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Autore: Iurin    15/09/2010    4 recensioni
Oramai è risaputo che presto uscirà nelle nostre sale Potc4, e, nell'attesa, ho scritto questa fanfiction, inventandomi di sana pianta il continuo di Pirati dei Caraibi 3. =)
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jack Sparrow, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Barrowman: sono contenta che il caro Capitan Sparrow sia di tuo gradimento! E spero che tu gradisca anche questo nuovo capitolo! Un bacione, carissima!!!! ;)

I due mercanti che sono tutto tranne che mercanti

Due giorni dopo l’incendio ci fu il funerale di mio padre: si svolse nel giardino della chiesa, sotto i pini; era una bella giornata; gli invitati non erano molti: qualche collega di papà e qualche amico…i parenti erano tutti in Inghilterra…mentre si svolgeva la messa pensavo che sarei potuta tornare nel vecchio continente e stabilirmi da una mia zia adottiva, ma poi mi ricordai della promessa fatta a mio padre e a quel punto dovevo restare; in più mi stava venendo il desideri di sapere quali fossero veramente le mie origini…fatto sta che Thomas ed io stavamo tornando a casa insieme, quando però dall’altra parte della strada vidi Eric. Dissi a Thomas di andare a casa e di aspettarmi lì, e così io andai dal signor Vandom.
“Salve Eric!” gli dissi “non vi vedo da due giorni e non ci siamo neanche salutati. È successo qualcosa?”
Lui mi guardò, ma mi resi conto che le più dura di come l’avevo vista giorni prima.
“niente di particolare.” Mi rispose;
“ma…ma perché ve ne siete andato così l’altro giorno? La mia casa stava bruciando e nel momento in cui avrei avuto bisogno d’appoggio voi siete sparito.”
“avevo i miei motivi.”
“e cioè?”
Lui si avvicinò a me e mi rispose:
“La vita è complicata…è crudele, e se non si trova il modo giusto per affrontarla si finisce per chiudersi in se stessi e desiderare che i mondo finisca. Io ho trovato il mio modo per cercare il sollievo in questa vita opprimente; provare tutto ciò che si desidera…non parlo solo del desiderio carnale ma di tutte le cose che passano per la testa e che quando si è stati bambini venivano viste come un qualcosa di lontano e irraggiungibile…per fare questo però occorre un elemento importantissimo: il denaro; senza il denaro, allora, può la vita avere un senso? No…vedendo la vostra casa ho subito capito che di denaro ne avete solo il minimo indispensabile, e così ho deciso di lasciar perdere.”
Si fermò e mi osservò---
“un discorso più insulso di questo credo che non lo sentirò mai…” pensai, e lui finì in bellezza dicendo:
“questo è tutto quello che posso darti.”
E mi diede un lieve, lievissimo bacio sulla bocca; poi si voltò e ricominciò a camminare piantandomi in asso in quel modo…
“la vita fa schifo.” Pensai, e me ne andai infuriata a casa di Thomas. Quando arrivai aprii la porta e la richiusi sbattendola alle mie spalle; da qualche parte provenne la voce di Thomas:
“Julia? Sei tu?”
Io risposi secca:
“sì.”
“è…è successo qualcosa?”
“è successo che la vita fa schifo!”
Venne da me e mi chiese:
“perché fa schifo?”
Gli raccontai del mio incontro con Eric, e lui mi ascoltò pensieroso; quando finii mi disse:
“non ti dirò te l’avevo detto eccetera eccetera…sappi solo che la vita non è brutta come potrebbe sembrarti adesso. Vedrai che fra non molto tutto tornerà di nuovo alla normalità. Io gli sorrisi e gli disse:
“Grazie Thomas, sei il migliore.”
“non per vantarmi, ma lo so…”
lo guardai divertita, ma poi tornai seria e disse:
“ti devo parlare.”
Ci sedemmo sul divano e ripresi:
“prima di morire mio padre mi ha detto che in realtà io sono stata adottata…”
“oh…”
“e…e mi ha detto che il signor Glade, il nostro vecchio maggiordomo sa chi è il mio vero padre…lui…lui abita a Panama, e io…io stare parto e vado a sentire che mi dice.”
Thomas mi disse quasi rattristato anche lui:
“stasera? Non è meglio aspettare un po’?”
“non creso che già domani avrei la stessa risolutezza di adesso.”
“capisco…in fondo è una tua scelta…”
“sì, è quello che voglio fare.”
Velocemente, come se il tempo avesse le fregole, arrivò la sera. Io ero sulla soglio della porta di casa e mi accingevo a salutare il mio amico.
“allora io vado.” Feci “chiederò a qualcuno un passaggio fino a Panama.”
“Sei sicura che non vuoi che venga con te?”
“hai il negozio a cui badare…no…è meglio così.”
Ci guardammo e in quel preciso istante sentii le labbra fremere e gli occhi gonfiarsi di lacrime. Istintivamente lo abbracciai forte dicendo:
“mi mancherai”
E lui abbracciandomi a sua volta mi rispose:
“mi mancherai anche tu.”
Ci staccammo e dopo essermi asciugata gli occhi lo salutai per l’ultima volta. Subito dopo lui chiuse la porta di casa e io mi diressi al porto.


