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Autore: manymany    16/09/2010    5 recensioni
Per la serie... a volte ritornano! Una ferita ormai rimarginata si riapre dopo un improvviso quanto inaspettato sms. Viola dovrà fare i conti con il passato e dovrà scegliere. Dal primo capitolo: Era Carla. Un nome che non compariva sul suo schermo da… da cinque anni ormai. Aveva il numero ancora in rubrica solo perché era sempre stata una che conservava tutto. Una vecchia compagna di liceo. Che diavolo poteva volere? Forse aveva solo sbagliato numero. Aprì il messaggio. “ Ciao a tutti bella gente. Forse non ve lo ricordate ma sabato sarà il quinto anniversario dal nostro ultimo giorno di liceo. Ho organizzato tutto, ok forse un po’ all’ultimo momento ma ormai ogni cosa è pronta. Rullo di tamburi: La III f del liceo classico Alighieri si riunirà sabato e domenica all’Hotel Belvedere!!!
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'odore del passato'
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salve a tutti! ho deciso di iniziare una nuova avventura. non ho intenzione di lasciare la storia che è già in corso ma ho deciso di dedicarmi anche ad altro visto che non ho abbastanza da fare XD
spero che vi piaccia.
è tutto ancora all'inizio e non so nemmeno come si svilipperà la cosa. vedremo. fatemi sapere.
a presto manymany


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CAPITOLO I:  SMS DAL PASSATO

Beep beep.
Viola fece un balzo quando quel suono inaspettato ruppe il silenzio assoluto che la circondava, se ne stava appoggiata scompostamente alla scrivania dell’ufficio. Erano le sei di lunedì pomeriggio e avrebbe dovuto essere a casa da almeno mezzora ma il tempo diluviava e lei non riusciva a trovare il coraggio di gettarsi sotto la pioggia per raggiungere la stazione della metro che distava almeno duecento metri.
Sospirò e guardò fuori dalla finestra, il cielo era scuro come se fosse mezzanotte, nonostante fosse quasi estate, e il mal tempo non accennava a fare un attimo di pausa. Voleva andare a casa maledizione, concedersi un lunghissimo bagno profumato, mettersi uno dei suoi pigiamoni extralarge e poi leggere per tutta la serata il nuovo manoscritto che doveva recensire e che l’aveva colpita da subito. Svogliatamente afferrò il blackberry.
Chi poteva essere? I suoi genitori non erano tipi da sms, nonostante fossero abbastanza giovani non amavano molto quel modo di comunicare e preferivano le classiche chiamate, le sue sorelle erano in pieno idillio amoroso e figurarsi se avessero pensato a lei, suo fratello in quel periodo era totalmente immerso in un nuovo lavoro e non la cercava molto spesso, e le sue tre uniche amiche erano all’estero per gli studi, si sentivano solo via computer. Quindi non poteva essere nessuno di veramente importante.
Sospirò annoiata, pronta a leggere le notizie di gossip che ogni tanto il suo operatore telefonico gli propinava gratuitamente.
Ma non era il gossip.
Era Carla.
Un nome che non compariva sul suo schermo da… da cinque anni ormai. Aveva il numero ancora in rubrica solo perché era sempre stata una che conservava tutto. Una vecchia compagna di liceo. Che diavolo poteva volere? Forse aveva solo sbagliato numero.
Aprì il messaggio.
“ Ciao a tutti bella gente. Forse non ve lo ricordate ma sabato sarà il quinto anniversario dal nostro ultimo giorno di liceo. Ho organizzato tutto, ok forse un po’ all’ultimo momento ma ormai ogni cosa è pronta. Rullo di tamburi: La III f del liceo classico Alighieri si riunirà sabato e domenica all’Hotel Belvedere in pieno stile americano. Sabato sera ci sarà la cena di benvenuto. Domenica mattina per le donne sedute al centro benessere dell’hotel e per gli uomini torneo di calcetto. Per pranzo un picnic nel parco antistante l’hotel con pranzo a buffet e la sera gran finale con l’elezione di Mister & Miss III F…5 anni dopo!  Impossibile mancare! So già che Melissa, Arianna e Bianca non potranno partecipare per motivi di studio. Tutti gli altri non hanno scuse. Ovviamente, mariti, moglie e figli saranno i benvenuti, per questi ultimi l’hotel ha predisposto un servizio adeguato in modo che non possiamo spassarcela ugualmente. La quota è di 300euro a persona, non fate i taccagni e partecipate. A sabato.”
Un nodo le serrò la gola leggendo quel poema. Non poteva, non voleva.
Strinse freneticamente le dita attorno al blackberry e tanto vecchi quanto dolorosi ricordi la travolsero.
