito. Adesso sta bene?

 

Kouga assentì, ma i lineamenti del suo volto parevano comunicare altro. Era spento, quasi malinconico.

- La sua vita ora non sarà più la stessa. – disse, ed il suo sguardo divenne chiaramente triste.

 

La figlia di Yuuji, ricordando il proprio passato volse verso il basso il capo. – Io la posso capire. – e infatti provò ad immedesimarsi in lei, ci riuscì alla perfezione proprio perché da bambina aveva provato sulla propria pelle la stessa sensazione. – La notte ti svegli di soprassalto perché hai fatto uno di quegli incubi, e quando rimani al buio, hai sicuramente più paura degli altri perché sai che cosa vive in quell’oscurità, e sai anche che non potrai prevedere quando e se deciderà di attaccarti. Tuttavia… - Kaoru sollevò lo sguardo, lassù, verso il cielo- fintanto che voi Cavalieri Mistici continuerete a svolgere il vostro lavoro, l’umanità avrà sempre una speranza, e in quel buio, accanto a noi, ci sarà sempre una luce a farci compagnia. – La ragazza guardò Kouga in viso, gli sorrise, ma lui, ancora turbato dalle parole dell’Orrore, non riuscì a fare altrettanto.

 

– Le bestie demoniache sono migliaia. Mentre noi Cavalieri siamo in minoranza.

 

- Non è la quantità che conta. E’ il modo con cui si affrontano determinate situazioni. Anche se l’anima di quella bambina è stata toccata dalle tenebre, tu alla fine sei riuscito a liberarla portando dentro di lei la luce. Le hai ridato la speranza, e tutte le volte che quegli incubi ritorneranno, si ricorderà di te, e come per magia la luce di quel ricordo illuminerà il suo cuore e li allontanerà. – disse, e poi si mise a pensare. - Prima di conoscerti, il buio mi faceva tanta paura. Vivevo con il ricordo di quelle creature che non lasciavano in pace i miei sogni, ma ora, a distanza di anni, restare senza luce non mi spaventa più, e sai perché? – Kaoru lo fissò intensamente in viso, il cuore le palpitava all’impazzata, ma infondo dentro di sé sapeva che doveva parlare, che doveva dirgli ciò che sentiva, e con spontaneità riuscì a confidargli ciò che teneva segretamente nel cuore – Perché sei tu la mia luce!    

Questa volta fu il cuore di Kouga a subire un’accelerata. Quella frase lo aveva fatto spudoratamente arrossire. Sentì le guance farsi calde come una pietra sotto il sole d’agosto, e con il timore che la ragazza potesse vederlo, reclinò la testa e le diede ancora le spalle.

Ma c’era dell’altro.

Kaoru aveva un modo di vedere le cose in maniera ottimista. E quando diceva qualcosa, dalle sue parole scaturiva un’energia speciale che poteva rincuorare l’animo di chiunque.

E fu pensando proprio alle parole della sua bella, che riuscì almeno un pochino a rassicurarsi.

 

In seguito l’artista sentì che forse era arrivato anche il momento di fare o, più precisamente, di dire un’altra cosa.

Aprì la bocca, si morse un pochino il labbro, e poi cominciò a spiaccicare qualcosa: - Io… riguardo a ciò che ti ho detto oggi… sì, quando stavi andando via… - non sapeva bene come articolare quel pensiero, o più semplicemente non sapeva come riprendere l’argomento, ci stava per riprovare quando avvenne qualcosa di inaspettato.

E stavolta a replicare, avendo intuito già il significato di quella frase, fu Kouga. – Hai ragione. – disse inaspettatamente, pur continuando a mantenere la solita posizione da seduto e a rivolgerle le spalle.

 

- Ho… ragione? – Kaoru si sentì disorientata.  

 

- Sono poco presente, e tu hai il diritto di farmelo notare. – Ecco, il figlio di Taiga finalmente lo aveva ammesso di sua spontanea volontà. Lo aveva dichiarato apertamente, con estrema chiarezza. Sì, Kouga sapeva di non essere assai presente nella vita di Kaoru, sapeva di avere sempre poco tempo per lei, e soprattutto sapeva che ciò avrebbe portato avvoltoi a farsi spudoratamente avanti. Come Ikuo, ad esempio. Ma purtroppo non poteva farci niente. E questo lo faceva stare terribilmente male.

Kaoru aveva toccato un tasto dolente destinato comunque a saltare fuori, prima o poi.

A quel punto, bisognava una volta per tutte rimettere ogni cosa al proprio posto. Bisognava fare ordine.