Passai davanti a molte navi, solo che a bordo non c’era nessuno e allora non sapevo a chi chiedere quel passaggio. Alla fine però vidi una nave un po’ più piccola delle altre, su cui era stata posizionata una passerella che la univa alla banchina, e due tizi che caricavano alcune botti spingendole e facendole rotolare su questa passerella…mi avvicinai al primo in cui mi imbattei: aveva una lunga giaccia, che arrivava ai polpacci, un grande, potrei dire, un enorme cappello che gli copriva quasi tutta la faccia; del volto, infatti, notai soltanto un paio di treccine che gli pendevano dal mento. Ah! In più aveva una strana camminata oscillante…
“buona sera.” Dissi.
Quello si fermò a guardarmi e credo che abbia sorriso rispondendomi, perché intravidi un luccichio sotto il cappello.
“buona sera.” Mi rispose.
Mentre parlava si avvicinò anche l’altro compare: non aveva una giacca, ma un gilet, indossava un cappello molto ampio anche lui e portava un paio di basettoni. Io mi rivolsi sempre al primo:
“Siete dei mercanti?”
“ehm…più o meno.”
“Ecco…avrei bisogno di un passaggio fino a Panama. Sì…beh…potreste darmelo voi?”
Il tizio guardò il compare che non disse niente, ma mosse solo le labbra; capii però dal labiale che voleva dire una cosa tipo: “porta male.” Ma non sono sicura di aver capito bene.
Il tizio gli rispose:
“Bazeccole.” E tornò a rivolgersi a me:
“Ma naturalmente, milady. Fino a Panama avete detto? Non c’è problema.”
E mi accompagnò lui stesso a bordo, mentre il compagno caricava l’ultima botte. Così fecero partire la nave e restammo tutti in silenzio finché non raggiungemmo il largo…io ero abbastanza tranquilla…poi ad un certo punto l’uomo con i basettoni aprì una porta e urlò dentro:
“Avanti, forza!!! Potete uscire!!!”
praticamente subito una massa di gente uscì di corsa da quella che doveva essere la stiva e venne sul ponte. Qualcuno iniziò persino a guardarmi con un certo…ehm…interesse. Il tizio con le treccine sul mento non sembrava affatto turbato, anzi…se ne stava tranquillo al timone…ad un certo punto urlò:
“Avanti! Cambiate bandiera! Che aspettate?! Che si cambi da sola?!”
Alcuni dell’equipaggio l’andarono a prendere e tornarono con in mano una stoffa nera; innalzarono la loro bandiere e mi resi conto che ero finita su una nave pirata! Ero paralizzata! Come mi dovevo comportare adesso? Ma soprattutto, che mi avrebbero fatto?
L’uomo al timone si tolse il cappello e finalmente lo vidi in viso: l’idea che mi feci era di un tipo alquanto bizzarro: i capelli tenuti con una bandana rossa, la matita nera sugli occhi…che si poteva aspettare da uno così? Subito disse al compagno, che nel frattempo si era tolto anche lui il suo cappello:
“Gibbs! Vai in cabina, ci dev’ essere il mio cappello.”
Quello che doveva chiamarsi Gibbs partì a razzo e tornò poco dopo con un copricapo notevolmente più piccolo di quello di prima. L’uomo con le treccine se lo mise in testa compiaciuto e si diresse verso di me, che nel frattempo ero rimasta in un angioletto, osservando tutto quello che mi stava succedendo intorno, senza poter reagire…
“salve, milady.” Mi disse “spero che tutta questa gente non vi disturbi troppo!”
“chi…chi siete voi?”
“Il capitano Jack Sparrow, dolcezza!” mi rispose facendo un inchino.
“voi…voi siete un pirata!”
“Ehi! Siete veramente perspicace, non c’è che dire!”
Io non sapevo veramente cosa rispondere o pensare. Ero…oddio che situazione!
“Venite, prego,” disse allora “ vi porto in cabina.”
Mi condusse in una stanza abbastanza ampia, con le finestra, una scrivania con delle carte, una libreria e un letto. Non era male, alla fin fine. Jack Sparrow o come si chiama, andò alla scrivania, si tolse il cappello, la giacca, il gilet e la spada e ce li poggiò sopra…