Si aggrappò al bordo della scrivania. Erano passati cinque anni. Doveva essere tutto rimosso, no? Lo credeva, fino a due minuti prima. Anzi fino a due minuti prima non ci pensava nemmeno più. Non ci pensava da così tanto tempo che quel messaggio l’aveva stravolta più del dovuto.
Un colpo alla porta le fece fare un salto sulla sedia.
- Disturbo?- chiese Ben.
Non lo tollerava. Lavorava in quell’ufficio dallo stesso giorno in cui era stata assunta lei e sin da subito lui aveva cercato di prevalere in tutti i modi, ma il modo che preferiva era la seduzione. Era indubbiamente un bel ragazzo anche se in un modo fin troppo scontato, ma il fatto che usasse la sua avvenenza per far colpo sulla direttrice glielo rendeva ancora più antipatico.
- Tu disturbi sempre!- di solito cercava di essere più tollerante ma dopo quel messaggio e dopo il modo in cui l’aveva fatta sobbalzare era meno disposta a essere accomodante.
- Oh che accoglienza calorosa, cara!- lui si appoggiò alla porta incrociando le braccia.
Viola si pentì immediatamente di essere stata tanto brusca. Si alzò, scostandosi i  capelli che le erano scivolati sul viso e gli voltò le spalle guardando fuori dalla finestra per riprendere il controllo di sé stessa. Fuori continuava a piovere senza sosta.
- Scusami è che mi hai spaventata, ti serviva qualcosa?
- Ho solo bussato, ora so che non dovrò mai farti qualche stupido scherzo, rischierei il linciaggio.- le sorrise ed entrò nella stanza sedendosi sul bordo della scrivania.
- Allora, dimmi.- si voltò verso di lui e per un momento fu consapevole della sua bellezza.
“ La smetti? Non ti è mai piaciuto. Il fatto che adesso lo trovi bello è perché sei sconvolta per il messaggio di Carla, perché vuoi auto-convincerti che hai superato quella fase. Ma a conti fatti non è così. Maledizione non è per niente così. Non te la saresti presa con lui, sebbene sia irritante, se tutto fosse a posto.”
Un ondata di tristezza la assalì e dovette farsi forza per non scoppiare in lacrime.
- Che ti prende stasera Viola? Il ghiaccio si scioglie? Prima mi incenerisci con la tua rabbia e poi sei sul punto di piangere? Non è da te. - il suo tono non era derisorio come sempre, era… interessato e questo la fece scuotere.
Perché gli importava? Voleva sfruttare la sua debolezza?
Non era mai stata un tipo che si fidava ciecamente, ma con il tempo aveva imparato ad essere proprio diffidente se non addirittura scostante.
- Veramente Ben, non ho nulla e adesso per favore dimmi cosa sei venuto a fare. Non ci sono mai stati rapporti amichevoli tra di noi, non abbiamo mai “ conversato piacevolmente” dopo l’orario di ufficio. Quindi ci deve essere un motivo se sei qui.- gli disse perdendo nuovamente la pazienza.
Lui sorrise e si rizzò in piedi volgendosi verso l’uscita.
- Oh ecco il tuo caro vecchio sarcasmo, quasi quasi non ti riconoscevo senza. Non c’era nessun motivo, mi sono accorto della luce accesa e visto il temporale che c’è ho pensato che avessi bisogno di un passaggio. Non tutti fanno qualcosa per uno scopo Viola.- le disse in tono severo.
Lei allibì. Cioè lo diceva lui? Lui che andava a letto con la direttrice per fare carriera. Rimase a guardarlo per qualche secondo poi scoppiò a ridere.
Ben la guardò perplesso. Doveva sembrargli proprio matta, ma non riuscì a trattenersi.
-  Tu! Tu parli di gente che non fa qualcosa per un motivo ben preciso? Tu che da subito hai sfruttato il tuo essere uomo, un bell’uomo, per carità, per fare carriera, per prevaricarmi, per metterti in risalto agli occhi  della Rossi? Tu non fai tutto per uno scopo? Scusami tanto, Ben,  ma mi fa proprio ridere.
Lui la ascoltò impassibile, poi si voltò ed uscì.
Viola rimase sola nella stanza. Il sorriso le morì sulle labbra.
“Maledetta, maledetta linguaccia! Sei una stupida Viola. Una stupida.”
Scacciando le lacrime che minacciano di scendere giù prese le sue cose e decise di andare via. A quel punto non le interessava nemmeno di bagnarsi. Se la sarebbe anche meritata una bella influenza.
Era sempre la solita. Bastava che qualcosa andasse storto per farle perdere la bussola.