Bisognava accordare quel tasto e fare in modo che egli non fosse più dolente, ma che al contrario, risuonasse armoniosamente come gli altri.

 

- Ecco… - premise la ragazza. Era titubante, non sapeva se fargli capire o no ciò che in realtà le aveva raccontato Gonza. Ma ormai non poteva più tirarsi indietro. - So che anche quando noi non stiamo insieme, tu continui a prenderti cura di me. E questo fa sì che nella mia vita tu sia più di chiunque altro presente. E anche se il tuo lavoro ci tiene spesso lontani, ciò di cui ho bisogno è passare ogni tanto momenti come questo, per esempio. Se arriveranno una volta ogni tanto, beh, io li aspetterò con ansia, perché saranno sicuramente molto più belli di altri cento messi insieme, non trovi?

Kouga finalmente si girò, e fu in quel momento che il sorriso di Kaoru lo colpì come un fulmine che si staglia in pieno cielo.

Divenne ancora rosso. Non poteva fare altro, d’altronde.  

Qualche istante dopo la ragazza scese di un gradino e si sedette. – Visto che stasera sei in vena… - premise, con uno sguardo magistralmente furbetto - immagino che tu non avrai anche problemi ad ammettere che in realtà sei geloso, dico bene?

 

La risposta di Kouga arrivò tassativa: - Non lo sono affatto.

 

L’artista storse appena le labbra, senza però demordere tornò alla carica. Scese altri 2 gradini e si accomodò. – Dai, cosa ti costa ammetterlo? Inoltre è palese!

 

- A me invece non sembra.

 

- Allora perché sei sempre così ostile nei confronti di Ikuo? - Nell’udire quel nome, il ragazzo si sentì un tantino nervoso. Soprattutto perché era fuoriuscito dalla bocca di Kaoru. – Se penso a come lo hai trattato questa mattina…

 

Kouga la interruppe subito: - Si era seduto sulla mia poltrona.

 

- Sulla tua poltrona? – ripeté la giovane quasi subito. Sembrava incredula.

 

- Sulla sua poltrona! – ribadì Zarba, quasi a volerlo confermare di proposito. – E guai se qualcuno la tocca! – Già, perché il Madougu, quel signorino scontroso lo conosceva alla perfezione.

 

L’artista inarcò le sopracciglia, adesso incredula lo era per davvero. Si agitò tutt’ad un tratto, scese ancora altri gradini, ma stavolta per sedersi proprio di fianco a lui. 

-Tu… - premise, esasperata come non mai- vuoi forse farmi credere che sei geloso di quella poltrona ma non di me? – Una bizzarra situazione era quella. Almeno per lei. Oltretutto, chissà perché, ma per uno strano quanto improvviso scambio di ruoli, adesso era lei quella a provare gelosia. Aspettò, speranzosa, perché voleva a tutti i costi ricevere una risposta, e poco dopo un riscontro ci fu, ma da parte di Zarba.

 

- Kouga conosce quella poltrona da molto più tempo di te. Mi sembra logico che lui le sia legato di più. – Queste furono le parole dell’anello. Più che altro Zarba cercava di punzecchiare i due, come suo solito, per cui si prese anche la briga di aggiungere – E poi rispetto a te, è senza dubbio molto più silenziosa!

 

L’artista colpì l’anello con uno schiocco delle dita, poi puntò quello stesso dito proprio davanti al viso del ragazzo. – Tu… - spiccicò, con la voce piena di rabbia e l’indice tremolante. Non riuscì ad aggiungere altro, stava per tirargli uno schiaffo ma Kouga l’afferrò per il polso e la bloccò.

Si guardarono a vicenda, lo sguardo di Kaoru era veramente crucciato. - Vuoi davvero più bene a quella poltrona che a me? – domandò, con fioca voce, e quasi subito si rese conto di avere appena detto una grande sciocchezza. Tuttavia aveva sentito ugualmente il bisogno di esternare quelle parole, perché se non l’avesse fatto si sarebbe sentita male. Ebbe l’impressione di essere tornata bambina. Aveva perfino assunto un’espressione da bambina. Abbassò lo sguardo per la vergogna, i capelli ai lati del viso le finirono davanti.

Kouga notò quel suo fare fanciullesco, e dopo un breve istante di assoluto silenzio, con delicatezza le portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Fu delicato, gentile e garbato al tempo stesso. La giovane donna provò una sensazione quasi di calore. Fu quel gesto fatto con assai premura, la vera risposta. Kaoru sollevò timidamente gli occhi. Ambedue rimasero a rivolgersi lo sguardo ma senza comunicare, e solo dopo averla guardata attentamente in viso, solo dopo averle sfiorato con il pollice della mano destra una parte della guancia, Kouga riuscì a parlare: - Ti vedo molto stanca. – constatò, e quella parola “stanca”, le fece calare un po’ le palpebre affaticate. Effettivamente, Kaoru stanca lo era per davvero.       