“che…che state facendo?” chiesi
“me ne vado a dormire.”
“ma questa non è la mia cabina?”
“no, è la mia, ma vi farò la cortesia di dormire qui con me.”
E detto questo mi sorrise malizioso.
“che cosa?” feci “io non ci dormo qui con voi!”
“o qui o con la ciurma”
“ma…ma…”
Mi guardò con una faccia come per dire “non avete scelta”, e allora gli disse:
“se provate a toccarmi, anzi, a sfiorarmi solo con un dito, potete considerarvi morto!”
“ho capito…posso parlarvi, allora?”
“no!”
“guardarvi!”
“no!”
“Posso almeno respirare?”
“sì, ma in silenzio!”
E detto questo mi misi a letto. Lui si sdraiò con un sospiro e io provai ad addormentami…in che razza di situazione ero capitata! A dormire con quell’insulso pirata! Non vedevo l’ora che arrivasse il giorno.
Finalmente un raggio di sole mi colpì in faccia e mi svegliai; subito ricordai dove mi trovavo e soprattutto con chi. Mi girai cercando di non fare il minimo rumore e vidi che quel pirata non si trovava più al mio fianco.
“Oh meno male…” sospirai e mi allargai sul letto aprendo le braccia. Dopo un paio di minuti mi alzai, mi sistemai i capelli davanti allo specchio e decisi di uscire sul ponte: tanto stando là dentro la situazione non sarebbe comunque cambiata. Aprii la porta e mi scontrai letteralmente con Sparrow…ci demmo una testata tremenda…
“ahi! Guardate dove camminate!” gli dissi io.
“io?! Siete voi che mi siete venuta addosso! Mi avete scombussolato il cervello!” disse invece lui.
“ma se nemmeno ce l’avete un cervello!”
“che cosa? Mi ripagate così per avervi aiutato?”
“Aiutato?! Ma aiutato de che?!”
“Vi ho dato un alloggio…”
“ma io non ve l’ho chiesto! È un passaggio quello che vi avevo chiesto!”
“E ve lo sto dando questo passaggio!”
Lo guardai calmandomi un attimo.
“davvero?” domandai
“sì! E se mi fate passare potrei prendere delle carte nautiche.”
A quel punto mi scansai e lui entrò in cabina.
“servono per condurmi a Panama?” chiesi
mi guardò e mi disse:
“No. Prima devo fare una capatina in un altro posto, che credo si trovi qui vicino.”
“ma…vedo l’aiuto che mi date allora!”
“vi ho detto che vi avrei aiutato, ma non avete precisato il quando, e nemmeno il come!”
“il come?”
“sì, perché se continuate così a Panama vi ci mando a piedi!”
“voi…voi siete…”
“un disonesto!” concluse lui.
“esatto!” dissi
“ e su un disonesto potete sempre contare che sia disonesto onestamente.”
Io allora decisi di stare al suo gioco:
“no, non credo, perché un disonesto non è mai onesto, proprio perché è disonesto, quindi non è possibile che un disonesto sia disonesto onestamente.”
“uhm…voi dite che se un disonesto non può essere disonesto onestamente, allora per voi sarà disonesto disonestamente. Ma se un disonesto vi dice che è disonesto disonestamente, potete onestamente confidare che sia disonesto?”
“ma se però un disonesto è disonesto onestamente, allora a quel punto non è più molto disonesto, non credete?”
“il vostro ragionamento non fa una grinza, però se allora un disonesto è disonesto disonestamente, non è più un vero disonesto, perché se vi dice di essere disonesto, ma lo fa disonestamente, allora potrebbe anche essere un onesto, comprendete?”
Sinceramente a quel punto non sapevo come replicare e allora Sparrow disse prendendo in mano una carta nautica:
“se a questo punto avete finito di parlare io tornerei di là-“
“non vi trattengo!”
Stava per uscire, ma si girò e mi disse.
“Ah! Non vi ho dato il buon giorno!”
“non ci tengo, grazie!”
E gli chiusi la porta in faccia.

 

Una recensione e più che accetta! Fatemi felice, daiiiiiiiiiiii ;) ;)

   
 
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