Scese la rampa di scale e si fermò sulla soglia del portone. La pioggerella si era trasformata in un vero e proprio acquazzone. Si sistemò il trench sulla testa per cercare di difendersi dall’acqua ma sapeva già che era tutto inutile, poteva anche cercare di correre sui tacchi ma sapeva che niente le avrebbe impedito di inzupparsi fino all’osso.
Si fece coraggio e  uscì dal riparo del lussuoso androne, iniziando a correre. I suoi tacchi ticchettavano sul marciapiede dissestato, la pioggia era talmente fitta da renderle difficile vedere cosa si trovasse anche solo ad un palmo del suo naso. Spiccò un salto per oltrepassare una grossa pozzanghera ma l’atterraggio non fu come se l’era aspettato, il tacco della scarpa destra ormai zuppo cedette improvvisamente e la caviglia le si storse facendola finire a terra, distesa nella pozzanghera che aveva cercato di superare.
Rimase ferma per qualche secondo, ormai zuppa e sporca come più non si poteva, cercando di assorbire la botta. Il piede le faceva un male cane. Se lo tastò cercando di capire se ci fosse qualcosa di rotto. Il dolore era intenso ma non sembrava niente di troppo grave, così provò ad alzarsi. Più volte ricadde indietro, seduta, il fondo della pozzanghera era melmoso e rimettersi in piedi fu difficile. Si guardò il pantalone che un tempo era sta di un bel verde e trasalì: oltre ad essere intriso d’acqua si era “naturalmente” tinto di marrone. Per non parlare della scarpa, totalmente scorticata e ormai da buttare. Se la sfilò e iniziò a zoppicare verso la stazione della metro che era comunque ancora troppo lontana. Correre non aveva senso ormai, non poteva bagnarsi più di così e inoltre il piede le faceva davvero male.
Stava  per attraversare la strada quando una macchina uscita da un parcheggio lì vicino le arrivò praticamente addosso, frenando appena in tempo. Viola rimase impietrita, la paura le aveva impedito di scansarsi e se l’automobilista non si fosse fermato in tempo l’avrebbe certamente travolta.
Vide lo sportello aprirsi, ne uscì a furia Ben.
- Stai bene? Sei stravolta!- disse notando il suo viso pallidissimo, i vestiti infangati e i piedi nudi.
- Tu! Ancora tu! Sei un pazzo! Potevi uccidermi! L’hai fatto a posta, ammettilo.- lo aggredì.
- Cosa??? Sei apparsa dal nulla! Ti ho vista all’ultimo secondo e devi ringraziare i miei riflessi più che pronti altrimenti a quest’ora staresti spiaccicata sull’asfalto.- urlò per sovrastare il rumore della pioggia che continuava a venir giù, implacabile.
- Io.. Io.. Io ti odio!! Lasciami in pace!-
Quella non era decisamente la sua giornata. Scoppiò a piangere e scappò via, per quanto il piede dolorante glielo consentisse. Quasi subito sentì una mano afferrargli il polso. Stanca di parlare si lasciò condurre in auto,  non riuscendo a smettere di singhiozzare come un’idiota. Lui le aprì lo sportello e l’aiutò a salire. Intanto dietro si era formata una lunga coda, i clacson impazzavano e addirittura c‘era qualcuno che urlava imbufalito. Ben fece un gesto di scusa e salì sull’auto anche lui, partendo immediatamente.
Viola intanto continuava a piangere silenziosamente, lui si limitava a guidare, senza parlare e lei lo apprezzò. Era stata odiosa con lui e non si meritava il passaggio, non meritava nemmeno il suo silenzio.
Tutto per uno stupido messaggio, per una stupida rimpatriata con dei compagni di liceo.
Pian piano le lacrime smisero di scendere e lei trovò il coraggio di voltarsi verso di lui.
- Grazie Ben. So che…
- Tu non sai niente! Stai zitta!
Non si aspettava la sua reazione inferocita. Ok forse se lo meritava anche, ma aveva scambiato il suo silenzio per comprensione non per rabbia.
Si voltò dall’altro lato guardando le luci sfocate della città che passavano dal finestrino. Non sapeva dove stessero andando e non le interessava nemmeno.
- Dammi l’indirizzo di casa tua.
- Cosa? - lei era totalmente immersa nei suoi pensieri che la sua voce l’aveva fatta sobbalzare.
- Come ti spaventi facilmente! Non ho detto nulla di male adesso.- si giustificò lui.
- No, lo so, lo so! Non sono così suscettibile in genere. Non siamo mai stati amici ma devi riconoscere che non mi ero mai comportata così. Ti chiedo scusa.- disse abbassando lo sguardo.
- Oh che onore. Sono contento di sentire che ammetti i tuoi sbagli. Ma quelle cose le pensavi sul serio, no?- disse dopo essere rimasto in silenzio per qualche secondo.