 

- Ultimamente dormo male la notte.

 

- Come mai? – le chiese il Cavaliere, mentre continuava a solcarle la guancia con il dito.

 

- Faccio sempre strani incubi. I soliti, per intenderci. In quel mondo parallelo, sembra tutto così reale… Per fortuna però che non appena riapro gli occhi scopro che non lo è.

 

- Gonza mi ha detto che la sera resti ad aspettarmi fino a tardi. Non dovresti farlo.

 

- A me fa piacere.

 

- Ma non voglio che tu lo faccia.

 

Kaoru lo guardò in viso, si accorse che aveva assunto un’espressione preoccupata.

- Ecco… non mi sembra corretto andare a dormine mentre tu sei ancora fuori casa. Mi piacerebbe qualche volta poterti augurare la buonanotte. – pigolò, con una dolcezza che parve non avere più fine.

 

- Sei fortunato, Kouga. Avrai un’ottima moglie in futuro! – disse Zarba, per fare un complimento. Ma l’elogio per la verità fece imbarazzare entrambi gli umani che finirono con l’arrossire.

 

- Comunque – premise la ragazza, aggirando l’imbarazzante questione con un sorriso forzato– cercherò di rispettare il coprifuoco d’ora in poi!

Kouga sembrò non crederle, ma sorrise a sua volta. E dopo ciò, con estrema dolcezza lei si lasciò cadere teneramente tra le sue braccia in cerca di un caldo giaciglio su cui poter finalmente chiudere gli occhi e riposare.

Senza incubi.

 

 

 

 

 

Forse non smetterò di avere incubi la notte, tuttavia l’importante è trovare dentro noi stessi una luce che ci guiderà attraverso le tenebre.

Potremmo impiegare del tempo per scovarla, e questo ci costringerà a resistere quando saremo in balia del buio.

Io ci ho messo un po’, ma adesso so che nessun incubo potrà farmi del male, perché la luce veglierà su di me e continuerà a regalarmi momenti felici.

E se una volta aperte le porte di quel mondo, non si può più richiuderle, allora io non cercherò neppure di farlo. Resterò lì a contemplarle, e questa volta, con accanto la mia luce.

 

 

 

                                                                  Fine episodio

 

 

                                                           

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

Le vacanze sono finite, e Botan riprende a lavorare e ad aggiornare!

Purtroppo vado di corsa, stasera sono abbastanza stanca, ho proprio bisogno di fare una bella dormita, possibilmente senza incubi… I_I

L’ora del Red Requiem si avvicina, e la Botan sta facendo del tutto per tenersi aggiornata con riviste e cose varie. Piange il mio portafogli ma poi quando vedo il sorriso di Konitan capisco che pur di continuare a vederlo sono disposta a fare plush da mattina a sera, perché l’energia la prendo direttamente da lui. Konitan Santo subito.

Tornando alla GSS, ho già stabilito quali saranno i prossimi capitoli e quindi il numero in totale. Sono ancora indecisa se scrivere o no un episodio, ci sto attualmente pensando ma alla fine so già che deciderò seguendo l’istinto!   

 

 

 

Per stelly89_s: Ti quoto! Tra Rin, Zarba e Rei scegliere non saprei! Sono delle colonne portanti perché ti offrono l’occasione su di un piatto… d’argento! 

 

Per Sho Ryu Ken: Neppure io sono capace di disegnare i cavalli. Sono molto complessi. Aah, quella famosa katana me la sogno pure la notte! Continua a darmi inconsapevolmente idee, ok? Io nel frattempo segno!  

 

Per _Elentari_: Non preoccuparti di nulla, recensisci quando puoi! Il detto “l’amore non è bello se non è litigarello” posso affermare che in tutto è per tutto è proprio vero!

 

 

 

Per ora è tutto!

Vi lascio con le anticipazioni!

Botan

 

 

 

ANTICIPAZIONI:

Un viaggio nel passato farà rivivere sia a Kouga sia a Kaoru un avvenimento che segnò profondamente quest’ultima. Tra dubbi ed incertezze, la ragazza dovrà fare i conti anche con ciò che le riserverà un futuro molto probabilmente prossimo.

Prossimo episodio: #15 Passato

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Garo / Vai alla pagina dell'autore: Botan