- Che mi sei venuto addosso con la macchina di proposito? Ovviamente no! Non credo che tu…
- Non quello!- disse lui ingranando la marcia nervosamente.- Che uso il mio corpo per fare carriera. Sii sincera.
Ecco.. Cosa doveva dire? La verità? Si, lo pensava. Ma gli aveva appena chiesto scusa, non voleva ricominciare nuovamente con le liti.
Non avrebbero dovuto dirglielo, non avrebbe dovuto trattarlo così male, ma comunque lo pensava davvero.
Lei era lì quando guardava Mirella Rossi, la direttrice della Casa Editrice per cui lavoravano con quello sguardo caldo e sexy, era lì quando lei, ormai cinquantenne e con due divorzi alle spalle ricambiava le occhiate ammiccando maliziosamente. Era lì e non poteva negare di aver visto.
- Si lo penso. O perlomeno penso che tra te e Mirella ci sia qualcosa.- disse preparandosi mentalmente a farsi la strada di ritorno a piedi, perché certamente dopo quella ammissione lui non l’avrebbe più accompagnata a casa. Ed infatti lui rallentò e accostò sul ciglio del marciapiede.
Lei rimase in silenzio per qualche minuto, poi si voltò verso di lui, pronta ad attaccare se necessario. Ma lui non la guardava nemmeno, lo sguardo in avanti, le mani strette al volante.
- Ben.. Ben! Senti mi hai chiesto tu di essere sincera.- provò a dire lei.
- Beh ti sbagli Viola. - le disse guardandola negli occhi.- ti sbagli in pieno.- rimase per qualche altro secondo in silenzio.- Allora me lo dai l’indirizzo? Vaghiamo da mezzora e vorrei tornare a casa prima del mattino.- le disse brusco.
Lei gli diede l’indirizzo e poi tornò a guardare fuori dal finestrino. Dovevano essersi allontanati molto perché quella zona le era del tutto sconosciuta. Non che conoscesse bene la città. Ci viveva da meno di un anno. Attraversarono zone talmente squallide che lei pensò di trovarsi nel Bronx, c’erano cassonetti che bruciavano e gruppi di ragazzi che ballavano in una piazzola incuranti della pioggia scrosciante. L’auto rallentò fino a fermarsi ad un semaforo e impaurita lei abbassò la sicura del suo sportello, sperando di passare inosservata, ma lui lo notò lo stesso.
- Che c’è, principessina, i bassifondi ti sconvolgono?- le chiese in tono di scherno.
- No, sono solo previdente.- gli disse difendendosi.
- Se vuoi essere “previdente” al cento per cento metti una barriera anche tra di noi. Io sono cresciuto in questo quartiere e sebbene non ci viva più da anni ormai, sono sempre un appartenente a questa zona. Che ne dici adesso? Vuoi scendere e chiamare la limousine, madame?- il suo tono non era più di scherno ma di vero e proprio disprezzo.
Lei si passò una mano tra i capelli. Possibile mai che qualsiasi cosa facesse o dicesse non andasse mai bene?
- Senti- iniziò a dire ma lui la interruppe.
- No! Per stasera ne ho abbastanza delle tue spiegazioni Viola! Qualsiasi cosa ti sia successa non ti autorizza a trattare tutti dall’alto in basso. Casa tua dista solo altri dieci minuti. Strano come sia così vicina ai bassifondi vero? Ti consiglio di cambiare zona e di chiedere il pedigree a chi ti voglia offrire un passaggio. Non tutti potrebbero appartenere al tuo bel paese delle meraviglie.
Era troppo, si era detta di non rispondere, che per quella sera aveva fatto e detto abbastanza ma quella fu la classica goccia che fece traboccare il vaso.
- Ma che ne sai tu del mio mondo? Che ne sai di come e di dove sono cresciuta?- gli chiese rabbiosa.
- Non lo so, ma mi basta avvertire la tua puzza sotto il naso per capire che sei solo una bambina capricciosa che quando ha un problema se la prende con tutti, anche con chi voleva essere solo gentile. Non mi importa sapere chi eri Viola, io so chi sei. Sei una snob!
Con quelle ultime parole lui accostò davanti al suo portone, non gli era certo sfuggito che si trattava di un palazzo indubbiamente signorile.
- Se sua altezza vuole scendere siamo arrivati al castello. Mi stupisco che non venga ad accoglierla il portiere in livrea.- le disse in tono tagliente.
Lei aprì lo sportello e fece per scendere ma si voltò di nuovo verso di lui.
- Tu non sai niente!- poi scese e sbatté violentemente lo sportello.
Nonostante Ben fosse accecato dalla rabbia aspettò che lei si fosse chiusa il portone alle spalle prima di ripartire.






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